Lo statuto sociale dell’amore nel Settecento: l’emozione ridefinita da mixité, spazi e diritti
- Tiziana Plebani
Università Ca’ Foscari, Venezia
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Lo statuto sociale dell’amore nel Settecento: l’emozione ridefinita da mixité, spazi e diritti
Tiziana Plebani
Emozioni e sentimenti non si presentano uguali nel tempo e nello spazio, né hanno la stessa pregnanza e forza; alcuni inoltre sembrano più rappresentare un determinato periodo storico e le sue congiunture così come esprimere un sentire comune[1]. La storiografia a riguardo, recente ma ormai avvertita[2], ci mette in guarda dal giudicare l’emozione e l’esperienza che ne viene coinvolta come eventi racchiusi ermeticamente all’interno dell’individuo; sono bensì da ritenere situati socialmente e contestualmente e profondamente permeati dall’intersoggettività.[3] Ciò che sentiamo è condizionato e influenzato dalle credenze e idee circolanti, dalle norme e dagli impedimenti, è ostacolato a esprimersi o, al contrario, incoraggiato a prendere forma negli atti concreti oltre che nei pensieri e nelle parole. Se gli studi di neuroscienza tendono oggi a spiegare ogni aspetto del sentire in relazione alle attività cerebrali, la storia delle emozioni preferisce sottolineare che «le pratiche culturali hanno profonde conseguenze biologiche, le quali, a loro volta, agiscono sugli stessi processi storici»[4].
L’amore è il caso forse più eclatante di un sentimento che ha dovuto fare maggiormente i conti, più di altre espressioni affettive, con le strutture societarie, con le norme riguardanti l’ordine sociale, le gerarchie d’autorità tra padri e figli, la regolazione ecclesiastica nonché con gli immaginari e le idee in proposito.
Se ci rivolgiamo a quest’ultima dimensione, immaginari e idee, non potremmo non convenire che abbia avuto una rilevanza cruciale nel consentire all’amore di divenire per le donne e gli uomini del Settecento parte integrante del desiderio di una vita completa e felice.
Più di chiederci cosa pensassero dell’amore le persone verso la fine dell’età moderna, dovremmo infatti trasformare la domanda interrogando l’aspettativa rispetto all’amore e indagando il mutamento avvenuto in questo campo del sentire che coinvolgeva oltre il presente anche il proprio futuro.
Nei secoli precedenti al Settecento le idee vigenti riguardo l’amore-passione – precisazione necessaria per rapportarci al lessico del tempo che in sé supportava giudizi e concezioni precise[5] – lo concepivano come inconciliabile con l’ordine sociale, forza antagonista rispetto alle alleanze matrimoniali che allontanavano il caos, regolavano le proprietà, la discendenza, le gerarchie familiari e il rispetto delle distanze cetuali. Era difficile per i singoli individui imbevuti di questa cultura sentire diversamente e trovare dentro di sé uno spazio non invaso da tali tradizioni, in grado di attribuire valore a ciò che di discorde stavano provando e di offrire loro la forza per opporvisi.
Nel 1507 una giovane veneziana, Giovanna de Liberalis aveva amoreggiato con Martino Cursio e si erano scambiati la promessa ma poi aveva sposato un altro. Spiegava nel processo che Cursio aveva intentato contro di lei: «Io voleva tuor quello che mio patre me daria et s’el me havessi facto domandar a mio patre, haveria cusi tolto lui como uno altro»[6]. La letteratura, sia nei testi che circolavano diffusamente in stampe di poche carte che per voce dei grandi autori, così come il teatro, narrava amori straordinari ma impossibili e sfociati generalmente in tragedie, dando così sostegno all’idea che fosse preferibile sacrificare l’attrazione e il sentimento amoroso o cercare strade alternative per soddisfare le esigenze affettive e sessuali. Vie percorse ovviamente con maggiore libertà e relativo pericolo dai maschi, a differenza dalle donne, che solo negli ambienti dell’alta società, dove erano permesse alcune ‘pratiche compensatorie’, potevano concedersi esperienze affettive e sessuali mortificate dal matrimonio, pur con la premura di cautelarsi da scandali e di concordare su reciproche libertà tra coniugi.
Ricercare l’amore, ovvero la riunione di sentimento, soddisfazione sessuale e matrimonio nella stessa persona non era reputato indispensabile ma questo desiderio iniziò invece a permeare lo spirito e la cultura del Settecento diffondendosi in ogni strato sociale, sollecitando a non arrendersi più come prima alla legge dell’obbedienza filiale e alle decisioni di altri sul proprio destino.
Questa trasformazione di valori in gioco e ancor di più la modifica dello statuto sociale dell’amore sono ben testimoniate dalle parole di Adam Smith, che peraltro sottolineava il potere dell’immaginazione nel creare attese anche inedite: «love, which was formerly a ridiculous passion», qualcosa dunque da non prender sul serio, aveva cambiato natura così da «became more grave and respectable. As a proof of this it is worth our observation that no ancient tragedy turned on love, whereas it is now more respectable and influences all the public entertainment. This can be accounted for only by the changes of mankind»[7].
Ascoltiamo un altro testimone: «Quando entrai nell’alta società – chi scrive è il cardinale De Bernis, ecclesiastico e diplomatico, per alcuni anni ambasciatore a Venezia - vi trovai profondamente radicata la convinzione che fosse ridicolo, per un marito, amare la propria moglie, e per una donna, amare il proprio marito [...] Oggi, questa degenerazione di costume non è più tanto attuale»[8].
