La Cina delle manifatture come modello esterno per le élites piemontesi del '700: le carte da parati del Castello di Govone*

Claudio Zanier
Università di Pisa

1. Tra il 1740 ed il 1750, nell'ambito di un complesso rifacimento decorativo dell'intero immobile, vennero messe in opera nel castello di Govone, nei pressi di Asti, allora in proprietà del marchese di Breglio[1], delle carte da parati molto peculiari. Si trattava di carte colorate da parati originali cinesi, ossia prodotte in ateliers cinesi verosimilmente nell'area dell' odierna Canton nel sud della Cina. Una gran parte di quei rivestimenti ancora sussistono, quasi tutti in eccellenti condizioni, sulle pareti di tre sale contigue dei cosiddetti "appartamenti delle principesse": la Camera di udienza, la Camera da letto ed il Gabinetto.[2] La peculiarità delle carte di due di queste stanze non risiede tanto nell'essere cinesi - le carte da parati cinesi erano entrate nell'uso, sia pure come espressioni ricercate di lusso (anche se in concorrenza di prezzo con arazzi e tappezzerie di stoffa), nelle dimore signorili e nei castelli europei già da alcuni decenni - quanto piuttosto nei soggetti che vi sono rappresentati.
In effetti in due delle stanze sopra citate, la Camera di udienza e la vasta e molto luminosa Camera da letto che si apre sulla facciata principale del castello, le carte, che ricoprono interamente le pareti, riproducono, con ricchezza di dettagli, numerose scene relative a quattro cicli di produzione agricola e manifatturiera propri della Cina di allora: il ciclo della manifattura della porcellana e quello del tè nella Camera di udienza ed il ciclo di coltivazione del riso e quello della seta nella Camera da letto.  I cicli sono rappresentati attraverso un'ampia serie di "quadri", inseriti in sfondi di genere, che coprono, in una sequenza che potremmo definire didascalica, tutte le principali fasi delle lavorazioni, dal loro inizio sino al prodotto finito. In particolare, il ciclo della seta, che copre con due grandi quadri di insieme che si fronteggiano le due pareti maggiori della Camera da letto, ha una rilevanza assoluta e molto evidenziata nell'insieme delle altre rappresentazioni, figurando in una posizione espositiva decisamente privilegiata e predominante.

2. Nella prima metà del '700, le carte da parati cinesi importate ed impiegate in Europa erano, nella loro assoluta maggioranza, a carattere puramente decorativo, rappresentando motivi naturalistici -fiori, piante, rocce, animali (sopratutto uccelli).  Molto rare le figure umane, in genere in quadretti interpretabili, per il nostro gusto di allora, come rappresentazioni "bucoliche". Sotto questo aspetto le carte cinesi nelle quali siano rappresentati dei cicli produttivi si distaccano nettamente da quanto altrimenti noto e/o individuato e pur non costituendo, quelle di Govone, un unicum - ve ne sono, allo stato attuale della ricerca, all'incirca una mezza dozzina soltanto in tutta Europa - vi è motivo di ritenere, includendo quelle andate distrutte o disperse, che non ve ne fossero che poche altre.
Nonostante tali caratteri di estrema rarità e peculiarità, quel tipo di carte non ha mai attirato l'attenzione degli storici dell'arte, né tanto meno quella degli storici.[3] La particolarità di uno dei soggetti rappresentati a Govone - specificamente quello del ciclo di produzione della seta - venne riferito da chi scrive, su segnalazione di Giuseppe Chicco, ad una riunione di esperti degli "Itinerari Culturali" del Consiglio d'Europa tenutasi nel Castello di Calviac, in Francia, nel 1993, con la conseguente proposta di inserire il Castello di Govone  e le sue carte cinesi come una delle tappe degli Itinerari della Seta italiani.
Il primo riferimento scritto ad alcuni esemplari di questo genere di carte è ancor più recente: ne hanno trattato tre studiosi in un saggio congiunto, dal significativo titolo Une chinoiserie insolite apparso nel 1996 su "Arts Asiatiques".[4] In esso tuttavia non vi era alcun riferimento al Castello di Govone ed alle sue carte, che agli autori di quel saggio non erano allora ancora note. Qualche anno più tardi, all'interno di un testo che tratta del Castello di Govone nel suo complesso, sono stati finalmente pubblicati due saggi che fanno specifico riferimento alle carte da parati di cui qui si tratta.[5]; Va da sé che l'analisi di tutte le problematiche sollevate o sollevabili dallo studio delle carte di Govone e di quelle poche altre che si sono finora identificate in Europa sarebbe assai vasta. In questa sede si farà riferimento esclusivamente ad alcuni degli elementi accertati dai primi studi qui citati ed a quelli che possono portare sostegno all'ipotesi interpretativa che qui si presenta.

