Informazione storica e web: considerazioni su problemi aperti[1]

Rolando Minuti
Università di Firenze

1.  Riflettendo sul problema generale del rapporto tra internet e mestiere di storico, in un lavoro pubblicato alcuni anni fa,[2] avevo modo di sottolineare come, parallelamente alle grandi potenzialità che l’affermazione del web proponeva in relazione alla ricerca e all’insegnamento della storia, molti erano anche i problemi che ne derivavano e che investivano la metodologia e la pratica concreta del lavoro storico; dai problemi relativi alle fonti digitali - stabilità, conservazione, utilizzazione -, a quelli connessi al reperimento e al selezionamento dell’informazione sul web, alle nuove modalità che si presentavano per la comunicazione dei risultati della ricerca, allo sviluppo di nuove comunità virtuali, che consentivano la partecipazione congiunta di professionisti e di “amatori” e che si ponevano a fianco delle tradizionali organizzazioni accademiche, e via dicendo.La conclusione generale di queste riflessione, della quale sono tuttora convinto, era che una forte presa di coscienza, da parte della comunità degli storici accademici nel suo insieme, sull’importanza di questo nuovo scenario, era necessaria; che non risultava legittima né utile la settorializzazione e la delega del rapporto con le nuove tecnologie ad un ambito separato di “esperti” (in genere esponenti delle nuove generazioni, cresciute e formatesi con l’uso del computer; ciò che per le generazioni più anziane aveva costituito un passaggio tutt’altro che agevole, in molti casi traumatico, e spesso tuttora irrisolto), che consentisse il mantenimento  della tradizione e della pratica storiografica entro un ambito complessivamente distinto, e riparato dall’invadenza delle nuove tecnologie; in ultima analisi, che il mestiere di storico era in via di trasformazione profonda, nella pratica e nei metodi, in relazione allo sviluppo del web, e che l’elaborazione di risposte efficaci e condivise ai vari problemi posti da questa nuova realtà costituiva un dovere, pensando soprattutto al contesto dell’insegnamento, sul piano civile oltre che sul piano scientifico.

2. Il seminario che annualmente teniamo, con Andrea Zorzi, presso il Dipartimento di Studi storici e geografici dell’Università di Firenze,[3] pur nelle difficoltà organizzative e finanziarie che iniziative come questa comportano nel nostro particolare contesto, è volto appunto a stabilire uno strumento di monitoraggio e di contatto con l’evoluzione delle nuove tecnologie in rapporto alla didattica e alla ricerca storica, con l’intento di costituire un contesto interdisciplinare di discussione di scambio di esperienze tra appartenenti ad ambiti operativi diversificati - storici, bibliotecari, archivisti, editori - e nella convinzione che proprio dallo scambio e dal confronto di queste esperienze, tutte obbligate in vario modo a riflettere sulla propria identità, i metodi e gli obiettivi del proprio mestiere in relazione alla realtà del web, possano emergere risposte nuove ed efficaci.Gli anni passano in fretta sul web, ed evidentemente molte delle questioni che proponevo alcuni anni fa dovrebbero adesso essere profondamente riconfigurate; molte esperienze che allora potevano essere citate come utili per verificare i problemi che illustravo, per esempio, hanno mutato natura o sono addirittura scomparse; molte novità importanti, soprattutto sul versante dei motori di ricerca, sono emerse (a partire dall’assolutismo di Google) , e complessivamente il passaggio dalla prima età del web a quello che viene identificato come web 2.0[4] - con lo sviluppo impetuoso dell’interazione collaborativa - sta determinando trasformazioni importanti e costantemente in evoluzione. Vorrei in questa sede limitare l’attenzione ad alcune aspetti che, in relazione ai nuovi sviluppi del web, riguardano il problema della produzione dell’ informazione storica, della sua utilizzazione e della sua affidabilità, senza l’ambizione di giungere a conclusioni ma con il solo intento di proporre elementi di riflessione utile. E’ opportuno forse richiamare subito l’attenzione su quanto possa risultare generica l’espressione “informazione storica disponibile sul web”, poiché evidentemente questa specifica connotazione non dipende da un carattere intrinseco dell’informazione, mai dai problemi che lo storico si pone e dalla sua possibilità di contestualizzare tale informazione attribuendo ad essa i caratteri di documento storico; poiché dunque sono essenzialmente i problemi che lo storico si pone ed il suo metodo di identificazione dei documenti a determinare il carattere “storico” di un’informazione, possiamo legittimamente affermare che l’intero web costituisce un potenziale contenitore universale di informazione storica. Parlando di informazione storica, dunque, intendo in questa sede semplicemente limitarmi ai quei materiali di conoscenza del passato - strumenti di consultazione, testi e documenti, letteratura critica etc. - che sono ampiamente e variamente disponibili attualmente sul web e che investono direttamente le forme attuali dell’insegnamento e della ricerca storica, nelle sue partizioni disciplinari tradizionali.

