1. Adesso che anche l’Inquisizione romana, grazie al libro di Andrea Del Col (che copre, in realtà, un periodo ben più vasto), possiede finalmente un’opera di sintesi sulla sua storia, risalta con ancor maggiore evidenza l’assenza totale di lavori in qualche modo analoghi sul tribunale portoghese. Sul piano di una ricostruzione d’insieme della sua storia, infatti, il Sant’Uffizio lusitano non mostra di aver seguito, come invece accadde spesso durante i suoi quasi tre secoli di attività (1536-1821), quello che Del Col indica, con formula efficace, come l’«esempio contagioso» dell’Inquisizione spagnola [1]. Quest’ultima continua a essere oggetto di monografie di carattere generale – in tempi recenti, quelle di John Edwards, di Ricardo García Carcel e Doris Moreno Martínez, diJoseph Pérez, di Helen Rawlings e di José Martínez Millán –, segno di un’esigenza, all’apparenza inesauribile, di ripensare di continuo il peculiare significato del potente tribunale della fede all’interno della storia della Spagna e dell’Europa cattolica [2]. Nulla di tutto questo ha ricadute in Portogallo. Da un lato, a oltre un secolo e mezzo di distanza, continua a pesare il giudizio espresso nella classica História da origem e estabelecimento da Inquisição em Portugal (1854-59), in cui per giustificare la scelta di occuparsi della fondazione del Sant’Uffizio lo storico liberale Alexandre Herculano liquidò lo studio della concreta attività del tribunale come «più monotono e meno istruttivo» [3]. Dall’altro lato, un serio limite alla possibilità di muovere verso ricostruzioni complessive è rappresentato dal solido vincolo di parte della storiografia portoghese con una tradizione confessionale che guarda ancora con sospetto a etichette ormai neutrali come quella di Controriforma [4].
2. Se l’intensa discussione degli ultimi quattro decenni intorno
all’influenza dell’Inquisizione sulla storia di
Italia ha dovuto
aspettare a lungo prima di veder confluire numerose ricerche in una
rilettura
d’insieme sistematica, ma sempre viva e aperta al confronto,
è mia
impressione che il Sant’Uffizio lusitano dovrà
attendere ancora
tempo prima di avere il suo Del
Col [5].
Le ragioni profonde sono molteplici e stratificate. Chiamano in causa
la lunga e
sempre polemica tradizione di studi sul tribunale che ha segnato, dalla
metà del XIX secolo, la storiografia di un paese, il
Portogallo, dove la
solida egemonia culturale del clero avrebbe trovato conferma e
protezione sotto
il lungo regime salazarista (1932-74). Seconda soltanto alla storia dei
re e
all’epopea del Portogallo delle
‘scoperte’ (descobrimentos),
non si può dire che l’Inquisizione sia stata un
oggetto dimenticato
dagli storici portoghesi nei lunghi anni della dittatura. In ogni caso,
tranne
qualche rara eccezione, i loro sforzi furono tesi a ridimensionare
l’immagine negativa del tribunale, la sua leggenda
nera [6].
In seguito, come in Spagna, il passaggio alla democrazia, alla
metà degli
anni Settanta, avrebbe favorito l’avvio di una rinnovata
stagione di
studi. Nel caso lusitano, tuttavia, i risultati hanno finito per
rivelarsi
più contenuti e le ricerche meno coraggiose, nonostante la
presenza di un
archivio centralizzato (il fondo Santo
Ofício,
presso l’Arquivo Nacional da Torre do Tombo a Lisbona), la
cui abbondanza
di fonti ha avuto però il difetto di distogliere
l’attenzione dai
meno abbondanti, ma preziosi archivi locali (sia municipali, sia
diocesani) [7].
Una
delle ragioni immediate del ritardo lusitano va individuata nella
mancanza di
forme coordinate di organizzazione del lavoro scientifico. Se si
escludono
alcuni progetti di informatizzazione delle fonti, risalenti agli anni
Ottanta
(rimasti in larga misura sulla carta, ma oggi rilanciati dal programma TT online),
il Portogallo, a differenza di Italia e Spagna, non si è mai
dotato di
centri di studi sull’Inquisizione, né esistono
collane editoriali o
riviste specializzate, mentre rimangono inconsueti convegni e seminari
aperti [8].
Così, le proposte interpretative forti sul
Sant’Uffizio lusitano,
un tribunale nato in funzione
anti-conversos,
tendono a restare estranee a un orizzonte storiografico che si limita
spesso ad
applicare all’Inquisizione portoghese formule e schemi
elaborati per
l’istituzione spagnola gemella.
3. I grandi dibattiti intorno alla “realtà” del cripto-ebraismo – si pensi alla celebre disputa fra Isräel-Salvator Révah e António José Saraiva, all’inizio degli anni Settanta – si sono andati affievolendo, al punto che si registra ormai una spiccata divaricazione fra le indagini sul tribunale e quelle sulle vittime [9]. Dei primi offre un esempio manifesto un libro che pure ha indubbiamente contribuito ad allargare il panorama degli studi sul Sant’Uffizio lusitano (v. l’analisi dei riti degli autos da fé), il tentativo di Francisco Bethencourt di mettere a confronto le tre Inquisizioni in età moderna [10]. Nel secondo ambito, invece, ci troviamo di fronte a una storiografia molto più vasta e internazionale, quella sui conversos, che nel caso degli ebrei portoghesi appare spesso frammentaria, dispersa, ancora incapace di sintesi [11]. Sul piano delle dinamiche interne alle comunità presenti in Portogallo, composte da discendenti degli ebrei battezzati a forza nel 1497 – i nuovi cristiani (cristãos-novos) –, sono ormai sedimentate le ricerche su aspetti puntuali di storia sociale e culturale di metà Cinquecento, condotte rispettivamente da Maria José Ferro Tavares e Elias Lipiner, gettando nuova luce su personaggi e episodi dell’epoca presa in esame da Herculano [12]. Ad esse ha fatto seguito un allargamento delle questioni e dell’arco cronologico considerati in ricerche sempre più puntuali, di cui sono prova la monografia di François Soyer sugli esiti dell’editto di espulsione di ebrei e musulmani emanato dal re Emanuele I nel 1496, o le approfondite ricostruzioni di episodi capitali della repressione inquisitoriale seicentesca [13]. Deve invece suscitare ancora le reazioni che merita la stimolante proposta dell’ultimo libro di Miriam Bodian, consacrato allo studio degli ebrei convertiti che nel mondo iberico della prima età moderna preferirono la via del martirio pur di non rinnegare l’antica religione [14]. Si distingue, inoltre, la innovativa tesi di dottorato (ancora inedita) Claude Stuczynski sull’importante comunità conversa di Bragança nel secondo Cinquecento [15]. Occorre riservare, infine, una menzione speciale per l’uscita del Dicionário do Judaísmo Português e la conclusione del Dicionário Histórico dos Sefarditas Portugueses (Mercadores e gente de Trato), ancora in attesa di essere reso accessibile al pubblico [16]. Quest’ultima impresa è stata condotta dal gruppo di studiosi che anima i Cadernos de Estudos Sefarditas (editi dal 2001), divenuti rapidamente un punto di riferimento grazie alla valida formula di chiedere agli studiosi temporaneamente al lavoro alla Torre do Tombo di anticipare parte dei risultati delle proprie ricerche nel contesto di un ciclo annuale di conferenze, i cui atti vengono poi puntualmente pubblicati nella rivista [17].
