Il censimento della documentazione inquisitoriale riguardante l’Italia

Francesca Cavazzana Romanelli
Università di Trieste

Itinerari storiografici e domanda di conoscenza archivistica

1. L’esigenza di disporre di strumenti conoscitivi pertinenti e aggiornati a proposito dell’esistenza e dell’ubicazione della documentazione archivistica attinente l’Inquisizione in Italia ha preso figura, all’incirca nell’ultimo ventennio, lungo itinerari molteplici e diversificati, in concomitanza con alcune occasioni forti e significative di riflessione storiografica.
Una storiografia, quella sull’Inquisizione romana – come è stato in più occasioni ricordato – che ha conosciuto negli ultimi decenni nuovi impulsi e orientamenti e che si è aperta a nuovi settori di ricerca, estendendo le sue indagini dalla storia della Riforma e del dissenso religioso, della censura, di singole figure di celebri inquisiti quali Galilei e Bruno, alla storia della cultura popolare, della magia e della stregoneria, ai casi di santità spontanea o simulata, fino alle storie delle minoranze ebree e musulmane. Le indagini di storia dell’Inquisizione romana hanno sconfinato dall’ambito della storia strettamente ecclesiastica per ampliarsi alla storia delle procedure giudiziarie negli antichi regimi e alla più generale storia della cultura e della società, contribuendo in tal modo a superare visioni esclusivamente critiche o apologetiche dell’Inquisizione stessa (la leggenda nera e una incipiente leggenda rosa)[1]. Si sono inoltre avviati studi di storia istituzionale e nel lungo periodo. Le occasioni di confronto e di dibattito metodologico sulle fonti si sono moltiplicate, dando vita a convegni internazionali a Trieste (1988), Roma (1999), Montereale Valcellina (1999), Roma (2001 e 2003)[2].
Alcuni iniziali censimenti delle fonti inquisitoriali sono precocemente apparsi dunque in concomitanza con tali momenti: per la verità, come spesso accade in diversi settori della ricerca, per iniziativa di storici e studiosi più che di archivisti. Il primo elenco degli archivi di età moderna fu stilato già nel 1973 da John Tedeschi in calce al suo testo su La dispersione degli archivi dell’Inquisizione romana sulla «Rivista di storia e letteratura religiosa»[3]. Un successivo, più ampio sommario, pubblicato da Silvana Seidel Menchi e Andrea Del Col nel 1988 e ripreso dalla prima negli atti del Convegno di Trieste del 1991, comprende una ventina di fondi con una breve descrizione del loro contenuto[4]. Altri dati furono successivamente raccolti fra 1989 e 1996 da un gruppo di lavoro di storici e archivisti, facente capo all’Università di Trieste e successivamente anche all’Università di Pisa, nell’ambito del Progetto di ricerca di rilevante interesse nazionale diretto da Adriano Prosperi. Negli incontri e seminari di tale gruppo si mantenne vivo non solo lo spirito di collaborazione fra le diverse sensibilità ed esperienze professionali, ma pure il dibattito sulle modalità della rilevazione dei fondi, proponendo alcuni standard descrittivi non solo per il censimento degli archivi, ma pure per descrizioni di maggiore dettaglio quali l’inventariazione dei processi, la catalogazione delle lettere dell’Inquisizione e delle decisioni delle autorità statali, la prosopografia dei giudici di fede[5].