3. Da questo punto di vista il “diluvio digitale”, su cui si è molto discusso,[5] tocca direttamente anche il problema della conservazione della memoria e dell’informazione storica[6] - nei limiti di accezione del termine che ho richiamato - proponendo un’esigenza fondamentale di ordine.Fa attualmente parte dell’esperienza quotidiana di tutti l’affidarsi a Google per giungere rapidamente a risposte che molto spesso sono sovrabbondanti e disordinate, e per le quali è difficile stabilire a priori una gerarchia di qualità, relativa alle esigenze dello studio e della ricerca, soprattutto se chi interroga il motore di ricerca non ha esperienza sufficiente per cogliere immediatamente la possibile rilevanza dei risultati ottenuti e per valutarli in modo critico, seguendo le raccomandazioni che sin dall’avvento del web non sono mancate[7] e che sono complementari al grande dibattito sulla valutazione dei siti web che si è sviluppato negli USA e altrove.Ovviamente è possibile operare con strumenti di restrizione e di delimitazione della ricerca, e sicuramente la tecnologia di motori di ricerca come Google, che hanno sviluppato notevolmente le  potenzialità dei precedenti motori più diffusi, consente di evitare molte risposte aberranti - risultato della variabilità semantica dei termini che sono oggetto di ricerca - e di controllare con maggiore efficacia i risultati dell’interrogazione. Ciononostante la ricerca per termini, e non per contenuto, rimane la base fondamentale della tecnologia dei motori di ricerca, e questo produce inevitabilmente risposte eccessive, ridondanti, non organizzate in modo soddisfacente e conforme alle esigenze di chi lancia l’interrogazione; soprattutto, proprio per la tecnologia propria dei motori di ricerca recenti, portano alla maggiore frequenza e al più alto livello gerarchico delle risposte che risultano avere maggiore popolarità e che raramente corrispondono alle esigenze, sicuramente più ristrette rispetto alla grande massa degli utenti del web, degli studiosi di storia.
La prospettiva di un « web semantico », introdotta dall’inventore stesso del web, Tim Berners-Lee[8], e basata sugli sviluppi del linguaggio xml, si propone attualmente come l’espressione di un nuovo scenario caratterizzato da un web “intelligente” e apre sicuramente orizzonti suggestivi che sarà necessario seguire attentamente nella loro evoluzione tecnologica e nelle loro applicazioni.
4. Di fatto, attualmente, le modalità di interazione con un motore come Google determinano il più delle volte, di fronte alla sovrabbondanza delle risposte ottenibili, un atteggiamento che potremmo dire passivo, o rassegnato, di  accettazione dei risultati posti al più alto livello gerarchico, soprattutto nei casi in cui le domande non riguardano oggetti molto strettamente delimitati (quali ad esempio la ricerca di un nome di un personaggio storico, di un autore, della data di un evento, etc.) e investono concetti, termini di periodizzazione, espressioni di interesse più esteso e generale. Se l’illusione che i risultati più rilevanti gerarchicamente costituiscano anche quelli oggettivamente più “importanti” può non costituire un rischio per chi è più esperto, ad un tempo, nella pratica storiografica e nell’uso della strumentazione tecnologica, lo è sicuramente per chi è meno esperto e sicuramente per molti studenti; il risultato può essere, sul versante della tradizione storiografica accademica, uno scetticismo più o meno esplicito sull’efficacia reale degli strumenti di ricerca in rete, ma soprattutto, sul versante degli studenti, l’affermazione di una pratica volta all’utilizzazione diretta e immediata dei primi risultati disponibili ai fini della preparazione di esami, relazioni e anche tesi, in modo troppo spesso privo di controllo e di disciplina.
L’esito complessivo, in breve, è che dal primato di Google si passa immediatamente al primato assoluto di Wikipedia - che offre, proprio in virtù della gerarchizzazione delle risposte legata alla frequenza di accesso all’informazione - le risposte più immediate ed apparentemente esaurienti, con conseguenze sulle quale è opportuno fermare l’attenzione.  
5. In effetti, il grande interrogativo che si è posto sin dagli inizi del web, per la sua utilizzazione nei diversi ambiti della ricerca e dell’insegnamento universitario, può essere riassunto in questi termini: è possibile rispondere, in modo soddisfacente e con strumenti tecnologici adeguati, alle esigenze di ordine, autorevolezza, verificabilità, che sono essenziali per un uso efficace dell’enorme quantità di informazione “storica” presente sul web? Credo che sia possibile riassumere la varietà di risposte che sono state finora date a questo problema individuando, da un lato, le esperienze che hanno privilegiato il principio di autorità e gerarchia, per riprodurre nel contesto del web i criteri che sono propri della tradizione storica accademica o per proporre criteri nuovi e più ampi mirando comunque a stabilire un quadro di qualità basato sul riconoscimento di princìpi condivisi, di carattere scientifico e metodologico.
Da un altro lato possiamo individuare le più recenti espressioni, legate soprattutto all’evoluzione del web 2.0, di un orientamento volto ad affermare il principio che la partecipazione collettiva alla costruzione dell’informazione storica sul web può garantire di per sé la qualità ed il controllo, e può al tempo stesso risultare coerente con nuovi modalità di scrittura collaborativa, di diffusione dell’informazione e di partecipazione che sono al centro degli sviluppi attuali, e in continua evoluzione, della rete.

