1. Come vari storici francesi, tra cui Édouard Dolléans e Ernest
Labrousse, il giovane ricercatore spagnolo Roberto Ceamanos proviene da studi
giuridici e ha sviluppato un forte interesse verso i temi storiografici allargando
i propri interessi scientifici grazie ad una collaborazione fra le Università
di Saragozza e di Bourgogne, che hanno esercitato la cotutela della sua tesi
di dottorato. Questo libro è il risultato editoriale di tale ricerca
professionale, anche se la dimensione edita è minore di quella originale,
come indica nel Prologo Michel Ralle, docente di Civiltà spagnola contemporanea
alla Sorbona, che ricorda come questo volume offra al lettore molto più
del suo titolo e come, altro merito dellautore, non vi siano lavori simili
sulla storiografia operaia nella stessa Francia.
In effetti Ceamanos ci conduce passo dopo passo nella foresta degli storici
del movimento operaio francese riuscendo a non farci perdere tra le centinaia
di autori citati e le decine di opere di valore segnalate. Particolarmente utile
per fissare dei segnali lungo questo tortuoso e non facile sentiero è
la duplice bibliografia finale (generale e degli autori citati) che raggruppa
circa 800 titoli, anche se manca purtroppo un altro filo dArianna, quello
dellindice dei nomi. La lettura di questa guida risulta molto
impegnativa se ci si sofferma sui numerosi particolari rievocati con generosità
e qualche volta un po troppo ribaditi e sottolineati. Sembra al lettore
di toccare con mano lemozione di un giovane studioso straniero probabilmente
intimorito nei confronti di una storiografia ritenuta, non senza ragione, molto
più sviluppata di quella del proprio paese e a contatto con vari protagonisti
di cui aveva letto avidamente i testi pubblicati e che, in alcuni casi, può
finalmente intervistare. Ad ogni modo dalle otto fonti orali e dalla messe ricchissima
di fonti scritte emerge un quadro nel complesso esauriente dellambiente
accademico e militante, dei filoni di ricerca, dei progetti ambiziosi e delle
notevoli istituzioni concretizzatesi nel corso dei decenni.
2. La prima tappa della storiografia sul movimento operaio in Francia viene
fatta risalire agli albori del secolo XX, ai lavori di un leader socialista
preparato come Jean Jaurès che cerca di dare una lettura in chiave classista
dellevento principe della Francia moderna, la Rivoluzione del 1789. In
effetti la visione nazionale dello stesso movimento dei lavoratori spinge vari
autori ad affermare la continuità fra le istanze popolari della Rivoluzione
per antonomasia e le attese e le aspirazioni che si concretizzeranno, circa
un secolo dopo, nelle strutture e nelle attività del movimento operaio
organizzato. I primi a scrivere di storia operaia furono, già alla fine
del secolo XIX, personaggi colti che si identificavano nello stesso ambito sociale
e politico. Si trattava di affermare, sul piano dellanalisi del passato,
la continuità del socialismo con i primi popolani insorti contro la Francia
dei privilegiati e dellAncien Régime. Al tempo stesso non si voleva
perdere la memoria di leader e di lotte che sembravano di importanza strategica.
Nei casi più espliciti, si sosteneva che nelle esperienze trascorse si
potevano verificare la giustezza e il valore della propria linea di condotta
sindacale e partitica. Insomma la militanza la faceva da padrona sulle metodologie,
su ogni necessaria critica delle fonti e su ogni forma di autocritica.
Oltre ai militanti operai, ci ricorda Ceamanos, alcuni esponenti delle professioni
liberali (medici, avvocati, notai, ingegneri, economisti,
) si impegnarono
nel delineare una sorta di economia sociale, quale terza forza per
sfuggire alla divisione gerarchica dei ceti produttivi fra sfruttatori padronali
e sfruttati proletari. Questa ipotesi di emancipazione, definita di frequente
mutualismo, coinvolse strati popolari anche in Francia, ma non ha poi meritato
molta attenzione da parte degli studiosi. Questi si sono dedicati piuttosto
alla ricostruzione del movimento rivendicativo, più o meno legalitario,
che si batteva per sostanziali miglioramenti delle condizioni di salario e di
vita. Nelle vicende tormentate delle correnti socialiste francesi tra fine Ottocento
e inizio Novecento, si svilupparono ricostruzioni storiche per lo più
ad uso e consumo degli attivisti i quali spesso si aspettavano di veder rivalutati
momenti tragici e fondanti del movimento. Così si esaminò a fondo
la Comune parigina del 1871 dando vita ad una specifica mitologia alimentata
da studiosi militanti come Benôit Malon e Olivier Lissagaray.
