Pier Paolo Vergerio, Scritti capodistriani e del primo anno dell'esilio (a cura di S. Cavazza e U. Rozzo), vol. II, Il catalogo de' libri (1549),
a cura di Ugo Rozzo,
Trieste, Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia, 2010, 320 pp.
[ISBN: 978-88-88018-93-5; € 40,00]

Daniele Santarelli
Université Bordeaux 3 / LARHRA-CNRS, Lyon

1. In questo libro, secondo volume di una collezione di scritti di Pietro Paolo Vergerio pubblicata per conto della Deputazione di Storia Patria per la Venezia Giulia, Ugo Rozzo, portando finalmente a termine un progetto di lunga data (p. 11) pubblica la “risposta” vergeriana all’Indice veneziano dei libri proibiti del 1549. Si tratta di un testo singolare, di fatto un catalogo di opere eretiche, di cui, in polemica con la censura ecclesiastica, si esaltavano i pregi, uscito giusto all’indomani della fuga dall’Italia dell’ex nunzio in Germania e vescovo di Capodistria. Fu il primo di sette commenti da parte del Vergerio su diversi Indici di libri proibiti pubblicati tra 1549 e 1559, nei quali egli non mancava di riversare tutta la sua nota vis polemica anticattolica.

2. L’edizione del testo del Vergerio è preceduta da una lunga introduzione (pp. 9–176), nella quale Rozzo ricostruisce innanzi tutto le vicende della nunziatura (1544–1550) di Giovanni della Casa a Venezia e della pubblicazione dell’Indice del 1549 da lui curato, rispetto al quale l’opera di Vergerio rappresenta la risposta polemica. Tipico “prelato libertino”, fattosi prete (e vescovo) solo durante la permanenza a Venezia nel 1547 (e dichiaratamente per interesse), poco interessato alle questioni di fede e molto di più alle rendite e ai privilegi della condizione ecclesiastica, Della Casa fu ciononostante uno zelante persecutore di eretici e il noto scontro con il vescovo di Capodistria fu senz’altro la vicenda più importante della sua attività anti-ereticale. La nunziatura di Della Casa, d’altronde, si svolgeva in un periodo cruciale in cui la “nuova” Inquisizione si organizzava nel territorio della Serenissima: nel 1547 era istituita la magistratura dei Tre Savi sopra l’eresia, voluta dal governo veneziano proprio per “controllare” l’attività dell’Inquisizione ecclesiastica, collaborando poi comunque fattivamente con essa. In quegli stessi anni permanevano pesanti dispute giurisdizionali sul ruolo del nunzio nella persecuzione degli eretici). Il governo veneziano, dominato da personaggi, come il doge Francesco Donà (1545–1553), di tendenze decisamente anticuriali e sensibili alle istanze di rinnovamento religioso, cosa che fece sperare ingenuamente a diversi importanti riformatori italiani (tra cui Vergerio stesso) in un passaggio della Serenissima alla Riforma, era di fronte a scelte strategiche cruciali per la sua stessa sopravvivenza politica e la disfatta dei principi protestanti contro Carlo V a Mühlberg aveva indebolito, anzi di fatto azzerato, il ruolo di potenziale interlocutore politico del fronte protestante tedesco.

