1. In questo volume sono pubblicati i contributi presentati
in occasione del Convegno internazionale di studi «Le problème
de l’altérité dans la culture européenne aux XVIIIe
et XIXe siècles: anthropologie, politique et religion», svoltosi
a Trieste, Dipartimento di Storia e Storia dell’Arte, dal 23 al 25 settembre
2004. Si tratta di una iniziativa nata nell’ambito del progetto MIUR-Cofin
2002, «Diversità e tolleranza nella cultura storico-politica europea
del XVIII secolo», coordinato presso l’Università di Trieste
da Guido Abbattista e facente parte del progetto nazionale «Studi e testi
per la storia della tolleranza in Europa nei secoli XVI-XVIII», coordinato
da Antonio Rotondò presso l’Università di Firenze.
Il convegno costituisce inoltre il proseguimento di una linea di ricerca che
è andata evolvendosi nel quadro di precedenti progetti, quali, in particolare,
il MIUR-Cofin 2000, «La riflessione sulle ‘diversità’
nella cultura storico-politica dell’età dei Lumi», coordinato
da Rolando Minuti presso l’Università di Firenze nell’ambito
del progetto nazionale «La cultura dell’Illuminismo europeo»
diretto da Vincenzo Ferrone. Un progetto che, a sua volta, aveva avuto come
risultato conclusivo il convegno intitolato « The Problem of Human Diversity
in the European Cultural Experience of the Eighteenth Century», svoltosi
a Trieste il 14 e 15 febbraio 2002 con la partecipazione di un gruppo di studiosi
europei che in seguito hanno continuato ad operare in collaborazione con il
gruppo di ricerca italiano.
L’esperienza maturata nell’ambito di queste iniziative ha pertanto
consentito di stabilire una forte continuità di interessi e di discussioni,
che il PRIN 2004, «La cultura europea e il problema dell’alterità:
storiografia, politica e scienze dell’uomo in età moderna (XVI-XIX
sec.)», coordinato a livello nazionale da Girolamo Imbruglia, ha permesso
di consolidare in maniera significativa, ponendosi alla base di possibili
ulteriori sviluppi. Espressione che riteniamo particolarmente rilevante di
questa continuità di interessi e di ricerche è stata la volontà
di dar vita ad un progetto editoriale che costituisse un punto di riferimento
privilegiato per l’attività scientifica di un gruppo di ricerca
che si è ampliato ed articolato nel corso degli anni, ossia l’inaugurazione
di una collana di studi e ricerche dal titolo «Identità e alterità
nell’Europa moderna. Ricerche e documenti di storia della cultura»,
che è stata possibile grazie all’interesse e alla sensibilità
culturale delle edizioni Bibliopolis e di cui il presente volume costituisce
il primo risultato.
2. ‘Identità e ‘alterità’ esprimono
i due principali poli concettuali di una tensione culturale che riteniamo
fondamentale nella storia dell’intera età moderna, e le cui complesse
articolazioni – dai conflitti politico-religiosi e dal dibattito filosofico
cinquecentesco, alle tensioni di quella che Paul Hazard definì magistralmente
come età della ‘crisi della coscienza europea’, ai problemi
del rapporto tra civiltà europea e civiltà ‘altre’
che risultano centrali nella cultura settecentesca e ottocentesca –
hanno una diretta connessione con i problemi, talora drammatici, che la realtà
contemporanea propone, consentendo di dipanarne in modo critico la stratificazione
e lo sviluppo. All’esplorazione di questo territorio problematico estremamente
vasto, ma allo stesso tempo particolarmente affascinante e ricco di implicazioni
civili oltre che strettamente storiografiche o filosofiche, abbiamo inteso
pertanto dedicare un’attenzione privilegiata, attraverso ricerche ed
esplorazioni puntuali e riflessioni complessive che nella cornice concettuale
definita dai termini sopra indicati intendono trovare la propria complementarietà
ed armonia.
Proprio l’attenzione ai termini della complessità nello sviluppo
storico del dibattito su ‘identità’ e ‘alterità’
consente di non limitare l’attenzione alla genesi e allo sviluppo degli
stereotipi di lettura nell’osservazione della diversità culturale,
sociale, religiosa, e di ampliare pertanto l’ambito di studio rispetto
a quanto, ad esempio, l’ ‘orientalismo’ illustrato da Edward
Said, o l’ ‘occidentalismo’ messo più recentemente
in luce da Ian Buruma e Avishai Margalit, ci permettono di vedere.
