1. La storia della conoscenza dei territori e delle popolazioni delle
regioni che hanno finito per essere rappresentate come "Europa orientale"
è parte integrante del più vasto dibattito apertosi nell'Europa
del Settecento, sull'idea stessa d'Europa, di civilisation, sulla
diversità dei caratteri nazionali. Stabilire confini, conoscere
territori e popolazioni lontani e sconosciuti, nel Settecento, significa
stabilire certezze, dare forma al mondo, e, nello stesso tempo, ricavare
per opposizione conferme sulla propria identità. Per gli europei
del secolo dei lumi conoscere l' 'Oriente d'Europa' implica addentrarsi
in territori estranei alla propria geografia, in terre che nell'immaginario
collettivo assomigliano a una grande palude, a causa dell'incredibile
coagulo etnico e linguistico, e dei continui fermenti politici e riassestamenti
geografici. All'instabilità geopolitica ed etnografica dell'Oriente
d'Europa corrisponde un'analoga instabilità nel processo di costruzione
culturale dell'idea di ‘Oriente d'Europa'. Gli europei del
Settecento si prefiggono dunque, se vogliamo dirlo con le parole di
Peyssonnel[1], di "sbrogliare
l'antico caos", vale a dire scoprire e studiare i fattori che contribuiscono
a generare tale ambiguità. Nasce un forte interesse per ciò
che è diverso, la volontà di capire in che cosa l'altro
è diverso, di stabilire i domini della civiltà e della
barbarie, di determinare confini geografici, aree ben precise e delineate.
Conoscere le 'diversità' significa farle entrare nel proprio
patrimonio culturale e sfatarne l'immagine 'mitica' e misteriosa.
Il processo di conoscenza dell' 'Oriente d'Europa' investe e permea
la società europea nei suoi molteplici strati. Gli scritti dei
philosophes, le relazioni di viaggio, le notizie e le idee divulgate
attraverso le gazzette circolanti in Europa, l'attività dei geografi
e dei cartografi, contribuiscono, a vari livelli, e non sempre paralleli,
al dibattito settecentesco sull'idea d'Europa e di 'Oriente d'Europa',
dal quale trae le sue radici il pensiero europeo contemporaneo. Nel
suo libro, Inventing Eastern Europe, lo storico americano Larry
Wolff ha significativamente contribuito a mettere in luce il dialogo
tra i vari campi del sapere nel Settecento, individuando nell'interdisciplinarità
una delle chiavi per cogliere la complessità di tale dibattito[2].
Inoltre, Wolff ci mostra come, nel processo settecentesco di formazione
di un'idea di 'Oriente d'Europa', la componente immaginativa abbia dignità
pari a quella inerente alla sfera intellettuale.
2. In questa sede mi limiterò a tratteggiare i passi più
significativi compiuti in ambito geografico e cartografico, a delineare
il concorso della geografia e della cartografia al più ampio
dibattito sull'idea d'Europa, indicando, per quanto è possibile,
le principali fonti di riferimento e la loro fitta rete di contatti
e correlazioni, in rapporto alla riflessione sull' 'Oriente d'Europa'.
Si vedrà che intorno alla pratica politica e alle vicende internazionali
ruotano le maggiori difficoltà dei geografi del Settecento. Tuttavia
lo sviluppo cartografico settecentesco è in gran parte debitore
proprio a tali rivolgimenti territoriali, propulsori ideali d'importanti
attività scientifiche e di rilevamento topografico.
Nella prima parte del testo verrà presa in considerazione l'attività
geografica legata ad alcuni tra gli eventi più significativi
nelle regioni dell'Est europeo: la solerzia geografica di Luigi Ferdinando
Marsili in seguito all'espansione asburgica ai danni della Porta; il
ruolo svolto da Pietro il Grande nel coordinare, sulla scorta dei recenti
acquisti territoriali, un progetto di rilevamento topografico generale
e una collaborazione tra scienziati russi e francesi, e infine le incertezze
determinate dalle spartizioni della Polonia da parte di Austria, Prussia
e Russia. Attraverso lo studio di alcune opere cartografiche compilate
tra la fine del Seicento e l'Ottocento vengono analizzate, nella seconda
parte del testo, le conoscenze geografiche riguardanti le regioni dell'Europa
orientale.
Il dibattito sui confini tra Asia ed Europa rappresenta un nodo intorno
al quale ruota parte della riflessione e della ricerca in corso nel
Settecento. Tuttavia, alla soluzione dello spinoso problema dei confini
tra i due continenti non concorre unicamente l'indagine dell'Europa
occidentale, peraltro ancora priva di linee guida comuni e convenzionali.
Vedremo, nell'ultima parte del saggio, che l'iniziativa
più degna di attenzione parte piuttosto dall'Europa orientale,
o meglio, dalla collaborazione tra scienziati di varia provenienza a
servizio dell'impero russo. L'epoca petrina fa da spartiacque
tra un'epoca di relativa indifferenza alla questione dei confini
e l'apogeo di interessi politici e scientifici improntati a una
delimitazione geografica ed etnografica tra regioni asiatiche e regioni
europee più rigorosa. Da Est arrivano nell'Europa occidentale
non soltanto materiali geografici e cartografici nuovi e aggiornati,
ma fonti a carattere etnografico, economico, linguistico frutto di una
serie di importanti spedizioni scientifiche sul territorio eurasiatico,
i cui risultati concorrono a rinnovare il sapere geografico europeo
e la conoscenza di popolazioni fino allora sconosciute.