6. Entrambi questi orientamenti hanno prodotto risultati interessanti. Il primo è sicuramente più legato alle forme “tradizionali” del web 1.0, ma tale comunque da potersi riproporre efficacemente anche nel quadro dei nuovi scenari della comunicazione. Se esperienze come i motori di ricerca Argos e Hippias - e la tecnologia LASE (Limited Area Search Engine) su cui si basavano[9] - , che alcuni anni fa potevano essere individuati come esempi di particolare interesse e sui quali era possibile riporre speranze di sviluppo, non hanno avuto vita duratura, l’esigenza che ne era alla base non si può dire esaurita. Lo dimostrano ad esempio l’evoluzione del progetto Noesis. Philosophical Research on-line, che nasce dal tronco della precedente esperienza di  Hippias e che si ripropone adesso, pur mantenendo i connotati di iniziativa sperimentale, utilizzando la tecnologia del custom research engine sviluppata da Google e mostrandosi in grado di tenere il passo con i più recenti sviluppi del web[10] . Ciò che appare importante rilevare a proposito del nuovo sviluppo di Noesis, è il riconoscimento del fatto che un controllo di qualità diretto, attento e sistematico su tutti i siti web, anche limitando l’attenzione a quelli che risultano avere un interesse genericamente “filosofico”, risulta pressoché impossibile, e che una soluzione a questo problema può essere quella di stabilire preliminarmente un circuito delimitato di risorse web, dichiarando esplicitamente i criteri e le ragioni della delimitazione, che nel caso di Noesis porta a privilegiare il circuito della ricerca filosofica accademica accessibile liberamente in rete. E’ pertanto l’autorevolezza data dalla dimensione istituzionale - che rinvia alle università, ai centri di ricerca, alle riviste accademiche  o comunque che si avvalgono di un sistema di peer-review - il criterio al quale dichiaratamente si intende far riferimento per risolvere il problema dell’ordine e della qualità dell’informazione. Si tratta di una soluzione interessante, i cui sviluppi meritano di essere seguiti, che rinuncia alla quantità dell’informazione per privilegiare appunto la selezione e la qualità - riconoscendo che se qualcosa di “buono” si può perdere, è molto maggiore la parte di “cattivo” che risulta esclusa -, e che stabilisce una distinzione forte tra la ricerca professionale e qualificata e l’insieme dell’informazione disponibile sul web, basando su questa distinzione la strategia del motore di ricerca.La stessa esigenza di ordine e selezione qualitativa dell’informazione è quanto ha determinato, per portare un altro esempio significativo, lo sviluppo del progetto INTUTE[11], che recentemente ha inglobato altre precedenti esperienze, sviluppate per ambiti di ricerca più specifici (soprattutto Humbul Humanities Bulletin e Artifact), sulla base di un consorzio di istituzioni universitarie che ha istituito  un comitato di direzione e di controllo e  che produce una selezione aggiornata di siti riconosciuti qualitativamente rilevanti per le scienze umane, la letteratura, le arti, e sui quali opera un motore di ricerca specifico.[12]