Ceamanos sottolinea che un passo significativo per la conquista di spazi istituzionali
nello studio dei movimenti rivoluzionari fu listituzione, nel 1891 alla
Sorbona, della cattedra di Storia della Rivoluzione Francese, affidata a François-Alphonse
Aulard. Si avviava un processo che nel tempo avrebbe portato allampliamento
degli studi sul senso delle profonde trasformazioni a tutti i livelli iniziate
nel 1789 che, secondo alcuni, erano da ampliare e rafforzare. In questo ambito
si inserisce, come prospetta lautore della guida, la diffusione
della jauressiana Histoire Socialiste de la Révolution Francaise, che
esce a fascicoli dal 1901 al 1904 per poter essere diffusa capillarmente pure
nei ceti più poveri. In questopera lottica materialista marxista
serviva per dare una visione progressista del mondo in evoluzione e per affermare
che la vittoria della borghesia sullaristocrazia era dovuta anche allutilizzo
strumentale delle forze popolari. Inoltre Jaurés intendeva dare spazio
e grande dignità alle coscienze e alle volontà dei rivoluzionari
del passato che mostrarono la possibilità di forzare il cammino della
storia. Si legge in filigrana la proposta di riprendere, sempre con uno sforzo
straordinario, il cammino verso una società che realizzi finalmente gli
obiettivi di libertà, eguaglianza e fraternità lasciati tuttavia
in sospeso.
3. Qui il volume ci dà conto delle tappe di svolgimento di ricerche
sempre più approfondite e sempre più intrecciate al dibattito
politico e ideologico. Così assistiamo al passaggio a Albert Mathiez,
a Georges Lefebvre, a Albert Soboul della gestione dei centri di ricerca e insegnamento
legati allo studio della Rivoluzione per antonomasia. Appare altresì
il contrasto che, partendo dallinterpretazione dei sans-culottes come
piccolo-borghesi e artigiani o come prima forma di un proletariato urbano, oppose
la visione classica marxista di Soboul alla lettura in chiave libertaria sviluppata
da Daniel Guerin che intravedeva elementi di democrazia diretta e di embrioni
di autonomia proletaria che cerca di sottrarsi allegemonia dei giacobini
borghesi. Risulta di notevole interesse anche una serie di informazioni e considerazioni
sullopposizione di una linea revisionista alla lettura sociale
della Rivoluzione. Lautore attribuisce al mondo anglosassone, durante
la mobilitazione culturale anticomunista della Guerra Fredda, laver voluto
ridimensionare il senso storico del 1789 in Francia inserendolo, quale seconda
o terza tappa, nel ciclo delle rivoluzioni liberali americane, intese come atlantiche.
Gli storici filoatlantici, da Edgar Faure a François Furet,
avrebbero posto laccento sul carattere positivo, riformista e tollerante,
della rivoluzione americana che accompagnò lindipendenza mentre
la fase del Terrore in Francia avrebbe fatto degenerare un processo di graduali
migliorie sociali costruendo uno stato totalitario e dittatoriale. Si profilano
perciò le reciproche influenze tra le polemiche storiografiche e i conflitti
politici e persino le tensioni militari degli anni Cinquanta fra i due blocchi,
occidentale e orientale. Ceamanos rammenta, a questo punto, la coincidenza terminologica
con lalleanza militare dellOccidente che si definì anchessa
atlantica. E come dire che gli scontri militanti non si riproducono
solo nella opposta valutazione dei movimenti sociali e delle istituzioni, ma
anche nella interpretazione dei grandi eventi che hanno segnato la storia contemporanea
più o meno vicina.
Il consolidamento della storiografia sul movimento operaio in Francia passa
attraverso la fondazione dellInstitut Français dHistoire
Social, sorto nel 1949 per limpulso di Jean Maitron, uno dei grandi specialisti
e animatori del settore. A dire il vero, già prima della nascita di questa
istituzione, varie decine di docenti di scuola, archivisti, bibliotecari si
erano impegnati nelle ricerche storiche e nelle discussioni teoriche attorno
alle organizzazioni del movimento operaio verso le quali esprimevano interesse
culturale insieme a simpatie e solidarietà.
Il libro ci presenta quindi vari dirigenti di questa istituzione e le loro principali
linee di ricerca e relative pubblicazioni. Così apprendiamo della produzione
scientifica e del coinvolgimento politico di lunga durata di Eduard Dolléans,
economista formato negli studi giuridici, che iniziò lattività
durante la Belle Époque partecipando alla mobilitazione di intellettuali
per salvare un operaio, Jules Durand, vittima di una montatura giudiziaria simile
a quella, precedente di pochi anni, nota come Affaire Dreyfus. Possiamo poi
incontrare George Buorgin che ebbe anche una formazione romana e si appassionò
per il Risorgimento italiano, George Duveau, con una formazione sociologica,
Philippe Vigier che si consacrò al rinnovamento delle strutture universitarie
dalla fine degli anni Sessanta.