Nei ceti medio-bassi non andava poi troppo diversamente. L’affare matrimoniale stava sempre saldamente in mano alle famiglie e inseguiva logiche di rafforzamento della posizione sociale, della solidità di mestiere, in cui i giovani, anche i maschi, avevano scarsa possibilità di far sentire la propria voce; per lo più ci si accontentava e si sperava che la convivenza fosse accettabile o potesse nel tempo sviluppare un affetto. La parola amore non faceva parte di un lessico corrente, così come la intendiamo oggi, né di un desiderio così impellente da suscitare forti conflitti, come invece sarebbe successo nel corso del diciottesimo secolo[9].
Come possiamo dunque spiegare la mutazione di concezione culturale che permetteva all’amore di trasformarsi da una passione ritenuta ridicola a un’aspettativa legittima che faceva leva sul corpo e sui sentimenti?
La storia delle emozioni ha indicato il Settecento come un’epoca di profonde trasformazioni nel sentire e di sviluppo di una cultura della sensibilità[10] in grado di influenzare ogni campo dell’esperienza umana, e che trovava rispondenza nelle idee filosofiche e nelle scienze mediche[11].
C’è dunque da chiedersi che cosa ha fatto del XVIII secolo un laboratorio del sentire e del valore dell’emozione trasformando le aspettative delle persone, di uomini e donne?
Rifugi emotivi o altre ipotesi
Per William Reddy, che ha indagato ampiamente sugli assetti emotivi tra la seconda metà del Settecento e il primo Ottocento in Francia, il rivolgersi delle persone all’amore, a differenza del passato, costituiva una risposta e un bisogno di difesa provocati dall’invadenza pervasiva del regime assolutista che si imponeva nella società francese con Luigi XIV. Rispetto al potere che controllava ogni aspetto della vita dei sudditi instaurando un “regime emotivo”, le persone iniziarono a cercare “rifugio emotivo” nel matrimonio di inclinazione, oltre che nell’amicizia, nei salotti, nelle reti epistolari della Repubblica delle lettere, nonché nelle logge massoniche. Questi legami scelti liberamente e gli stili di comportamento più egualitari favorirono lo sviluppo di una cultura sentimentale, che includeva la tenerezza e l’amore[12].
L’analisi di Reddy, stimolante e preziosa, è divenuta un modello interpretativo che ha segnato i primi passi del emotional turn della storiografia in questione, anche se forse eccede nel considerare il potere di Luigi XIV come un monolite a cui tutti si dovevano adattare. Inoltre tale modello non pare adattarsi alle dinamiche sociali e culturali del contesto italiano, né per quanto riguarda le corti esistenti e ancor di meno nei confronti delle repubbliche come quella di Venezia e Genova.
Proverò dunque a indicare, sulla base delle mie indagini, alcune altre strade che consentono di cogliere degli indizi che ci aiutino a comprendere le ragioni di questa trasformazione in atto e la crescita di importanza del sentimento d’amore.
Spazio, mixité ed emozioni
Un’interessante spia è fornita dal proseguo delle annotazioni del De Bernis sul superamento dell’idea “ridicola” dell’amore tra i coniugi. Il cardinale forniva una spiegazione a questo cambiamento:
Penso senz’altro che la frequentazione delle donne abbia effettivamente mutato i costumi, in Francia. Un tempo, non si era ammessi a praticarle che all’età di trent’anni; fino a quel momento, gli uomini vivevano con gli uomini, e il loro spirito ne risultava più virile, i loro principi più saldi. Oggi, sono le donne che insegnano a pensare agli uomini[13].
De Bernis ci offre una chiave molto rilevante che merita davvero di soffermarsi su questo aspetto che documenta la cruciale mutazione delle relazioni tra i due sessi. L’uscita dal regime segregazionista[14] e una maggiore possibilità di scambi sociali tra uomini e donne, che non possiamo restringere alla Francia, sebbene di questa mixité fu un’antesignana, favorì la conoscenza, stimolò l’attrazione e diede modo a uomini e donne di sperimentare la compresenza dei sessi in spazi non domestici. Compresa la possibilità di sorprendersi e scoprire di averne desiderio e piacere.
La storiografia in anni recenti ha molto indagato sui salotti, sia per ampliare la concezione della sfera pubblica rispetto alla lezione di Habermas, sia per documentare una diversa modulazione dei generi e di ciò che di diverso ci si aspettava dagli uomini, capacità di esprimere tenerezza e sensibilità nonché lacrime, e dalle donne, maggiore padronanza e agency delle nei luoghi comuni[15]. Tuttavia poco è stato ancora messo a fuoco su quanto le pratiche separatiste avessero prodotto nel passato, specie a seguito delle lotte di religione e del disciplinamento dei costumi, un peculiare e pervasivo “regime emotivo”, sotto la pressione dell’isolamento, di un più acuto senso del peccato, dei pregiudizi circolanti soprattutto sulle donne e i loro corpi; tutto ciò induceva sovente a incanalare la propria affettività, compresa l’amicizia, verso persone dello stesso sesso[16]. Erano ben pochi infatti gli spazi in cui uomini e donne potevano condividere con agio sviluppando una qualche sorta di confidenza ed erano comunque presidiati da divieti impliciti o espliciti, da confini e soglie rischiose. Seppur esistessero forme di resistenza e strategie di aggiramento, questi ostacoli trovavano rispondenza all’interno degli individui e modulavano le emozioni, incidendo sulla desiderabilità della mescolanza.
