Uno degli archivi del Sant’Ufficio più noti in Italia è
senza dubbio quello dell’Inquisizione di Aquileia e Concordia, conservato
nell’Archivio Storico dell’Arcidiocesi di Udine, perché
contiene i processi che riguardano i benandanti e Domenico Scandella, detto
Menocchio, ma anche perché fu uno dei primi fondi inquisitoriali conservati
in archivi diocesani che venne aperto alla consultazione e perché fin
dal 1976-1978 ebbe un inventario moderno della serie processuale. Questo inventario,
curato dallo storico e direttore dell’Archivio arcivescovile don Luigi
De Biasio per conto del Centro di catalogazione della Regione autonoma Friuli
Venezia Giulia, fu messo a disposizione in forma di dattiloscritto in due
Quaderni del Centro di catalogazione, che sono da tempo esauriti e che si
sono rivelati molto utili per la conoscenza di questo fondo del Sant’Ufficio,
che è uno dei cinque complessi documentari organici consultabili in
Italia[1].
La rilevanza dell’archivio inquisitoriale udinese e la sua continua
consultazione hanno fatto prendere in considerazione negli anni scorsi l’opportunità
di immettere i dati dell’inventario in un software particolare, costruito
secondo le esigenze delle ricerche storiche attuali sull’Inquisizione
e le caratteristiche delle banche dati dei beni culturali organizzate da tempo
dal Centro di catalogazione friulano. La scelta è caduta su un certo
numero di dati delle schede cartacee elaborate da Luigi De Biasio e dalla
collaboratrice Maria Rosa Facile, con alcune correzioni effettuate da Mariangela
Sarra durante una tesi di laurea del 1986. L’operazione è stata
condotta di comune accordo tra il Centro di catalogazione e il Centro di ricerca
sull’Inquisizione dell’Università di Trieste e l’inventario
è ora consultabile in rete nel sito della Regione Friuli Venezia Giulia[2].
L’ulteriore sviluppo degli studi sull’Inquisizione in Italia ha
suggerito inoltre di pensare ad una revisione approfondita, condotta su basi
nuove, della vecchia inventariazione. Su sollecitazione di Pier Cesare Ioly
Zorattini, nel 2004 l’Istituto Pio Paschini di Udine ha avviato una
collaborazione formale con il Centro di ricerca sull’Inquisizione, l’Archivio
Storico dell’Arcidiocesi di Udine e il Centro di catalogazione della
Regione per costruire una banca dati vera e propria della serie processuale,
secondo un articolato numero di elementi fondamentali da controllare o da
raccogliere ex novo attraverso una lettura diretta dei fascicoli originali.
I collaboratori sono quattro e stanno lavorando secondo i criteri che verranno
esposti più avanti.
Contestualmente a questa iniziativa è stato formalizzato il “Progetto
per la descrizione degli archivi e della documentazione inquisitoriale in
Italia”, e questa occasione eccezionale di collaborazione tra archivisti
di Stato, storici universitari e la Congregazione per la dottrina della fede
ha suggerito di progettare un’operazione più ampia di inventariazione
di tutto il fondo udinese, non solo della serie processuale, tenendo conto
dell’esperienza maturata e delle tecniche adottate nell’inventariazione
informatizzata dei fondi dell’Archivio storico della stessa Congregazione.
Il piano per l’archivio dell’Inquisizione di Aquileia e Concordia
è stato quindi articolato in più fasi e c’è un’intesa
di fondo con la direzione dell’Archivio Storico dell’Arcidiocesi
di Udine. Il lavoro finanziato dall’Istituto Pio Paschini è diventato
quindi la prima fase del piano più ampio e il seguito verrà
deciso di comune accordo tra le istituzioni interessate.
L’archivio del Sant’Ufficio di Aquileia e Concordia è costituito da 98 buste, suddivisibili in alcune serie, oltre a quella dei processi già immediatamente identificabile e comprendente 57 buste, oltre la metà della documentazione. Il fondo è praticamente integro, non è organico all’archivio della Curia arcivescovile di Udine di cui ora fa parte, ma vi è stato portato prima della soppressione del convento di San Francesco interiore di Udine e annesso inquisitorato, stabilita con decreto vicereale del Regno d’Italia il 26 luglio 1806. Una breve storia interna dell’archivio mostra gli ordinamenti che ha subito e le vicende della conservazione dalla metà del Cinquecento ad oggi[3].