Se queste categorie hanno indubbiamente assunto un ruolo di grande importanza
nei rapporti tra culture diverse, e se il ruolo degli stereotipi assume una
rilevanza fortemente pervasiva soprattutto in termini di cultura collettiva,
occorre infatti porre adeguatamente in risalto come la cultura europea, nel
confrontarsi con realtà storico-civili non europee, si sia faticosamente
cimentata nella produzione di strumenti in grado di concettualizzare la diversità
non esclusivamente in termini di antitesi assoluta, né di rifiuto radicale
di un’’alterità’ negativa, intesa come negazione
completa dell’essenza di una ‘modernità’ indebitamente
appiattita sull’Occidente europeo.
Ci appare in altri termini importante mettere in rilievo le forme in cui andò
sviluppandosi – con risultati certamente diversificati e talora contraddittori
– il tentativo di comprendere l’’altro’ attraverso
gli strumenti dell’erudizione, della filologia, della ricerca storica
e filosofica, cercando di elaborare un quadro aperto alla comprensione della
varietà delle forme della vita sociale e culturale e volto all’elaborazione
di strumenti analitici di applicazione universale. Nonostante il giudizio
di valore sulle premesse e sull’esito di quella che ci appare come una
delle grandi sfide della cultura europea dell’età moderna, e
nonostante la legittima valutazione che questa sfida possa non essersi tradotta
in un successo – di fronte al prevalere di stereotipi di lettura orientati
alla liquidazione dell’‘altro da sé’ non solo come
diverso, ma come specificamente ‘inferiore’ perché fuori
della civiltà – , il riconoscimento della sua esistenza e l’esplorazione
di tutte le sue complesse articolazioni si presentano come aspetti di grande
rilevanza nello sviluppo plurisecolare dell’identità europea.
A questa linea di riflessioni si richiamano le ricerche ed i contributi degli
autori, di diversa formazione ed appartenenti a vari settori della ricerca
internazionale sulla storia della cultura, che hanno collaborato a questo
volume e che da tempo sono coinvolti nei progetti menzionati.
3. È evidente come molteplici grandi aree tematiche e
fondamentali problemi della storia dell’età moderna emergano
direttamente da questo campo d’indagine. Nel corso del nostro lavoro
abbiamo sintetizzato le prime sia col termine generale di ‘cultura’
sia con l’indicazione, solo di poco più mirata, di ‘cultura
storico-politica’, poi ampliata ad inglobare ‘antropologia, politica
e religione’, considerati come quei campi del sapere che maggiormente
hanno dovuto misurarsi con la questione teorica e pratica della diversità.
Quanto ai problemi, è immediato ed intuitivo il rimando ad aspetti
centrali nella storia della cultura europea moderna, con tutte le loro implicazioni
di carattere anche politico e la loro connessione con tematiche particolarmente
complesse e delicate della nostra stessa contemporaneità: la nascita
del sapere antropologico moderno, la razza ed il razzismo, il colonialismo
e l’imperialismo, l’evangelizzazione, la schiavitù, la
tolleranza. Temi già variamente presenti nella prima serie di contributi
pubblicati all’interno di «Studi settecenteschi», n. 21 (2001)
col titolo «The Problem of Human Diversity in the European Cultural Experience
of the Eighteenth Century», e di cui la presente raccolta costituisce
l’ideale prosecuzione.
Il modo in cui si è cercato di far convergere punti di vista ed impostazioni
di lavoro diverse, in certo senso applicando anche al nostro modo di lavorare
e di confrontarci il rispetto della diversità che ha ispirato il nostro
percorso di studio, è stato quello definibile con il termine di ‘interdisciplinarietà’.
Nel caso presente, come testimonia la composizione del nostro gruppo di lavoro,
questo ha significato dar voce a specialisti di storia del pensiero e delle
ideologie politiche, di storia delle idee, di storia della filosofia e del
pensiero scientifico, di storia della letteratura, di storia della cultura
religiosa. La medesima esigenza di sfuggire alle delimitazioni rigide di campi
disciplinari ha dettato l’individuazione di tagli cronologici ampi e
comunque tali da tenere conto non delle convenzioni, ma esclusivamente delle
sollecitazioni provenienti dalle singole ricerche. In molti casi queste hanno
puntato esattamente verso una revisione di limiti temporali consueti, in relazione
ad esempio alla genesi del concetto moderno di ‘tolleranza’, oppure,
tra Settecento e Ottocento, con riferimento alla nascita dei saperi antropologici
e della riflessione sulla razza o, ancora, alla definizione di fenomeni come
l’imperialismo.