Le trasformazioni urbanistiche delle città nel Settecento che in tutta l’Europa videro realizzate ampie e innovative opere di riqualificazione urbana, attraverso interventi di manutenzione, igiene, viabilità e illuminazione[17], consentite dall’uscita da un lungo periodo di conflitti, cupezze e guerre, infersero un notevole se non definitivo scossone a questo regime segregazionista, anche grazie a rinnovate forme di sociabilità urbana. Le città divennero un luogo di incontro, vissute come un salotto all’aperto, frequentate secondo nuovi modelli di consumo e appropriazione degli spazi che sviluppavano pratiche sociali meno vincolate ai codici di Antico regime e alle cesure rispetto alla presenza femminile che ne veniva invece accolta[18]. Tutto lo spazio pubblico ne era investito e non solo i ridotti, le accademie, i salotti. L’abitudine alla ‘conversazione’ si espandeva anche nei ceti borghesi e popolari e diveniva pratica comune, facilitando la nascita dell’attrazione tra giovani. Riprova ne sia l’esteso dibattito sulle conversazioni e le preoccupazioni di moralisti e di una parte degli intellettuali che mettevano all’indice la «dannosa libertà di conversare e molto di più di fare all’Amore, gli di cui pessimi, e lacrimevoli effetti ogni giorno si vedono»[19]. Se ci basassimo infatti sulla disamina del padre Girolamo Dal Portico, espressa in Gli amori tra le persone di sesso diverso, dovremmo convenire che a metà Settecento la “temperatura” affettiva risultasse piuttosto elevata: l’amore veniva considerato, almeno da questo orizzonte interpretativo, «il nemico più pericoloso», «il nemico più capitale», tale da esortare «a far lega per da sterminarlo dal Mondo», «introdotto nel Mondo dal demonio», e che sovente conduceva a una «passione brutale»[20].
A sollecitare ancor più questo pericoloso ‘nemico’ erano sorti nuovi luoghi di incontro che qualificavano la vita cittadina in versione laica e del tutto promiscua, a differenza del passato[21]: i teatri pubblici, i caffè e la rete in espansione delle botteghe suscitavano aspettative di realizzazione individuale e attivavano percezioni sensoriali ed emozioni nuove tra i sessi[22]. Si trattava di sommovimenti che spingevano gli individui, specie i giovani, ad agire ben più che nel passato e a credere di poter realizzare i propri desideri nonostante gli ostacoli.
Le fonti di polizia e gli archivi ecclesiastici del Settecento, soprattutto della seconda metà del secolo, testimoniano l’energia di cui il sentimento amoroso era investito[23] e la complicità di molteplici soggetti per assicurarne la riuscita. Numerosi sono i tentati o riusciti matrimoni, tra dispari e avversi alle famiglie, che vedevano a Venezia coinvolti giovani con donne che lavoravano nei caffè o in altri esercizi pubblici, sovente affiancando il padre. Era il caso, ad esempio, del ventinovenne patrizio Vincenzo Donà che nel 1736 contraeva nozze segrete con Caterina Venturini di ventisette anni. Nel processetto che ne seguiva, Donà spiegava che l’aveva conosciuta nella bottega di barbiere gestita dal padre di Caterina, Domenico, «perché andavo a farmi alle volte la barba»[24].
Di questa maggiore disponibilità di spazi promiscui e di un’incrementata libertà di movimento non erano solo gli uomini a poterne godere, come un tempo, così che l’agency femminile costituiva una parte integrante del loro fascino, tanto da provocare reiterati provvedimenti soprattutto a riguardo dei caffè, dei loro orari di aperture e dell’accesso alle donne[25]. Se ne accorgeva Andrea Giacomazzo, proto dei marangoni all’Arsenale, che richiedeva l’intervento del Consiglio dei Dieci il 15 settembre del 1778 perché sua figlia Maddalena frequentava il caffè di Giacomo Leza e si era accorto che stava amoreggiando col gestore e sospettava che volessero sposarsi. Il Consiglio dei Dieci trasmetteva come di consueto la richiesta agli Inquisitori di Stato ma il tempo giocava a favore degli amanti. Maddalena fuggiva di casa e i due, che avevano preparato le necessarie fedi di libertà e le dovute licenze, convincevano il parroco di San Cassiano a sposarli con un lavorante della bottega di caffè come testimone[26].
Uomini e donne potevano fare “esperienza” assai più di prima della commistione tra i sessi, osservare comportamenti al di là delle gabbie interpretative del passato, traendo diverse conclusioni e aprendosi a emozioni al riparo della paura, del disgusto, del pericolo.
Più che un “rifugio emotivo” in risposta all’articolazione del potere statuale[27], la trasformazione nel sentire pare più corrispondere con maggiore aderenza alle mutate relazioni tra lo spazio esterno, quello cittadino, dilatato, pubblico e promiscuo, e l’interiorità degli individui[28]. Si trattava di una sensibilità e di un sentire che si costruivano a partire da una prospettiva non domestica bensì intrisa di sociabilità e di pratiche collettive, che, muovendosi da ormai numerosi spaces for feeling[29], costruivano un emotional common sense[30]: non riguardava solo specifiche comunità emotive[31], bensì di una sensibilità che era cresciuta, coinvolgendo ampi strati della popolazione, documentata dal notevole incremento delle trasgressioni, dei matrimoni clandestini, tentati o segreti.