3. La ricostruzione di Rozzo è esaustiva e molto utile e si inserisce, per il suo carattere erudito e dettagliato, sulla scia di importanti ma ormai datate opere storiche, come il lavoro di L. Campana sul Della Casa del 1907–09[1] e quello di G. Sforza sulla Controriforma a Venezia del 1935[2], e integra (talvolta correggendone alcuni difetti) le ricostruzioni più recenti di Grendler e De Bujanda, colmando quindi in un certo senso una lacuna negli studi. Della Nunziatura veneziana di Giovanni Della Casa è sottolineata la forte spinta anti-ereticale: le varie vicende vengono passate dettagliatamente in rassegna, e si pone l’accento sul fatto che il nunzio non mancò di procedere anche contro numerosi librai, fatto assai “provocatorio” in un contesto come quello veneziano. Pregevole e dettagliata è anche la ricostruzione delle vicende dell’Indice casiano del 1549, il primo indice dei libri proibiti pubblicato in Italia a cura di un nunzio le cui opere stesse—caso curioso, come fa notare il Rozzo stesso—finirono poi in vari successivi cataloghi romani dei libri proibiti. Altrettanto pregevole e utile, e ricca di spunti e suggestioni per ulteriori ricerche erudite o riflessioni sul tema della Riforma nella Serenissima (e, in generale, in Italia), è la ricostruzione delle vicende italiane del Vergerio (il confronto obbligato è con l’opera della Jacobson Schutte[3]), nonché delle sue vicende successive alla fuga nei Grigioni del 1549. Rozzo analizza le fasi del progressivo distacco del Vergerio da Roma, concentrandosi in particolare sulla sua partecipazione al concilio di Trento. Ne enfatizza inoltre la delusione nei confronti della politica del doge Francesco Donà, dal quale si aspettava un’azione di rinnovamento evangelico. Il processo veneziano contro il vescovo di Capodistria iniziava proprio durante la partecipazione del Vergerio al concilio; progressivamente egli perdeva la protezione veneziana, mentre veniva a contatto col caso di Francesco Spiera a Cittadella e a Padova svolgeva attività di propaganda ormai decisamente filo protestante presso gli allievi dello Studio.

Di particolare interesse è altresì l’analisi dei meccanismi di diffusione dei libri ereticali, argomento trattato in particolare nel capitolo sulla tipografia di Poschiavo (pp. 115 sgg.), dove fu stampato il Catalogo vergeriano: l’attività di questa piccola tipografia grigionese, “nascosta” per così dire in una sperduta località di montagna, fu eccezionale sin dalla sua fondazione da parte di Dolfino Landolfi nel 1547 e dal 1549 la presenza del Vergerio nei Grigioni diede nuovo slancio alla sua attività.

4. A proposito dell’opera di Vergerio di cui cura l’edizione qui offerta Rozzo sottolinea con insistenza il carattere di replica polemica all’Indice di Della Casa. Non si può parlare, secondo lo studioso, di una contraffazione tesa ad ingannare il lettore (è la tesi di altri studiosi tra i quali Bonnant[4], Grendler[5] e De Bujanda[6]). Vergerio inaugura piuttosto un nuovo genere letterario, quello della “censura” degli Indici dei libri proibiti, scrivendo un “controcatalogo” di libri da leggere per la propria elevazione culturale e spirituale. In effetti si trova una conferma alla tesi del Rozzo leggendo la premessa stessa del Catalogo, nella quale l’Indice casiano viene definito “un certo mostro, un Catalogo rabbioso di molti libri et auttori antichi et tutto confusso (come sogliono esser le attioni di farisei)”. Significativamente Vergerio aggiunge: “Ed ecco che lo Spirito mi rivela e mi mostra chiaro che qui dentro vi è inganno e veleno, vi è una coniuratione et un trattato mortale di voler spogliare de’ thesori e della vita spirituale […] et anche corporale i veri figliuoli di Dio” (p. 187).

