Vol. 2 No. 3 (2011): Vol 2, N° 3 (2011): Il ritorno della politica? Uno sguardo sull'Italia
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Il particolare italiano da Guicciardini a Banfield. Tra l’autoriconoscimento e l’etero-riconoscimento

Published 2011-11-28

Keywords

  • civic culture,
  • particularism

How to Cite

Birindelli, P. (2011). Il particolare italiano da Guicciardini a Banfield. Tra l’autoriconoscimento e l’etero-riconoscimento. SocietàMutamentoPolitica, 2(3), 67–94. https://doi.org/10.13128/SMP-10319

Abstract

Nel 1958 la pubblicazione dell’indagine di Edward Banfield The Moral Basis of a Backward Society, suscitò un fervente dibattito nella comunità dei sociologi italiani e stranieri — la disputa sull’amoral familism, il concetto esplicativo centrale, è ancora aperta. Considerare primigenia l’interpretazione dello studioso statunitense è tuttavia un errore. Ampliando lo sguardo analitico si rintracciano spiegazioni analoghe e di gran lunga antecedenti dell’arretratezza sociale, economica e politica italiana: il “paese del tornaconto personale” di Leon Battista Alberti; il particulare di Guicciardini. L’idea di una mancanza strutturale (culturale?) di senso civico da parte degli italiani affonda nei secoli e appartiene innanzitutto al momento dell’auto-riconoscimento identitario. Solo in un secondo tempo, con le note di viaggio del Grand Tour, questa rappresentazione entra a far parte dell’etero-riconoscimento nordeuropeo e molti anni dopo nordamericano. Quando un tratto identitario ottiene un “doppio riconoscimento” di così lunga durata, diviene un tòpos, un punto cardinale delle rappresentazioni individuali e collettive di un popolo. Chi sostiene tesi contrarie a Banfield si deve misurare con un altro ostacolo: la forza retorica dell’espressione “familismo amorale”. Tentare di costruire nuove e altrettanto efficaci locuzioni sintetiche, ovviamente frutto di buone interpretazioni teoriche, pare l’imprescindibile via ermeneutica da imboccare. A tal fine è necessario “dar battaglia” sullo stesso campo di indagine: un questionario difficilmente scalzerà i dispositivi narrativi costruiti attraverso le osservazioni etnografiche di un ricercatore che va sul campo — e che ci rimane per un anno. Se è chiaro che si può far meglio di Banfield, è pure chiaro che bisogna provarci. Esiste un’ulteriore barriera per chi intenda proporre diverse letture del processo di modernizzazione italiana: il peso della realtà sociale italiana, esperita sia in prima persona sia attraverso i media, tende a rinforzare l’interpretazione familista-particolarista. Tenere insieme l’approccio strutturale e quello culturale — evitando qualsiasi operazione di rimozione nevrotica — sembra l’unica via di fuga per superare un’impasse teorica che dura oramai da mezzo secolo.

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