L’uscita dal regime segregazionista e la possibilità di frequentazioni in uno spazio sociale rinnovato, vario ed esteso, la circolazione di idee, anche di matrice scientifica, che andavano ad affrancare le esperienze corporee dall’angoscia del peccato[32], liberavano la possibilità di vivere nuove emozioni. Il contesto esterno trovava corrispondenza all’interno degli individui e agiva incrementando la desiderabilità degli scambi tra i sessi, acuendo l’attrazione e il desiderio di non sacrificare più agli interessi familiari le aspettative di un legame che potesse riunire bisogni affettivi e sessuali.
Romanzi, teatro, informazioni
Il patrizio veneziano Lodovico Gabrieli nel 1773 ricorreva agli Inquisitori di Stato chiedendo di ammonire un certo Francesco Marachio, suo vicino di casa, che «pretese voler amoreggiare con una mia figlia nominata Lucietta» e che per di più «ebbe il coraggio per vie indirette di far capitare alla figlia stessa una lettera con espressioni amorose e romanzesche»[33]. In questo caso, come in altri, tocchiamo con mano la prova della circolazione dei romanzi e del loro successo come genere letterario, corredato dal peculiare lessico sentimentale che operava in maniera performativa, grazie a una più estesa diffusione della pratica della lettura, intensa e immersiva[34].
Molta energia di cui si caricava l’aspettativa d’amore e la fiducia nella sua possibile realizzazione, a dispetto degli ostacoli familiari e cetuali, traeva nutrimento dalla diffusione dei romanzi come la Pamela di Richardson, della Nouvelle Heloise di Rousseau e altri, e dalla frequentazione dei teatri che in musica o in prosa cantavano il diritto all’amore e alla libera scelta del coniuge. Molti studiosi hanno indagato il loro ruolo come ‘incubatori’ e sollecitatori della cultura della sensibilità, stimolando una maggiore “porosità” all’emozione e soprattutto all’amore, divenendo motori di cambiamento sociale[35]. La cultura del tempo ne era imbevuta e anche sotto questo aspetto è forse riduttivo interpretare questa spinta come un rifugio mentre merita di essere considerata come una componente strutturale della mentalità e del sentire settecentesco.
Non è certo un caso se molte protagoniste di questi amori irregolari facevano parte delle nuove carriere femminili legate alla scena teatrale, cantanti, attrici, ballerine, confermando l'importanza del teatro come luogo di produzione e diffusione di questa cultura[36]: oltre a rappresentare sulla scena aspettative, speranze, idealità dei giovani e insieme i conflitti che si trovavano ad affrontare lungo il percorso di realizzazione della libertà sentimentale, spesso veicolavano saperi pratici e informazioni utili a escogitare vie d’uscita, come portare dalla propria parte i parroci e stabilire alleanze con parenti più solidali alle loro istanze.
Nelle carte degli Inquisitori di Stato molti padri patrizi o borghesi denunciavano servette che amoreggiavano con i figli. Non era certamente una novità. La novità sta nell’agency con cui si cercava ora di raggiungere lo scopo, la fiducia in un esito matrimoniale e la resistenza a minacce e provvedimenti repressivi. Sovente portate fuori del confine dello Stato, queste donne non rinunciavano e ritornavano, a costo di subire altre punizioni[37].
Molte erano le Pamele nei romanzi e sulle scene teatrali, ma non era indispensabile leggere o andare a teatro, pratica per altro diffusissima anche nei ceti popolari. Informazioni su come effettuare un matrimonio clandestino o segreto, o trovare rifugio circolavano ampiamente, si discutevano nei caffè e nelle piazze, e si veniva a sapere come dover rispondere del proprio gesto in un tribunale, acquisendo strumenti per difendersi[38].
Amore e diritti
Nelle suppliche che i figli rivolgevano agli Inquisitori di Stato, per ribattere a impedimenti matrimoniali messi in campo dai padri o da parenti, si leggono parole, termini, frasi, che talvolta più che far perno sul lessico sentimentale segnalano l’interferenza di un altro campo semantico con il riferirsi all’ambito e al linguaggio dei diritti umani che solo nel Settecento raggiungevano una pienezza di analisi, foriera di sviluppi in riforme e ripercussioni istituzionali, superando la tradizione alle spalle incentrata sui diritti naturali[39]. Il giovane Valentino Zanadio, figlio di Antonio, agente della famiglia Minio, confinato dagli Inquisitori di Stato su richiesta del padre che non accettava il matrimonio che aveva già predisposto con Teresa Streparava, reclamava per lettera ai magistrati che il padre agiva per «impedirmi l’uso di quell’arbitrio che Dio signore concede alla volontà nella libera elezione dello stato»[40]. Inutile domandarsi se Valentino Zanadio avesse letto Locke, Hume, Voltaire e seguisse l’evolversi del discorso sui diritti dell’uomo con cui i filosofi avevano gettato la base per una nuova scienza morale: bastava frequentare qualche caffè e i luoghi in cui circolavano le informazioni, di cui Venezia non faceva difetto, per farsene un’idea e adattarla al proprio caso.
Se la cultura della sensibilità, grazie ai romanzi e al teatro e all’uscita dal regime segregazionista, toglieva all’amore la carica eversiva e ne faceva una via maestra per la felicità, la moderna cultura dei diritti non solo forniva la legittimità dei sentimenti ma li sospingeva verso una sfera di diritti individuali, li sottraeva al dominio politico, facendone una questione squisitamente personale.
Su quali basi emotive e cognitive si fondava questo nuovo “antropocentismo individualistico” e l’affermazione dell’amore come un diritto[41]? Per la verità, non si è ancora indagato sull’inclusione dell’amore nel solco dei diritti umani, mentre altre emozioni sono state messe positivamente in relazione.