2. L’apertura infine dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1998 ha rappresentato un momento forte di tale processo[6], così come sono stati altamente significativi il simposio internazionale sull’Inquisizione organizzato in Vaticano nel 1998 dalla commissione storico-teologica del Grande Giubileo del 2000 e altre iniziative di origine ecclesiastica, quali i seminari internazionali realizzati dall’Istituto storico domenicano sui rapporti dell’Ordine con l’Inquisizione medievale (2002) e con le Inquisizioni iberiche (2004)[7].
Lo stesso Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede si è fatto autonomamente promotore a partire dal 2003 di un’indagine presso le diocesi italiane a proposito dei fondi inquisitoriali, estendentesi pure a documentazione comunque attinente l’attività del Sant’Ufficio presso i tribunali periferici.
In seguito agli orientamenti della Santa Sede volti a promuovere la cultura storica e a valorizzare i beni archivistici ecclesiastici nei loro risvolti scientifici, teologici e pastorali, ai paralleli orientamenti in materia della Conferenza Episcopale Italiana, e al nuovo quadro di collaborazione fra Stato e Chiesa instauratosi con le Intese sui beni culturali e su quelli archivistici in particolare[8], sempre più numerosi Archivi diocesani, con il sostegno e la sollecitazione dei rispettivi ordinari, hanno intensificato le attività di ordinamento e di inventariazione dei fondi, e la loro messa a disposizione degli studiosi[9].
La Direzione generale per gli Archivi per sua parte, che già aveva dimostrato forte interesse per le problematiche delle fonti inquisitoriali pubblicando nelle sue collane gli atti del seminario internazionale sull’Inquisizione tenutosi a Trieste nel 1988 e istituendo nel 1991 con apposito decreto un gruppo di lavoro incaricato di coordinare un censimento di tale documentazione presso gli Archivi di Stato italiani – censimento che ha prodotto alcuni frutti già disponibili -, ha contribuito, a seguito dell’Intesa del 5 dicembre 2002 con la stessa Congregazione, a sostenere l’inventariazione dei fondi storici conservati presso l’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede.
In aggiunta a tali nuovi orientamenti e attività culturali, e nel solco di una tradizione non breve di collaborazione attorno agli archivi inquisitoriali fra mondo dell’Università e della ricerca, archivi ecclesiastici – in primis l’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede – e Amministrazione archivistica statale, si è riproposta dunque, sia fra studiosi e ricercatori che fra archivisti, l’esigenza di conoscere in termini il più possibile esaurienti e precisi il panorama complessivo delle fonti disponibili, di delineare i tratti e i confini di questa mappa degli archivi e della documentazione inquisitoriale in Italia, specificandone localizzazione, natura, caratteristiche, strumenti e modi di consultabilità, sia a livello centrale che nelle molteplici sedi di conservazione sull’intero territorio italiano - ma anche nei casi che si diranno più oltre all’estero -, e accompagnando tali dati primari con altre informazioni storico scientifiche che delle rilevazioni archivistiche costituiscano adeguato contesto culturale.

Il censimento degli archivi e della documentazione inquisitoriale in Italia. Il profilo e gli ambiti del progetto

3. Itinerari, aspettative e realizzazioni di tal genere sono dunque oggi raccolti e rilanciati dal Progetto per il censimento degli archivi e della documentazione inquisitoriale in Italia, promosso e condotto dai soggetti che più in passato si sono impegnati sul tali fronti di indagine: la Congregazione per la Dottrina della Fede, il Ministero per i beni e le attività culturali – Direzione generale per gli Archivi e il Centro di ricerca sull’Inquisizione dell’Università degli Studi di Trieste. I rapporti fra tali Istituti nella gestione dell’iniziativa e nell’utilizzo dei suoi esiti sono regolati, come è già stato ricordato, da apposito accordo firmato il 9 novembre 2004, come sviluppo dell’Intesa del 5 dicembre 2002 tra il Ministero per i beni e le attività culturali e la Congregazione per la Dottrina della Fede[10].
Quali gli ambiti innanzitutto di tale censimento? La situazione italiana si presenta, come è noto, sia dal punto di vista istituzionale che da quello documentario, di particolare ricchezza e complessità. Gli inquisitori furono attivi nel medioevo, ed in età moderna operarono non solo il Sant’Ufficio romano, ma anche quello spagnolo e alcuni tribunali statali. Constatata l’opportunità di un’indagine ampia ed accurata dei fondi e della documentazione inquisitoriale riguardante l’Italia, il censimento intende rivolgersi innanzitutto al patrimonio archivistico dell’Inquisizione romana, il più vasto e maggiormente studiato, con attenzione preminente agli archivi dei suoi tribunali periferici, compresi quelli dei tribunali vescovili. I vescovi furono infatti giudici di fede competenti e attivi come gli inquisitori nel Sant’Ufficio romano e lo furono in modo pressoché esclusivo nel Viceregno di Napoli.
L’ambito di rilevazione italiano non ci deve tuttavia far dimenticare la documentazione dell’Inquisizione spagnola attiva in Sicilia e Sardegna, e i relativi settori di fondi nell’archivio centrale della Suprema, conservato nell’Archivo Histórico Nacional di Madrid: un archivio ben noto agli studiosi del settore e fornito di aggiornati strumenti di ricerca. Un altro cruciale segmento della rilevazione riguarda la documentazione prodotta dai giudici di fede attivi nel periodo medievale: materiali le cui ubicazioni archivistiche e le cui caratteristiche documentarie sono oggetto fin da ora di attenti studi e che attendono infine un censimento e una rassegna sistematica. Un ulteriore, distinto settore del censimento potrebbe infine riguardare, giusta i più recenti indirizzi storiografici, le carte prodotte dai tribunali secolari con competenza sui delitti contro la fede.
Quanto ai fondi conservati presso l’Archivio storico della Congregazione per la Dottrina della Fede, sono già oggetto, come è noto e come è stato ricordato oggi stesso, di una analitica inventariazione: che si studierà come raccordare, quantomeno per le descrizioni più generali, con il presente censimento, ed entro il quale si intenderebbe comunque far confluire notizia della documentazione spettante alle due Congregazioni dell’Inquisizione e dell’Indice dei libri proibiti conservata fuori dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede, come ad esempio nella Biblioteca del Trinity College di Dublino, nell’Archivio Segreto Vaticano, nella Biblioteca Casanatense.
Quanto alle sedi di conservazione degli archivi inquisitoriali e di altra documentazione connessa all’attività di controllo e repressione dei delitti contro la fede, si dispone fin d’ora di un elenco assai ampio delle stesse, che è destinato certamente ad allungarsi nel corso del censimento, specie qualora si indaghi in modo mirato attorno a quelle situazioni in cui le notizie storiche circa l’esistenza di una sede inquisitoriale non sono accompagnate – allo stato attuale delle conoscenze – da indicazioni dell’esistenza di archivi o di documentazione sporadica.