4.
Negli ultimi trent’anni, la storiografia istituzionale
sull’Inquisizione portoghese ha rotto la triade classica
Corona-Sant’Uffizio-conversos (il
paradigma
ottocentesco di Herculano), per procedere lungo tre direzioni
principali che
rappresentano ancora oggi i principali terreni di indagine. Comune a
tutti, va
detto, è il vizio di una patina oggettivizzante, legata
all’eloquenza di calcoli quantitativi favoriti
dall’esistenza di
circa 40.000 processi conservati alla Torre do
Tombo [18].
Sull’attendibilità di quei calcoli lo stesso Del
Col non ha
nascosto le proprie riserve. A ragione, nelle pagine che dedica
all’Inquisizione portoghese, egli osserva come le cifre
complessive
proposte dai vari storici siano spesso scorrette, perché
«riprese da
[...] studi precedenti, condotti con i criteri più
disparati» [19].
In
ogni caso, sono tre, si diceva, i campi privilegiati dalla ricerca e
dalla
discussione storiografica attuale. Una prima sfera è quella
dei rapporti
istituzionali e giurisdizionali legati al controllo del territorio.
Agli studi
di Bethencourt e di José Pedro Paiva sulla distribuzione
geografica del
tribunale e le forme della sua collaborazione con gli altri agenti
ecclesiastici
hanno corrisposto ricerche sistematiche, ma non tutte di sicuro valore,
da un
lato, sui tribunali di Évora e Coimbra (che, insieme
all’ufficio di
Lisbona, costituirono le tre sedi inquisitoriali stabili
all’interno del
regno), dall’altro, sulle forme di vigilanza locale, con
particolare
riguardo per la rete dei familiari (la maggior parte dei lavori si
concentrano,
per la verità, sul
Brasile) [20].
Nessuna influenza sembrano invece avere esercitato le recenti proposte
dello
storico del diritto António Manuel Hespanha, fra i
più affermati
sostenitori, a livello internazionale, della debolezza dello Stato
moderno in
Europa fra Cinque e
Seicento [21].
In modo aperto non vi si richiamano neppure gli studiosi oggi impegnati
in un
serrato confronto sulle relazioni instaurate
dall’Inquisizione con i
vescovi da un lato, con gli Ordini religiosi (in particolare,
domenicani e
gesuiti) dall’altro, o attenti ai complessi tentativi del
Sant’Uffizio di limitare la proliferazione di fori e di
competenze
sull’eresia attraverso il controllo dei
confessori [22].
5. Un
secondo ambito continua a godere di un forte interesse, quello della
classificazione delle tipologie di reato e delle diverse forme di
approccio
usate dall’Inquisizione nell’opera di repressione.
Lasciando da
parte il caso dei conversos,
spiccano gli studi di Bethencourt e Paiva sulla stregoneria in
Portogallo fra
Cinque e Settecento, rinnovati da una recente monografia di Thimothy
Walker su
medicina e pratiche popolari nel Portogallo dei
Lumi [23].
Inoltre, le ricerche con cui Laura de Mello e Souza ha ripercorso le
tracce
dell’applicazione di una lettura demonologica alla
realtà del
Brasile da parte dei coloni portoghesi e europei hanno contribuito a
rinnovare
in profondità la conoscenza dell’universo di
credenze che
avvolgevano il Nuovo
Mondo [24].
Intanto, mentre il problema della penetrazione delle idee protestanti
nel
Portogallo della prima età moderna (certo modesta, ma non
priva di
significato) riceve tuttora poca attenzione, lacune notevoli sono state
in parte
colmate dalle utili monografie che, nell’ultimo decennio,
Isabel Drumond
Braga ha dedicato alla persecuzione dei mouriscos,
degli stranieri e del delitto di
bigamia [25].
È infine fresco di stampa il libro che Stuart Schwartz ha
dedicato
all’idea di tolleranza nella religiosità popolare
in Spagna e
Portogallo e nelle loro colonie
americane [26].
n
terzo settore di indagine è rappresentato dai rapporti
dell’Inquisizione con il potere politico, consolidati dal
coinvolgimento
diretto di principi ed esponenti dell’alta nobiltà
alla guida del
tribunale. In questo ambito di ricerca, ormai classico, rimane forte la
tendenza
a fornire un’interpretazione armonizzante, negando importanza
agli aspri
conflitti che pure accompagnarono sempre le principali crisi della
storia
politica portoghese in età moderna (si pensi solo agli
inquisitori
generali: le violente tensioni del cardinale infante Enrico prima con
Giovanni
III nel 1548, poi con Sebastiano nel 1576; l’aperto scontro
tra Francisco
de Castro e Giovanni IV, fra 1641 e 1653; la destituzione di
José de
Bragança da parte del marchese di Pombal, nel 1760). Dallo
schema
dominante ha il merito di discostarsi la tesi di dottorato appena
discussa dalla
studiosa spagnola Ana Isabel López-Salazar Codes (2008), che
si è
concentrata sul contrastato rapporto fra le spinte egemoniche della
Corona di
Castiglia e la ricerca di autonomia dell’Inquisizione
portoghese al tempo
dell’Unione dinastica fra le due monarchie
(1580-1640) [27].
6.
Appare evidente, in ogni caso, quanto lo studio del rapporto fra
Inquisizione e
potere politico continui a risentire negativamente delle conoscenze
limitate sul
funzionamento della corte e su figure che vi occupavano un ruolo di
rilievo, dai
confessori della famiglia reale al segretario privato del re
(l’escrivão
da puridade, lett.
‘scrivano della purezza’) ai suoi consiglieri
religiosi, che ebbero
spesso un peso determinante sulle vicende del Sant’Uffizio.
Per altri
versi, sono di fatto inesistenti studi su scala locale che consentano,
sul
modello del classico Sotos
contra Riquelmes (1992), di esaminare intrecci e relazioni allora esistenti fra
Inquisizione,
autorità municipali e nobiltà medio-piccola, sia
nelle tre
città sede di distretto, sia nelle località
minori (ma tale non
era certamente Porto) che ospitavano commissari del
Sant’Uffizio e altri
ufficiali di rango
inferiore [28].
Si tratta di vuoti dovuti anche all’assenza di interventi di
riflessione
storiografica e discussione dei risultati provenienti dalle ricerche
sulle altre
due inquisizioni
moderne [29].