4. Altre rilevanti figure rievocate dallo storico spagnolo sono quelle di Maurice Dommanget, un vero maestro per la storia operaia che soffrì nella sua stessa esperienza personale la crisi del mito sovietico. Egli scrisse una biografia esemplare di un protagonista unico nel suo genere come Auguste Blanqui, riscoprì il peso della simbologia (dalla bandiera rossa al Primo Maggio) nel processo di identità del proletariato organizzato e recuperò un aspetto considerato marginale, ma di forte impatto nella ricostruzione della propaganda operaia, come quello dei curés rouges. Ancora troviamo Georges Vidalenc, sindacalista e insegnante, che si occupò in particolare delleducazione operaia, Armand Cuvillier, che valorizzò il pensiero socialista premarxista di Pierre Joseph Proudhon, René Garmy, dedito allesame del dibattito ideologico nel sindacalismo francese e in particolare nella CGT, Paul Chauvet, sindacalista autodidatta che entrò nellaccademia dopo aver pubblicato una preziosa ricostruzione della storia degli operai tipografi, Georges Lefranc, militante della CGT che suscitò molte polemiche per la sua partecipazione al governo di Vichy in nome della politica della presenza sindacale da perseguire in ogni contesto, Jean Bruhat, aderente al PCF per molti decenni e studioso dellURSS e di leader rivoluzionari. Un ruolo speciale è occupato da Maximilien Rubel, ebreo polacco con simpatie libertarie, specialista nello studio della marxologie, mentre un emigrato italiano e tipografo comunista, poi socialista, Charles Torielli, sarebbe stato un esempio vivente di come si sia potuto conciliare la militanza politica e gli studi di storia operaia. Altri studiosi sono qui ritratti con dovizia di particolari riguardanti lesperienza lavorativa e limpegno intellettuale; è il caso di ricordare almeno Fernand Rude e i suoi studi originali, che risalgono agli anni 40, sulla nascita del movimento operaio a Lione e in particolare sulle giornate insurrezionali del settembre 1831. Egli ha avuto il merito, secondo Ceamanos, di respingere la tradizionale spiegazione di tale evento come un moto spontaneo e disordinato, istintivo e provocato dalla fame, per vedervi invece una mobilitazione cosciente della classe operaia che si poneva in alternativa al potere politico della borghesia cittadina. Lanalisi del movimento lionese è stata allargata da Rude sia in direzione delle categorie dei partecipanti (tra cui molte donne, ragazzi, ex soldati napoleonici) sia considerando lavvento di una simbologia nuova, come quella della bandiera nera quale vessillo della rivolta totale e, per molti aspetti, fatale. La stessa valutazione della Comune di Lione come sorgente della coscienza di classe autonoma e di obiettivi a largo raggio appartiene anche ad altri autori, come Maurice Moissonnier, anchegli sia militante che storico. Analoga la posizione ambivalente di Justinien Raymond che sostenne apertamente il vantaggio, quasi il privilegio, di ricoprire un duplice ruolo politico e scientifico.
5. Il presente volume possiede inoltre la capacità positiva di far emergere
studiosi di rilievo, ma quasi sconosciuti al di fuori del loro ambiente specialistico,
ad esempio vari bibliotecari decisamente promotori di significativi gruppi di
ricerca storica. E il caso di Colette Chambelland, recentemente scomparsa,
e del gruppo di colleghi che, riuniti al Museé Social, affiancò,
stimolò e favorì in mille modi il lavoro scientifico di storici
importanti come Jean Maitron.
Ceamanos ritiene che proprio Maitron sia stato una personalità fondamentale
nel passaggio, difficile e tuttaltro che scontato, dalla storiografia
interna al movimento a quella inserita nellambito universitario. Inizialmente
maestro di scuola e allievo di Pierre Renouvin, Maitron diventò docente
alla Sorbona senza aver seguito i corsi regolari e qui, nel 1951, osò
presentare una tesi sulla storia dellanarchismo francese, fatto inaudito
nella solenne e tradizionale prima università del paese.
Largomento era infatti del tutto ignorato dalla storiografia ufficiale
che in ciò coincideva con il disprezzo manifestato, sul piano politico,
da comunisti e socialisti.