7. Negli esempi dati da queste esperienze è possibile cogliere l’espressione di quel “principio di autorità” che richiamavo in precedenza, ossia dell’idea che l’unica possibilità per uscire dal disordine qualitativo delle risorse web utili per gli studi storici consista nel ritrovare o nell’organizzare nel web una sorta di area controllata, un ambiente nel quale ci si possa muovere con la certezza che la tipologia dell’informazione recuperata sarà conforme alle nostre aspettative  e che possa essere consigliata agli studenti sulla base di una qualità dell’informazione data dal consenso della comunità scientifica e accademica.
Si tratta di un obiettivo che è indubbiamente apprezzabile, anche se a mio parere il problema - soprattutto per quanto riguarda l’utilizzazione del web in un contesto didattico - non si esaurisce nella proposizione di nuovi portali orientati alla presentazione di un’informazione qualitativamente selezionata, nel momento in cui la ricerca su Google è sempre a portata di mouse e sistematicamente si è indotti a cercare prima su Google una risposta rapida a ogni tipo di domanda; è soprattutto l’educazione all’uso critico del web che dovrebbe essere considerata d’importanza primaria, perché è a partire da questa che le domande e le esigenze potranno risultare più chiare e definite determinando dunque, rispetto alla rapidità di Google, le risposte meno immediate, meno abbondanti ma più affidabili date dai portali specifici o dai motori di ricerca selezionali.
Ma da questo punto di vista l’esperienza non ci consente considerazioni molto positive. Troppo spesso il web, nel contesto universitario umanistico nazionale, è considerato ancora come qualcosa di laterale, di complementare, di accessorio rispetto agli strumenti tradizionali dello studio e della ricerca, trascurando il fatto che l’interazione con il web, soprattutto nella fase del web 2.0, è divenuta o sta diventando sempre più la forma di comunicazione primaria della nuove generazioni, e che pertanto la guida e l’educazione all’uso critico della rete non costituiscono solo un aspetto limitato allo studio in determinate aree disciplinari, ma un obiettivo importante per il mantenimento del contatto con la pratica comunicativa degli studenti, che soprattutto il contesto universitario umanistico dovrebbe tenere in particolare considerazione. La formazione dei docenti all’uso della rete ed il loro costante aggiornamento costituiscono da questo punto di vista un aspetto del problema di importanza pari a quello della formazione delle nuove generazioni, che mi pare al momento eccessivamente trascurato soprattutto nell’ambito universitario umanistico, e che credo risulti sempre più urgente affrontare.

8. Negli esempi che ho prima citato, l’autorità decisionale conferita ad un organismo centrale di direzione (il caso di INTUTE) o la limitazione preliminare di un circuito selezionato di risorse (il caso di Noesis) costituiscono il nucleo della strategia di disciplinamento e ordinamento dell’informazione. Ma abbiamo ancora l’esperienza di una catalogazione di risorse, e di un motore di ricerca collegato, che si affidano alla partecipazione volontaria dei responsabili dei siti, i quali dichiarano di condividere alcuni princìpi fondamentali in merito alla qualità dell’informazione storica in rete. Si tratta dell’esperienza, ormai “antica”, di WWW-VL History, che persegue la logica interna all’idea originaria di Tim Berners-Lee di una possibile catalogazione del web - divenuta rapidamente impraticabile nella tua totalità -  e che sul versante delle discipline storiche offre tuttora una mappa di orientamento e una lista di risorse utili e affidabili[13] ; un’esperienza che mantiene il principio, potremmo dire, della federazione democratica su base volontaria e che può essere intesa come il tentativo di conservare l’armonia tra autorevolezza e libertà, pur mostrando difficoltà – legate soprattutto alla base volontaria della collaborazione – sia sul versante del controllo di qualità sia su quello dell’equilibrio tra le diverse sezioni che compongono il progetto.