È un dato che si è aggravato
nell’ultimo decennio, dopo che
fra anni Ottanta e Novanta alcuni contributi di Joaquim Romero
Magalhães,
Bethencourt e Robert Rowland erano sembrati preludere
all’avvio di una
stagione nuova e più vivace per gli studi sul tribunale
della fede
lusitano [30].
Oltre
alle relazioni con il potere politico, esistono almeno quattro grandi
nodi su
cui il silenzio storiografico è pressoché
assoluto. Anzitutto,
poco si conosce e poco si studia il funzionamento concreto della
struttura
interna dell’Inquisizione. Nonostante alcune schede
prosopografiche, di
fatto, non esistono solidi lavori su singole figure, neppure sugli
inquisitori
generali [31].
Mentre si attendono ancora analisi rivolte alla legislazione
inquisitoriale, ai
manuali usati dai giudici di fede, alle loro letture, alla loro
“cultura” [32].
Pesano inoltre, e non poco, i gravi ritardi accumulati nella conoscenza
dell’organo supremo del Sant’Uffizio, il Consiglio
Generale, e del
tribunale di Lisbona, che operò a lungo come una sorta di
grado
intermedio, fra i restanti tribunali di distretto e il Consiglio
Generale, che
svolgeva attività di consulto e, meno spesso, di corte
d’appello [33].
Infine, a dispetto di una straordinaria abbondanza di fonti, resta del
tutto
inesplorata l’amministrazione economica
dell’Inquisizione, che pure
si presterebbe a uno studio simile a quello compiuto da José
Martínez Millán per la
Spagna [34].
Una nota positiva è comunque rappresentata dalle voci
‘di
ricerca’ su tali argomenti (il Consiglio Generale,
l’Inquisizione di
Lisbona e la struttura economica del Sant’Uffizio), redatte
per il Dizionario
storico
dell’Inquisizione [35].
7. In
secondo luogo, rimane superficiale lo studio dell’impatto del
tribunale
della fede portoghese sulla vita religiosa e intellettuale del regno e
dell’impero. La quiete che da oltre vent’anni
gravava sulla storia
della censura dei libri è stata interrotta dal ponderoso
studio di Maria
Teresa Martins sulla censura letteraria fra Sei e Settecento
(2005) [36].
La sua mole, tuttavia, fa ancor più risaltare
l’assenza di
contributi significativi sulla censura dell’arte e sul
controllo della
circolazione delle idee. Eppure, dalla repressione di fermenti
‘luterani’ fra gli umanisti di metà
Cinquecento fino ai
processi contro i massoni alla vigilia della Rivoluzione francese, non
mancano
gli elementi che indurrebbero a prestare maggiore attenzione alle forme
di
controllo esercitate dagli inquisitori sul mondo delle
università e fra i
circoli scientifici, come all’interno dei conventi, centro di
un’intensa
spiritualità [37].
Se
dalla cultura alta si passa al piano delle credenze popolari il quadro
non muta.
Pochi esiti hanno avuto le proposte di una critica tesa a fare delle
fonti
inquisitoriali uno strumento per indagini di carattere antropologico.
Si
distinguono, tuttavia, almeno due brillanti tentativi, rivolti uno allo
studio
della cosmologia di un colono nel Brasile fra Sei e Settecento,
l’altro
alla setta che si formò intorno all’eresia
‘materialista’ di un contadino
dell’interno del Portogallo nel
secondo
Settecento [38].
Vi
è infine un’ultima, grave reticenza nella
storiografia
sull’Inquisizione portoghese. Se si esclude il caso del
Brasile, che vanta
ormai una solida tradizione di studiosi grazie al prolungato impulso di
Anita
Novinsky (autrice di una monografia ormai classica, Cristãos
Novos na Bahia,
1972), oggi incarnata soprattutto da Ronaldo Vainfas, Evergton Sales
Souza e
Bruno Feitler (ma non si dimentichi l’affascinante ricerca di
Nathan
Wachtel), molto raramente lo sguardo degli storici si posa sulle
ramificazioni
coloniali del Sant’Uffizio in Africa e in
Asia [39].
Si inizia però a intravedere una felice inversione di
tendenza, grazie
agli studi di Ana Cannas da Cunha sulle origini del tribunale di Goa e
di
José Alberto Tavim sulla comunità di ebrei e conversos di Cochin, duramente colpiti dal tribunale
indiano [40].
Sempre a Tavim si deve una vasta ricerca sulle comunità
ebraiche di
origine portoghese in Nord Africa, fondata in larga parte su documenti
dell’Inquisizione
(1997) [41].
E va anche ricordato il colloquio organizzato quattro anni fa a Parigi
sulla
presenza del Sant’Uffizio nei possedimenti portoghesi in
Africa (dal
Maghreb
all’Angola) [42].
8.
In conclusione, qualche parola sui campi di ricerca più
battuti in questo
momento dagli studiosi che, fra dibattiti ancora aperti e reticenze di
lungo
corso, continuano a portare avanti le proprie ricerche in archivi e
bibloteche.
Un
primo
filone è rappresentato dal sistema procedurale
dell’Inquisizione
portoghese, riconosciuto come eccezionale dai trattatisti sin dalla
fine del
Cinquecento. Attraverso l’analisi di uno spazio circoscritto,
Paiva ha
preso in esame il funzionamento delle denunce nel corso delle visite
inquisitoriali [43].
Altri studiosi, intanto, hanno iniziato a prestare attenzione ai
simboli dello
‘stile’ del Sant’Uffizio lusitano: la
regola di procedere ad
arresti anche sulla base di una sola denuncia e l’emissione
di sentenze
finali sulla base di testimonianze
singolari [44].
Il recupero della dimensione giudiziaria dell’Inquisizione
sta inoltre
favorendo una considerazione meno generica per le strategie di
resistenza delle
vittime. Si guarda, in particolare, alle contromosse dispiegate dai conversos,
che in una società che covava in sé il germe
della discriminazione
etnico-religiosa, seppero talora sfruttare le occasioni offerte da una
parziale
integrazione per ideare forme di auto-difesa, dalle false deposizioni
in
tribunale fino al ricorso, da parte di intere comunità, a
fidati
confessori conversos,
cui svelare senza timori i segreti della propria
coscienza [45].
Dell’Inquisizione inizia così a emergere il
profilo più
definito di uno strumento al servizio di meccanismi ora di esclusione
(piena
aderenza al principio della limpeza
de sangue), ora di
distinzione sociale (per tale via si inizia anche a studiare
più da
vicino la composizione dei patentati del
Sant’Uffizio) [46].
Accanto
alle procedure giudiziarie e al recupero di una più
consapevole
centralità storiografica dei conversos,
conquistano spazio anche le indagini volte ad approfondire i dibattiti
interni e
la costruzione di una propria memoria istituzionale da parte del
tribunale (un
terreno su cui si è cimentato per primo Paiva, prendendo in
esame
l’immagine dell’Inquisizione portoghese prodotta
dalla storiografia
domenicana fra Sei e
Settecento) [47].