3. La riflessione più ampia sulla storia e sulla natura della civiltà europea e, in contrapposizione a questa, la riflessione su una presupposta civiltà orientale, rappresentano le trame di un dibattito, che si ritrova per la prima volta nell'antichità greca, nell'opera dello storico Erodoto, e successivamente, per citare solo i più grandi, in Piccolomini, in Machiavelli, fino a Montesquieu. Già negli scritti di Machiavelli il criterio dominante di differenziazione tra Europa e Asia è rappresentato dalla contrapposizione tra governo moderato europeo e dispotismo asiatico[3]. Tuttavia, dal Settecento, il dibattito su una supposta civiltà e identità europea si sposta sulla stessa Europa e, in particolare, su una ripartizione del continente secondo le coordinate Nord-Sud, Est-Ovest. Se una suddivisione Nord-Sud è già dal ‘500 largamente presente nella cultura politica e nelle rappresentazioni ideologiche del continente (per esempio: Nord protestante e Sud cattolico), nel Settecento la novità è rappresentata dalla riflessione su Ovest-Est, sull' 'Oriente d'Europa'. Nell'Esprit des lois (1748) la prospettiva Est-Ovest assume per la prima volta un valore veramente pregnante. Attraverso l'opposizione culturale e geografica di Europa e Asia, Montesquieu propone infatti una definizione d'Europa dai caratteri più distinti rispetto al passato[4]. L' indeterminatezza dell'espressione 'Oriente d'Europa' è molto forte, ed è pienamente avvertita anche dagli stessi uomini del Settecento, anzi da loro per primi utilizzata. Durante un viaggio attraverso l'impero russo, nel 1787, Louis-Philippe comte de Ségur, ministro plenipotenziario presso Caterina II, usa il nome di "Oriente d'Europa" per designare lo spazio che percorre quando si fa più forte la sensazione di lasciare l'Europa e sembra perfino di tornare indietro di dieci secoli e di muoversi in mezzo ad orde di Unni, Sciti, Slavi e Sarmati[5]. L'incertezza sui confini incoraggia la costruzione di un paradosso: la simultanea inclusione ed esclusione dall'Europa; Europa, ma non ancora Europa, in un mélange di 'civilisation' e barbarie. Discutendo la mobilità geografica e culturale dell'Est europeo, attraverso la letteratura politica e di viaggio del Settecento, Patrick Jager si interroga sulla posizione della Turchia, della Russia e dell'Arcipelago greco, quest'ultimo ormai quasi unanimemente escluso dalla sfera europea[6]. Se da un lato la rappresentazione settecentesca dell'Europa si sta gradualmente affrancando, seppur non totalmente, da connotati religiosi secolari, dall'altro vediamo che la nozione geografica mantiene tutto il suo valore[7]. La relativa vicinanza geografica non fa che legittimare costruzioni culturali, prese da fatti veri e dalla fantasia. Geografia reale e geografia mitica si confondono ancora e non sempre si riesce a percepire la misura in cui un fatto appartenga all'ambito scientifico o a quello del fantastico. In questa fusione la geografia mitica si alimenta spesso di quella reale. L' 'Oriente d'Europa' è, nel Settecento, terreno estremamente fertile per questo genere di commistioni: molti viaggiatori si sentono stimolati all'idea di dirigersi verso l'ignoto e scrivono, nel tentativo di fissare sulla carta luoghi e indicazioni precise, per evitare la fugacità e fornire principi scientificamente documentati. Nel fare ciò essi subiscono il condizionamento del retaggio passato, di topoi tramandatisi nei secoli, che solo dopo lungo tempo vengono sottoposti a verifica e possono dirsi superati[8].
4. Le regioni che abbiamo detto appartenere all'Oriente d'Europa sono
collocate ad Oriente secondo il nostro modo di pensare, le nostre consuetudini,
la nostra geografia mentale. In realtà esse, prima del Settecento,
sono considerate tradizionalmente regioni settentrionali, appartenenti
al Nord d'Europa. Sia l'Atlante del Blaeu (1662)[9]
che il Recueil des voyages au Nord (1715-27)[10]
descrivono la Russia tra le regioni settentrionali. La prima edizione
del 1730, in tedesco, dell'opera di Strahlenberg si intitola significativamente:
Der Nord-und Östliche theil von Europa und Asien, poi modificato,
nella successiva edizione francese, in Description historique de
l'empire Russien (1757)[11];
il geografo Lenglet-Dufresnoy inserisce la trattazione della Russia
sia tra i paesi dell'Europa settentrionale che tra quelli dell'Europa
orientale[12]. Non credo
si possa parlare di uno spostamento o riorientamento da Nord verso Est
di questi paesi, bensì di oscillazione e incertezza tra le idee
di Settentrione e di Oriente ancora per tutto il Settecento. Rimane,
inoltre, assente la dicotomia Europa orientale-Europa occidentale; i
due termini non sono ancora entrati nell'uso[13].
La linea 'esotica' di separazione percepita correntemente passa ambiguamente
ad est di Berlino, Vienna, e Venezia, subendo tuttavia riassestamenti
più o meno rilevanti a seguito di rettifiche geopolitiche durante
tutto l'arco del periodo preso in esame. Sia nelle carte geografiche
sia nei resoconti di viaggio si trovano espressioni altrettanto sfuggenti
per indicare le zone di frontiera: 'Turchia in Europa', 'Turchia in
Asia', 'Russia europea', 'Russia asiatica', 'regioni settentrionali'[14].
L'elemento più sconcertante percepito da molti è
quello che non esiste la possibilità di decidere per una disposizione
chiara a tutti e che scarseggiano ancora punti importanti di riferimento.
Per poter offrire una prospettiva più articolata sulle immagini
dell'Europa variamente elaborate nel corso del Settecento, e dunque
per poter finalmente valutare i fattori che entrano in gioco in Europa
con la creazione di una molteplicità di differenti caratteri
per descrivere i territori orientali, sarebbe dunque auspicabile una
ricerca più approfondita sulle rappresentazioni cartografiche
dei paesi confinanti con l'Europa stessa. In una mappa turca settecentesca
di Abubekir Effendi, per esempio, non ci sono evidenti linee di confine
che possano indicare un limite con l'Europa occidentale; e parimenti
assenti sono le espressioni quali ‘Turchia in Europa' e
‘Turchia in Asia' usate invece profusamente nell'Occidente[15].
Sin dalla tipica tripartizione del mondo dei geografi greci, conservatasi
nelle rappresentazioni cartografiche medievali (mappa a "T" in "O") fino
al Cinquecento, l'Europa e l'Asia sono raffigurate come due continenti
separati dall'acqua (un'estensione del Mar d'Azov che prosegue a Nord
fino al mar Artico), e la terra che li congiunge è ridotta ad istmo
al fine di legittimare una distinzione netta tra Europa e Asia[16].
Nonostante i progressi cartografici del Seicento, e soprattutto del Settecento,
la separazione tra i due continenti tarderà ad essere messa in
discussione, in parte perché ancora imbevuta di retaggio classico,
in parte perché strettamente connessa a motivi religiosi e ideologici.
Dal Medioevo emerge un senso di esclusività politica e culturale
del continente Europa, che sfocia, in ultima analisi, in un diffuso senso
di superiorità. Con le grandi scoperte geografiche, quest'idea
si rafforza gradualmente in un concetto di primato europeo, fino all'affermazione
di un'immagine dell'Europa quale detentrice dei più
alti valori di civiltà e di buon governo in confronto a tutti gli
altri paesi del mondo. Vengono disegnate carte raffiguranti una regina
che solleva uno scettro, la personificazione d'Europa, l'Europa
'in forma virginis' delle mappe del Cinquecento[17].
Inoltre, sebbene la classica divisione tra Europa ed Asia in due continenti
nettamente separati venga smentita dal progredire delle conoscenze geografiche,
la dimensione ideologica rimane e viene salvaguardata. Tra Cinquecento
e Seicento, per rispondere alla necessità di preservare la tradizionale
divisione simmetrica tra i due continenti, venuta meno con lo sfatare
dell'esistenza del confine fisico rappresentato dal mar d'Azov,
si elegge una serie di fiumi russi (Volga, Kama, Dvina, Pečera e
Ob') come possibili barriere e naturale prolungamento del Don verso
Nord.