9. Il progetto che ha riproposto in modo radicale la questione dell’informazione sul web anche in relazione alle discipline storiche, e che corrisponde direttamente agli sviluppi recenti del web 2.0, è indubbiamente Wikipedia; un progetto avviato nel 2001,[14] che si è sviluppato in modo imponente e che è divenuto rapidamente un fenomeno culturale di grande rilevanza, sollecitando interrogativi e discussioni, dividendo gli osservatori e utilizzatori tra coloro che hanno espresso critiche radicali e coloro che se sono dimostrati entusiasti[15], ma producendo anche tentativi di analisi più equilibrata e attenta alle sue diverse implicazioni, con particolare riferimento ai temi storici.[16]La connotazione radicale dell’esperienza di Wikipedia, e la fonte principale delle discussioni che la riguardano, risiede, in termini sintetici, nel fatto che il progetto non intende solo costituire un portale di accesso all’informazione liberamente accessibile sul web - come nella logica della “biblioteca digitale” propria del web 1.0 -  ma si propone come applicazione alla scrittura delle voci ceh la compongono del modello collaborativo che è proprio della nozione di open source, già ampiamente estesa sul versante del software, a partire da Linux.
L’elemento fondamentale del progetto Wikipedia è in altri termini la scrittura wiki (il termine hawaiano utilizzato per identificare una partecipazione libera e rapida), cioè la possibilità per ciascun lettore di divenire autore, senza difficoltà legate all’apprendimento di un linguaggio specifico per la pubblicazione on line e con la possibilità di modificare immediatamente le voci dell’enorme enciclopedia universale -  sicuramente il più vasto fenomeno di enciclopedia universale dei nostri tempi -  qual è ormai Wikipedia, nei suoi differenti contesti linguistici e nelle sue articolate partizioni tematiche.

10. Il primo problema che Wikipedia pone agli storici è indubbiamente relativo alla sua affidabilità. Si poteva dire ai suoi inizi -  e si è sostenuto energicamente nel quadro delle numerose critiche al progetto -  che l’idea di partecipazione libera e un po’ anarchica alla scrittura enciclopedica, soprattutto per gli argomenti storici, era inevitabilmente la causa di moltissimi errori, e anche l’origine di informazioni intenzionalmente erronee. Si tratta di fenomeni che si sono puntualmente verificati, ma occorre anche rilevare, da questo punto di vista, che si è verificato anche un fenomeno apparentemente inatteso, che implica interrogativi stimolanti sulla dimensione partecipativa dell’informazione in rete. Malgrado vari incidenti, infatti, il sistema di controllo dell’informazione da parte della comunità dei lettori/autori complessivamente intesa, e le strategie attivate dai responsabili del sistema, hanno ridotto al minimo sia l’esperienza del “vandalismo informativo” sia i margini di errore nelle voci enciclopediche pubblicate; in base ad analisi e studi puntuali, di fatto i margini di errore di Wikipedia, per le materie storiche, non si mostrano più ampi rispetto a quanto è possibile verificare, per esempio, nell’ Encyclopedia Britannica. Bisogna allora ammettere, su questa base, che il modello collaborativo, il modello della democrazia radicale e partecipativa, per l’informazione storica accessibile sul web, non si è dimostrato falso o distorsivo, e che ha al contrario prodotto una sorta di auto-educazione nel processo di produzione/controllo dell’informazione.[17]

11. Ma la questione della correttezza o meno dei dati informativi di interesse storico presenti in Wikipedia non esaurisce affatto il problema generale dell’affidabilità del sistema. Un altro problema è infatti dato, ad esempio, dall’equilibrio tra le diverse voci dell’enciclopedia. Si ha in effetti un forte disequilibrio a vantaggio dell’attualità più recente, lacune gravi per ambiti di interesse storico importanti, e, in parallelo, una dilatazione evidente e difficilmente controllabile su temi marginali, come schede biografiche di utenti/autori contemporanei, curiosità storiche locali etc.
E’ possibile dare una risposta a questo problema affermando che lo sviluppo stesso del sistema verrà prima o poi a risolvere questi difetti e a colmare le lacune, ma ciò non elimina l’impressione di un repertorio enorme e ricchissimo di informazioni utili, ma sostanzialmente squilibrato e disomogeneo soprattutto nel rapporto tra le varie sezioni nazionali del progetto, e conseguentemente  poco affidabile in termini assoluti.
Un altro problema, per limitare l’attenzione ad alcuni aspetti essenziali di Wikipedia, riguarda poi il tema centrale della scrittura e della costruzione del discorso storico. E’ realmente possibile, in altri termini – come si chiede Roy Rosenzweig nell’importante contributo citato - , ed è in ultima analisi auspicabile lo sviluppo di una storiografia open source? Una risposta risolutamente affermativa è difficilmente sostenibile; la storiografia mantiene sempre un livello di creatività linguistica e argomentativa che rende la produzione storiografica, come scrive lo stesso Rosenzweig, eminentemente un “individualistic craft”, per il quale la dimensione “possessiva” costituisce un elemento portante, proprio della tradizione e della pratica corrente, e con ricadute importanti dal punto di vista giuridico, con riferimento al diritto d’autore, alla difesa contro il plagio, etc. [18]A questa considerazione è possibile rispondere, come effettivamente risulta dai documenti di presentazione e di illustrazione del progetto, che questo problema non dovrebbe investire una scrittura che intende mantenersi al livello dell’informazione enciclopedica ed evitare - come esplicitamente richiesto ai collaboratori potenziali di Wikipedia -  l’introduzione dell’ “opinione”, così come la presentazione di risultati nuovi e originali di ricerca, per basarsi totalmente su altre opere di consultazione la cui affidabilità risulti accertata, e in genere sulla letteratura storiografica; per questo le discussioni sono separate dalle voci e hanno una diversa collocazione, pur rimanendo ad esse collegate. Si tratta della politica del NPOV (Neutral Point of View), ossia dell’applicazione del principio della “neutralità” dell’informazione storica - che è possibile connettere al principio dell’obiettività studiato da Peter Novick per la tradizione storiografica americana[19] -  e della separazione tra dati oggettivi di conoscenza storica e giudizio storiografico, che è presentata come principio basilare dell’architettura informativa di Wikipedia. [20]