In tal senso, una conoscenza meno arbitraria delle opzioni entro cui si
mossero
gli inquisitori può provenire dalla consultazione del
prezioso fondo
costituito dalle ricche rubriche per materia di cui si servivano i
deputati del
Consiglio Generale, oggi custodite in prevalenza alla Torre do
Tombo.
Sembra
prendere corpo, infine, una visione dell’Inquisizione meno
limitata ai
confini nazionali. Un esempio importante è offerto
dall’avvio di
studi sulle concrete relazioni intercorse fra il Sant’Uffizio
di Spagna e
di Portogallo, una questione tutt’altro che secondaria. In
primo luogo,
per la frequente tendenza a considerare il tribunale portoghese come un
semplice
clone di quello spagnolo, un pregiudizio che finisce spesso per essere
smentito
da ricerche specifiche. E in secondo luogo, perché
– almeno a mio
giudizio – non si può comprendere la nascita del
Sant’Uffizio
in Portogallo se non si considera la pressione esercitata a corte,
negli anni
venti del Cinquecento, da un gruppo di consiglieri religiosi in stretto
contatto
con inquisitori castigliani e andalusi che chiedevano maggiore
collaborazione
alle autorità lusitane nella caccia ai
giudaizzanti [48].
In attesa di lavori più sistematici che affrontino la
questione nel suo
insieme, il confronto fra le due istituzioni beneficia anche di studi
di caso su
episodi di collaborazione, come ha mostrato
Soyer [49].
Rispetto al quadro offerto da quest’ultimo, occorre osservare
come non
mancarono, tuttavia, difficoltà e contrasti fra i due
tribunali iberici,
che ebbero forme, dimensioni e ritmi di persecuzione solo in parte
riconducibili
a un modello unitario.
Il
problema delle capacità di controllo
dell’Inquisizione oltre
frontiera attira sempre di più gli studiosi, come mostra
anche
un’inconsueta attenzione per i depositi archivistici
lusitani, dove si
conservano materiali relativi alla storia della diaspora sefardita in
Italia e
alle reti di contatto e cooperazione esistenti fra gli inquisitori
portoghesi e
italiani, ma anche per le forme di delega che consentirono al
Sant’Uffizio
lusitano di operare su scala
coloniale [50].
9. Da ultimo, mi preme sottolineare come anche la storiografia sull’Inquisizione inizi oggi a risentire del dinamismo che caratterizza gli attuali studi sul colonialismo extra-europeo della prima età moderna [51]. I quadri che si vanno componendo chiamano sempre più in causa gli inquisitori accanto ai missionari, impegnati gli uni a fianco agli altri, non sempre senza conflitti, nell’impresa della conversione degli infedeli. La varietà di scenari e di soluzioni che l’Inquisizione portoghese offrì nell’impero, se si assume l’ottica degli organi centrali del tribunale, sembra poter essere ricondotta a schemi di intervento certo mutevoli, ma rispondenti a una regia unitaria. Quella prospettiva mondiale, che il Sant’Uffizio lusitano assunse con grande precocità, dette luogo a forme di vigilanza e di repressione inedite nell’Europa cattolica [52]. Per il momento, sul piano della ricerca, la sfida prioritaria che si pone è quella di colmare la paradossale sproporzione fra le decine di lavori pubblicati negli ultimi anni sul Brasile, dove pure l’Inquisizione non giunse mai a impiantare un tribunale stabile, né seppe avere (se non in determinati momenti e in località specifiche) un’effettiva capacita di intervento, e l’esigua e ripetitiva letteratura esistente sull’Asia portoghese, dove pure operò il tribunale di Goa, forse il più cruento, certamente il meno studiato, della storia del Sant’Uffizio lusitano.
[*] Relazione discussa alla Scuola Normale Superiore di Pisa il 9 settembre 2008 e alla Universidade de Lisboa il 20 marzo 2009.
[1] A. Del Col, L’Inquisizione in Italia. Dal XII al XXI secolo, Milano, Mondadori, 2006, p. 252.
[2] J. Edwards, The Spanish Inquisition, Stroud-Charleston (SC), Tempus, 1999 (tr. it. Storia dell’Inquisizione, Milano, Mondadori, 2006); R. García Carcel-D. Moreno Martínez, Inquisición. Historia crítica, Madrid, Temas de Hoy, 2000;J. Pérez, Brève histoire de l’Inquisition en Espagne, Paris, Fayard, 2002 (tr. it. Breve storia dell’Inquisizione spagnola, Milano, Corbaccio, 2006); H. Rawlings, The Spanish Inquisition, Malden (MA), Blackwell, 2006 (tr. it. L’Inquisizione spagnola, Bologna, Il Mulino, 2008); J. Martínez Millán, La Inquisición española, Madrid, Alianza, 2007.
[3] A. Herculano, História da origem e estabelecimento da Inquisição em Portugal, Lisboa, Livraria Bertrand, 1975-76, vol. 1, p. 11.
[4] Una felice eccezione è rappresentata dall’agile sintesi di F. Palomo, A Contra-Reforma em Portugal, 540-1700, Lisboa, Livros Horizonte, 2006.
[5] Ancora nella prefazione all’edizione italiana della raccolta dei suoi saggi, John Tedeschi non poteva che esprimere un auspicio: «Sembra avvicinarsi rapidamente il giorno in cui disponibilità delle fonti e dettagliati studi preliminari renderanno possibile un trattamento critico del nostro soggetto» (Il giudice e l’eretico. Studi sull’Inquisizione romana, Milano, Vita e Pensiero, 1997, p. 11).
[6] Esula dalle mie intenzioni ripercorrere la storia della storiografia sull’Inquisizione portoghese. Fra i lavori ancora oggi irrinunciabili dell’epoca della dittatura, desidero ricordare qui gli studi di J. S. da Silva Dias, Correntes do sentimento religioso em Portugal, séculos XVI a XVIII, Coimbra, Instituto de Estudos Filosóficos, 1960; A política cultural da época de D. João III, Coimbra, Imprensa da Universidade, 1969.
[7] Aiutano a orientarsi nei fondi inquisitoriali della Torre do Tombo i lavori di M. C. Jasmins Dias Farinha, Os Arquivos da Inquisição, Lisboa, IAN/TT, 1990; F. Bethencourt, Les sources de l’Inquisition portugaise: évaluation critique et méthodes de recherche, in L’Inquisizione romana in Italia nell’età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche. Atti del seminario internazionale, ed. A. Del Col-G. Paolin, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali-Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, pp. 357-67.