Il censimento degli archivi e della documentazione inquisitoriale in Italia. I criteri e modalità della rilevazione, le prospettive di diffusione e valorizzazione

4. La notevole articolazione intrinseca dei fondi inquisitoriali, la loro appartenenza a complessi archivistici differenti secondo modelli di strutturazione e di aggregazione variati, la complessità degli itinerari della traditio documentaria e la conseguente disseminazione delle carte nelle più diverse sedi di conservazione, richiedono l’adozione di un adeguato modello concettuale di rappresentazione e di descrizione dei fondi, che dia ragione in particolare dei rapporti plurimi – del genere molti a molti – intercorrenti fra i complessi documentari stessi, gli enti che li hanno prodotti, gli istituti che li conservano.
Un modello di tale natura, sulla scorta di quanto maturato dal più aggiornato dibattito internazionale sugli standard descrittivi e sui sistemi informativi archivistici, è quello proposto, fra gli altri, dal Sistema informativo unificato delle Soprintendenze archivistiche (SIUSA), realizzato dal Servizio III della Direzione generale degli archivi e dal Centro ricerche informatiche per i beni culturali della Scuola Normale Superiore di Pisa. A tale sistema informativo relazionale, che si prefigura come particolarmente adatto pure per censimenti tematici, il Progetto intende ricorrere per la rilevazione dei dati.
La rilevazione riguarderà, attraverso schede distinte e tuttavia fra loro collegate, dal tracciato già predisposto e sperimentato, con descrizioni specifiche per i complessi archivistici e le loro eventuali scansioni in più partizioni, per le sedi di conservazione dei fondi, per i profili storico-istituzionali dei soggetti che hanno prodotto le carte, enti o persone che fossero. Ad esse saranno aggiunte indicazioni sussidiarie, ma non meno determinanti ai fini del profilo culturale del Progetto, quali la natura generale delle tipologie documentarie, la presenza di strumenti di ricerca antichi o moderni, la bibliografia e altre informazioni di lavoro. Appositi link collegheranno fra loro in modo ipertestuale tali dati, e provvederanno a collegare a punti specifici del censimento eventuali risorse informative più dettagliate, quali inventari analitici dei fondi o banche dati dei processi residenti fuori del sistema.

