I.Porciani, a cura di, L’università italiana.
Repertorio di atti e provvedimenti ufficiali (1859-1915)
,
Firenze, Olschki Editore, 2001
[€ 67,14   ISBN: 88 222 4963 1]

Porciani, M. Moretti, a cura di, L’università italiana.
Bibliografia (1848-1914)
,
Firenze, Olschki Editore, 2002
[€ 26,00   ISBN: 88 222 5077 X]

Elena Migani
Università di Trieste

1. Il Repertorio e la Bibliografia ad esso collegata costituiscono due strumenti estremamente preziosi per la ricerca relativa alla storia dell’università in età liberale: questo settore di studi conosce ora una tappa fondamentale nella propria evoluzione e si dimostra oggetto di ricerca maturo ed autonomo, dopo essere stato a lungo trascurato dalla storiografia.

Risentendo della mancanza di una chiara tematizzazione e problematizzazione, [1] l’istruzione superiore è rimasta a lungo assente anche dalle varie storie della cultura, nonostante l’università sia tra i luoghi privilegiati di produzione e definizione del sapere. Nel caso dell'Italia, a ciò si sono sommate la perdurante esclusione da ampie comparazioni internazionali e l'assenza di analisi approfondite anche in momenti in cui era al centro del dibattito il rapporto tra politica e cultura, che pure trova nell'istituzione accademica un luogo specifico di dispiegamento, di connivenze e di contrasti.

I primi segni di una attenzione nuova per questo tema, testimoniati da alcune indicazioni comparse in lavori di impostazione più generale, hanno conosciuto un incremento decisivo solo nel corso degli ultimi dieci anni.

Punto istituzionale di raccordo e di confronto per la riflessione sulle vicende dell’università in età contemporanea è, dal 1991, il “Centro Interuniversitario di ricerca sulla storia dell'istruzione superiore (Unistoria)”, nel cui ambito sono stati elaborati i due testi qui presentati, cui si affianca dal 1994 il “Centro Interdisciplinare per la storia delle università italiane (CISUI)” di Bologna con la rivista “Annali di storia delle università”.

Il periodo privilegiato dalla ricerca più recente è l’Ottocento, il “secolo delle università e delle professioni”, secondo la definizione di Aldo Mazzacane, [2] poiché proprio nell’Ottocento l’università acquisì ovunque in Europa una dimensione nuova, sia rispetto alla sua struttura ed articolazione interna, sia in rapporto agli stretti e molteplici nessi che la collegavano alle professioni.

2. L’interesse per l’Ottocento si sostanzia inoltre del dibattito avviato in molti paesi europei sul processo di nation building, che nel caso dell’Italia trova ulteriore stimolo nella coincidenza di questo con la costruzione dello Stato unitario. [3]

L’università nel periodo dell’unificazione era, da un lato, strumento di costruzione della nazione, in quanto luogo della formazione di dirigenti, funzionari e professionisti; d’altro lato, “nell’ottica della Kulturnation,  rappresentava gran parte del primato italiano che il nuovo Stato, per altri versi assai fragile, voleva costruire a partire prima di tutto dalla cultura più elevata.” [4]

Nell’Italia appena “fatta” il compito di “fare gli italiani” fu in modo particolare demandato al sistema di istruzione pubblica e al corpo accademico, cui era affidato in quel periodo un compito di “alta pedagogia nazionale”, che includeva la formazione dei docenti destinati alle scuole secondarie, e che confluiva in realtà in una più ampia “rifondazione di un costume e di una tradizione scientifica, al fine di riportare l’Italia, come si diceva e si scriveva allora, nella circolazione del pensiero europeo.” [5]

L’istruzione superiore si identificava dunque, nelle intenzioni della classe dirigente dell’Italia liberale, come uno dei capisaldi a partire dai quali  costruire e  potenziare l’identità stessa del nuovo Stato.