Scopo di questa prima fase è di costruire una banca dei dati giudiziari
più rilevanti della serie processuale, compresa nelle bb. 1-57. Il
lavoro parte dai dati dell’inventariazione fatta da Luigi De Biasio
per conto del Centro di catalogazione della Regione autonoma Friuli Venezia
Giulia negli anni 1976-1978 e si avvale di un software di rilevamento e gestione
dei dati messo a disposizione dallo stesso Centro di catalogazione, il “Sistema
per l’inventariazione dei processi”. I dati che vengono controllati
o immessi ex novo seguono le indicazioni emerse negli incontri annuali
avvenuti tra storici e archivisti negli anni novanta
[[4]] e in specifico sono, secondo
l’ordine di immissione nel programma:
Questi dati non sono solo funzionali ad un preciso inventario, ma permettono
l’analisi complessiva dell’attività processuale in modo
diverso, perché comprendono elementi giudiziari che non rientrano negli
scopi di un inventario archivistico. La difficoltà del loro reperimento
implica che i collaboratori non solo siano in grado di leggere le scritture,
ma abbiano anche conoscenze specialistiche di storia istituzionale dell’Inquisizione
e padroneggino le questioni procedurali e le competenze delittive.
Questa prima fase prevede inoltre la raccolta della bibliografia storica relativa
all’Inquisizione di Aquileia e Concordia e agli studi sul dissenso religioso
in Friuli. Questa bibliografia riguarda edizioni di fonti, studi, tesi di
laurea sull’Inquisizione e argomenti connessi, nell’ambito della
regione Friuli Venezia Giulia (nelle sue estensioni storiche), con riferimento
anche alla storiografia concernente la documentazione friulana, giuliana e
isontina conservata nell’archivio del Sant’Ufficio di Venezia.
Uno dei suoi scopi è quello di identificare i processi o parti di processo
editi sia in edizioni apposite che in studi e tesi di laurea, in modo da poterne
dare indicazione nella banca dati, con l’intenzione di rendere disponibili
le trascrizioni in un secondo momento, dopo aver ottenuto il consenso dell’autore.
Un’altra operazione collegata alla banca dati e che si sta valutando
è la riproduzione digitale dei singoli fascicoli, con lo scopo principale
di conservare una copia dei documenti per la salvaguardia di un archivio importantissimo
e molto ricco, che ha già subito nei secoli scorsi un forte deterioramento
delle carte contenute nelle prime otto buste, ora lodevolmente restaurate.
Per avere una banca dati di tutta l’attività giudiziaria dell’Inquisizione di Aquileia e Concordia e il quadro completo di tutti i fascicoli processuali, è indispensabile non fermarsi alla serie principale, ma procedere all’inventariazione delle sentenze (b. 58), riguardanti il solo Cinquecento, delle denunce (bb. 73-74) e della serie miscellanea (bb. 75-98). Le prime due serie infatti contengono materiale di tipo strettamente processuale e nelle buste miscellanee ci sono certamente alcuni fascicoli originali del Cinquecento che dovrebbero trovarsi nella serie principale, ma soprattutto non è mai stato fatto un controllo sistematico per identificare parti originali o copie di cause già comprese nella serie processuale oppure del tutto nuove per il Sei e Settecento.
Un’altra serie di cui si sta iniziando in Italia a fare l’edizione critica, basilare per lo studio del funzionamento istituzionale dell’Inquisizione, sono le lettere della Congregazione del Sant’Ufficio agli inquisitori locali. A Udine sono conservate nelle bb. 59-65, parzialmente nelle bb. 69, 86, 89 e anche in altre. Non comprendono solo quelle inviate dal cardinale segretario della Congregazione, ma c’è anche un copialettere parziale di quelle inviate da Udine a Roma. Preparare e pubblicare un’edizione critica delle lettere della Congregazione all’inquisitore di Aquileia e Concordia è un’operazione possibile, anche se lunga, impegnativa e costosa. Si può invece pensare ad una soluzione più pratica, breve e altrettanto utile e scientificamente corretta: una banca dati con alcuni elementi fondamentali (mittente, destinatario, luogo e data, gli argomenti e i personaggi trattati), con la riproduzione digitale del testo, che è scritto in modo facilmente leggibile. Un ottimo esempio di questa soluzione è l’edizione elettronica dell’epistolario di san Carlo Borromeo conservato presso la Biblioteca Ambrosiana di Milano, operazione in corso da qualche anno e i cui risultati si possono consultare in rete (per ora circa 20.000 lettere, la metà dell’epistolario).
Ultimo passaggio per avere l’inventariazione completa del fondo udinese del Sant’Officio è il controllo delle due serie rimanenti: carte contabili (bb. 66-68, parzialmente 69), libri di atti e decreti (bb. 70-72).
Come è risultato da recenti ricerche, altra documentazione concernente
l’attività del Sant’Ufficio è reperibile in altre
sedi di conservazione e la ricostruzione dell’attività di un
tribunale periferico non può prescindere da essa, se vuole darne un’immagine
attendibile e completa[5].
Una parte ulteriore del piano di lavoro si propone di raccogliere questi dati
e possibilmente di fare una ricerca sistematica negli archivi e biblioteche
viciniori. I ritrovamenti finora fatti riguardano le seguenti istituzioni:
Alcune carte pertinenti all’Inquisizione di Aquileia e Concordia si trovano sparse in altre parti dell’Archivio storico dell’Arcidiocesi di Udine perché lì collocate all’origine, come nella serie Acta, o sistemate per motivi contingenti, quale il fascicolo n. 721 conservato nel fondo Manoscritti speciali (ex fondo Vale).