5. La presentazione di un prototipo sperimentale messo a punto per l’avvio del progetto su un campione significativo di dati udinesi e veneziani, disponibile all’indirizzo http://siusa.signum.sns.it/su, potrà dare un’idea dell’efficacia informativa e contemporaneamente dello spessore culturale della rilevazione.
Dal punto di vista dell’attuazione operativa del progetto è prevista, grazie all’attività di un apposito Comitato esecutivo, la verifica dei dati già disponibili, l’individuazione dei canali per l’affluenza di ulteriori informazioni, sia sollecitando la collaborazione di studiosi, ricercatori e archivisti, sia organizzando, se necessario, uno staff apposito di rilevatori, da preparare con opportuni momenti di formazione.
Una volta inseriti nel sistema informativo e opportunamente vagliati, i dati – consultabili on-line già nel corso della rilevazione – verranno messi a disposizione degli enti promotori del progetto, degli istituti che conservano la documentazione e della comunità scientifica, secondo i termini individuati nell’accordo.
Sono già fin d’ora immaginabili le molteplici forme di pubblicazione dei risultati del censimento, dalla consultabilità in rete a quella tradizionale a stampa e all’edizione elettronica in CD-Rom, secondo intese preventive fra gli enti titolari del progetto e gli istituti detentori dei beni archivistici censiti.
Alcuni segnali ci pare possano pervenire, infine, da un censimento delle fonti inquisitoriali quale quello fin qui tratteggiato: non solo a proposito di una rinnovata campagna di raccolta di dati e segnature archivistiche che possa disporre delle più aggiornate impostazioni e tecnologie proprie degli odierni sistemi informativi archivistici, ma innanzitutto con riferimento a quella progettualità culturale condivisa che costituisce il primo frutto dell’accordo sul tema fra le tre istituzioni – Congregazione per la dottrina della fede, Direzione generale per gli archivi, Centro di ricerca sull’Inquisizione dell’Università di Trieste –, ognuna forte delle proprie specificità, della propria storia, del proprio patrimonio di professionalità e di relazioni.
Un progetto come questo, da realizzarsi su fondi e documentazione tanto preziosa per la ricerca quanto archivisticamente e storiograficamente complessa, bisognosa di approcci fra i più raffinati quanto ad esegesi ed ermeneutica delle fonti, non potrà che giovarsi della collaborazione istituzionale e scientifica fra tali realtà, e delle sinergie che – ci si augura – ne emergeranno.

Note

[1] La rassegna storiografica più recente e generale è quella di J.-P. DEDIEU et R. MILLAR CARVACHO, Entre histoire et mémoire. L’Inquisition à l’époque moderne: dix ans d’historiographie, «Annales HSS», 57, 2002, pp. 349-372. Un quadro degli studi sull’Inquisizione romana alla fine degli anni ’80 si può vedere in L’Inquisizione romana in Italia nell’età moderna, in particolare nell’introduzione e nel contributo di S. SEIDEL MENCHI. Una prima analisi complessiva di storia della storiografia si trova in A. DEL COL, Osservazioni preliminari sulla storiografia dell’Inquisizione romana, in Identità italiana e cattolicesimo. Una prospettiva storica, Atti del Convegno internazionale, Bergamo, 11-12 ottobre 2001, a cura di C. MOZZARELLI, Roma, Carocci, 2003, pp. 75-137.

[2] Cfr. L’Inquisizione romana in Italia nell’età moderna. Archivi, problemi di metodo e nuove ricerche, Atti del seminario internazionale, Trieste, 18-20 maggio 1988, a cura di A. DEL COL e G. PAOLIN, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1991; L’Inquisizione e gli storici: un cantiere aperto. Tavola rotonda nell’ambito della Conferenza annuale della ricerca (Roma, 24-25 giugno 1999), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2000; L’Inquisizione romana: metodologia delle fonti e storia istituzionale. Atti del Seminario internazionale, Montereale Valcellina, 23-24 settembre 1999, a cura di A. DEL COL e G. PAOLIN, Trieste - Montereale Valcellina, Edizioni Università di Trieste - Circolo Culturale Menocchio, 2000; Le Inquisizioni cristiane e gli ebrei. Tavola rotonda nell’ambito della Conferenza annuale della ricerca (Roma, 20-21 dicembre 2001), Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 2003. Gli atti dell’ultimo convegno organizzato dall’Accademia dei Lincei «I primi Lincei e il Sant’Uffizio: questioni di scienza e di fede» (12-13 giugno 2003) sono in corso di stampa.

[3] J. TEDESCHI, La dispersione degli archivi dell’Inquisizione romana, «Rivista di storia e letteratura religiosa», IX (1973), pp. 298-312, ripubblicato con il titolo The Dispersed Archives of the Roman Inquisition, in The Inquisition in Early Modern Europe. Studies on Sources and Methods, edited by G. HENNINGSEN and J. TEDESCHI, in Association with C. AMIEL, DeKalb, Ill., Northern Illinois University Press, 1986, pp. 13-32, 28-29.