Maitron fu il fondatore dellIFHS e del Centre dHistoire du Syndicalisme,
il promotore della rivista Le Mouvement Social e il direttore del
monumentale Dictionnaire Biografique du Mouvement Ouvrier Français, formato
da più di una quarantina di volumi, editi dal 1964 al 1997, e che presenta
un affresco enorme e prezioso composto da varie migliaia di biografie molto
curate. Opportunamente Ceamanos mette in rilievo il fatto che fu una piccola
casa editrice del cattolicesimo sociale a compromettersi in tale sfida culturale
ed organizzativa. Dalla conservazione della documentazione del movimento operaio,
continuamente a rischio, alla rottura dellostracismo accademico, lopera
di Maitron ottenne successi insperati dalla metà degli anni Sessanta
anche grazie alla dedizione, giustamente valorizzata dallo storico spagnolo,
di Marcelle Gourdon, la sua compagna dagli anni Trenta in poi, scomparsa pochi
anni fa. In pratica si trattò, stando alla ricostruzione fatta in queste
pagine, di una tenace impresa artigianale dove la costanza e la passione pluridecennale
dei Maitron e dei loro collaboratori, permisero di superare ostacoli impervi
e apparentemente invincibili.
Accanto alla fitta schiera di storici esplicitamente militanti, si nota la decisiva
presenza di un maestro per antonomasia, Ernest Labrousse, che riunì unelevata
conoscenza scientifica e una spiccata attitudine per la divulgazione alla grande
capacità di usare il proprio potere accademico, quello della strategica
cattedra di Storia economica e sociale della Sorbona, creando una vera e propria
scuola di storici, di gran lunga la più importante negli studi francesi
sul movimento operaio. Egli riuscì, ricorda Ceamanos, a ritagliarsi un
considerevole e rispettabile spazio tra i due più grandi gruppi di pressione
storiografica nella Francia del secolo XX: quello delle Annales e quello marxista.
A sua volta Labrousse fu un allievo di François Simiand, sociologo ed
economista, da cui apprese lutilità scientifica di elaborare grandi
serie statistiche per stabilire relazioni di regolarità fra i fenomeni
sociali, specialmente quelli legati alle condizioni salariali e vitali delle
classi sociali. Con le Annales e il marxismo, limpostazione di Labrousse
condivideva comunque alcuni elementi non secondari: il rilievo assegnato alle
forze collettive, la priorità dei dati economici rispetto a quelli sociopolitici,
lanalisi di fenomeni di lunga durata da preferire alla histoire evenementielle.
Lautore spagnolo si addentra a descrivere lattività intensa
(e prolungata per più di sessanta anni) di Labrousse fornendo molte informazioni
utili sul suo metodo scientifico, sulla sua produzione editoriale, sugli orientamenti
politici e culturali, sullimpegno profuso nella formazione di decine di
storici di valore da inserire progressivamente nelle istituzioni accademiche,
nei centri di ricerca, nelle redazioni delle riviste. I punti qualificanti del
lavoro universitario labroussiene si ritrovano nellobiettivo di produrre
una historie complète da realizzare attraverso un lavoro dequipe,
nella minuziosa ricerca di dati quantitativi e di soddisfacenti definizioni
economiche e sociologiche, come quella di classe, nonché
nella formulazione di categorie qualitative, come quella di rivoluzione,
strettamente legata allaccumulo di conferme statistiche da ricavare da
un complesso di fonti diverse ma convergenti, come quelle fiscali, demografiche,
elettorali.
6. Talora Ceamanos sembra perdersi nel mare magnum dellattività
di Labrousse e tende a ripetersi, mentre purtroppo non approfondisce alcuni
dibattiti con altri storici di vaglia. Così è liquidato in poche
parole il confronto fra la categoria di classe, usata con abbondanza
da Labrousse seguendo il filone ideologico marxista, e quella di ordine
sostenuta dallanalisi istituzionale di Roland Mousnier. Analogamente poco
si riporta dello scontro con Raymond Aron che riuniva i suoi seguaci nella École
Pratique des Hautes Etudes riuscendo anche a coinvolgere alcuni allievi insoddisfatti
di Labrousse, tra i quali la brillante e combattiva Annie Kriegel. Questa ultima
risulta ben descritta nel volume, perfino nei tratti personali, dove si ricostruisce
la sua evoluzione dal comunismo militante allanticomunismo altrettanto
engagè, al punto che i critici la etichettarono come stalinista
di destra.