Fu nel cosiddetto decennio di preparazione, in virtù della maggiore complessità acquisita dalla funzione dell’università stessa, arricchitasi di uomini e discipline, che la scienza accademica venne caricandosi di una funzione espressamente politica: nel Piemonte cavouriano i docenti, che in molti casi erano anche deputati nell’unico Parlamento esistente in Italia, svolgevano un ruolo specifico sia di rappresentanza che di rappresentazione, affermando con la loro attività e con la dignità del loro ruolo di accademici e al tempo stesso di parlamentari, una nuova funzione della scienza, che può essere definita di natura politica ma soprattutto “costituzionale”. [6] L’importanza dell’università come vero e proprio “fattore costituzionale”, elemento decisivo per la caratterizzazione dello Stato, è  stata infatti sottolineata verificando la consistente e continuata permeabilità tra questa istituzione e la generale questione politica e amministrativa, in un quadro di ampia simmetria tra modello di istruzione superiore e modello di Stato di cui essa è parte. [7]

3. Il contesto politico e istituzionale nel quale furono proposti e varati i provvedimenti ufficiali sull’università è imprescindibile nelle ricerche recenti. Se gli studiosi che hanno ripercorso la vicenda dell’università postunitaria avevano spesso una formazione pedagogica, che dunque non stimolava l’approfondimento dell’aspetto politico e amministrativo, gli ultimi studi sottolineano invece come la questione universitaria non fu, come non lo è oggi, di natura principalmente teorica e pedagogica.

La relazione dialettica da privilegiare è invece quella tra università e Stato, tra scienza e politica: questa, “analizzata nello specifico della realtà sabauda e negli elementi di continuità filtrati nello Stato nazionale, è un tema di ricerca di grande importanza per comprendere, riscoprendone le radici, la funzione ipotizzata e quella realmente assolta – e non sempre le due cose coincisero – dall’università nell’Italia unita.” [8]

Nel suggerire un ampio spettro di questioni – facendo emergere nella loro relazione reciproca i livelli della politica universitaria, la dimensione amministrativa, quella finanziaria, così come il concreto funzionamento degli atenei nei suoi aspetti didattici e scientifici e nella vita reale dei soggetti che vi partecipano – il Repertorio e la Bibliografia colmano un ritardo nella storiografia e soprattutto conferiscono la meritata autonomia a questo settore di ricerca.

Oggetto di entrambi è l’istruzione universitaria, rappresentata dalla normativa dedicata all’università in senso stretto – ovvero alle facoltà di giurisprudenza, medicina, lettere e filosofia, scienze matematiche, fisiche e naturali, teologia - e insieme dalle norme relative alle scuole e agli istituti per la formazione post lauream e la specializzazione professionalizzante. Nel Repertorio compaiono anche records relativi alle scuole di commercio ed agricoltura, gestite dal Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio e registrate limitatamente al periodo in cui questo fu abolito e il Ministero della Pubblica Istruzione ne assorbì le competenze. Sono incluse inoltre le statistiche degli studenti, i discorsi dei ministri e le informazioni sulle università straniere, fornite dal Bollettino della Pubblica Istruzione: si tratta di informazioni preziose, fornite da fonti ufficiali, che potranno essere di valido aiuto anche agli studiosi stranieri.

4. L’idea del Repertorio deriva dalla volontà di recuperare la miriade di regolamenti e circolari redatti a margine della legge Casati: questi, e non le grandi leggi discusse alla Camera e in Senato, costituiscono in realtà l’ossatura istituzionale e normativa dell’istruzione superiore italiana dell’età liberale, lo strumento più estensivamente usato dai  ministri per governare l’università. [9] Una specificità del caso italiano sembra infatti risiedere nelle cosiddette “leggine” – espressione che infatti non trova corrispondenza in altre lingue -, ovvero nella pratica di compromessi, patteggiamenti e mediazioni resa possibile grazie ad una larga delega all’esecutivo in materia di regolamenti che di fatto toccavano il nucleo stesso del sistema di istruzione superiore.