12. Ma è veramente possibile il conseguimento di questo obiettivo? E’ veramente possibile, anche limitando l’osservazione alle voci di un dizionario enciclopedico, separare il giudizio (la posizione dello storico) dalla presentazione e dall’ordinamento dei dati, per ottenere un risultato che mantenga un alto livello di affidabilità informativa e possa conciliarsi con una scrittura cumulativa alla quale ciascun lettore può partecipare, e nella quale la personalità del singolo autore si perde completamente? E soprattutto, sono auspicabili le conseguenze che possono derivare da questa ipotesi strategica ed operativa?
E’ questo, a mio parere, il problema generale che l’informazione storica presente su Wikipedia pone, che non impedisce peraltro di riconoscere a questo fenomeno tutta l’importanza che di fatto ha e che risulta strettamente legata all’interazione stretta che automaticamente si stabilisce, per effetto della rilevanza gerarchica della popolarità delle interrogazioni, tra la ricerca su Google e le voci storiche di Wikipedia.
Il nucleo principale del problema consiste allora nel chiedersi se il successo popolare di Wikipedia non comporti la dilatazione massiva di un’idea di conoscenza storica intesa come sapere cumulativo e non critico, per il quale è possibile dunque attingere ad un deposito di conoscenze certe e incontestabili, non solo per quanto riguarda dati fattuali minimali (date, nomenclatura) ma anche per quanto riguarda la gerarchia degli avvenimenti, la spiegazione della causalità e la presentazione di processi complessi, poiché si tratta di elementi che non sono separabili -  applicando la logica del NPOV -  dal contenuto delle voci enciclopediche, in particolare di quelle che affrontano fenomeni complessi, concettualizzazioni storiografiche, processi di lungo periodo. Pensiamo ad esempio a voci quali Risorgimento, o Rinascimento, o Rivoluzione; tutte voci alle quali l’interrogazione su Google risponde con un rinvio immediato a Wikipedia (ma l’esercizio analitico, anche sulla base di un comparazione tra le voci parallele nei diversi portali nazionali di Wikipedia, dovrebbe essere condotto con regolarità e sistematicità).