Ciò che qui interessa maggiormente è la riflessione storica che
la Kriegel elaborò attorno alla nascita del comunismo in Francia: per
lei sarebbe stato il risultato del trapianto del bolscevismo russo sul corpo
ibrido e debole del socialismo francese, appena passato attraverso la sconfitta
delle lotte dellimmediato primo dopoguerra. In sostanza tale chiave di
lettura favoriva, al di là della definizione effettiva della realtà,
le critiche diffuse nellopinione pubblica francese contro un comunismo
estraneo al contesto francese e in qualche modo imposto dallesito vittorioso
della Rivoluzione dOttobre. Altro aspetto storiograficamente rilevante
dellanalisi e dei giudizi della Kriegel riguarda lesame minuzioso,
quantitativo e qualitativo secondo il metodo labroussien, delle biografie di
molti militanti sindacalisti della CGT nel periodo 1918-1921, una fase di forte
espansione e di mobilitazioni di massa. Pure su questo terreno le sue conclusioni
andavano contro la formula tradizionalmente accettata di uno stretto collegamento
fra lo sviluppo del sindacato e quello del socialismo organizzato.
Notevoli elementi di novità metodologica risultano, secondo Ceamanos,
dagli studi di Maurice Agulhon, anchegli giovane schierato nella sinistra
prima comunista e poi socialista. I suoi studi sul sorgere del movimento operaio
in Provenza, in particolare a Tolone, ampliarono il quadro consolidato nel tempo
per entrare nel ruolo del folklore popolare come cruciale fonte dellidentità
di classe e del progetto di alternativa sociale. Dallincontro tra populismo
arcaico e nuovo socialismo sarebbe sorta, attorno alle lotte del 1848, unatmosfera
favorevole al progresso sociale che però veniva inteso dai poveri come
scontro con i ricchi mentre i borghesi lo identificavano nella difesa della
Repubblica. La sociabilité è anche alla base dei lavori, divenuti
ormai dei testi classici, di Roland Temprè sui minatori del Nord della
Francia, una categoria ritenuta arretrata rispetto allo sviluppo industriale
ma che avrà un grande peso nellimmaginario del movimento operaio
moderno. Gli aspetti economici e sociali si fondono molto bene con quelli morali
e della mentalità nel lungo e complesso processo di formazione della
classe operaia dei minatori, che attraversa le varie generazioni progressivamente
meno vincolate allambiente rurale.
7. Ulteriori passi avanti della storiografia operaia sarebbero compiuti, per
Ceamanos, dalla particolareggiata indagine svolta da Michelle Perrot, inizialmente
seguendo il metodo collaudato di Labrousse, attorno agli scioperi di fine Ottocento
in Francia. Partendo dalla catalogazione di più di 2000 scioperi, scoppiati
tra il 1871 e il 1890, la storica elaborò una statistica degli aspetti
caratteristici di queste mobilitazioni per passare poi dal piano quantitativo
a quello qualitativo usando precisi fondamenti scientifici. Il salto storiografico
compiuto dalla Perrot fu la scoperta del fatto che la decisione di entrare in
sciopero non dipendeva tanto da fattori oggettivi di sfruttamento e di bisogno
materiale immediato quanto da una decisione che gli operai prendevano con la
coscienza di lottare per raggiungere obiettivi più ampi e profondi di
semplici rivendicazioni settoriali. Il volume sottolinea come si tratti di una
scoperta, apparentemente semplice ma foriera di considerevoli conseguenze negli
studi successivi: gli operai erano stati dei sujetos conscientes en el
proceso histórico (p. 131) e di questa affermazione ogni ricerca
sul movimento proletario avrebbe dovuto tener conto. E ciò al di là
di ogni agiografia o moralismo dogmatico che la Perrot aveva comunque riscontrato
in molta letteratura precedente. Così lastensione dal lavoro degli
operai francesi di fine Ottocento veniva interpretata, sulla scia delle scelte
culturali del movimento del Maggio 68 a cui anche la storica aveva partecipato
con convinzione, come loccasione per prendere la parola dopo
troppo tempo di silenzio e di subordinazione ai vertici dellimpresa e
del potere. Nel caso di Perrot, che avrà successivamente un ruolo di
promozione della storia di genere, e non solo in Francia, si potrebbe notare
come lintreccio tra lesperienza militante e lattività
scientifica sia molto stretto e si ritrovi al fondamento delle motivazioni sia
della elezione dei temi che dellimpostazione complessiva.
Si ha limpressione che Ceamanos non approfondisca tali nessi al di là
delle biografie degli storici e che non ci permetta di verificare quanto e come
militancia e universidad si siano reciprocamente condizionati e stimolati sul
piano della metodologia e delle chiavi di lettura. Malgrado lampiezza
del volume, e dei suoi notevoli meriti conoscitivi e analitici, una riflessione
sul metodo e sullontologia professionale avrebbe meritato qualche ulteriore
spazio. Resta lipotesi, al lettore con qualche esperienza in merito, che
i due mondi, quello dellimpegno militante e quello della ricerca accademica,
possano offrire, nel caso francese e non solo, una sorta di complementarietà:
il primo fornisce una spinta morale e dà un senso preciso agli sforzi
di produzione scientifica attinenti la storia dei movimenti di emancipazione
sociale, il secondo permette di condurre con strumenti adeguati un lavoro che
non può essere soltanto ben intenzionato ma che deve corrispondere, per
acquisire una validità generale, a una metodologia rigorosa e a una riflessione
autenticamente critica. Metodologia e riflessione che rendono i risultati in
grado di reggere ad una verifica seria e a un auspicabile dibattito culturale
senza comode simpatie o corrive tolleranze.