5. All'inizio del Settecento lo sviluppo della cartografia dell'Europa orientale si trova molto indietro rispetto a quello dell'Occidente, dal momento che altrettanto arretrate sono pure le conoscenze che si possiedono riguardo a questa porzione d'Europa. Leo Bagrow sostiene, per esempio, che la conoscenza geografica russa pre-petrina si basa ancora su un insieme di materiali medievali di origine occidentale, d'informazioni leggendarie bizantine, e d'antiche concezioni russe[18]. Nel corso del secolo il settore cartografico compie un salto di qualità non indifferente. L'impulso decisivo viene dato a volte dagli stessi regnanti, quando si trovano a negoziare e calcolare matematicamente la bilancia dei loro poteri e, inevitabilmente, si scontrano con la scarsezza delle carte, con la loro imprecisione e inaffidabilità, costringendoli talvolta a diventare ‘apprendisti' geografi, come Federico II e Caterina II. Tuttavia, la scrupolosità dei geografi nell'aggiornare le carte, non riesce a seguire i continui rivolgimenti politici o i mutamenti delle zone di frontiera. Nel 1702, per esempio, Sanson pubblica ad Amsterdam la carta Teatro della guerra dei regni del Nord, dove il nome 'Ucraina' è stampato sul bordo, quindi fuori dalla mappa della guerra, le cui sorti, come sappiamo, si decideranno proprio a Poltava, in Ucraina, nel 1709[19]. Difficoltà equivalenti sorgono nell'instabile regione balcanica. Vale la pena, a questo proposito, di accennare all'attività geografica di Luigi Ferdinando Marsili. Figura poliedrica di chiara fama europea, Marsili mette a disposizione dell'Impero asburgico, a cavallo tra Sei e Settecento, le sue competenze in campo militare e geografico, compie rilevazioni, raccoglie libri e manoscritti, dirige opere di fortificazione militare, compie ricognizioni e stende progetti sul problema dei confini[20]. Le mappe dei confini servono a stabilire il limite legale del potere asburgico, e soprattutto, quello dei suoi vicini. Intrapresa la carriera militare il Marsili si muove tra Vienna e Belgrado negli anni tra il 1685 e il 1688. Dimora a lungo in Ungheria, teatro del conflitto turco-imperiale, paese che rappresenta sia i successi di Leopoldo I, che il baluardo più avanzato della difesa contro la Porta. Dopo la pace di Karlowitz Marsili è nominato ministro plenipotenziario di parte imperiale per la delimitazione dei confini (1699-1700). I suoi rescritti imperiali, inviati durante la missione e contenuti nelle Relazioni[21], confermano l'interesse con cui Vienna guarda alle operazioni di confine, non solo per quel che riguarda l'aspetto difensivo, ma anche nei risvolti economici e commerciali. Le Relazioni costituiscono lo specchio fedele di problematiche dibattute a corte, in particolare della linea mercantilistica seguita da Leopoldo I, da Strattman, Kinsky e Starhemberg, che si ritrova anche negli articoli del trattato di Karlowitz e che prevede lo sviluppo dei commerci, soprattutto verso Oriente, e la conquista di posizioni chiave (ad esempio Belgrado). Marsili segue la Militärpartei, che auspica l'attuazione di un disegno di militarizzazione e germanizzazione dell'Ungheria, per dare ordine e sicurezza a queste regioni, cosa che "li volubili cervelli" delle popolazioni ungariche e transilvane non assicurano[22].
6. Le Relazioni riguardano le regioni proprio al limite tra l'Europa e l'Asia, quella zona che in tutte le carte dell'epoca viene denominata 'Turchia europea', e contengono il resoconto dettagliato delle operazioni dei confini svolte dal Marsili direttamente sul luogo e poi spedite a corte, oltre alle risposte della Corte, e degli incaricati turchi deputati a trattare la questione. Le Relazioni sono l'esempio dell'integrazione tra la geografia militare, in particolare la cartografia, e la ricerca scientifica e accademica. Le mappe illustrano e aiutano a comprendere le spiegazioni del Marsili, che più di una volta nel corso della trattazione sottolinea la difficoltà delle operazioni cui è preposto, anche per l' 'oscurità' di certi articoli del trattato (Karlowitz). Marsili ripete spesso di seguire 'l'ordine della natura' nel tracciare le linee di demarcazione, ma anche 'linee artificiali', spiegando che per stabilire i confini gli ingegneri si recano personalmente sul posto e, dopo varie discussioni, marcano i luoghi con 'monticelli di terra', mentre in un secondo momento passano a disegnare le mappe[23]. L'intera operazione richiede diversi giorni di lavoro. La sua maggiore preoccupazione sembra quella di riuscire a stabilire contatti commerciali vantaggiosi per l'Impero, relazioni che sono il presupposto di buoni rapporti e dell'ordine nei territori acquistati. Uno dei problemi maggiori di queste zone è la mescolanza e l'irrequietezza dei differenti popoli, sudditi dell'impero asburgico e dell'impero ottomano, appartenenti a razze e religioni diverse:
"(...) quando si voglia avere un ben ordinato e chiaro confine, com'è il caso di Vostra Maestà, per levare quelle mescolanze de' di Lei sudditi con quelli del Sultano che causarono sempre scorrerie e rotture"[24].
7. Indubbiamente l'inesorabile espansione russa del Settecento
accentra su di sé l'attenzione dei geografi europei, continuamente
attivi nel tentativo di aggiornare le carte alla luce di sempre nuovi
aggiustamenti territoriali. E proprio in Russia, con Pietro I, viene
promossa la collaborazione tra stranieri e russi per la compilazione
delle carte geografiche dell'impero, con l'apertura di un
ufficio geografico e con l'inaugurazione di una solida cooperazione
franco-russa. Tutt'altro che isolata appare, all'epoca,
l'opinione dell'ufficiale svedese Strahlenberg, il quale
ritiene che prima di Pietro "i Russi non conoscevano né
altri paesi, né gli orizzonti e i territori della propria nazione;
e l'Europa non conosceva la Russia"[25].
Le esigenze di Pietro sono urgenti e dettate da disegni di politica
estera. Le carte, soprattutto topografiche, rappresentano un mezzo per
facilitare l'esito delle ininterrotte guerre e per fissarne i successi.
Ma la compilazione delle carte rappresenta sia le mire espansionistiche
sul territorio, sia quelle del progresso del sapere. La stessa nascita
di Pietroburgo (1703) diventa un simbolo di 'civilisation', di
cui lo stesso Voltaire sottolinea il lavoro di 'creazione', attestato
dalla comparsa di un nuovo nome sulle carte geografiche europee.
Sotto Pietro il Grande viene inizialmente compilato da Remezov un grande
atlante della Siberia[26].