3. In primo luogo va segnalato che tutte le carte da parati cinesi con cicli di produzione che siano sino ad oggi note sono state prodotte nel corso del XVIII secolo e presentano esclusivamente uno o più dei quattro cicli agricolo-manifatturieri che vi sono raffigurati a Govone, ovvero porcellana, té, seta e riso. Alcune delle carte presenti in altri siti ne possono presentare solo uno o due, ma nessuna di esse presenta immagini di altre manifatture o di altre produzioni agricole oltre a quelle dei quattro cicli di Govone. In secondo luogo delle sei o sette localizzazioni originarie che si sono potute accertare delle carte da parati di quel genere ben tre erano piemontesi: una è in loco (Govone, appunto) le altre due sono state rimosse in tempi relativamente recenti e si trovano, rispettivamente, al Museo di Riggisberg (Svizzera) della Fondazione Abegg e presso una fondazione privata a Torino. Delle altre, due erano in castelli austriaci ed una decora ancora oggi il salone del Comitato di Direzione dell' antica casa bancaria Coutts di Londra, dove venne messa in opera alla fine del XVIII secolo. Il terzo elemento specifico riguarda le fonti delle immagini. Esse sono state individuate con precisione in testi cinesi a carattere manualistico/didascalico editi o riediti, il più delle volte sotto l' egida imperiale, in periodi non di molto antecedenti  alla messa in opera delle carte stesse. In altre parole, i "quadretti" delle singole fasi dei vari cicli di produzione rappresentati sulle carte da parati corrispondono ad una parte delle illustrazioni presenti in questi manuali.
Il più noto e più studiato dei manuali in questione è il Gengzhi Tu ove sono rappresentate le principali fasi della lavorazione di due delle maggiori produzioni economiche della Cina tradizionale - la seta e il riso. La sua compilazione originaria risale al XII secolo, nel corso della dinastia dei Song, ma ebbe alcune altre riedizioni nei secoli successivi. Al tempo della dinastia Qing (1644-1912), il Gengzhi Tu, divenuto nel frattempo praticamente introvabile, venne riedito nuovamente, dietro stimolo dell'imperatore in persona, prima alla fine del '600 e poi nella seconda metà del '700, ogni volta con illustrazioni rinnovate. I manuali di quel genere ed in special modo il Gengzhi Tu attirarono l'attenzione degli intellettuali e degli scienziati europei presenti allora in Cina e vennero importati in Europa. Copie del Gengzhi Tu si trovano nelle principali biblioteche europee, inclusa quella dell' Accademia delle Scienze di Torino. Ma da essi vennero anche tratti, in Cina, degli album, rilegati o a fogli sciolti, contenenti le sole illustrazioni. Anche gli album furono molto ricercati dagli occidentali e ve ne sono numerose copie in Europa presso raccolte pubbliche e private e in archivi e biblioteche, ma in particolar modo nelle biblioteche delle società scientifiche od economiche, dove erano stati molto apprezzati per il carattere tecnico della presentazione delle produzioni. Nei casi di nostro interesse, le immagini delle carte da parati di Govone per la seta e per il riso risultano ad esempio ispirate (ma si potrebbe dire quasi copiate) dall'edizione imperiale del 1696 del Gengzhi Tu, mentre le corrispondenti immagini della casa Coutts di Londra, poste in opera alcuni decenni più tardi che a Govone, risalgono senza alcun dubbio alla successiva edizione settecentesca dello stesso manuale.Per la porcellana e per il té vi sono analoghi manuali ed analoghi percorsi di penetrazione e presenza delle relative immagini presso le istituzioni scientifiche e culturali europee di quel periodo.[6]