8. Il recupero del protagonismo degli attori di eventi e movimenti storici
trova un convinto sostenitore in Antoine Prost, uno studioso che non si riconosce
nella scuola di Labrousse. Egli è autore di unanalisi originale
sugli ex combattenti della Prima Guerra Mondiale, un gruppo sociale che ha unidentità
forte ma di natura interclassista e non economica. In questo caso la psicologia
collettiva sembra prevalere nettamente: fu lesperienza traumatica della
guerra di trincea, con la presenza quotidiana della morte, di una forzata (ma
non per questo meno importante) fraternità darmi e poi del peso
ossessivo dei ricordi, a unire molte migliaia di francesi e a influire su non
pochi comportamenti sociali di massa e su avvenimenti politici di rilievo nazionale.
Il suggerimento che scaturisce dallopera di Prost per altre storie nazionali,
come quella italiana, è evidente e pare sia stato solo in parte ascoltato
dalla storiografia.
Il pensionamento e il progressivo declino fisico di Labrousse, nei primi anni
Ottanta, con il passaggio ad altri storici di alcuni impegni di prestigio, (come
quello di responsabile delle celebrazioni del bicentenario del 1789), portò
ad una inevitabile crisi della egemonia della sua scuola storiografica. Un esempio
tangibile è fornito, nel volume, dal caso di Furet che compie una inversione
di percorso non solo accademica ma anche politica approdando nel giro di pochi
anni ad una posizione anticomunista che, secondo lautore, ruota attorno
al concetto, antilabroussiano per eccellenza, di autonomia del fatto politico
rispetto a quello economico e sociale.
La nuova svolta della storiografia operaia francese dipende in realtà
dallarrivo, dopo decenni di quasi impermeabilità agli stimoli esterni
e di ostinata resistenza intrisa di certo spirito nazionalista, dellinfluenza
della storiografia britannica. Basti pensare, e Ceamanos lo sottolinea convenientemente,
che la classica opera di Edward P. Thompson, The Making of the English Working
Class, fu tradotta in francese appena nel 1988, ben 25 anni dopo la sua prima
edizione inglese. Secondo Miguel Abensour tale grave ritardo si spiega con la
convergenza di una considerevole dose di provincialisme e della accanita difesa
di un monopolio ben consolidato. La scuola storiografica inglese, che ruotava
attorno al sofferto processo di costruzione della identità della classe
operaia, trovò anche in Francia sostenitori sempre più convinti
e convincenti. Essi affermarono la centralità della intenzionalità
nei comportamenti popolari e soprattutto nella definizione dellidentità
di classe che doveva molto a lo vivido en común (p. 149).
Come succede talvolta, il reietto divenne, nel giro di pochi anni, una sorta
di icona sacra e Thompson divenne oggetto di lodi agiografiche. Così
Patrick Friedenson pubblicò, nel 1994 poco dopo la morte dello storico
inglese, sulla rivista a lui più vicina Le Mouvement Social
questo epitaffio: Un géant de lhistorie sociale, un champion
du militantisme, un gran écrivain (p. 153).
9. Anche se non pare aver avuto conseguenze dirette sugli studi di storia del
movimento operaio, Ceamanos inserisce quale esperienza fondamentale, nella formazione
di unintera generazione, la partecipazione alla lotta contro la guerra
coloniale in Algeria che sconvolse la vita francese dal 1954 al 1962. In quel
contesto si radicalizzarono non pochi intellettuali in seguito alla delusione
per la linea adottata dai partiti di sinistra, giudicata troppo acquiescente
col mantenimento dellAlgeria francese. In particolare alcuni storici contemporaneisti,
come Pierre Vidal-Naquet e Madeleine Rebérioux (alla quale il giovane
storico spagnolo dedicò significative interviste) appoggiarono senza
remore la lotta degli indipendentisti algerini, in special modo denunciando
la tortura praticata dalle truppe francesi di occupazione. Non mancò
chi, in un impeto di solidarietà concreta e non solo propagandistica,
si compromise a fondo, fino a procurare armi al FLN algerino. Anche Jacques
Julliard, cristiano di sinistra, e René Gallissot, comunista, furono
in prima fila nella solidarietà con il movimento anticolonialista. Tra
laltro Gallissot, che aveva risieduto vari anni nel Maghreb contribuendo
alla formazione ideologica di molti giovani arabi, diresse, quasi a completare
sul piano scientifico il proprio impegno pratico, la compilazione del volume
del Dictionnaire Biografique du Mouvement Ouvrier International sul Marocco,
unestensione del maitroniano DBMOF che restò purtroppo incompleta
coprendo solo sei paesi. Come effetto di tipo generale e sul piano dei riferimenti
ideali, Ceamanos vede un importante cambiamento nellimmaginario utopico
rivoluzionario di chi si schierava con lanticolonialismo: i paesi sottosviluppati
stavano prendendo il posto della sempre più deludente Unione Sovietica.