Le 10675 voci del Repertorio coprono l’arco temporale compreso tra il 1859, anno in cui fu varata la legge Casati, e il 1915, scelto per l’importanza decisiva che ebbe per l’intera società italiana e per la brusca accelerazione che comportò nel processo di mobilitazione studentesca e di coinvolgimento degli atenei nella politica del nazionalismo.  Interessante la scelta, sottolineata dalla Curatrice nell’Introduzione, di allargare la periodizzazione includendo la legislazione dei governi provvisori che si costituirono dopo la cacciata degli antichi sovrani in Toscana come in Emilia, in Sicilia come a Napoli.

Lo spoglio sistematico da cui è derivato il Repertorio ha coinvolto fonti diverse: i dati desunti dal Bollettino Ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione, disponibile a partire dal 1875, sono stati incrociati con quelli della “Collezione Celerifera”, mentre il vuoto relativo agli anni precedenti il 1875 è stato colmato attraverso gli atti e i documenti dei singoli governi provvisori.

5. L’evoluzione normativa dell’università e le fasi salienti di quella delle scuole superiori possono essere seguite agevolmente, grazie ad alcuni accorgimenti: sono sempre indicati gli estremi bibliografici dei provvedimenti citati, con indicazione, dove possibile, del numero di pagina delle raccolte consultate; quando necessario, a ciascun provvedimento è stato fatto seguire un breve regesto; sono sempre stati registrati i nomi dei firmatari di ogni provvedimento, informazione, questa, preziosa per gli studiosi dell’amministrazione, che attraverso l’indice dei nomi possono risalire a tutti i provvedimenti firmati dallo stesso ministro o segretario generale.

Di fondamentale importanza sono l'indice dei nomi e l'accurato indice analitico, strutturato secondo facoltà, ateneo e disciplina, con relative sottovoci: questo consente di individuare con facilità e precisione i principali soggetti e rende il Repertorio bacino privilegiato cui attingere per ricostruire con chiarezza la vicenda istituzionale e legislativa dell’istruzione superiore. L’importanza del Repertorio ci sembra di per sé suggerirne una ulteriore e significativa applicazione: ci riferiamo al trattamento e alla configurazione informatica dei records, grazie a cui questa complessa opera di indicizzazione diverrebbe ancora più preziosa per  studiosi e ricercatori.

Esempi particolarmente interessanti degli spunti offerti dal Repertorio risiedono nella prima parte del volume, in cui sono raccolti i provvedimenti degli anni dell'unificazione, assai poco noti malgrado la loro importanza. Proprio la ricostruzione di una cronologia che tenga conto simultaneamente di quanto avveniva in tutti gli Stati italiani consente di riguadagnare una prospettiva di insieme, e di cogliere il tono molto simile di questi primi interventi: succedendosi da una capitale all'altra, i provvedimenti rivelano gli anni della formazione nazionale come quelli in cui la classe dirigente cercò di ridare smalto alla scienza e di valorizzarne le strutture.

6. Significativa è la consistente presenza di circolari e provvedimenti vari riguardanti revoche di licenziamenti, creazioni di cattedre, pensionamenti precoci, nomine e chiamate: un complesso normativo che indica come il problema della costituzione e della composizione di un nuovo corpo accademico negli anni dell'unificazione fosse anche quello delle sue inclinazioni, della sua lealtà politica. Una vera e propria "politica di uomini", [10] realizzata attraverso l'agile strumento delle nomine e delle chiamate, modificava il volto dell'università e contribuiva alla costruzione dei nuovi luoghi della scienza.

Su questa linea risultano particolarmente illuminanti la segnalazione dei concorsi a cattedra – utile per l'analisi dell'amministrazione e delle procedure di reclutamento, sulle quali si sta ora cominciando a riflettere – e dell'istituzione delle nuove discipline, che consente di fare il punto, facoltà per facoltà e caso per caso, sulle innovazioni che toccarono l'articolazione della scienza accademica e la didattica universitaria.