13. La separazione tra giudizio e dati oggettivi, proposta dai responsabili di Wikipedia, non risulta dunque solo difficilmente praticabile ma sostanzialmente contraddittoria con gli stessi connotati peculiari del sapere storico e con la sua natura essenzialmente critica. Proprio la separazione dei dati fattuali dall’interpretazione e la “no original research policy” posta come criterio fondamentale del progetto [21], se risulta comprensibile dal punto di vista dell’organizzazione complessiva del sistema Wikipedia - che vuole essere enciclopedia universale e non biblioteca di letteratura critica - risulta l’aspetto meno facilmente applicabile al versante storico  e più carico di conseguenze negative. Evidentemente lo storico di mestiere e il docente sono, o dovrebbero essere, perfettamente in grado di evitare queste conseguenze, di avvalersi dello straordinario strumento informativo di Wikipedia e di gestirla in modi utili al loro lavoro. Ma da un punto di vista più generale, e considerando proprio la popolarità dello strumento, gli esiti in termini di atteggiamento verso la conoscenza storica intesa come un sapere che si esaurisce in dati informativi che si apprendono e non risulta costituito da documenti con cui ci si confronta e da cui derivano i problemi di contestualizzazione, interpretazione, concettualizzazione che costituiscono la ragion d’essere della riflessione storica, sono legittimamente fonte di interrogativi seri.
14. Di alcuni dei problemi che lo sviluppo di Wikipedia ha evidenziato si sono resi conto in parte gli stessi artefici del progetto, a partire dalle molteplici conseguenze della perdita radicale di autorialità che la scrittura wiki comporta. Per questo motivo Larry Sanger - uno dei due responsabili, con Jimmy Wales, dello sviluppo del progetto Wikipedia - ha recentemente abbandonato l’idea della collaborazione universale e anonima per dar vita ad un progetto nuovo, Citizendium, annunciato nel 2006 e ancora in fase sperimentale, che, mantenendo la possibilità di un arricchimento informativo aperto a tutti, propria dell’esperienza di Wikipedia, mira a reintrodurre un criterio di autorialità, eliminando l’anonimato nella creazione delle voci del dizionario, proponendo un comitato di esperti per la valutazione delle voci e le loro successive modifiche ed introducendo pertanto una forma moderata (“gentle expert oversight”) di controllo.[22] In questa stessa direzione appare muoversi il progetto Knol[23] sviluppato da Google, che si propone come un’alternativa “disciplinata” a Wikipedia (dove peraltro è già presente una voce che ne illustra potenzialità e limiti)[24]. E’ prematuro esprimere giudizi e valutazioni su progetti di questo tipo, a cui altri probabilmente si affiancheranno, ed è comunque difficile pensare che possano rapidamente sostituire l’importanza ormai acquisita, consolidata e in continua espansione, di Wikipedia, ma meritano comunque di essere segnalati come testimonianza di un problema importante di bilanciamento, nella produzione e nella diffusione delle conoscenze sul web, in particolare sul versante storico e umanistico in generale, tra princìpi di libertà, responsabilità e autorevolezza. Un bilanciamento che si è dimostrato difficile sin dalle origini del web, e che lo è ancora di più in relazione agli sviluppi del web 2.0, ma che costituisce un problema su cui è necessario mantenere un costante livello di attenzione.

Note

[1] Il presente testo si basa sul contributo presentato al I Congresso svizzero di scienze storiche (Berna, 15-17/3/2007) < http://2007.geschichtstage.ch/index.php >, nel quadro dei lavori della sezione  Digitaler Wandel in den Geschichtswissenschaften – zwischen Theorie und Praxis. Potentiels de l'informatique dans les sciences historiques - entre théorie et pratique < http://2007.geschichtstage.ch/panel/15/ >.  Gli indirizzi web citati sono aggiornati al 20/11/2008.

[2] R. Minuti, Internet et le métier d'historien. Reflexions sur les incertitudes d'une mutation, Paris, PUF, 2002 ; trad. it.  R.Minuti,  «Internet e il mestiere di storico. Riflessioni sulle incertezze di una mutazione»
Cromohs, 6 (2001): 1-75 < URL: http://www.cromohs.unifi.it/6_2001/rminuti.html >

[3] Vedi  Storia e internet. Seminari e incontri dedicati alle applicazioni digitali alla ricerca storica, geografica e archeologica, < http://www.storia.unifi.it/_storinforma/ >.

[4] Per un orientamente sul significato generale del Web 2.0 vedi in particolare  T. O’Reilly, What is Web 2.0. Design patterns and Business models for the Next Generation of Software, < http://www.oreillynet.com/pub/a/oreilly/tim/news/2005/09/30/what-is-web-20.html >.

[5] Vedi, per esempio, i contributi del convegno Digital Repositories: Dealing with the Digital Deluge (JISC conference, Manchester University, 5-6/6/ 2007 ) < http://www.jisc.ac.uk/whatwedo/programmes/programme_digital_repositories/repositories_conference.aspx >.
[6] Sui vari aspetti del problema vedi S. Vitali, Passato digitale. Le fonti dello storico dell’era del computer, Milano, Bruno Mondadori, 2004.

[7] Vedi per esempio la lista di regole sull’utilizzazione delle risorse web curata da E. Grassian, Thinking Critically about World Wide Web Resources (1995 e revisioni successive) , < http://www2.library.ucla.edu/libraries/college/11605_12337.cfm  > ed il più recente Thinking Critically about Web 2.0 and Beyond (2006), < http://www2.library.ucla.edu/libraries/college/11605_12008.cfm >.