4. Abbozzate, per grandi linee, le fonti di riferimento delle immagini rappresentate sulle carte da parati in esame, bisogna ancora considerare il quadro generale in cui prese piede, in Europa, la sterminata voga delle "cineserie".  Questa moda, iniziata verso gli ultimi decenni del '600, esplosa sotto le più svariate forme nel '700 e che inizia a scemare solo in pieno '800, è stata oggetto di un'infinità di studi e ricerche, la quasi totalità delle quali riguarda gli aspetti estetici o più in generale, la storia dell'arte e dei reciproci influssi artistici tra Europa ed Asia orientale. In queste prospettive puramente estetiche restava e resta tutt'oggi in ombra  quella che tra la fine '600 e la seconda metà del '700 era la reale percezione che i circoli economici e politici europei più avvertiti avevano della Cina, una percezione che sarà travolta dagli effetti, anche culturali, della successiva rivoluzione industriale, ma che fino ad allora aveva visto la Cina, per dirla in termini odierni, come una grande potenza economica dotata di specifiche ed avanzate conoscenze tecniche ancora sconosciute,  non ben comprese o insufficientemente assimilate dagli occidentali. Allora, come e più di oggi, la Cina esportava merci in Occidente in misura massicciamente superiore a quanto non le interessasse importare. La "Bilancia dei Pagamenti" dell'Europa con l' Asia ed in particolare con la Cina era assolutamente negativa: le merci cinesi si compravano contro valuta pregiata (argento) e non con merci europee, le quali non trovavano alcun mercato, per i loro costi e per la loro qualità (sentita dai cinesi come scadente), in Cina. Se si volevano vendere merci europee - in genere per accontentare le potenti guilde dei produttori nazionali - bisognava venderle molto sotto costo (in "dumping"), perdendoci. La Cina, di conseguenza, era allora vista come una nazione molto prospera ed i pilastri della sua prosperità economica erano, da un canto le sue merci d'esportazione: sete, té e porcellane che affluivano in maniera sempre crescente sui mercati europei e per il commercio delle quali ogni paese metteva in piedi le sue Compagnie delle Indie; da un altro canto l'immensa produzione delle sue risaie - con rese per unità di superficie molto più alte e molto più stabili di quelle in cereali dell'Europa coeva e che consentivano, nella visione europea di allora, di nutrire un'immensa popolazione e di tenere bassi i costi del lavoro.

5. Non è qui la sede per discutere in che misura quest'immagine della Cina da parte degli Europei corrispondesse o meno alle reali condizioni economiche e sociali del Celeste Impero, ma non si può non mettere in collegamento i quattro soggetti standard delle carte da parati cinesi che abbiamo preso in esame con i quattro pilastri economici della Cina di quel periodo che abbiamo appena indicato. Non è possibile, riteniamo, non vedere un preciso messaggio di esaltazione di quei flussi merceologici nelle immagini delle carte da parati che la casa bancaria Coutts pone nel salone della propria Direzione se pensiamo al fatto che era sulla movimentazione e sul finanziamento di quei flussi che la Casa aveva costruito le proprie fortune, fornendo capitali alla East India Company ed a tutti quei privati che in maniera più o meno legale importavano o facevano circolare sete, té e porcellane provenienti dalla Cina su Londra e su tutti i principali empori dell'Europa settentrionale dove operavano gli agenti della Coutts. La decorazione decisa dalla Coutts, con delle carte da parati cinesi tanto alla moda, aveva certamente anche una valenza estetica, sicuramente molto apprezzata, ma era allo stesso tempo un modello concreto e reale cui ispirare le proprie attività. Quando il mito della Cina tramonterà - in Inghilterra pochi decenni dopo la messa in opera di quelle carte - resterà il solo aspetto estetico e decorativo, ma la ispirazione iniziale era certamente molto più ampia e più coinvolgente.
Più vasta e più indiretta, riteniamo, la motivazione che guidò la messa in opera delle carte nel castello di Govone. Essa, nella nostra opinione, rappresentava insieme un'orgogliosa manifestazione di un risultato raggiunto e la sfida di un progetto da realizzare. Era un modello ottenuto ed  insieme un modello auspicato. La persona che prese la decisione di mettere quelle carte con quelle rappresentazioni era un alto funzionario dello Stato sabaudo, ma era allo stesso tempo un esponente di rilievo di quella grande proprietà terriera piemontese impegnata a migliorare le produzioni del ciclo agricolo e in questo modo a rafforzare ed arricchire lo stato. Tra queste produzioni la seta aveva un ruolo assolutamente primario: il Piemonte aveva infatti, ormai da molti decenni, nella produzione e nell'esportazione di filo di seta di qualità, una delle sue principali leve economiche, e quella produzione era in costante crescita.[7]  Allo stesso tempo in Piemonte si stava operando alacremente per espandere le risaie, ed inoltre anche il Governo del Piemonte, come molti altri Governi europei di quel periodo si sforzava di sostenere una nascente industria interna della porcellana, ora che i segreti dell'arte cinese della porcellana, anche attraverso manuali cinesi illustrati analoghi a quello della seta sopra citato, erano stati finalmente fatti giungere in Europa, studiati e compresi dal punto di vista tecnico-scientifico ed applicati in stabilimenti pubblico/privati.   Con meno fortuna di esiti, il Piemonte agiva allora in questo settore nella direzione in cui andavano le più fortunate e coeve imprese di Limoges, di Sevres, di Capodimonte, di Meissen.