Si segnala, infine, l'opportunità offerta dal Repertorio di analizzare un provvedimento quale la legge Casati e di rivederne la vulgata tradizionalmente tramandata, secondo cui questa legge fu elaborata esclusivamente all’interno del Regno di Sardegna e varata in maniera convulsa ed improvvisa. La sequenza di disposizioni ricostruita dimostra come la Casati costituisse in realtà una puntuale riposta ad iniziative prese al di fuori del Regno di Sardegna, particolarmente in Toscana, e permette di leggerla anche come segmento di un’ accanita competizione tra Firenze e Torino al fine di assicurarsi un ruolo egemone rispetto alle strutture e alle istituzioni culturali dello Stato unitario.  Inoltre, le difficoltà incontrate nell'estensione di questa legge, che dovette confrontarsi con realtà che opponevano resistenza all'operazione di omologazione, come le università libere dell'ex stato pontificio, testimoniano delle peculiarità di un modello in cui istanze accentratrici e stataliste finirono per coesistere con tensioni se non decentratrici, certo fortemente particolaristiche.

7. Questi limitati esempi dei possibili indirizzi di indagine che scaturiscono dal materiale contenuto nel Repertorio dimostrano la ricchezza e insieme la  neutralità e duttilità di questo strumento, che  contribuisce in misura sostanziale  a definire efficacemente il volto ufficiale del modello italiano di istruzione superiore. 

Insostituibile complemento della fecondità del Repertorio, e nello stesso tempo guida autonoma per la riflessione sul tema, la Bibliografia, con i suoi 4400 records, si propone di presentare un primo quadro di insieme del discorso pubblico sull'università, in una fase in cui questo tema era particolarmente trattato nelle discussioni politiche e di opinione e circolava sotto forma di testi, memoriali e proposte anche all'interno dei circuiti amministrativi. Dell'assetto universitario, infatti, si discusse a lungo sulle pagine dei quotidiani, delle riviste e dei numerosissimi opuscoli che costituivano la naturale cassa di risonanza della circoscritta opinione pubblica del tempo. [11]

La periodizzazione adottata per l'organizzazione del materiale bibliografico è la stessa seguita nel Repertorio: al periodo compreso tra il 1859 e il 1915 è annessa, anche in questo caso, la documentazione relativa al cosiddetto decennio di preparazione, caratterizzato in alcune aree da grandi progetti di rinnovamento delle discipline nati nel fervore del 1848 e spesso peraltro travolti dalla restaurazione dei primi anni cinquanta.

La consultazione della Bibliografia è mediata dall'indice analitico, che consente di cogliere le tematiche prevalenti e le specifiche aree di interesse, salvaguardando nel contempo la dimensione dei singoli atenei al fine di favorire gli studi sulla dimensione locale della vita universitaria. L'indice degli autori, a sua volta, identifica i soggetti e gli interlocutori intervenuti nel dibattito.

8. Ne deriva un quadro molto articolato ed ampio, a riprova della marcata attenzione riservata all’istituzione universitaria nella prospettiva di costituzione e organizzazione dell'assetto e dei caratteri politici del nuovo Stato, nonché di creazione e successiva riproduzione delle élites nazionali.

 Nel progetto organizzativo sostenuto dalla classe dirigente italiana, e di conseguenza nel dibattito intorno all’università, non mancarono i riferimenti e l’ispirazione a più avanzate realtà accademiche europee, richiamate spesso retoricamente e in una prospettiva di legittimazione: la Bibliografia include indicazioni anche sui modelli universitari stranieri, segnando un sostanziale passo avanti in direzione dell’inserimento, ancora troppo debole, del caso italiano in un quadro di studi comparativi internazionali.

I lunghi spogli che hanno condotto alla sistemazione del materiale bibliografico sono stati condotti, oltre che sui volumi e le raccolte espressamente dedicati alle vicende universitarie e su opuscoli e discorsi di esponenti politici e accademici, su un considerevole numero di riviste: si tratta di periodici di carattere politico-culturale, di riviste afferenti a specifici campi disciplinari, organi di stampa che costituirono il punto di riferimento per diversi gruppi e tendenze e che contribuirono sostanzialmente a orientare parte dell’opinione pubblica.