I maggiori studiosi hanno individuato una specifica relazione con lo sviluppo dell’empatia, della compassione, della pietà, della capacità di sentire l’altro come simile a sé e a partecipare alle altrui sofferenze[42], tanto da far crescere la riprovazione per lo schiavismo e la tortura. Per Lynn Hunt tutto questo aveva a che fare con una nuova consapevolezza dell’individualità e inviolabilità del proprio corpo, con la coscienza dell’autonomia personale che sviluppava prima di tutto l’amore di sé. Tale consapevolezza era germinata nei secoli precedenti ma aveva subito una rapida accelerazione nel Settecento, grazie anche alla lettura dei romanzi, alle suggestioni visive e a un potenziamento dell’immaginazione[43].
Roy Porter è forse lo studioso che più ha sottolineato che questa autonomia personale aveva una cruciale relazione con una trasformazione nel vissuto del corpo, più sollevato rispetto al passato dal peso del peccato e della vergogna, anche grazie alla circolazione di conoscenze anatomiche e scientifiche. Una ritrovata armonia tra corpo, sentimenti e desideri nell’interiorità degli individui permetteva l’emersione di un nuovo senso di sé che includeva l’accettazione della propria fisicità, a partire dal livello cognitivo[44]. «Non è più il pensare che sa, ma il sentimento che emerge progressivamente alla luce, dove il corpo accede alla conoscenza, diviene sapere»[45]. Il nesso tra sé, ragione e conoscenza spingeva a riconoscere in un diritto il poter disporre legittimamente del proprio corpo e delle sensazioni che ne provenivano.
C’è però da chiedersi se tutto ciò agisse egualmente tra i generi e soprattutto nei confronti del sesso femminile, il cui corpo era stato a lungo giudicato manchevole, oltre che pericoloso, labile nella razionalità e più collegato alla “natura”[46]. Tuttavia proprio nel Settecento da più parti si operava, grazie anche alla partecipazione femminile ai dibattiti e ai luoghi culturali, all’uscita dal regime segregazionista e alla revisione scientifica, a una profonda rivalutazione delle donne sia della loro capacità intellettuale che della loro struttura corporea.
Quanto anche la lettura dei romanzi permise il superamento dello svilimento del corpo femminile e di molte credenze legate a un’antica concezione di inferiorità, consentendo a molti lettori maschi di immedesimarsi per la prima volta nei panni di una donna[47], esperienza assai nuova e trasformativa. Quanto riuscire a vivere “nei panni” di una donna, soffrire nel suo corpo, comprendere le sue diverse sensazioni e percezioni, poté agire sul riconoscimento nell’altra di un uguale statuto corporeo, di una pari dignità umana, conferendo maggiore attrattività all’amore e all’aspettativa sentimentale? Si tratta di una pista di ricerca ancora tutta da sviluppare e perseguire ma di notevole interesse.
Questa breve messa a fuoco di alcuni indizi utili a comprendere la ridefinizione dello statuto sociale del sentimento d’amore nel Settecento e nelle attese individuali, tra uscita dal regime segregazionista e performatività della cultura letteraria e teatrale, indica infine l’utilità di indagare su quanto e in che modi il diffondersi di un nuovo pensiero sui diritti umani, in grado di rinnovare anche il lessico quotidiano, abbia avuto un peso rilevante nei diritti del cuore, nella propensione all’amore, infondendogli un’energia inedita e un posto nella vita delle persone, specialmente dei giovani, che non aveva precedenti e che qualificava l’aspettativa di una buona vita[48]. Assai più di un ‘rifugio emotivo’.
[1] Ute Frevert, Defining Emotions: Concepts and Debates over Three Centuries, in Emotional Lexicons: Continuity and Change in the Vocabulary of Feeling 1700-2000, Oxford University Press, Oxford 2014, pp. 6-14.
[2] Si veda A. Arcangeli, Introduzione: verso una storia dell’esperienza, in Sensibilità moderne. Storie di affetti, passioni e sensi (secoli XV-XVIII), a cura di A. Arcangeli e T. Plebani, Carocci, Roma, 2023, pp. 13-21, 159-161.
[3] D. Cairns, Introduction A: Emotions through Time?, in Emotions through Time: From Antiquity to Byzantium, eds. D. Cairns et al., Mohr Siebeck, Tübingen 2022, pp. 3-33.
[4] F. Alfieri, Emozioni tra individuo e collettività, in Introduzione alla storia moderna, a cura di M. Bellabarba, V. Lavenia, Il Mulino, Bologna, 2018, p. 179
[5] T. Dixon, From Passions to Emotions: The Creation of a Secular Psychological Category, Cambridge University Press, Cambridge, 2003; sulle trasformazioni nel XVIII secolo: pp. 62-77.
[6] C. Cristellon, «Io voleva tuor quello che mio patre me daria». Autorità familiare nella Venezia del Quattro-Cinquecento, in Generazioni. Legami di parentela tra passato e presente, a cura di I. Fazio e D. Lombardi, Viella, Roma 2006, pp. 208-209.
[7]A. Smith, The Theory of moral Sentiments, A. Millar, London - A. Kincaid and J. Bell in Edinburgh, 1759, p. 36.
[8] F.-J. de Pierre de Bernis, Memorie, prefazione di L. Villari, Feltrinelli, Milano, 1984, p. 77 (ed. or. Mémoires et lettres, 1879).