Intenzione dei coordinatori del progetto di ricerca sarebbe proprio quello
di mantenere vivi e di sviluppare questi presupposti in occasione della prosecuzione
e dell’ampliamento eventuale del progetto stesso, soprattutto sul piano
internazionale, favorendo il consolidarsi di una rete di studiosi operanti
nell’ambito della riflessione storica sulle forme della diversità
umana.
4. Vogliamo qui ricordare come uno degli studiosi che hanno
fatto parte nella nostra équipe di ricerca sia stato Yves Benot,
personalità celebre nel panorama internazionale degli studi sul colonialismo,
sui nazionalismi post-coloniali, sui temi della razza e della schiavitù,
sull’antropologia settecentesca. Benot è stato tuttavia qualcosa
di più di un semplice, per quanto acuto, ricercatore di storia della
cultura. È stato un intellettuale politicamente impegnato e capace
di straordinaria e tenace coerenza, in modi appartenenti ad una stagione della
cultura e della politica europee forse tramontata, ma che non manca tutt’oggi
di offrire esempi positivi e stimoli fecondi. Yves Benot è scomparso
all’inizio del 2005, a distanza di poche settimane dallo svolgimento
del nostro ultimo incontro in occasione del convegno triestino che ha dato
origine a questo volume. La pubblicazione del suo contributo in questa sede
costituisce perciò il modo migliore per onorarne la memoria, anche
se resterà sempre in noi il rimpianto di aver perduto un interlocutore
di rara vivacità, cultura e intelligenza, il cui contributo sarebbe
stato oltremodo prezioso nel proseguimento della comune riflessione. In questo
senso ci à sembrato opportuno premettere al volume il profilo biografico-intellettuale
di Benot scritto per le «Annales historiques de la Révolution
française» da Marcel Dorigny, collega di Yves, tra l’altro,
nell’ambito della «Association pour l’étude de la
colonisation européenne (1750-1850)», e che ci è stato
gentilmente concesso di ripubblicare in questa occasione.
Prima di licenziare queste pagine vorremmo ringraziare tutti gli studiosi
che hanno aderito al nostro invito e che hanno contribuito in modo originale
al comune progetto, interpretandone al meglio i quesiti specifici e l’ispirazione
complessiva. La nostra speranza è che possa proseguire il sostegno
che finora ci ha consentito di lavorare assieme e di pervenire ai risultati
che ora offriamo al giudizio della comunità scientifica internazionale.
Un particolare ringraziamento va a Francesco Del Franco, direttore delle edizioni
Bibliopolis, per l’entusiasmo con il quale ha accolto la proposta di
fondazione di una nuova collana editoriale e si è impegnato per tradurla
in pratica con la sua esperienza ed il suo grande mestiere; e a Girolamo Imbruglia,
non solo per il suo insostituibile apporto scientifico in ogni fase del progetto,
ma anche per aver accolto e reso realizzabile l’idea ed il progetto
della collana. Marco Platania e Davide Arecco hanno cooperato con rapidità
e accuratezza alla preparazione redazionale del materiale in vista della stampa,
sottraendo tempo prezioso al loro lavoro di ricerca individuale. Infine, un
ringraziamento speciale desideriamo esprimere nei confronti del personale
del Dipartimento di Storia e Storia dell’Arte e, in particolare, dell’Ufficio
Promozione dell’Università di Trieste, le signore Marina Rovis
e Rossana Stranieri, che hanno operato con passione e precisione per il buon
svolgimento del convegno, contribuendo in modo determinante a creare l’atmosfera
distesa, informale e piacevole della quale tutti quanti abbiamo profittato.
Grazie anche a loro è stato possibile tradurre in pratica uno degli
intenti coi quali questo e precedenti eventi convegnistici sono stati organizzati:
quello di rafforzare sempre di più i legami fra l’università
di Trieste, l’Europa ed il mondo internazionale della ricerca, in ossequio
alla storica vocazione della città giuliana quale crocevia di scambi
scientifici, culturali e umani.
Guido Abbattista
Rolando Minuti
Settembre 2005