L'opera non conquista una grande popolarità, essendo realizzata
in un periodo in cui la cartografia russa è ancora molto indietro
rispetto a quella europea. L'Atlante viene presto e facilmente surclassato
dalle carte di produzione europea. Le informazioni sull'Asia settentrionale
raggiungono l'Europa attraverso canali diversi da quelli russi,
spesso attraverso prigionieri di guerra di Pietro I, esiliati e mandati
in Siberia, o ambasciate inviate in Asia centrale e orientale. Nondimeno,
il lavoro di Remezov e dei suoi collaboratori riveste grande valore storico-geografico
e storico-etnografico, apertamente riconosciuto anche nella pubblicazione
di una recensione all'Atlante russo di Remezov, cominciata nel 1697
e mai completata, conosciuta sotto il nome di Chorografičeskaja
Čerstëžnaja Kniga (Atlante corografico)[27].
Solomein, Nakoval'nik e Mengden disegnano carte manoscritte della Russia
meridionale, che poi vengono incise, in russo e in latino, da Bruce ad
Amsterdam[28]. Sono queste
le prime carte della Russia ad essere stampate e commissionate in Russia,
sebbene fatte pubblicare all'estero. Vengono impiegati soprattutto
incisori stranieri per riprodurre mappe originali, sia russe che straniere.
Tra i responsabili di quest'attività ci sono: Adriaen Schoonebeck,
Peter Picard, e due incisori russi, Kiprianov e Zubov. L'espansione
della Russia e la contrazione della Turchia richiedono particolare diligenza
e cura nel lavoro di correzione delle frontiere. A seguito della conquista
di Azov del 1696, si dà alle stampe la carta di questa regione
(1701). L'acquisizione provoca una sorta di riorientamento geografico
dell'impero, uno spostamento da Nord verso Sud-Est. Nel 1713 Azov
viene persa e Pietro si concentra di nuovo sulle regioni settentrionali,
a causa della Guerra del Nord con la Svezia. Nel 1739, con Anna, Azov
è riconquistata definitivamente, mentre nel 1783 viene annessa
la Crimea da Caterina II. La zona di Azov, alla bocca del Don, è
oggetto di grande interesse per l'Europa. Infatti, oltre a essere
una regione a lungo contesa e oscillante tra Russia e Turchia, essa rappresenta
anche il possibile punto d'incontro tra vecchio continente e Asia.
8. Raggiunta una relativa tranquillità politica, dal 1717, i progetti
scientifici russi traggono beneficio da una ritrovata determinazione e
da uno slancio innovatore. Tutta la cartografia russa viene organizzata
dal primo direttore dell'Ufficio Cartografico, Ivan Kirilov, mentre
Joseph-Nicolas Delisle, astronomo e geografo francese inviato in Russia,
viene affiancato a Kirilov in qualità di collaboratore[29].
Intenzionato a rimanere in Russia soltanto per quattro anni, Delisle vi
resta per 22, contribuendo a formare la prima generazione di astronomi
russi. Kirilov e Delisle sembrano avere due visioni diametralmente divergenti
sul lavoro cartografico: Delisle sostiene che non si possa intraprendere
nessuna spedizione prima di aver terminato un dettagliato studio geografico
fondato su basi astronomiche, mentre Kirilov ritiene che la spedizione
possa affidarsi a riferimenti geografici naturali, come ad esempio i fiumi.
Sebbene la sua fama non sia delle migliori tra gli accademici russi, spesso
accusato di incompetenza e di essere un alcolista dagli altri membri dell'Accademia
delle Scienze, è proprio il fratellastro di Joseph-Nicolas, Louis
Delisle de la Croyère, uno dei protagonisti più importanti
delle spedizioni astronomiche di quegli anni[30].
Il processo di conoscenza della Russia europea e asiatica progredirà più speditamente grazie alle osservazioni astronomiche in Siberia e in Kamčatka, alla descrizione geografica del territorio, della flora e della fauna, e delle popolazioni incontrate da questi coraggiosi scienziati, tra cui vale la pena di ricordare anche i nomi di V. Bering, S. Krašeninnikov, F. Müller, J. G. Gmelin, e P. S. Pallas. Joseph-Nicolas e Delisle de la Croyère, compilano tavole scientifiche ed elaborano informazioni geografiche e astronomiche che provvedono sistematicamente, e segretamente, a inviare a Parigi, al fratello e geografo reale Guillaume Delisle[31]. Kirilov si rende conto che seguendo i metodi di Delisle non si sarebbe mai compilata una carta generale della Russia in breve tempo, per cui decide di dare un impulso decisivo per la redazione di un grande atlante russo usando i propri metodi, pur tenendo conto dei consigli di Delisle[32]. Sotto l'egida del Senato, seguendo le istruzioni di Kirilov, parte dunque il progetto ambizioso di rilevamento topografico dettagliato (latitudine, longitudine, rete stradale, fiumi) e di registrazione di dati riguardanti le province e le popolazioni dell'impero russo. Un decreto del 1728 del Senato russo ordina ai topografi di "designare non soltanto le abitazioni russe, ma anche quelle dei nomadi locali, compilando registri da cui ricavare riassunti atti ad accompagnare le carte, che devono indicare dove si trovano le persone, i loro credo religiosi, la loro cucina, se e quale tipo di grano coltivano, e così via, rilevando qualsiasi dato contribuisca ad arricchire la descrizione geografica (...)"[33]. Sebbene i metodi seguiti non abbiano carattere uniforme, non sia stato stabilito un primo meridiano, una scala precisa, e il lavoro proceda a un ritmo assai più lento di quello auspicato inizialmente, entro il 1744, ben 164 distretti su 265 della Russia europea, e 26 in Siberia, sono già tracciati sulle carte[34].
9. L'intero atlante avrebbe dovuto comprendere 120 carte. Una
prima parte, formata da una mappa generale e 14 mappe regionali, è
ultimata nel 1734. La carta generale rappresenta la prima carta della
Russia, sebbene incompleta e scarsa di dettagli. La morte di Kirilov
nel 1737 interrompe l'opera, perché Delisle e gli altri
accademici abbandonano l'intera edizione, incluse le carte già
parzialmente terminate. La vedova di Kirilov lascia tutto il materiale
del marito all'Accademia delle Scienze. Durante la seconda spedizione
di Bering (1734-41), l'Accademia decide di far pubblicare l'atlante
di Kirilov, ma Delisle continua a rimandare, in vista di nuove e migliori
versioni, in apparenza incapace di dare una veste definitiva alle carte,
ma presumibilmente con l'intenzione di pubblicare lui stesso tutto
il materiale una volta rientrato in Francia. L'Atlante viene tuttavia
riprodotto in serie durante un'assenza del francese, grazie ad
uno dei direttori dell'Accademia delle Scienze, Schumacker. Nel
1745 esce quindi il primo atlante russo, opera eterogenea e non sempre
di buon livello cartografico, che descrive nei dettagli l'impero,
benché non comprenda ancora le regioni del mar Nero, del Caucaso
e dell'Asia centrale[35].
Il lavoro di correzione dell'Atlante comincia subito dopo la pubblicazione,
per continuare successivamente sotto la direzione di Lomonosov. L'opera
russa diventerà una delle fonti cartografiche più usate
dai geografi occidentali.