[9] Su questi conflitti a Venezia, in relazione tuttavia del più ampio quadro europeo rimando al mio, Un secolo di sentimenti. amori e conflitti generazionali nella Venezia del Settecento, Istituto veneto di scienze lettere ed arti, Venezia, 2012 e alla vasta bibliografia inclusa.
[10] Sulla cultura della sensibilità: J. Todd, Sensibility: An Introduction, Methuen, London, 1986; J. Mullan, Sentiment and Sociability: The Language of Feeling in the Eighteenth Century, Clarendon Press, Oxford, 1988 e soprattutto G. J. Barker-Benfield, The Culture of Sensibility. Sex and Society in Eighteenth-Century Britain, University of Chicago Press, Chicago 1992.
[11] Dixon, From Passions to Emotions, cit.: «the debate about the proper relationship of reason with the passions, sentiments and affections was one of the characteristics concerns of eighteenth-century thought», p. 72; A Cultural History of the Emotions in the Baroque and Enlightenment Age (1600-1780), edited by David Lemmings, Claire Walker, Katie Barclay, Bloomsbury Academic, London, 2019, K. Barclay, F. Soyer, Introduction, in Emotions in Europe, v. III: Revolutions, 1714-1789, edited by K. Barclay, F. Soyer, Routledge, London, 2021, pp. 21-23;; A. Hultquis, Introductory Essay: Emotion, Affect, and the Eighteenth Century, « The Eighteenth Century», Vol. 58, No. 3, 2017, pp. 273-280. Per i rapporti tra l’amore visto come attrazione gravitazionale in collegamento con le teorie newtoniane: D. Tongiorgi, Gravitazioni di Venere. Teoria d’amore e attrazione newtoniana nella poesia del Settecento, in Letteratura e Scienze, Atti del XXIII Congresso dell’ADI (Associazione degli Italianisti) Pisa, 12-14 settembre 2019, a cura di A. Casadei, F. Fedi, A. Nacinovich, A. Torre, Adi editore Roma, 2021, (https://www.italianisti.it/pubblicazioni/atti-di-congresso/letteratura-e-scienze).
[12] W. Reddy, The Navigation of Feeling. A Framework for the History of Emotions, Cambridge University Press, Cambridge, 2001, pp. 148-152.
[13] F.-J. de Pierre de Bernis, Memorie, cit., p. 77.
[14] Riprendo questa definizione da Elena Brambilla che nei suoi lavori ne ha sottolineato per prima la rilevanza, cfr. E. Brambilla, Sociabilità e relazioni femminili nell’Europa moderna. Temi e saggi, a cura di L. Arcangeli e S. Levati, FrancoAngeli, Milano 2013, pp. 49-63.
[15] La bibliografia sui salotti è ormai molto estesa, si rinvia a: Antoine Lilti, Le monde des salons. Sociabilité et modernité a Paris au XVIII siècle, Fayard, Paris, 2005; Salotti e ruolo femminile in Italia: tra fine Seicento e primo Novecento, a cura di M. L. Betri ed E. Brambilla, Marsilio, Venezia, 2004. Più in generale sull’incrocio tra reti intellettuali e sociabilità: Social Networks in the long Eighteenth Century: clubs, literary salons, textual coteries, edited by I. Baird, Cambridge Scholars Press, Newcastle-Upon-Tyne 2014. Sul rapporto tra presenza femminile, salotti e spazio pubblico, oltre a D. Goodman, The Republic of Letters: a Cultural History of the French Enlightenment, Cornell University Press, Ithaca N. Y., 1994, T. Plebani, La ricerca italiana di genere su cultura femminile e Illuminismo nell'Italia del Settecento, in La storia di genere in Italia in età moderna. Un confronto tra storiche nordamericane e italiane, a cura di E. Brambilla e A. Jacobson Schutte, Viella, Roma, 2014, pp. 139-156.[16] T. Plebani, Sentire il corpo dell’amico: dalla passione virile alla mixité, in Sensibilità moderne, cit., pp. 23-140, 177-181.
[17] Cfr. D. Calabi, Storia della città. L’età moderna, Marsilio, Venezia 2001, pp. 209-273; La città nel Settecento. Saperi e forme di rappresentazione, a cura di M. Formica, A. Merlotti e A. M. Rao, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2014, p. 43.
[18] Cfr. P. Capuzzo, Culture del consumo, Il Mulino, Bologna 2006, pp. 10-14; The consumption of culture 1600-1800: image, object, text, edd. A. Bermingham e J. Brewer Routledge, London-New York, 1995.
[19] G. Dal Portico, Gli amori tra le persone di sesso diverso disaminati co' principi della morale teologia per istruzione de' novelli confessori, Salani, Lucca, 1755, p. 198, il brano di Dal Portico cita è estratto da una lettera pastorale di monsignor Bernardino Egidio Recchi. L’opera era destinata ai confessori e per questo motivo fu scritta in volgare. Sulle idee circolanti riguardo le conversazioni rimane fondamentale L. Guerci, La discussione sulla donna nell'Italia del Settecento: aspetti e problemi, Tirrenia Stampatori, Torino, 1987. Si veda ora la riproposizione delle due opere di Guerci sulla condizione della donna nel Settecento in Per una storia delle donne nell'Italia del Settecento, a cura di E. Strumia; prefazione di A. M. Rao, Edizioni dell'Orso, Alessandria, 2023.
[20] Dal Portico, Gli amori tra le persone di sesso diverso, cit., c. **2v. Dal Portico citava molti testi di altri moralisti, pp. 169, 209, 196.