[8] Si segnala l’iniziativa del “Centro de Estudos de História Religiosa” (Universidade Católica Portuguesa, Lisbona) di dedicare il ciclo annuale di seminari del 2009, coordinato da A. Camões Gouveia, D. Sampaio Barbosa e J. P. Paiva, al tema dell’Inquisizione. Il carattere dispersivo e la qualità diseguale dei contributi emerge in tutta evidenza dagli atti dei due principali congressi organizzati nell’ultimo quarto di secolo: Inquisição, Actas do Primeiro Congresso Luso-Brasileiro, ed. M. H. Carvalho dos Santos, Lisboa, Universitària, 1989-90, 3 voll. ; Inquisição Portuguesa. Tempo, Razão e Circunstância, ed. L. F. Barreto-J. A. Mourão-P. de Assunção-A. C. da Costa Gomes-J. E. Franco, Lisboa-S. Paulo, Prefácio, 2007.
[9] La riflessione sul cripto-ebraismo portoghese continua a coinvolgere gli studiosi. Dall’uscita della raccolta postuma di I. -S. Révah, Études Portugaises, ed. Ch. Amiel, Paris, Fundação Calouste Gulbenkian-Centro Cultural Português, 1975 (nel frattempo è stata pubblicata anche una seconda raccolta di altri testi di Révah: Des marranes à Spinoza, ed. H. Méchoulan-P. -F. Moreau, Paris, Vrin, 1995), le ristampe del discusso saggio di A. J. Saraiva, Inquisição e Cristãos-Novos (1969), contengono i testi principali del dibattito fra i due studiosi (dalla 5a ed. : Lisboa, Estampa, 1985). Si segnalano sull’argomento i contributi di Herman P. Salomon, curatore della traduzione inglese del testo di Saraiva: Marrano Factory. The Portuguese Inquisition and its New Christians, 1536-1765, ed. H. P. Salomon e I. S. D. Sassoon, Leiden-Boston, Brill, 2001.
[10] F. Bethencourt, História das Inquisições. Portugal, Espanha e Itália, Lisboa, Círculo de Leitores, 1994 [tr. franc. : Paris, Fayard, 1995; tr. spagn. Madrid, Akal, 1997].
[11] Un tentativo è stato compiuto da C. L. Wilke, Histoire des Juifs Portugais, Paris, Chandeigne, 2007 (tr. port. História dos Judeus Portugueses, Lisboa, Edições 70, 2009). Fra i principali contributi recenti sugli ebrei portoghesi della diaspora cfr. Y. Kaplan, Judíos nuevos en Amsterdam. Estudios sobre la historia social e intelectual del judaísmo sefardí en el siglo XVII, Barcelona, Gedisa, 1996; M. Bodian, Hebre of the Portuguese Nation. Conversos and Community in Early Modern Amsterdam, Bloomington, Indiana University Press, 1997; D. L. Graizbord, Souls in Dispute. Converso identities in Iberia and the Jewish Diaspora, 1580-1700, Philadelphia, University of Pennsylvania Press, 2004; A. Leoni, The Hebrew Portuguese Nations in Antwerp and London at the Time of Charles V and Henry VIII. New Documents and Interpretations, New Jersey (NJ), Ktav Publishing House, 2005.
[12] M. J. Ferro Tavares, Judaísmo e Inquisição. Estudos, Lisboa, Presença, 1987; Ead. , Los Judíos en Portugal, Madrid, Mapfre, 1992; E. Lipiner, O Sapateiro de Trancoso e o Alfaiate de Setúbal, Riod de Janeiro, Imago, 1993; Id. , Os Baptizados em Pé. Estudos acerca da origem e da luta dos cristãos novos em Portugal, Lisboa, Vega, 1998.
[13] F. Soyer, The Persecution of the Jews and Muslims of Portugal. King Manuel and the End of Religious Tolerance (1496-7), Leiden-Boston, Brill, 2007; J. M. Andrade, Confraria de S. Diogo. Judeus secretos na Coimbra do séc. XVII, Lisboa, Nova Arrancada, 1999; J. Martins, O Senhor Roubado. A Inquisição e a questão judaica, Póvoa de S. Adrião, Europress, 2002. Di notevole interesse anche E. Cunha de Azevedo Mea, 1621-1634. Coimbra. O sagrado e o profano em choque, «Revista de História das Ideias», 9 (1987), pp. 229-248. Utile anche la sintesi di J. I. Pulido Serrano, Os Judeus e a Inquisição no tempo dos Filipes, Lisboa, Campo da Comunicação, 2007.
[14] M. Bodian, Dying in the Law of Moses. Crypto-Jewish Martyrdom in the Iberian World, Bloomington, Indiana University Press, 2007.
[15] ; C. B. Stuczynski, A “Marrano Religion”? The Religious Behavior of the New Christians of Bragança convicted by the Coimbra Inquisition in the Sixteenth Century (1541-1605) [in ebraico], Ramat Gan, Bar Ilan University, 2005, 2 voll. Cfr. anche la tesi di dottorato di M. C. Teixeira Pinto, Os cristão-novos de Elvas no reinado de D. João IV: heróis ou anti-heróis?, Lisboa, Universidade Aberta, 2003.
[16] Il Dicionário do Judaísmo Português, diretto da Lúcia Liba Mucznik, José Alberto R. S. Tavim, Esther Mucznik e Elvira Cunha de Azevedo Mea, è di pubblicazione ormai imminente per i tipi della Editorial Presença di Lisbona.
[17] Oltre a interventi puntuali di storici portoghesi e stranieri, i Cadernos, diretti da A. A. Marques de Almeida, possono contare sul costante contributo di António Andrade, Susana Bastos Mateus, Florbela Veiga Frade, Maria Fernanda Guimarães, James Nelson Novoa e Paulo Mendes Pinto.
[18] Una tendenza molto in voga soprattutto negl anni Ottanta, di cui sono esemplari, per il Portogallo, gli articoli di J. Veiga Torres, Uma longa guerra social: os ritmos da repressão inquisitorial em Portugal, «Revista de História Económica e Social», 1 (1978), pp. 55-68; Id. , Uma longa guerra social. Novas perspectivas para o estudo da Inquisição portuguesa. A Inquisição de Coimbra, «Revista de História das Ideias», 8 (1986), pp. 56-70; J. do Nascimento Raposo, Social characteristics of those accused before the Coimbra Inquisition, 1541-1820, «Revue des Études Juives», 141 (1982), pp. 201-217.
[19] Del Col, L’Inquisizione in Italia, p. 255.
[20] F. Bethencourt, Inquisição e controle social, «História & Crítica», 14 (1987), pp. 5-18; J. P. Paiva, Inquisição e visitas pastorais. Dois mecanismos complementares de controle social?, «Revista de História das Ideias», 10 (1989), pp. 85-102. Sui tribunali di distretto cfr. A. Borges Coelho, Inquisição de Évora. Dos primórdios a 1668, Lisboa, Caminho, 1987, 2 voll. ; M. Janin-Thivos Tailland, Inquisition et société au Portugal. Le cas du tribunal d’Évora, 1660-1821, Paris-Lisboa, Fundação Calouste Gulbenkian, 2001; E. Cunha de Azevedo Mea, A Inquisição de Coimbra no Século XVI. A Instituição, os Homens, a Sociedade, Porto, Fundação Engo António de Almeida, 1997. Sui familiari si segnala l’avvio della pubblicazione di un regesto completo: Habilitações para o Santo Ofício, vol. 25 (S-Z), ed. A. de Assis-M. G. de Araújo da Rocha-L. Soveral Varella, Lisboa, Manuel Abranches de Soveral, 2003. Per il Brasile cfr. D. Buono Calainho, Agentes da fé: familares da Inquisição Portuguesa no Brasil Colonial, Bauru (SP), Edusc, 2006; J. E. Wadsworth, Agents of Orthodoxy. Honor, Status and the Inquisition in Colonial Pernambuco, Brazil, Lanham (MD), Rowman and Littlefield, 2007.