Universalmente noto è limpatto culturale, in tutti gli ambiti,
costituito dal movimento esploso nel maggio 1968 con epicentro a Parigi. Anche
se, come rileva lo storico spagnolo, la durata delle agitazioni fu alquanto
ridotta (di sicuro meno che in altri paesi, ad esempio in Italia) si può
dire che luniversità, ma anche leducazione in generale e
i circoli intellettuali, dopo il 68 non furono più gli stessi.
Sul piano dei cambiamenti introdotti dal potere politico e accademico, quale
risposta alle istanze degli studenti, si riscontrano la rottura, o quantomeno
la crisi, delle baronie, la partecipazione studentesca alle scelte istituzionali,
lautonomia delle università e il sorgere di molti atenei provinciali
oltre che la frammentazione, in realtà già avviata, della gigantesca
e ingestibile Sorbona. Tutto questo allinterno della riscoperta della
funzione sociale degli atenei troppo a lungo chiusi in se stessi.
Nella storiografia si avviò un processo di rinnovamento analogo, e forse
più radicale; di fatto si fece sentire un terremoto che investì
le basi stesse del settore: metodologia, tematiche, organizzazione della ricerca
si rinnovarono mentre si ampliarono le fonti e si ruppero i limiti temporali
con lirruzione della storia del tempo presente. Ben mette
in evidenza Ceamanos il ruolo svolto in tale processo dalla rivista Le
Mouvement Social anche attraverso gli stretti contatti internazionali.
Un incontro del 1987 con le riviste italiane (Italia Contemporanea,
Memoria, Movimento Operaio e Socialista, Passato
e Presente) rappresentò la comune volontà di superare nelle
ricerche scientifiche le colonne dErcole del 1945, come affermò
Aldo Agosti (p. 186).
10. Varie tendenze già esistenti, come quella favorevole ad una maggiore
collaborazione con altre metodologie di indagine sociale (sociologiche, economiche
e linguistiche) trovarono un rinnovato impulso dalla spinta innovatrice della
fine degli anni Sessanta. In conseguenza gli studi sulla classe operaia finirono
per estendersi ad altre categorie di lavoratori subordinati superando un presunto
dogma marxista-leninista che vedeva nelloperaio, e specialmente della
grande fabbrica, il potenziale protagonista dellauspicata rivoluzione.
Vari sociologi invasero allora il campo tradizionale degli storici e, soprattutto
quelli attorno ad Alain Touraine, come Jean-Daniel Reynaud, riscoprirono la
dimensione storica della sociologia del lavoro quale scienza dellazione
sociale (p. 195). Touraine, che aveva vissuto con entusiasmo il maggio
del 1968, definendolo una forma di comunismo utopico, riesaminò la storia
del movimento operaio valorizzando in esso elementi prima trascurati come la
rivendicazione del diritto effettivo alla salute, alleducazione, alla
cultura e, dato estremamente soggettivo, al libero sviluppo della personalità
di ognuno e di tutti.
Malgrado la progressiva e tangibile crisi dellegemonia culturale marxista
negli anni Settanta, sostiene Ceamonos, e malgrado la crescente affermazione
dei paradigmi liberali in campo politico e intellettuale, identificati nelle
attività della Fondation Saint-Simon, la storia del movimento operaio
continuò ed anzi si rafforzò. Infatti giunsero sulla scena nuove
generazioni di ricercatori e si realizzarono importanti opere come la Histoire
général du socialisme(1972-1978), curata da Jacques Droz con la
collaborazione di una ventina di storici francesi per lo più affermati
docenti universitari. Tale elemento viene a confermare lavvenuta istituzionalizzazione
accademica della storia operaia, un obiettivo che sembrava molto difficile ancora
nei primi anni Sessanta. Daltra parte, ricorda lo storico spagnolo, alcune
commemorazioni, come quella del Centenario della Prima Internazionale, nel 1964,
avevano favorito, con la convergenza a Parigi di un centinaio di specialisti
provenienti da una ventina di paesi, un ricco dibattito e avevano dato maggior
visibilità al lavoro dei ricercatori francesi di storia operaia. Qualche
tempo più tardi, in occasione del Centenario della Comune di Parigi (1971),
riprese un serrato confronto di natura interpretativa: chi leggeva negli eventi
comunardi la chiusura del ciclo delle rivoluzioni plebee iniziate nel 1789 e
chi invece vi individuava la prima rivoluzione proletaria nel cui solco si iscriveva,
quanto meno, la rivoluzione sovietica del 1917. La polemica continuò
spostandosi sul significato storico del comunismo; da una parte gli storici
vicini ad istituzioni culturali legate al PCF, come lInstitut Maurice
Thorez, e dallaltra studiosi come la Kriegel e i suoi collaboratori si
confrontarono sul grado di autonomia del comunismo francese da quello russo.