[21] T. Plebani, Luoghi di caffè, spazio pubblico e conflitti di genere, in Femminile e maschile nel Settecento, a cura di C. Passetti, L. Tufano, Firenze University Press, Firenze, 2018, pp. 34-35.
[22] Sulla relazione tra strutture dello spazio, percezione e capacità di azione cfr. N. Thrift, Spatial formations, Sage, London 1996; sulla ‘leggibilità’ dello spazio urbano attraverso i sensi cfr. City and the senses: urban culture since 1500, edited by A. Cowan, J. Steward, Aldershot, Ashgate, 2007; Emozioni e luoghi urbani dall'antichità ad oggi, a cura di E. Novi Chavarria e P. Martin,
Viella, Roma, 2021.
[23] Sul tema dell’energia delle emozioni in relazione ai contesti storici: T. Plebani, L’energia della vita affettiva: una questione per la Storia, «Rivista Storica Italiana», CXXVIII, fasc. II (2016), pp. 623-641; numero monografico a cura di A. Arcangeli, T. Plebani, G. Ricuperati.
[24] Venezia, Archivio storico del Patriarcato (d’ora in poi ASPVe), Archivio segreto, Matrimoni segreti, f. 21, n. 35.
[25] Sui caffè e la presenza delle donne: T. Plebani, I conflitti sulla visibilità delle donne e lo spazio urbano, in La città dell’occhio / Die Stadt des Auges. Dimensioni del visivo nella pittura e letteratura veneziane del Settecento/ Dimensionen des Visuellen in der venezianischen Malerei und Literatur des XVIII Jahrhunderts, a cura di B. Kuhn, R. Fajen, Viella, Roma 2020, pp. 303-317; Plebani, Luoghi di caffè, spazio pubblico e conflitti di genere, cit., pp. 33-46.
[26] Venezia, Archivio di Stato, Inquisitori di Stato, Suppliche (d’ora in poi ASVe, IS. S), b. 720.
[27] A Venezia gli Inquisitori recludevano giovani patrizi, “sfrattavano donne” quando ritenevano che la struttura dello Stato, potesse risentirne se la minaccia riguardava la fascia dirigente del patriziato, in altri casi, considerando comportamenti ormai devianti sulla registrazione dei matrimoni e dei figli, Plebani, Un secolo di sentimenti, cit., p. 306.
[28] Plebani, L’energia della vita affettiva, cit., pp. 630-632.
[29] Sugli ‘spaces for feeling’: Spaces for Feeling: Emotions and Sociabilities in Britain, 1650-1850, edited by S. Broomhall, Routledge, Abingdon, 2015; la definizione proposta nel volume: «they are understood as communities formed by a shared identity or goal (or aspiration towards these), practised through a specific set of emotional expressions, acts or performances, and exercised in a particular space or site. These spaces could be physical or conceptual», p. 1. Si veda anche: P. Denney, L. O’Connel, Spaces of Enlightenment: From Domestic Scenes to Global Visions, «Eighteenth-Century Life», 45 (3), (2021), pp. 1-15.
[30] Plebani, L’energia della vita affettiva, cit., pp. 625-626.
[31] Si richiama qui la categoria interpretativa elaborata da B. Rosenwein, Emotional communities in the early Middle Ages, Cornell University press, Ithaca - London, 2006. Non è utile, al fine dell’indagine sul Settecento la trattazione dell’amore dell’autrice: Ead., Love. A History in five Fantasies, Polity Press, Cambridge, Medford, 2022.
[32] È necessario inoltre tener presente che una spinta alla riunione nel matrimonio di affetto e sessualità, provenne dagli esiti dei conflitti religiosi nel tardo Cinquecento; la Chiesa spinse verso un modello di amicizia e solidarietà coniugale, M. Daumas, Cœurs vaillants et cœurs tendres. L’amitié et l’amour à l’époque moderne, in Histoire des émotions, 1. De l’Antiquité aux Lumières, dir. G. Vigarello, Seuil, Paris, 2016, pp. 345-59.
[33] ASVe, IS, S, b. 723, 1773.
[34] Si è parlato infatti di “rivoluzione della lettura” nel Settecento per un coinvolgimento emotivo e per pratiche non paragonabili al passato di strati sociali e di genere, cfr. R. Wittmann, Una «rivoluzione della lettura» alla fine del XVIII secolo? in Storia della lettura nel mondo occidentale, a cura di G. Cavallo, R. Chartier, Laterza, Roma-Bari 1995, pp. 337-369; L. Braida, Circolazione del libro e pratiche di lettura nell'Italia del Settecento, in Biblioteche nobiliari e circolazione del libro tra Settecento e Ottocento, a cura di G. Tortorelli, Ed. Pendragon, Bologna, 2002, pp. 24-27. M. Infelise, L'utile e il piacevole. Alla ricerca dei lettori italiani del Secondo Settecento, in Lo spazio del libro nell'Europa del XVIII secolo, Atti del Convegno di Ravenna, 15-16 dicembre 1995, a cura di M. G. Tavoni - F. Waquet, Patron, Bologna, 1997, pp. 113-126. T. Plebani, La rivoluzione della lettura e la rivoluzione dell’immagine della lettura, in Il Libro. Editoria e pratiche di lettura nel Settecento, a cura di L. Braida, S. Tatti, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2016, pp. 3-14. Sulla performatività della lettura dei romanzi all’epoca: A. J. Van Sant, Eighteenth-Century Sensibility and the Novel. The Senses in Social Context, Cambridge University Press, Cambridge, 1993; A. Alliston - M. Cohen, Empatia e «sensibility» nell’evoluzione del romanzo, in Il Romanzo. Storia e geografia, a cura di Franco Moretti, III, Einaudi, Torino, 2002, pp. 229-253.