[21] Ricordo qui soltanto lo studio più importante di Hespanha, mai tradotto in italiano: As vésperas do Leviathan. Instituições e poder político. Portugal, séc. XVII, Coimbra, Almedina, 1994.
[22] Sulle relazioni fra inquisitori e vescovi cfr. J. P. Paiva, Os bispos e a Inquisição portuguesa (1536-1613), «Lusitania Sacra», 2a s. , 15 (2003), pp. 43-76; B. Feitler, Inquisition, juifs et nouveaux-chrétiens au Brésil. Le Nordeste, XVIIe-XVIIIe siècles, Louvain, Presses Universitaires de Louvain, 2003 (tr. port. rivista: Nas malhas da consciência: Igreja e Inquisição no Brasil, S. Paulo, Alameda-Phoebus, 2007); E. Sales Souza, Jansenisme et Réforme de l’Église dans l’Empire Portugaise, 1640 à 1790, Paris, Fundação Calouste Gulbenkian, 2004, accanto ai quali mi permetto di segnalare anche il mio I custodi dell’ortodossia. Inquisizione e Chiesa nel Portogallo del Cinquecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2004. Su istituti e Ordini religiosi, oltre al mio articolo Inquisição, jesuítas e cristãos-novos em Portugal no século XVI, «Revista de História das Ideias», 25 (2004), pp. 247-326, cfr. E. Cunha de Azevedo Mea, Os dominicanos na Inquisição portuguesa-séc. XVI, in Los Dominicos y la Inquisición en el mundo ibérico e ispanoamericano, ed. A. Bernal Palacios, Roma, Istituto Storico Domenicano, 2006, pp. 481-503; J. P. Paiva, Os Dominicanos e a Inquisição em Portugal (1536-1614), ibid. , pp. 505-573. Sebbene centrato su un caso specifico, merita di essere segnalato anche l’ultimo libro di R. Vainfas, Traição. Um jesuíta a serviço do Brasil holandês processado pela Inquisição, S. Paulo, Companhia das Letras, 2008. Il nodo del rapporto fra inquisitori e confessori è stato affrontato da diversi punti di vista. Oltre al mio I custodi dell’ortodossia , pp. 237-335, cfr. A. Prosperi, Il sigillo infranto: confessione e Inquisizione in Portogallo nel ’700, in Id. , L’Inquisizione romana. Letture e ricerche, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2003, pp. 413-433, e la tesi di mestrado di J. R. Teixeira Gouveia, O Sagrado e o Profano em Choque no Confessionário. O Delito de Solicitação no Tribunal da Inquisição. Portugal, 1551-1700, Coimbra, Universidade de Coimbra, 2006. Approfondisce una sfera più ampia, ma non priva di intrecci con la giustizia inquisitoriale il mio saggio “La salvezza dei condannati a morte. Giustizia, conversioni e sacramenti in Portogallo e nel suo impero. 1450-1700 ca.”, in A. Prosperi (ed.), Misericordie. Conversioni sotto il patibolo tra Medioevo ed età moderna, Pisa, Edizioni della Normale, 2007, pp. 189-255.
[23] F. Bethencourt, O imaginário da magia: feiticeiras, saludadores e nigromantes no século XVI, Lisboa, Universidade Aberta, 1987; J. P. Paiva, Bruxaria e Superstição num País sem “Caça às Bruxas”, 1600-1774, Lisboa, Notícias, 1997; T. D. Walker, Doctors, Folk Medicine and the Inquisition. The Repression of Magical Healing in Portugal during the Enlightenment, Leiden-Boston, Brill, 2005.
[24] L. de Mello e Souza, O Diabo e a Terra de Santa Cruz. Feitiçaria e religiosidade popular no Brasil colonial, S. Paulo, Companhia das Letras, 1987; Ead. , Inferno atlântico. Demonologia e colonização, séculos XVI-XVIII, S. Paulo, Companhia das Letras, 1993.
[25] I. M. M. R. Drumond Braga, Mouriscos e Cristãos no Portugal Quinhentista. Duas Culturas e duas Concepções Religiosas em Choque, Lisboa, Hugin, 1999; Ead. , Os estrangeiros e a Inquisição portuguesa (séculos XVI-XVII), Lisboa, Hugin, 2002; Ead. , A Bigamia em Portugal na Época Moderna. Sentir mal do Sacramento do Matrimónio?, Lisboa, Hugin, 2004. Sulla questione della diffusione del protestantesimo è insoddisfacente P. Drumond Braga, Os seguidores de Lutero no Portugal de Quinhentos, in Damião de Góis na Europa do Renascimento. Actas do Congresso Internacional, Braga, UCP, 2003, pp. 199-208. Su episodi specifici cfr. S. Villani, Una quacchera a Lisbona. I viaggi e gli scritti di Ann Gargill, «Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. Classe di Lettere e Filosofia», s. 4a, 4 (1999), pp. 247-81; J. P. Paiva, “Católico sou e não luterano”. O processo de Damião de Góis na Inquisição (1571-1572), in Damião de Góis. Um Humanista na Torre do Tombo, ed. J. V. Serrão, Lisboa, IAN/TT, 2002, pp. 20-42.
[26] S. B. Schwartz, All Can Be Saved. Religious Tolerance and Salvation in the Iberian Atlantic World, New Haven, Yale University Press, 2008.
[27] A. I. López-Salazar Codes, Poder y ortodoxia. El gobierno del Santo Oficio en el Portugal de los Austrias (1578-1653), Ciudad Real, Universidad de Castilla-La Mancha, 2008. Cfr. anche Bruno Feitler, Usos políticos del Santo Oficio portugués en el Atlántico (Brasil y África Occidental). El período Filipino, «Hispania Sacra», 59 (2005), pp. 137-58.
[28] Sull’opportunità di una ripresa del modello del libro di Jaime Contreras per il Sant’Uffizio lusitano ha insistito R. Rowland, L’Inquisizione portoghese e gli ebrei, in L’Inquisizione e gli ebrei in Italia, ed. M. Luzzati, Roma-Bari, Laterza, 1994, p. p. 47-66: 66.
[29] L’esigenza di un’impostazione comparativa nello studio delle tre inquisizioni è stata sottolineata anche da J. -P. Dedieu e R. Millar Carvacho, Entre histoire et mémoire. L’Inquisition à l’époque moderne: dix ans d’historiographie, «Annales HSS», 57 (2002), pp. 349-372.