11. Al di là dello scontro sul ruolo del comunismo, per Ceamanos, la
storia operaia francese risentì del declino della stessa classe operaia
che si realizzò in seguito alla ristrutturazione industriale con la chiusura
di numerose fabbriche e miniere. Inoltre il grado di sindacalizzazione dei lavoratori,
indice indiretto di una certa coscienza di classe, cadde a livelli minimi: dal
circa 40% degli anni Cinquanta, si giunse a meno del 18% negli anni Ottanta.
Sorse comunque una sensibilità nuova verso la conservazione delle strutture
produttive e vari storici, tra i quali Michelle Perrot, si batterono per salvare
il patrimonio edilizio e gli impianti di almeno una parte delle fabbriche della
Prima rivoluzione industriale dando vita ad una inedita istituzione di archeologia
industriale, gli ecomusées (p. 258). Parallelamente le ricerche
si diressero verso territori prima trascurati e si notò una considerevole
corrente verso lo studio delle culture operaie, partendo da aspetti un po
negletti come le letterature proletarie e il ruolo del cinema nella costruzione
della memoria e dellidentità di classe.
Altre tematiche prosperarono, a partire dagli anni Settanta e soprattutto Ottanta,
nello sviluppo di una storia sociale che si stava costruendo in collegamento
con i nuovi movimenti sociali (dal femminismo al pacifismo, dallecologismo
al regionalismo). Si avviarono nuove ricerche, ad esempio di Jeanne Gaillard,
sui luoghi tradizionali di aggregazione urbana (scuole, ospedali, centri di
ristoro e di socializzazione) che spesso avevano portato allintegrazione
dei flussi di emigrazione dalle campagne nel corso degli ultimi due secoli.
Inoltre si concretarono analisi storiche, come quelle di Yolande Cohen e Claudie
Weill, sul ruolo delle aggregazioni giovanili nei movimenti di opposizione e
di rivolta. Da parte loro, singoli studiosi si incaricarono di affrontare un
problema molto delicato e apparentemente risolto nella Francia unitaria e centralista,
quello delle autonomie regionali. Fu il caso di François Bédarida
che si confrontò proficuamente con linglese Eric J. Hobsbawn e
il catalano Josep Termes, impegnati nella ricerca delle radici popolari e progressiste
delle spinte autonomiste e indipendentiste in altre aree europee.
Il genere come categoria analitica è diventato, comè noto,
uno strumento di indagine storica e una caratteristica peculiare della histoire
de femmes che, rileva lo spagnolo, ha fatto i primi passi allinterno
della storia operaia, perlomeno in Francia, in quanto studio del lavoro e della
condizione femminile nelle famiglie operaie. Ricorda lo spagnolo che a partire
dal 1973, per iniziativa della Perrot, nelle università francesi iniziarono
seminari e corsi sulla storia al femminile. In breve queste iniziative
si affermarono e si moltiplicarono sia pure mantenendo dei centri propulsori
a Vincennes e a Paris VII-Jussieu.
Particolare interesse riveste la riflessione della Trempé, che lavorò
soprattutto a Tolosa e che riunì, già negli anni Settanta, molti
storici, sociologi, giuristi, sindacalisti e militanti per riflettere insieme
sulle difficoltà di conciliare militanza, testimonianze e obiettività,
o perlomeno, distanza critica dello storico. Ecco che il tema centrale di questo
analitico lavoro di Ceamanos ritorna, dopo un lungo itinerario fra scuole, leader
accademici, ideologie, opere monumentali e riviste prestigiose, nonché
polemiche e sorprendenti svolte personali, al punto centrale: la possibilità
e lutilità, di far convivere limpegno ideale e i limiti pratici
della militanza (sindacale, politica, movimentista) con il rigore dellanalisi
critica e lequilibrio di giudizio tipici della storiografia più
avveduta.