[35] R. Darnton, I lettori scrivono a Rousseau, in Id., Il grande massacro dei gatti e altri episodi della storia culturale francese, Adelphi, Milano, 1988, pp. 301-307; La riflessione sul romanzo nell'Europa del Settecento, a cura di R. Loretelli - U. M. Olivieri, Franco Angeli, Milano, 2005; Sul nesso letture e sviluppo dell'empatia: L. Hunt, La forza dell'empatia. Una storia dei diritti dell'uomo, Laterza, Roma-Bari, 2010, pp. 21-49; più in generale: Rosamaria Loretelli, L’invenzione del romanzo. Dall’oralità alla lettura silenziosa, Laterza, Roma-Bari, 2010; I. Csengei, Sympathy, Sensibility and the Literature of Feeling in the Eighteenth Century, Basingstoke, Hampshire Houndmills, Palgrave Macmillan, 2012. Sull’intensità emotiva del Settecento e la perdita di empatia attuale: T. Plebani, Tra scienza, emozioni e coscienza: breve viaggio lungo la storia dell’empatia, «Balthazar», di prossima pubblicazione.
[36] Sul gioco di rimbalzo tra scene teatrali e vite degli individui: T. Plebani, Dalla scena alla vita: la spinta all’agency delle donne nel Settecento (1750-1790), in Nuove frontiere per la storia di genere, a cura di L. Guidi e M. R. Pelizzari, v. III, Università di Salerno- Libreria Universitaria, Salerno, 2013, pp. 193-198; Plebani, Un secolo di sentimenti, cit., pp. 201-215
[37] Molti casi in Plebani, Un secolo di sentimenti, cit., 184-193.
[38] Plebani, Un secolo di sentimenti, cit., sui saperi e le strategie messi in atto dai giovani per sposarsi, capitolo V., Saperci fare: le culture del matrimonio, pp. 221-293.
[39] Per un’esaustiva trattazione a riguardo: V. Ferrone, Storia dei diritti dell'uomo. L'illuminismo e la costruzione del linguaggio politico dei moderni, Laterza, Roma-Bari, 2014
[40] ASVe, IS, S, b. 728, supplica di Valentino Zanadio, 1778.
[41] A. Bethery de La Brosse, Entre amour et droit. Le lien conjugal dans la pensée juridique moderne (xvie-xxie siècles), préface d’Anne Lefebvre-Teillard, L.G.D.J., Paris, 2011; cfr. J. Dagory, L’amour et le droit. À propos d’un ouvrage récent, «Archives de philosophie du droit», Tome 58, 1 (2015), p. 461-467.
[42] Si veda anche l’apporto di Kant sul diritto/dovere all’amore per sé e per il prossimo: M. Moors, Kant on: "Love God above all, and your Neighbour as yourself" in The Concept of Love in 17th and 18th Century Philosophy, eds. G. Boros, H. De Dijn, M. Moors, Leuven University Press, 2007, pp. 248-252.
[43] Hunt, La forza dell'empatia, cit., pp. 12-14, 21-49. Sul ruolo dell’immaginazione nella trasformazione delle percezioni: J. Brewer, I piaceri dell'immaginazione. La cultura inglese nel Settecento, Carocci, Roma, 1999. Sulla compassione: M. C. Nussbaum, L'intelligenza delle emozioni, Il mulino, Bologna, 2004.
[44] R. Porter, Storia del corpo, in La storiografia contemporanea, a cura di P. Burke, Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 256; Id., Flesh in the Age of Reason. How the Enlightenment Transformed the Way We See Our Bodies and Souls, Penguin, London, 2004. Si veda anche
- McMaster, Reading the Body in the Eighteenth-Century Novel, Palgrave Macmillan, Basingstoke, New York, 2004.
[45] A. Deneys-Tunney, Ècritures du corps. De Descartes à Laclos, Presses Universitaires de France, Paris 1992, p. 22, traduzione mia.
[46] Rimane fondamentale: T. Laqueur, L’identità sessuale dai greci a Freud, Laterza, Roma- Bari, 1992. Cfr. anche E. D. Pribram, An individual of Feeling: Emotion, Gender, and Subjectivity in historical Perspectives on Sensibility, in Sexed Sentiments: Interdisciplinary Perspectives on Gender and Emotion, edited by W. Ruberg, K. Steenbergh, Rodopi, Amsterdam-New York, 2011, pp. 21- 45[47] Hunt, La forza dell'empatia, cit., 32.
[48] Plebani, L’energia della vita affettiva, cit., pp. 627-628.
Published 2024-10-07
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Copyright (c) 2024 Tiziana Plebani
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Abstract
The essay investigates the mutation that occurred in people during the Eighteenth century regarding the expectation of love: the change that took place in this field of feeling had the power to influence people’s choices and also to prefigure one’s future in ways that differed from family logic and social devices. The feeling of love was no longer seen as a passion irreconcilable with the social order, but rather as a path to the realisation of a full life thanks to the spread of a culture of sensitivity capable of influencing every field of human experience, spreading into all social strata. A mutation that, rather than being an ‘emotional refuge’, as suggested by William Reddy, stimulated new practices of urban sociability that focused on the co-presence of the two sexes, against the segregation of the past, which helped the spreading of greater knowledge and the releasing of new emotions and a new sensibility between men and women, also encouraging an awareness of the ‘rights’ of the heart.