[30] J. Romero Magalhães, Em busca dos “tempos” da Inquisição (1573-1615), «Revista de História das Ideias», 9/2 (1987), p. 191-228; F. Bethencourt, A Inquisição, in Portugal: mitos revisitados, ed. Y. K. Centeno, Lisboa, Salamandra, 1993, pp. 101-37; R. Rowland, Inquisizioni Chiesa e politica, «Società e storia» 81 (1998), pp. 635-642 (recensione di A. Prosperi, Tribunali della coscienza. Inquisitori, confessori, missionari, Torino, Einaudi, 1996).
[31] È in buona parte discutibile lo studio di M. L. Braga, A Inquisição em Portugal, primeira metade do séc. XVIII. O Inquisidor geral D. Nuno da Cunha de Athayde e Mello, Lisboa, INIC, 1992.
[32] Ha provato a muovere in tale direzione E. Cunha de Azevedo Mea, O Santo Ofício Português. Da Legislação à Prática, in Mémorial I. -S. Révah. Études sur le Marranisme, l’Hétérodoxie juive et Spinoza, ed. H. Méchoulan-G. Nahon, Paris-Louvain, Collection de la Révue des Études Juives-Peeters, 2001, pp. 53-64.
[33] Un punto di partenza per studiare il Consiglio Generale è offerto da M. C. Jasmins Dias Farinha, A primeira visita do Conselho Geral à Inquisição de Lisboa, «Cadernos de História Crítica», 1 (1988), pp. 5-59; Ead. , Ministros do Conselho Geral do Santo Ofício, «Memória», 1 (1989), pp. 101-63.
[34] J. Martínez Millán, La Hacienda de la Inquisición, 1478-1700, Madrid, Instituto Enrique Flórez-CSIC, 1984. Sull’amministrazione finanziaria del Sant’Uffizio lusitano si segnalano, comunque, due contributi recenti: J. Veiga Torres, A vida financeira do Conselho Geral do Santo Ofício da Inquisição (séculos XVI-XVIII), «Notas Económicas», 2 (1993), pp. 24-39; M. L. Cruz, Relações entre poder real e Inquisição (séculos XVI-XVII). Fontes de renda, realidade social e política financeira, in Inquisição Portuguesa , pp. 107-126.
[35] Le prime due a firma di Bruno Feitler; la terza a cura di Ana Isabel López-Salazar Codes e mia. Il Dizionario storico dell’Inquisizione, diretto da Adriano Prosperi con la collaborazione di Vincenzo Lavenia e John Tedeschi, è ormai di imminente pubblicazione presso le Edizioni della Normale.
[36] M. T. Esteves Payan Martins, A Censura literária em Portugal nos séculos XVII e XVIII, Lisboa, Fundação Calouste Gulbenkian-Fundação para a Ciência e a Tecnologia, 2005. Il pur utile volume di J. M. De Bujanda (Index de l’Inquisition portugaise, 1547, 1551, 1561, 1564, 1581, Sherbrooke-Genève, Centre d’Études de la Renaissance-Librairie Droz, 1994) poco aggiunge all’importante raccolta di A. Moreira de Sá, Índices dos livros proibidos em Portugal no século XVI. Apresentação, estudo introdutório e reprodução fac-similada dos índices, Lisboa, INIC, 1983.
[37] Per una ricostruzione recente cfr. J. Romero Magalhães, A Universidade e a Inquisição, in História da Universidade em Portugal, Coimbra-Lisboa, Universidade de Coimbra-Fundação Calouste Gulbenkian, 1997, vol. 1/2, pp. 971-88. Sul controllo inquisitoriale sulla vita spirituale cfr. ora P. Vilas Boas Tavares, Beatas, inquisidores, teólogos. Reacção portuguesa a Miguel de Molinos, Porto, Centro Inter-Universitário de História da Espiritualidade, 2005.
[38] P. Freire Gomes, Um herege vai ao Paraiso. Cosmologia de um ex-colono condenado pela Inquisição, 1680-1744, S. Paulo, Companhia das Letras, 1997; A. Ribeiro, Um Buraco no Inferno. João Pinto, o lavrador heresiarca, e a Inquisição, Coimbra, Palimage, 2006.
[39] Mi limito a un breve elenco, in ordine cronologico, di alcuni titoli più recenti: Souza, O Diabo e a Terra de Santa Cruz ; R. Vainfas, Trópicos dos pecados. Moral, sexualidade e Inquisição no Brasil, Rio de Janeiro, Campus, 1989; Inquisição. Ensaios sobre mentalidade, heresias e arte, ed. A. Novinsky-M. L. Tucci Carneiro, Rio de Janeiro-S. Paulo, Expressão e Cultura-Universidade de S. Paulo, 1992; Souza, Inferno atlântico; R. Vainfas, A heresia dos índios. Catolicismo e rebeldia no Brasil colonial, S. Paulo, Companhia das Letras, 1995; N. Wachtel, La foi du souvenir. Labyrinthes marranes, Paris, Seuil, 2001 (tr. it. La fede del ricordo. Ritratti e itinerari di marrani in America, Torino, Einaudi, 2003); Feitler, Inquisition; Souza, Jansenisme et Reforme; A Inquisição em Xeque. Temas, controvérsias, estudos de caso, ed. R. Vainfas-B. Feitler-L. L. da Gama Lima, Rio de Janeiro, EdUERJ, 2005; A. M. Santos Pereira, A Inquisição no Brasil. Aspectos da sua actuação nas capitanias do Sul de meados do séc. XVI ao início do séc. XVIII, Coimbra, FLUC, 2006; Vainfas, Traição
[40] A. I. Cannas da Cunha, A Inquisição e o Estado da Índia. Origens (1539-1560), Lisboa, ANTT, 1995; J. A. R. S. Tavim, judeus e Cristãos-Novos de Cochim. História e Memória (1500-1662), Braga, APPACDM, 2003. Sempre a Tavim si devono gli utili articoli Um inquisidor inquirido: João Delgado Figueira, no contexto da “documentação sobre a Inquisição de Goa”, «Leituras. Revista da Biblioteca Nacional», s. 3a, 1 (1997), pp. 183-93; A Inquisição no Oriente (século XVI e primeira metade do século XVII), «Mare Liberum», 15 (1998), pp. 17-31. Offrono un’introduzione alla storia settecentesca del tribunale i saggi di M. J. dos Mártires Lopes, A Inquisição de Goa na segunda metade do século XVIII. Contributo para a sua história, «Studia», 48 (1989), pp. 237-62; A Inquisição de Goa na primeira metade de Setecentos: uma visita pelo seu interior, «Mare Liberum», 15 (1998), pp. 107-36. Un bilancio d’insieme in Ch. Amiel, L’Inquisition de Goa, in L’Inquisizione. Atti del Simposio Internazionale, ed. A. Borromeo, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2003, pp. 229-50. Alla cura sua e di Anne Lima si deve, inoltre, la pregevole riedizione di un classico: L’Inquisition de Goa. La Relation de Charles Dellon (1687). Étude, édition et notes, Paris, Chandeigne, 1997.