[8] Vedi transT. Berners-Lee, J. Hendler and O. Lassila,  «The Semantic Web. A new form of Web content that is meaningful to computers will unleash a revolution of new possibilities», Scientific American, May 17, 2001 < http://www.sciam.com/article.cfm?id=the-semantic-web >. Vedi anche  G. Antoniou, F. van Harmelen, A Semantic Web Primer, Cambridge (Mass.), The MIT Press, 2004. Più recentemente Tim Berners-Lee ha proposto il termine di Giant Global Graph per identificare questa prospettiva, annunciata come un’evoluzione radicale della nozione di web; vedi < http://dig.csail.mit.edu/breadcrumbs/node/215 >

[9] Per una presentazione degli obiettivi e delle strateige di queste esperienze vedi A. F. Beavers, «Evaluating Search Engine Models for Scholarly Purposes. A Report from the Internet Applications Laboratory», D-Lib Magazine, December 1998, < http://www.dlib.org/dlib/december98/12beavers.html >.

[10] Vedi la presentazione del nuovo progetto Noesis, «A Logic of Limited Scope»,
<
http://noesis.evansville.edu/about.htm >, e le notizie sui suoi più recenti aggiornamenti:
<
http://noesis.evansville.edu/betanote.htm >.

[11] «The key principles of the Intute Collection Development Framework and Policy are quality, consistency, and interoperability. These principles aim to enable the Intute service to inform both content users and content suppliers about the nature, extent, and accessibility of the collections», INTUTE, Policy / Key Principles, < http://www.intute.ac.uk/policy.html > .

[12] Vedi  «What is Intute: Arts and Humanities?»,
< http://www.intute.ac.uk/artsandhumanities/about.html >.

[13] Vedi WWW-VL History Central Catalogue < http://vlib.iue.it/history/index.html > e, in particolare, S. Noiret, «WWW-VL History Project's Description» < http://vlib.iue.it/history/eui-euro-history-intro.html >.

[14] Per la storia del progetto Wikipedia e del suo diretto predecessore Nupedia vedi  «History of Wikipedia» < http://en.wikipedia.org/wiki/History_of_Wikipedia > e «Nupedia»
<
http://en.wikipedia.org/wiki/Nupedia >. Vedi anche la sintesi, con un’attenzione particolare rivolta alla storia contemporanea nella Wikipedia francese e italiana, di E. Sodini, «Da Diderot a Wikipedia», Memoria e Ricerca, n. 26, 2007, pp. 169-188.
[15] Per un repertorio esauriente di posizioni critiche su Wikipedia vedi «Criticism of Wikipedia»
<
http://en.wikipedia.org/wiki/Criticism_of_Wikipedia >.

[16] Vedi soprattutto, a questo proposito, R. Rosenzweig, «Can History Be Open Source? Wikipedia and the Future of the Past», The Journal of American History, v. 93, n. 1, 2006, pp. 117-146 <http://chnm.gmu.edu/resources/essays/d/42 >; vedi anche Id., «Should Historical Scholarship Be Free?», Perspectives Online, April 2005, < http://www.historians.org/Perspectives/issues/2005/0504/0504vic1.cfm >.

[17] Vedi R. Rosenzweig, «Can History Be Open Source?» cit.

[18] Ibid.

[19] Vedi P. Novick, That Noble Dream: The “Objectivity Question” and the American Historical Profession, Cambridge, Cambridge Un. Press, 1988.

[20] Vedi  «Wikipedia: Neutral point of view»
< http://en.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Neutral_point_of_view >.

[21] Vedi «Wikipedia: No original research»

< http://en.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:No_original_research >.

[22] Vedi Citizendium. The Citizens' Compendium. Beta, < http://en.citizendium.org/wiki/Main_Page >.
« The project aims to improve on the Wikipedia model by requiring all contributors to do so with their real names, by strictly moderating the project for unprofessional behaviors, and by providing what it calls "gentle expert oversight" of everyday contributors. A main feature of the project is its “approved articles”, which have each undergone a form of peer-review by credentialed topic-experts and are closed to real-time editing», («Citizendium» < http://en.wikipedia.org/wiki/Citizendium >). Vedi anche «CZ:About», <  http://en.citizendium.org/wiki/CZ:About >: «We believe this project is necessary, and justified, because the world needs a more reliable free encyclopedia. We hope to create a trusted general reference work by giving people a place to work under the direction of experts, and by expecting personal accountability - including the use of real names. In short, we want to create a responsible community and a good global citizen».

[23] Vedi Knol. A Unit of Knowledge < http://knol.google.com/k >

[24] Vedi Knol < http://it.wikipedia.org/wiki/Knol >