Per l'Europa occidentale si tratta di seguire, di tenere sotto
controllo i movimenti e gli spostamenti geopolitici di quella parte
del continente più irrequieta. Nel 1757 i Robert, padre e figlio,
pubblicano il loro Atlas Universel a Parigi, rivendicando la
superiorità della loro carta della Russia europea, avvertendo
che l'atlante russo va usato con 'circospezione', a causa della
negligenza dimostrata nel disegnare le zone di confine[36].
Tuttavia, nella prefazione all'atlante, i Robert non trascurano
di dare il giusto riconoscimento all'opera geografica di Kirilov
e alle più recenti compilazioni russe, usate diffusamente nell'Europea
occidentale, per esempio, dal tedesco Johann Homann e dal francese Philippe
Buache. L' Atlas Universel presenta una divisione precisa
tra le province europee e quelle asiatiche della Russia (mappa 94),
in cui i confini colorati corrono lungo i Monts Poyas (l'antico
nome degli Urali). D'Anville nel suo Nouveau Dictionnaire
Universel, alla voce ‘Poyas (les monts)', dice che si
tratta di "una catena di montagne della Russia asiatica, a Nord-Ovest
della Siberia, che separa il governatorato di Kazan' da quello
della Siberia" e delimita la cosiddetta Russia asiatica[37].
10. L'Ucraina prima, e la Polonia e la Turchia in alternanza successivamente,
diventano vittime dei disegni espansionistici russi. L'evento di
politica internazionale, che va a sconvolgere l'assetto geografico
dell'Europa orientale negli ultimi decenni del Settecento, riguarda
le tre spartizioni della Polonia. La Polonia subisce un'aggressione
da parte di Russia, Prussia e Austria che andrà a intaccare la
configurazione del territorio e creerà, allo stesso tempo, non
pochi problemi ai geografi europei. Dalla fragilità politica interna
deriva la facilità con cui il paese diventa preda degli ambiziosi
vicini. La carenza che si registra anche nel campo cartografico, quale
strumento di stato, si accompagna dunque alle difficoltà del governo
in Polonia nella gestione della propria difesa e nell'intraprendere
manovre diplomatiche opportune affinché si eviti l'ingerenza
straniera. La maggior parte delle carte polacche stesse, raffiguranti
le partizioni, sono carte stampate in Russia. Le carte vengono tuttavia
in prevalenza prodotte nell'Europa occidentale. A Parigi, nel 1772,
d'Anville, membro corrispondente dell'Accademia delle Scienze
di San Pietroburgo, pubblica L'Empire de Russie, son origine
et ses accroissements. È l'anno della prima spartizione
della Polonia, ma già nel 1769 la guerra tra la Russia e la Confederazione
di Bar aveva spostato la frontiera politica. Del 1772 è una carta
della Polonia (in 24 fogli) di Rizzi-Zannoni, raffigurante un quadro dettagliato
di questa regione, si rivela strumento molto utile in un momento in cui,
a tavolino, i regnanti di Prussia, Russia e Austria vanno 'sezionando'
e spartendosi la Polonia[38].
La prima spartizione viene vissuta come una questione che riguarda i monarchi,
che agiscono direttamente, e irregolarmente, sulla carta. Il dilemma dei
cartografi è quello di decidere con quale velocità e con
quale criterio seguire le mosse dei regnanti, questione che diventa ancora
più spinosa nel 1795, quando la terza spartizione eliminerà
del tutto la Polonia. Di Antonio Zatta è la Carta del regno
di Polonia che dimostra il partaggio fatto dalle potenze europee nell'anno
1773 e nel corrente 1793, nella quale le zone si distinguono per i
colori differenti, in giallo l'attuale regno di Polonia, in rosso
la Polonia prussiana, in celeste la Polonia prussiana e in verde quella
austriaca[39]. Sul bordo superiore
della carta è segnata una delle tre regioni offensive confinanti,
la Russia europea. Sebbene, di fatto la Polonia venga eliminata
politicamente, il nome si conserverà proprio sulle carte geografiche
dell'epoca.
11. Prendendo in considerazione l'effettivo primato del vecchio continente nel campo delle conoscenze e la sua concentrazione di utenti (militari, politici, mercanti), superiore a quella di qualsiasi altro continente, non sorprende che tutte le opere a carattere geografico, sino a fine Settecento, trattino prevalentemente di paesi europei. I primi cambiamenti si erano sviluppati già nel corso del XVI secolo con la nascita dell'atlante moderno, tipo di pubblicazione affermatasi successivamente, soprattutto nel Seicento, che riuniva le carte di tutto il mondo e le commentava con brevi testi geografici. Le carte dell'Europa superano per numero quelle di tutti gli altri continenti e l'immagine del vecchio continente è molto simile a quella che abbiamo noi oggi, con l'esclusione di zone considerate ancora "misteriose". I marinai olandesi scoprono a Nord le isole Svalbard, ma non è da escludere che più a Nord ci sia qualcos'altro; è incerto il corso dei grandi fiumi russi; ad Est l'Europa finisce sempre con il mar Nero e con il Don, come emerge dall'Europa di Abramo Ortelio del 1570[40]. All'epoca, dei monti Urali si è appena sentito parlare, mentre il Don è conosciuto fin dall'antichità classica (Erodoto). Nel 1518 il rettore dell'Università di Cracovia, Mathias Michow, pensa ancora che il fiume Volga sfoci nel mar Nero, e se i polacchi, pur confinando con la Moscovia, hanno un'idea così confusa delle regioni russe, ben più approssimative devono essere le cognizioni geografiche nell'Europa occidentale. Dal lavoro della Licini, La Moscovia rappresentata[41], si ricava una prospettiva interessante sull'apertura di una rotta a nord-est, attraverso la Moscovia, per raggiungere il Levante, sul motivo di tanta incertezza e diffidenza nei confronti di queste regioni e, infine, sul motivo per cui i più intraprendenti viaggiatori europei preferiscano affrontare l'Atlantico sconosciuto, o avventurarsi in acque africane battute dai misteriosi Alisei, piuttosto che tentare di avvicinarsi al Settentrione del continente europeo. Licini suggerisce che ai confini del granducato moscovita possano essere stati sovrapposti miti e congetture cartografiche medioevali e rinascimentali: ne è un esempio il racconto millenario secondo il quale tali luoghi sono limitati e difesi da monti altissimi e ghiacciati, detti Iperborei.