6. Nel decidere le decorazioni di alcune delle più importanti sale del suo Castello e nel scegliere per queste delle decorazioni parietali prestigiose, ricercate e molto particolari nei loro soggetti, il modello di riferimento per il marchese di Breglio, restava in questo senso un grande paese orientale che eccelleva in tutte quelle produzioni, ma a nostro avviso il messaggio includeva, nel porre in assoluto primo piano, anche visivo, la seta, una sorta di affermazione orgogliosa di raggiunta eccellenza sabauda - paragonabile a quella cinese - in quel settore. Allo stesso tempo si trasmetteva un modello/messaggio che vedeva nell'impegno di un membro influente della società a seguire la traccia economica del grande paese d'oriente, la via maestra per innalzare le fortune della propria nazione. Se questo modello fosse in antitesi o riuscisse a complemento di altri modelli di comportamento sociale e di funzione, come quello militare, può essere soggetto di ulteriore ricerca, ma è difficile immaginare che un impegno così forte, in termini di spesa come in termini culturali e di innovazione decorativa, per una rappresentazione tanto ricercata  e specifica, non intendesse avere anche una forte componente esemplare: mostrare, insomma, una strada allo stesso tempo nuova ed in parte già percorsa con successo.
  Si può forse aggiungere, ma è solo un'indicazione preliminare per uno studio tutto da completare, che il vicino castello di S. Martino Alfieri presenta sulle pareti di alcune stanze carte da parati cinesi, apparentemente coeve, con soggetti decorativamente per alcuni aspetti meno "anomali" di quelli di Govone in rispetto alle tradizionali carte da parati cinesi, anche se non conformi ai comuni soggetti di fiori e piante e che, a ben guardare, possono rientrare nell'ipotesi di un messaggio di ruolo che per qualche aspetto risulta analogo a quello di Govone. Il soggetto di quelle carte, infatti, è quello del signore, grande proprietario terriero, negli agi della sua dimora di campagna.  Se si fosse trattato di una scelta volutamente cercata, il messaggio/modello che a S. Martino Alfieri si proponeva si discostava anch'esso dal ruolo tradizionale del nobile sabaudo dedito all'arte militare ed alle imprese gloriose, per affiancarsi, con toni certamente meno demiurgici, ai modelli di centralità per il benessere dello Stato dell'attività agricola intelligentemente guidata che traspaiono con tanta forza dalle carte di Govone.