[4] A. DEL COL e S. SEIDEL MENCHI, L’Inquisizione romana, «Schifanoia», 6, 1988, pp. 210-213; S. SEIDEL MENCHI, I tribunali dell’Inquisizione in Italia: le tappe dell’esplorazione documentaria, in L’Inquisizione romana in Italia nell’età moderna cit., pp. 80-85.

[5] A. DEL COL, Strumenti di ricerca per le fonti inquisitoriali in Italia in età moderna, «Società e Storia», 75, 1997, pp. 143-167, 417-424.

[6] L’apertura degli archivi del Sant’Uffizio romano, Roma, 22 gennaio 1998, Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1998.

[7] L’Inquisizione. Atti del Simposio internazionale, Città del Vaticano, 29-31 ottobre 1998, a cura di A. BORROMEO, Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2003 [ma 2004]; Praedicatores, Inquisitores I: The Dominicans and the Mediaeval Inquisition, Acts of the 1st International Seminar on the Dominicans and the Inquisition, Rome, 23-25 February 2002, edited by W. HOYER O.P., Romae, Institutum Historicum Fratrum Praedicatorum, 2004. Gli atti del seminario «Los Dominicos y la Inquisición en España, Portugal y América», tenutosi a Siviglia, 3-6 marzo 2004, sono in preparazione.

[8] Cfr. Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa, La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici. Lettera circolare 2 febbraio 1997, Città del Vaticano, 1997; CEI, I beni culturali della Chiesa in Italia. Orientamenti, 9 dicembre 1992; Intesa tra il Ministero per i beni culturali e ambientali e il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana relativa alla conservazione e consultazione degli archivi d’interesse storico e delle biblioteche degli enti e istituzioni ecclesiastiche, 18 aprile 2000.

[9] F. CAVAZZANA ROMANELLI, Gli archivi ecclesiastici come centri culturali, in “Archiva Ecclesiae”, 45-46 (22002-2003) (Atti del XXI Congresso dell’Associazione Archivistica Ecclesiastica “La formazione degli archivisti ecclesiastici per la memoria ecclesiale del territorio”, Trento, 16-20 settembre 2002), pp. 117-135.

[10] La Direzione scientifica del Progetto è costituita da. M. G. PASTURA (direttore del Servizio III, Archivi non statali – Direzione generale per gli Archivi), da mons. A. CIFRES (direttore dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede) e dal prof. A. DEL COL (condirettore del Centro di ricerca sull’Inquisizione). Il Comitato scientifico del Progetto è presieduto da J. TEDESCHI (University of Wisconsin, Madison) ed è composto da A. BERNAL PALACIOS O.P. (presidente dell’Istituto storico domenicano; Facultad de Teología San Vicente Ferrer, Valencia; Pontificia Università San Tommaso d’Aquino, Roma), A. BORROMEO (Università La Sapienza di Roma; Pontificio Comitato di scienze storiche; Real Academia de la Historia; Academia Portuguesa da História), B. COLAROSSI (Soprintendenza archivistica per il Lazio; coordinatrice del Servizio per la gestione documentale ed il sistema archivistico, Ufficio del Segretario Generale, Presidenza del Consiglio dei Ministri), J.-P. DEDIEU (direttore della Maison des Pays Ibériques - CNRS, Université de Bordeaux III), I. FOSI (Università di Chieti), M. FIRPO (Università di Torino; Deputazione subalpina di storia patria), C. GINZBURG (University of California, Los Angeles; Università di Siena), P. HORSMAN (Archiefschool, Amsterdam), G. G. MERLO (Università di Milano; presidente della Società internazionale di studi francescani; Deputazione subalpina di storia patria), M. PROCACCIA (Direzione generale per gli Archivi, Ministero per i beni e le attività culturali), A. PROSPERI (Scuola Normale Superiore di Pisa; Accademia nazionale dei Lincei), S. SEIDEL MENCHI (Università di Pisa; presidente del Comitato scientifico dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede), S. VITALI (Archivio di Stato di Firenze; presidente del Committee on Descriptive Standards, International Council on Archives). Per la realizzazione operativa la Direzione scientifica si avvale di un Comitato esecutivo composto da F. CAVAZZANA ROMANELLI (Direzione generale per gli Archivi; Università di Trieste), G. PAOLIN (Università di Trieste; condirettore del Centro di ricerca sull’Inquisizione), M. PIZZO (coordinatore dell’inventariazione dell’Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede; curatore del Museo Centrale del Risorgimento di Roma – Vittoriano; direttore dell’Archivio Storico Odescalchi).