5. Nell’opera di Vergerio, osserva molto giustamente Rozzo, emerge prepotentemente l’ostilità dell’ex vescovo di Capodistria nei confronti del “fariseo” Giovanni Della Casa, un personaggio rispetto al quale egli si percepiva molto diverso: zelante e cinico esecutore e delatore, ma scarso teologo, che finirà infine per restare inviso agli stessi “intransigenti” che cercava di accattivarsi per assicurarsi la tanto agognata nomina cardinalizia (sogno che si infranse definitivamente durante il papato di Paolo IV, che gli preferì candidati moralmente più idonei). Si potrebbe far notare che anche il Vergerio (che seppe ben integrarsi come il fiorentino Pietro Martire Vermigli tra i riformatori “ortodossi” ed ottenne da ciò significative protezioni politiche: non a caso trascorse i suoi ultimi dodici anni di vita alla corte di un potente principe protestante, Cristoforo di Württemberg, e tale ed altre protezioni influenti gli permisero di vivere “tranquillamente” e di poter proseguire ad oltranza nella sua attività di teologo e polemista anticattolico) come delatore non scherzava, nei confronti soprattutto degli eretici “radicali”. È ben noto il caso della sua denuncia contro Giorgio Siculo nel 1550. Ma Rozzo (cfr. le sue osservazioni a p. 151) mostra di dissentire rispetto alla tesi (di derivazione cantimoriana) di Prosperi che ha parlato (a giudizio dello scrivente, con efficacia) di “collaborazione poliziesca tra Chiese contrapposte”[7]. La sua “difesa” delle buone intenzioni del Vergerio (che non avrebbe voluto far altro, secondo il Rozzo, se non mettere in guardia i confratelli dalle derive del radicalismo anabattista), anche se nulla toglie al grande valore di questo libro, appare comunque un po’ debole. Forse bisognerebbe riflettere meglio su alcuni tratti di opportunismo politico che non mancarono neppure nell’ex vescovo di Capodistria, e che lo accumunano al suo acerrimo nemico Giovanni Della Casa. L’analisi dell’antagonismo tra quest’ultimo e Vergerio, al centro di questo libro, rappresenta comunque senz’altro uno degli aspetti più originali del lavoro di Rozzo, che si impone come significativo e importante, soprattutto perché integra l’edizione di una fonte di primo piano per la storia del Cinquecento religioso italiano con un’attenta analisi e ricostruzione di vicende storiche fondamentali. L’edizione del Catalogo vergeriano (pp. 177-306) è tra l’altro di qualità molto pregevole e corredata da un apparato critico ricco ed esaustivo.
Resta il rammarico per la scarsa diffusione e lo scarso successo editoriale, in genere, di simili ricerche ben documentate e di indubbio valore ed interesse a vantaggio di sintesi più accattivanti (e che fanno un uso più “disinvolto” della documentazione).

Note

[1] L. Campana, “Monsignor Giovanni Della Casa e i suoi tempi”, Studi Storici 16 (1907), pp. 3–84, 247–69, 349–580; 17 (1908), pp. 145–282, 381–606; 18 (1909), pp. 325–513.

[2] G. Sforza, “Riflessi della Controriforma nella Repubblica di Venezia”, Archivio Storico Italiano, 93/1, pp. 5–34, 189–216; 93/2, pp. 25–52; 173–86.

[3] A. Jacobson Schutte, Pier Paolo Vergerio e la Riforma a Venezia 1498–1549 (Roma: Il Veltro, 1988).

[4] G. Bonnant, Les Index prohibitifs et expurgatoires contrefaits par les protestants au XVIe et XVlle siècle, ”Bibliothèque d’Humanisme et Renaissance” 31 (1969), pp. 611–40.

[5] P. F. Grendler, L’Inquisizione romana e l’editoria a Venezia 1540–1605 (Roma: Il Veltro, 1983).

[6] Index des livres interdits, vol. III: Index de Venise, 1549; Venise et Milan, 1554, par J. M. De Bujanda, introduction historique de P. F. Grendler (Sherbrooke: Editions de l’Université de Sherbrooke / Librairie Droz, 1987).

[7] Così A. Prosperi, Ricerche sul Siculo e i suoi seguaci” in Studi in onore di Armando Saitta dei suoi allievi pisani, a cura di R. Pozzi e A. Prosperi (Pisa: Giardini 1989), pp. 35–71: p. 54. Cfr. Id., L’eresia del Libro Grande. Storia di Giorgio Siculo e della sua setta (Milano: Feltrinelli, 2000), in particolare p. 214.