7. Tra gli aspetti secondari, rispetto alla centralità del modello proposto, che non è possibile sviluppare più ampiamente in questa sede, ma a cui si vuole perlomeno accennare, ve ne sono due di un certo significato.
Il primo riguarda il collegamento eventuale delle carte di Govone con quelle, di soggetto analogo, del castello austriaco di Halbturn, di proprietà allora della corona d'Austria. In termini cronologici appare molto probabile che la posa in essere a Govone preceda quella ad Halbturn e potrebbe essere significativo che il marchese di Breglio avesse svolto a Vienna, proprio in quel periodo le funzioni di rappresentante presso la Corte austriaca del regno sabaudo. Ma vale la pena di sottolineare anche che proprio in quei decenni il Governo austriaco si era impegnato sistematicamente a diffondere nei propri territori la sericoltura e l'industria della seta. Le carte da parati di Halbturn, incentrate anch'esse sul ciclo della seta, possono essere viste come un "manifesto"  delle intenzioni governative e delle sollecitazioni all'elite imprenditoriale nobiliare dell'Impero a seguire quella strada (così come stava avvenendo in Piemonte)?
Il secondo  riguarda un problema concreto, per Govone, di committenza  specifica, che è lungi dall'essere risolto, ma che ha delle implicazioni di notevole portata. Le carte del ciclo della seta appaiono essere a misura della stanza sulle cui pareti sono state poste. Ora tali carte erano di solito prodotte in rotoli di dimensioni standard negli ateliers cinesi e come tali importate a Londra o altrove, per cui per porle in posa andavano tagliate ed adattate, cosa non difficile da fare per carte che presentavano solo motivi puramente decorativi e che potevano essere aggiustate a seconda delle superfici da ricoprire ed affiancate a seconda delle esigenze. Parrebbe invece assai difficile immaginare che solo per pura coincidenza le dimensioni complessive dei rotoli con immagini non riducibili del ciclo della seta, da stendere affiancati in verticale in modo da formare un'unica composizione organica - in alto, in basso, a destra e a sinistra - come se fossero dei grandi arazzi, siano perfettamente coincise con quelle di due diverse pareti della Camera da letto di Govone. Se però dobbiamo qui pensare ad un ordinazione esplicita, che comprenda, oltre all' individuazione del soggetto anche le indicazioni precise per delle misure particolari per la larghezza e l'altezza dei fogli calcolate sulle diverse ampiezze delle pareti da ricoprire, dobbiamo pensare ad un processo di ordine del materiale da trasmettere in Cina (tramite qualche intermediario mercantile dell' Europa del Nord) per un esecuzione ad hoc. Si sarebbe necessariamente trattato di un procedimento di ordinazione assai complesso e che implicava alcuni anni di tempo per il suo completamento, piuttosto che di una relativamente più semplice selezione da campionario per carte che già si trovano ad Amsterdam, ad Anversa o a Londra. La scelta del "modello" del marchese di Breglio diviene allora assai più "pensata" e "voluta", e quindi assai più impegnativa anche in termini culturali, di quanto già non ci sia apparsa. Ma anche su questo punto siamo ancora nel campo delle ipotesi.

Note

* Il presente testo è costituito dalla comunicazione presentata al Seminario internazionale Modelli da imitare-modelli da evitare. Discussioni settecentesche su morale e commercio, ricchezza e povertà negli antichi stati italiani (Pisa, 11-13/10/2007).

[1] Giuseppe Roberto Solaro, marchese di Breglio e conte di Govone. I Solaro possedevano il castello sin dal XIII secolo.

[2] Uso la denominazione correntemente accettata dei tre ambienti, che non necessariamente corrisponde all' utilizzo di questi al tempo della posa in opera delle carte da parati di cui qui si parla.

[3] Si deve anche rilevare come vi fosse una corrente di storici dell'arte locali (palesemente del tutto digiuni da una pur minima conoscenza di arte della Cina e di storia delle importazioni di oggetti d'arte cinesi in Europa) che riteneva le carte di Govone, e anche quelle di altri palazzi e castelli, essere il prodotto di artigiani piemontesi. Tale posizione è stata pervicacemente mantenuta sino a tempi molto recenti, con il rischio reale e concreto che si facessero dei restauri come se il supporto cartaceo ed i pigmenti fossero nostrali e non cinesi, provocando un disastro.

[4] G. Berger, G. Métailié, T. Watabe, "Une chinoiserie insolite: étude d'un papier peint chinois", Arts Asiatiques, LI, (1996), pp. 96-116.

[5] L. Caterina, "Le stanze cinesi del castello dei Solaro a Govone: lettura storico-artistica"  e C. Zanier, "I cicli di  produzione nelle carte da parati cinesi del Castello di Govone", in Il Castello di Govone - Gli appartamenti,  Torino, CELID, 2000, rispettivamente alle pp. 41-58 e  61-75.

[6] Si veda Caterina, Le stanze cinesi del castello dei Solaro a Govone, cit.

[7]G. Chicco, La seta in Piemonte 1650-1800. Un sistema industriale d'ancien régime,  Milano, Angeli, 1995.