12. Studiando l'evoluzione delle conoscenze cartografiche e geografiche occidentali della Russia, soprattutto europea, nel Rinascimento, Licini ipotizza la sovrapposizione dell'immagine del mondo medioevale, della 'mappa a T' in cui l'Oriens è in alto (posizione di primo piano) e l'Europa nell'emisfero inferiore sinistro (il Septentrio), a quella rinascimentale, in cui l'Europa ruota in senso orario di 90°, facendo scivolare l'Oriens in una posizione di secondo piano e cedendo il posto al Settentrione. Questo fa sorgere una difficoltà: l'Oriens, punto in cui nasce il sole, richiamo alla cristianità, probabile sede dell'Eden, perde la sua collocazione millenaria. Ne rimane tuttavia un ricordo, una traccia, che sembra emergere dal materiale cartografico e da numerosi richiami contenuti nei coevi diari di viaggio. Il procedimento mentale viene comunque sempre dato per scontato nei diari di viaggio e nei testi scientifici, mai espresso apertamente, come se fosse patrimonio comune, recepito a priori da tutti. Ovviamente la reale presenza dei viaggiatori occidentali in Moscovia sfalda certe congetture geografiche e, con l'avanzare verso Nord, retrocede il mito degli Iperborei, anche se esso riemerge spesso, e inaspettatamente, nei diari più tardi, perfino secenteschi. Licini analizza a questo punto il grado di confluenza fra la cartografia occidentale e le conoscenze geografiche russe sul territorio moscovita. Le descrizioni occidentali risentono dell'impostazione geografica russa, ancora capovolta, e ciò crea tutta una serie di malintesi. Molti spunti per far luce sulle conoscenze e i miti riguardanti l'Europa orientale, possedute dall'Occidente nel Cinquecento, si ritrovano anche in Paradise Lost (1667) e in A brief History of Moscovia (1682) di John Milton.
13. Tornando a parlare del carattere propriamente scientifico della produzione
geografica e cartografica del Seicento che tratta il soggetto 'Oriente
d'Europa' è necessario volgere l'attenzione alla geografia
olandese. Si deve a Johannes Blaeu[42]
la costruzione di un grande atlante di lusso, in undici volumi, con edizioni
diverse a seconda delle lingue in cui è tradotto il testo, e noto
come Geographia Blaviana o più esattamente come Atlas
maior, sive Cosmographia Blaviana (1662). Nel secondo volume
si trovano carte dettagliate e precise anche delle regioni orientali,
quasi sconosciute e ai margini dell'Europa del Seicento. In esso
sono inserite raffigurazioni di popoli, vedute di città, riquadri
con effigi di sovrani e un lungo testo esplicativo in latino. La
Lapponia risulta come estrema provincia settentrionale dell'Europa
e viene trattata insieme a Norvegia, Svezia, Finlandia, Ingria, Livonia
e Gothia. Nel liber quartus c'è la Russia "quae
est Europae": Russia Rossa, Bianca, Nera[43],
con la suddivisione delle province e l'enumerazione dei fiumi, che "sono
sia per ampiezza, che per lunghezza i più grandi d'Europa":
il Volga, la Dvina, il Tanais o Don (volgarmente).
Blaeu non lascia dubbi sul confine orientale dell'Europa, accanto
al fiume Don compare infatti la scritta: "Tanais, nunc Don flumen,
terminus inter Europam et Asiam". Segue una carta di F. de Witt,
Imperii Russici sive Moscoviae, nella quale sono segnati tutti
i popoli, i cui costumi sono descritti a grandi linee. Viene detto che
tra tutti i popoli della Moscovia regna più servitù che
libertà, non esiste rispetto per le persone, oppresse da durissime
condizioni di lavoro e da tributi intollerabili. I privilegiati sono nobili,
magnati, prefetti, consoli, ma tutti i loro beni mobili e immobili appartengono
al Principe, al quale devono rispondere di ogni crimine. Le donne si trovano
in una situazione miserrima, nessuna è creduta onesta e pudica,
e sono costrette a vivere recluse in casa. Se anche quegli uomini che
sono chiamati cristiani sono crudelissimi, non meraviglia che nel paese
abbondino omicidi e rapine, oltre a un gran numero di mendicanti. Diffuso
è l'uso della tortura, oltre alla tirannia del clero e alla
superstizione del volgo. Sono legali e frequenti i divorzi[44].
14. La Moscovia è suddivisa in: Regiones Australes Moscoviae,
Regiones Occidentales Moscoviae e Regiones Septentrionales Moscoviae.
Si noti che non esiste la dicitura Regiones Orientales,
forse perché la zona viene associata alla parte asiatica e
perciò considerata formalmente estranea a questa trattazione della
Moscovia europea. In realtà le regioni orientali sono poi enumerate
insieme a quelle settentrionali. Ben precisa l'indicazione dei luoghi,
a partire da punti di riferimento fluviali. Nelle Regiones Australes,
ad esempio, nella zone di Rhezan, tra il fiume Occa e Tanais,
c'è un luogo chiamato Msczeneck, infestato dai Tatari. Compare
anche un breve profilo storico della regione di Smolensk. In Rosthovia
confluiscono svariati popoli: Svedesi, Livoni, Lituani, Tatari e altri;
la Siberia è occupata da terre vaste e incolte; i Ceremissi abitano
tra le province Viatkan e Vologolam, e sono in gran parte
pagani, alcuni maomettani, dediti a ladrocini e altre occupazioni ignobili.
Nella zona australe vi sono anche le province di Kazan' e Astrachan',
abitate dai Tatari. Tra le Regiones Occidentales: la Bielskia,
Rschovia, Plescovia, Novogrodia, Bieleiezoro, Iaroslavia, Wolock, Welikilvki,
Toropecz, Twer, Wotzka, Woschipitin, Uglitz, Chloppigorod e Mologa.
Nelle Regiones Septentrionales ritroviamo la Siberia, dove
vivono popolazioni indigene, che usano "il proprio idioma, non conoscono
il pane e mangiano come animali". Le altre province sono: Dwina,
Vstivga, Vologda, Viatka, che fu sotto il dominio dei Tatari, Permia
(regione orientale confinante a Est con gli Urali), Ivgra, da dove
una volta emigrarono gli Ungari, a causa della sterilità del terreno,
le cui popolazioni parlano ora la lingua ungarica. Segue una carta geografica
intitolata: Russiae vulgo Moscoviae dictae, Partes Septentrionales
et Orientales, Auctore Jsaaco Massa[45],
nella quale sono segnate le lingue delle regioni. Dei Samoiedi si dice
che sono pericolosi, che usano riti agresti e barbari, e adorano il Sole
e la Luna a cui offrono sacrifici.
La Tataria segna il confine con la parte asiatica, gli abitanti sono chiamati
Tartaros Volgaros e Bulgaros, sono forti fisicamente, lascivi
e proclivi a ogni forma di sconcezza, non inferiori ad altre nazioni per
audacia e magnanimità. Non sono dediti all'agricoltura ma
all'allevamento, ed errando compiono ladrocini, qualcuno è
stato battezzato (nelle zone più vicine alla Moscovia). I Tartari
Nogaytae sono crudelissimi, più simili alle fiere che agli
uomini. E da queste descrizioni si ha l'impressione che la desolazione,
la barbarie e l'ignoranza della gente vada aumentando man mano che
si procede verso le regioni nord-orientali. Blaeu utilizza una carta di
Adamo Oleario, Nova et accurata Wolgae fluminis dim Rha dicti delineatio,
Auctore Adamo Oleario, autore di un resoconto di viaggio sulla Russia
(1647)[46]. Per l'Ucraina,
Blaeu impiega quelle di Guillaume Le Vasseur de Beauplan, ufficiale francese
che aveva fatto il rilevamento del territorio e costruito fortificazioni
per il re di Polonia e Lituania, e i cui domini arrivavano quasi al mar
Nero (1630-47)[47].