Nella diocesi di Concordia era situata la seconda sede principale dell’Inquisizione di Aquileia e Concordia. Nell’Archivio storico diocesano si trovano alcuni fascicoli che sono frammenti della documentazione tenuta dall’inquisitore a Concordia e poi a Portogruaro nel convento di San Francesco, oltre a processi per materie di competenza inquisitoriale tenuti dal vescovo di Concordia e conservati nella serie criminale.
Nel patriarcato di Aquileia l’Inquisizione aveva la sede principale a Udine e una sede co-principale a Cividale nel convento di San Francesco, con una diversa composizione del tribunale per i giudici, gli assistenti e il personale. Nell’Archivio Magnifica Comunità è stata rintracciata documentazione inquisitoriale dal 1557 al 1559 (Miscellanee e documenti scelti, b. 15, fasc. 4 “Processi per eresia”: lettere del provveditore di Cividale riguardanti i processi per eresia di tali anni) e così in due parti dell’Archivio Capitolo (Definitiones capitolari, reg. 279a; Varie, b. 61).
Fascicoli originali e in copia dell’Inquisizione aquileiese e concordiese
si trovano nel fondo Santo Uffizio: l’Inquisizione di Venezia aveva
infatti competenza su tutto il territorio della Repubblica e svolgeva funzioni
di controllo centrale per ordine del Consiglio dei dieci e, dalla fine del Cinquecento,
del Senato. Una ricerca da tempo in corso ha identificato tali documenti, compresi
processi avviati direttamente a Venezia contro imputati residenti nel patriarcato
di Aquileia e nella diocesi di Concordia, dal 1543 al 1580 circa. Di questi
documenti esiste una copia in microfilm per uso di studio, facilmente trasformabile
in riproduzione digitale. Si tratterebbe di riprendere e completare il controllo
dei fascicoli attribuiti ad abitanti delle due diocesi nell’indice 303
(Santo Ufficio) per il resto del Cinquecento e i due secoli seguenti. Se ci
fosse un’inventariazione del fondo veneziano condotta con i criteri attuali,
probabilmente comparirebbero altri fascicoli su abitanti delle due diocesi attualmente
non identificati.
Altra documentazione concernente l’attività dell’Inquisizione
in Friuli, come di tutte le sedi situate nella Repubblica di Venezia, si trova
negli archivi delle magistrature statali, in particolare:
Da un primo sopralluogo risulta che nell’archivio Sanctum Officium sono conservate le lettere spedite dagli inquisitori di Aquileia e Concordia
alla Congregazione del Sant’Ufficio dal 22 agosto 1706 al 15 ottobre 1799,
senza un preciso ordine cronologico (ACDF, Sanctum Officium, St. St.,
GG 4-f, “Inquisizione di Udine, 1706-1797”). Ricerche più
approfondite, soprattutto attraverso il nuovo inventario informatizzato, reperiranno
sicuramente ulteriore documentazione riguardante il territorio delle due diocesi
soggette all’inquisitore, che nel Settecento si chiama ormai di Udine.
[1] Cfr. C. GINZBURG, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Torino, Einaudi, 1966; ID., Il formaggio e i vermi. Il cosmo di un mugnaio del ’500, Torino, Einaudi, 1976; 1000 processi dell’Inquisizione in Friuli (1551-1647), e I processi dell’Inquisizione in Friuli dal 1648 al 1798, a cura di L. DE BIASIO, Villa Manin di Passariano, Centro regionale di catalogazione dei beni culturali, 1976-1978.
[2] Cfr. M. SARRA, Distribuzione statistica dei dati processuali dell’Inquisizione in Friuli dal 1557 al 1786. Tecniche di ricerca e risultati, «Metodi e ricerche», n.s., VII, n. 1, 1988, pp. 5-31; per consultare l’inventario in linea aprire la pagina http://beniculturali.regione.fvg.it/VillaManin/Default.asp poi le voci Catalogazione, Ricerca per tipologia (scegliere tra ricerca approfondita e ricerca generale), infine: Processi Inquisizione.
[3] Cfr. A. DEL COL, L’inventariazione degli atti processuali dell’Inquisizione romana, in L’Inquisizione romana in Italia nell’età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del seminario internazionale, Trieste, 18-20 maggio 1988, a cura di A. DEL COL e G. PAOLIN, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991, pp. 87-116.
[4] Cfr. A. DEL COL, Strumenti di ricerca per le fonti inquisitoriali in Italia in età moderna, «Società e Storia», 75, 1997, pp. 143-167, 417-424.
[5] Cfr. A. DEL COL, L’Inquisizione nel patriarcato e diocesi di Aquileia, 1557-1559, prefazione di A. JACOBSON SCHUTTE, Trieste - Montereale Valcellina, Edizioni Università di Trieste - Centro Studi Storici Menocchio, 1998.