[41] J. A. R. S. Tavim, Os Judeus na Expansão Portuguesa em Marrocos durante o Século XVI. Origens e actividades duma comunidade, Braga, APPACDM, 1997. Dello stesso autore si segnala anche il recente saggio Uma ‘estranha tolerância’ da Inquisição Portuguesa. Belchior Vaz de Azevedo e o interesse das potências europeias por Marrocos (segunda metade do século XVI), in Entre el Islam y Occidente. Los judíos magrebíes en la Edad Moderna, ed. M. García-Arenal, Madrid, Casa de Velázquez, 2003, pp. 101-23.
[42] A Inquisição em África. Actas do Colóquio, ed. F. Bethencourt-Ph. Havik, «Revista Lusófona de Ciência das Religiões», 3 (2004), pp. 19-173.
[43] J. P. Paiva, As entradas da Inquisição, na vila de Melo, no século XVII: pânico, integração/segregação, crenças e desagregação social, «Revista de História das Ideias», 25 (2004), pp. 169-208.
[44] A. I. López-Salazar Codes, “Che si riduca al modo di procedere di Castiglia”. El debate sobre el procedimiento inquisitorial portugués en tiempos de los Austrias, «Hispania Sacra», 59 (2007), pp. 243-268; B. Feitler, Da ‘prova’ como objeto de análise da praxis inquisitorial: o problema dos testemunhos singulares no Santo Ofício português, in História do Direito em perspectiva. Do Antigo Regime à Modernidade, ed. R. M. Fonseca-A. Cerqueira Leite Seelaender, Curitiba, Juruá, 2008, pp. 305-314.
[45] Mi permetto di rinviare al mio studio Questioni di stile. Gastão de Abrunhosa contro l’Inquisizione portoghese (1602-1607), «Studi Storici», 48 (2007), pp. 779-815.
[46] F. Olival, Rigor e interesses: os estatutos de limpeza de sangue em Portugal, «Cadernos de Estudos Sefarditas», 4 (2004), pp. 151-82. Su Inquisizione e affermazione sociale ha insistito per primo, con uno studio sui familiari, J. Veiga Torres, Da repressão religiosa para a promoção social. A Inquisição como instância legitimadora da promoção social da burguesia mercantil, «Revista Crítica de Ciências Sociais», 40 (1994), pp. 109-35. Sui patentati cfr. J. E. Wadsworth, Celebrating St. Peter Martyr. The Inquisitional Brotherhood in Colonial Brazil, «Colonial Latin American Historical Review», 12/2 (2003), pp. 173-227; G. Silva dos Santos, Ofício e Sangue. A Irmandade de São Jorge e a Inquisição na Lisboa moderna, Lisboa, Colibri-Instituto de Cultura Ibero-Atlântica, 2005.
[47] Paiva, Os Dominicanos Un primo affondo sulla specifica cultura anti-conversos degli inquisitori si deve a B. Feitler, O catolicismo como ideal. Produção literária antijudiaca no mundo português da Idade Moderna, «Novos Estudos», 72 (2005), pp. 137-58.
[48] Sul tema ho in preparazione un articolo. L’importanza della pressione dell’Inquisizione spagnola è sottolineata già da J. Aubin, Études inédites sur le règne de D. Manuel, 1495-1521, Paris, Centre Culturel Calouste Gulbenkian, 2006, pp. 31-60.
[49] F. Soyer, An example of collaboration between the Spanish and Portuguese Inquisitions. The Trials of the ‘Converso’ Diogo Ramos and his family, «Cadernos de Estudos Sefarditas», 5 (2005), pp. 317-340; meno convincente il tentativo di delineare la vicenda nel suo complesso in Id. , The Extradition Treaties of the Spanish and Portuguese Inquisitions (1500-1700), «Estudios de Historia de España», 10 (2008), pp. 201-238, che riprende dati e ipotesi già presentati da R. Carrasco, Preludio al siglo de los portugueses. La Inquisición de Cuenca y los judaizantes en el siglo XVI, «Hispania», 47 (1987), pp. 503-59 ; P. Huerga Criado, En la raya de Portugal. Solidaridad y tensiones en la comunidad judeoconversa, Salamanca, Ediciones de la Universidad de Salamanca, 1993, pp. 222-30; I.M.M.R. Drumond Braga, Um Espaço, Duas Monarquias (Interrelações na Península Ibérica no Tempo de Carlos V), Lisboa, Centro de Estudos Históricos da Universidade Nova de Lisboa-Hugin, 2001, pp. 553-83.
[50] Per l’Italia cfr. P. C. Ioly Zorattini, Un profilo del marranesimo alla fine del ‘500: la denuncia al Sant’Uffizio di Fra’ Zaccaria da Lisbona, in Mémorial I. -S. Révah , pp. 529-43. Di esteso impiego sono anche i documenti editi da quest’ultimo in Processi del Sant’Uffizio di Venezia contro Ebrei e Giudaizzanti, Firenze, Olschki, 1980-1999, 14 voll. Per l’impero portoghese cfr. J. E. Wadsworth, In the Name of the Inquisition. The Portuguese Inquisition and Delegated Authority in Colonial Pernambuco, Brazil, «The Americas», 61 (2004), pp. 19-54; B. Feitler, A delegação de poderes inquisitoriais: o exemplo de Goa através da documentação da Biblioteca Nacional do Rio de Janeiro, «Tempo», 24 (2008), pp. 127-148. Sui meccanismi di organizzazione del controllo inquisitoriale a grande distanza dalla sede di un tribunale offre numerosi spunti anche P. Drumond Braga, A Inquisição nos Açores, Ponta Delgada, Instituto Cultural de Ponta Delgada, 1997.
[51] Fra i lavori non direttamente legati all’Inquisizione, ma che possono offrire validi spunti per uno studio globale del tribunale di Goa e, più in generale, del rapporto fra inquisitori e clero missionario nell’impero portoghese, segnalo S. Subrahmanyam, Dom Frei Aleixo de Meneses (1559-1617) et l’échec des tentatives du christianisme en Inde. L’indigénisation du christianisme en Inde pendant la période coloniale (1498-1947), «Archives de sciences sociales des religions», 103 (1998), pp. 21-42; I. G. Zupanov, “One Civility, but Multiple Religion”. Jesuit Mission among St. Thomas Christians in India (16th-17th Centuries), «Journal of Early Modern History», 9 (2005), pp. 284-325.
[52] Mi permetto di rinviare al mio saggio «La fede di un impero: l’Inquisizione nel mondo portoghese del ‘500», in Storia e archivi dell’Inquisizione. Dieci anni di apertura dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, Roma, Atti dei Convegni Lincei [di prossima pubblicazione].