15. Nonostante che tra Sei e Settecento la cartografia accentui il suo
carattere scientifico e si completi con nuove e più accurate valutazioni
di calcolo, le carte si fondano tutte su coordinate erronee, dal momento
che difettano di alcuni dati fondamentali, quali la circonferenza e la
forma esatta della terra (quindi la larghezza dei gradi). More geometrico
e linearità si stanno risolutamente affermando quali requisiti
fondamentali della rappresentazione geografica del mondo, ma soltanto
negli ultimi decenni del XVIII secolo si potranno misurare con precisione
longitudine e latitudine, con un procedimento pratico di ricerca col sestante
e col cronometro nautico[48].
Nel primo Settecento la cartografia è considerata più un'arte
che una scienza e se proprio in essa devono riconoscersi aspetti scientifici,
questi sono più attinenti alla filologia che alla matematica. Come
racconta Fontenelle nel suo elogio di Guillaume Delisle, in assenza di
una rete sufficientemente estesa di determinazioni astronomiche, il cartografo
deve "ricorrere alle misure itinerarie, alle distanze dei luoghi,
diffuse in un'infinità di storie, viaggi, relazioni, in scritti
di ogni specie e anche in maniera poco esatta", quindi deve confrontarle,
convertirle, discuterle una a una[49].
Guillaume Delisle (1675-1726) e Jean Baptiste Bourguignon d'Anville
(1697-1782) sono i più importanti rappresentanti della categoria
del 'géographe de cabine', la quale viene tuttavia affiancata
e completata dall'attività di geografi e di astronomi impegnati
in rilevamenti sul territorio e in osservazioni scientifiche, sia in patria
che in regioni più remote[50].
Guillaume Delisle appartiene a una famiglia di scienziati. Figlio dello
storiografo Claude Delisle (egli stesso allievo di Nicolas Sanson) è
fratello dell'astronomo Joseph-Nicolas e del viaggiatore Louis Delisle
de la Croyère, oltre che allievo di Gian Domenico Cassini[51].
Viene chiamato a far parte dell'Académie Royale des Sciences,
perché anche se lo statuto non prevede nessun posto di geografo,
l'Accademia ha tra i suoi obiettivi primari l'avanzamento
della geografia e della cartografia, da realizzare attraverso lo studio
delle osservazioni astronomiche. Grazie alla compilazione di tavole dettagliate
dei loro movimenti, applicate alla misurazione del regno, nel 1682 l'Accademia
può presentare al re una carta rettificata dei suoi stati, che
rivela una Francia ben differente da quella che i cartografi precedenti
avevano raffigurato. Per attuare gli scopi dell'Accademia sono chiamati
alla collaborazione tutti gli scienziati d'Europa, attraverso una
fitta rete di relazioni stabilite con tutti i centri astronomici europei.
Questo sistema dà presto esiti discreti, che portano alla correzione
delle carte degli stati, restituendo le giuste proporzioni: "l'Europa,
l'Asia, l'Africa occupano meno spazio sulla superficie della
Terra, l'America è più vicina al nostro continente
e di conseguenza il Pacifico ha una maggiore estensione di quella che
le carte gli concedono"[52].
Tutto ciò deriva dalla maggiore conoscenza del cielo, come osserva
Fontenelle: "la conoscenza di Giove, distante 165 milioni di leghe,
ha prodotto la conoscenza della terra e gli ha quasi fatto cambiare faccia"[53].
16. Guillaume Delisle consacra la propria vita interamente all'opera di riforma della cartografia, producendo circa un centinaio di carte originali, storiche, ecclesiastiche, geografiche, conquistando in Francia e in Europa una reputazione considerevole. I suoi studi, in "Rue des Canettes, près de Saint-Sulpice" e a "Quai de l'Horlorge au Palais", sono il luogo d'incontro di tante celebrità di passaggio, come Fontenelle e persino Pietro il Grande. L'Europa di Guillaume Delisle (1700) comprende un'area molto ristretta, che si spinge fino al 40° di latitudine a Est di Greenwich, nella quale la Moscovia asiatica è separata da quella europea da un bordo colorato che corre lungo il Don fino al mar Bianco, secondo una consuetudine che entra in uso da Pietro I in poi, per cui si considera la Russia asiatica una sorta di dominio semicoloniale. Per la Polonia, nel 1703, Delisle ricorre ancora alle carte di Beauplan del secolo XVII, sebbene tenga a precisare di aver apportato delle rettifiche[54]. Una carta di Delisle, pubblicata a Parigi nel 1724, incorpora l'Ungheria nella "Turchia europea", ombreggiandone i confini. All'inizio del secolo, l'insurrezione di Rákóczi, fa sì che sulle carte non si tenga conto delle circostanze politiche contingenti, dato che il destino dell'Ungheria è effettivamente dubbioso, perché gli ungheresi stanno combattendo per la loro indipendenza. Nel caso specifico di questa carta geografica, la spiegazione dell'inesattezza storica può essere attribuita al protrarsi dell'indecisione nel tempo, un'incertezza che rimane "sulla carta" anche dopo il trionfo degli Asburgo. Più in generale, si nota una difficoltà oggettiva per la cartografia di seguire il rapido mutare degli eventi politici internazionali. Come fa notare Wolff, una soluzione di compromesso sarebbe stata, tutt'al più, quella di rappresentare l'Ungheria come indipendente o colorata come un'entità distinta, sia dall'impero ottomano che asburgico[55]. La carta di Guillaume Delisle del 1740, Hémisphère septentrional pour voir plus distinctement les terres arctiques, corrigée de nouveau sur la carte de Mr. Johannes Kirilov[56], sottolinea la separazione tra i continenti con il colore: l'America in giallo, l'Africa di un verde acqua, l'Europa di un verde cupo, l'Asia in rosa. I confini tra Asia ed Europa corrono da Archangels'k a Nord fino al mar Nero, che viene diviso nettamente in due parti; sono ben distinte le varie regioni e popolazioni. La carta riproduce la copia di una lettera di Monsieur Swartz, residente a Pietroburgo, nella quale si raccontano in breve le vicende del Capitano Spanberg in Kamčatka, trattate più diffusamente nel resoconto di Müller, Voyages et découvertes faites par les russes (1766)[57].
17. Johan Matthias Hass nel suo Imperii Russici et Tatariae Universae[58]
presenta una carta, come dice lui stesso nel titolo, basata sulle
relazioni e sulle legittime proiezioni geografiche, descritta dal punto
di vista fisico, con l'indicazione delle città e delle popolazioni.