Affrontando la concreta difficoltà di operare selezioni all’interno dei confini estesi e spesso indistinti della produzione a stampa, i curatori hanno inteso riferire di tutti quei testi che – differenti per estensione, oggetto, rilievo analitico – possono essere ricondotti al dibattito pubblico sull’università. Ai più noti scritti e discorsi sul sistema didattico e scientifico si affiancano i commenti sui progetti di riforma, le contestazioni sui concorsi, le rivendicazioni dei docenti, le celebrazioni accademiche, le informazioni riguardanti i diversi aspetti della quotidianità universitaria, comprese le notizie e i commenti sui corsi.

9. Protagonisti del dibattito, come è ovvio, furono principalmente uomini politici, parlamentari o esponenti di gruppi dirigenti locali, e professori: va notato che spesso le due figure coincidevano.  I dati forniti consentono di ricostruire il progressivo costituirsi di una corrente d’opinione universitaria collegata alla formazione di un corpo accademico nazionale.  A sua volta, questo indirizzo di indagine richiama l’attenzione sulla dimensione e le modalità di reclutamento accademico e sul faticoso costituirsi di una dimensione associativa.

 Nel ventaglio di questioni e di protagonisti della vicenda universitaria, si distinguono, in particolare, i regolamenti e le disposizioni relativi ai caratteri e ai comportamenti di studenti e studentesse. Questi ultimi sono stati “scoperti” solo di recente dalla storiografia, [12] a lungo condizionata dal verticismo tipico dell’istituzione universitaria per cui le fonti ufficiali come quelle d’archivio dicono di più dei docenti che degli studenti: gli studi e le statistiche sulle iscrizioni e sui laureati, così come le notizie sulle loro prime, embrionali forme associative, aiutano a delineare ora con maggiore concretezza il volto dell’istituzione universitaria.

In conclusione, la riflessione su uno dei cardini della tradizione culturale italiana, in relazione ad una fase di cesura come è quella dell’unificazione, trova nel Repertorio e nella Bibliografia due fonti insostituibili su cui basarsi e a cui ricorrere per proseguire in ulteriori e stimolanti direttrici di analisi: come sottolinea la curatrice, un repertorio – e così una guida bibliografica - è “una chiave che può aprire molte porte”, dunque uno strumento auto-propulsivo per ricerche di grande rilevanza scientifica.

[1] Sullo stato della ricerca cfr. I. Porciani, L’università dell’Italia unita, “Passato e presente”, 1993, n. 29, pp. 123-35.

[2] Cfr. A. Mazzacane, “Relazione introduttiva” al Convegno Università e professioni giuridiche in Europa nell’età liberale, cit. in I. Porciani, L’università dell’Italia unita  cit., p. 124.

[3] Cfr. M. Galfrè, Il lungo Ottocento dell’università nell’Italia unita, “Contemporanea”, 2002, n. 2, pp. 401-7.

[4] I. Porciani, L’università nell’Italia unita, op. cit. p. 130.

[5] M. Moretti, Storici e accademici e insegnamento superiore della storia nell’Italia unita, in Quaderni Storici, 1993, n. 82, p. 63-4.

[6] Cfr. I. Porciani, L’università dell’Italia unita, op. cit. p. 128.

[7] Vfr. P. Schiera, Il laboratorio borghese, Il Mulino, Bologna, 1987.

[8] I. Porciani, L’università nell’Italia unita  cit., p. 127.

[9] Cfr. I. Porciani, “Introduzione” al Repertorio di atti e provvedimenti ufficiali, p. VIII.

[10] Cfr. I. Porciani, “Introduzione” al Repertorio, p. XI.

[11] Cfr. I. Porciani, L’università nell’Italia unita  cit., p. 126.

[12] Cfr. G. P. Brizzi, A. Romano (a cura di), Studenti e dottori nelle università italiane (origini - XX secolo). Atti del Convegno di studi, Bologna, Clueb, 2000.