Egli estende il continente colorando fino al Don a Sud e fino alla Novaja
Zemlja a Nord, intorno al 60° di longitudine, separando l'Europa
dall'Asia per mezzo di una diagonale accidentata che taglia i paralleli.
Prosecutore dell'opera di Delisle è d'Anville, che
grazie anche alla sua straordinaria longevità, ha potuto segnare
la geografia di tutto il secolo dei lumi. Occupandosi sia di geografia
antica, che di geografia moderna, produce una vasta quantità di
documenti preziosissimi: da un atlante della Cina, che va a completare
la Description de la Chine di du Halde[59],
alle carte dell'Italia[60];
dalle carte generali alle carte dei continenti, preludio del mappamondo
del 1761, quasi tutte accompagnate da analisi e da commento. La superiorità
di d'Anville sta nella sua capacità di lavorare con materiale
tradizionale e osservazioni nuove al tempo stesso, di interagire con informatori
permanenti o occasionali, missionari, viaggiatori, avventurieri, che gli
permettono di conoscere il mondo e di allargare i suoi orizzonti per interposta
persona, senza allontanarsi da Parigi. Documento di estrema importanza
geografica è la carta di d'Anville, The Russian Empire
in Europe (1769)[61],
incisa su rame, a colori. Il salto di qualità emerge a colpo d'occhio:
ci sono tre scale, il miglio geometrico, la versta russa e il miglio svedese;
a piè di pagina una specie di glossario con la traduzione inglese
di alcuni toponimi e nomi russi. Il corpo della carta è rappresentato
dal disegno della Russia, suddivisa in "Russia in Europe"
e "Russia in Asia", la prima colorata in giallo, più
vivo intorno ai confini e che si schiarisce procedendo verso Est; le coste
sono tratteggiate in rosa, il resto della carta è in bianco. La
"Russia in Europe" è delimitata a Nord dalla
Nova Zimla, sono comprese in questo settore: Archangel'sk,
Smolensk, Kiev, il mar d'Azov e il mar Nero a sud, Voronež,
il regno di Kazan'; mentre sono esclusi: la Piccola Tataria, la
Circassia, il governatorato di Astrachan' e gran parte della Tataria.
18. I confini orientali non sono ben chiari, né seguono vie fluviali o monti. In alto a destra si trova la descrizione della Russia secondo l'autore: "L'impero di Russia è il più grande dell'intero globo, e si estende in lunghezza da Ovest a Est, per oltre duemila miglia; (...) Dall'Isola di Dago fino ai suoi limiti più orientali, contiene quasi 170 gradi, così che quando a Ovest è mezzogiorno, è quasi mezzanotte nella parte orientale di quest'impero". Continua con cenni storici e con informazioni sulla città di Pietroburgo, fondata da Pietro I nel 1703.
"Gli abitanti dell'Ucraina, chiamati Cosacchi, sono uno sciame di antichi Rossolani, Sarmati e Tartari tutti insieme, il loro paese è parte dell'antica Scizia; (...) Pietro li ha sottomessi completamente. I Cosacchi Zaporoženi sono simili ai nostri Bucanieri (...) individui disperati che vivono di rapine. Essi si distinguono da tutte le altre nazioni perché non tollerano che le proprie donne vivano tra loro: le donne servono alla riproduzione e risiedono su altre isole del fiume. Non hanno mogli, né famiglie, i bambini entrano nella milizia per il servizio, le bambine rimangono con le madri: un fratello ha spesso dei figli dalla propria sorella, il padre dalla propria figlia. (...) Il regno di Astrakan' fu infestato, piuttosto che abitato, dai Tartari, che non coltivarono mai la terra, ma vissero sempre come vagabondi"[62].
D'Anville situa la Turchia e la Tataria in Asia, come si deduce dalla carta intitolata: Première partie de la Carte d'Asie, contenant la Turquie, l'Arabie, la Perse, l'Inde en deçà du Gange et la Tartarie (1751). Il fatto che i limiti ad Est siano sempre così indistinti o variabili non è frutto del caso, perché nelle carte dell'epoca il confine è marcato dal colore[63]. Sembra piuttosto che la massa Euroasiatica rappresenti un'unità territoriale indefinita, che consente di tracciare un'infinità varietà di linee o addirittura fa sì che regioni diverse dell'Europa orientale siano colorate insieme[64].
19. Nella carta geografica Tabula Geographica generalis[65]
di Truskott e Schmidt, del 1772, resiste la classica suddivisione
tra Russia europea e Russia asiatica, ma con l'indicazione precisa
di tutte le province appartenenti alle due zone, inserita in una specie
di tabella. Fanno parte della Russia asiatica le province di Kazan',
Astrachan', Orenburg, Siberia, Irkutsk, le cui popolazioni sono:
Tungusi, Jakuti, Čukči. Si direbbe apparentemente che il confine
corra lungo il fiume Volga, anche se esso non è segnato precisamente
sulla carta, ma desunto dalle informazioni fornite dalla tabella. I territori
indicati corrispondono poi ad altrettante carte (tabulae), dettagliatamente
descritte, ma forse di uso religioso, dal momento che sono segnate con
grande scrupolosità soprattutto chiese e cappelle.
Ai primi dell'Ottocento troviamo una carta, la Carte de la Russie[66]
di Tardieu, che segna il confine con l'Asia al fiume Ural, senza
lasciare margine al dubbio, e che divide il governatorato di Orenburg
in due settori, uno europeo e uno asiatico.
Se si mettono a confronto le due Europe del Settecento, esaminando la
situazione dal punto cartografico, ci si accorge dello squilibrio: ad
Occidente si vede un continente tratteggiato nei più minuti dettagli,
con stati marcati da confini precisi, che, se pur soggetti a mutamenti
geopolitici, non possono sfuggire all'attenzione dell'esperto
e aggiornato geografo; a Oriente, invece, si trova una massa indefinita,
che lascia largo spazio alla soggettività, legittimando incertezza[67].
Infatti, o si ammette di trovarsi in una situazione di ambiguità,
piuttosto che fornire informazioni errate, o in alternativa si seguono
le vie tradizionalmente accettate. Abbiamo visto che Blaeu e Guillaume
Delisle rimangono fedeli al confine presso il Don; Montesquieu fissa il
confine lungo il Volga. Voltaire invece non dà una risposta puntuale.
Pur dicendo che nel secolo precedente si conoscevano poco i limiti della
Russia, accenna tuttavia a qualche definizione geografica. Ora fissa i
confini occidentali "tra questo impero e l'Europa cristiana"
in Livonia, mentre "Astrachan' è il confine tra l'Asia
e l'Europa, e può controllare il commercio dell'una
e dell'altra, trasportando sul Volga le mercanzie portate attraverso
il mar Caspio"; a sud-est del regno di Astrachan' c'è
il piccolo paese di Orenburg di formazione recente, che sta diventando
il magazzino dell'Asia, perché vengono a trafficarvi Persiani,
Indiani, e gli abitanti della grande Bukhara. Orenburg sembra quindi appartenere
alla zona asiatica (anche come popolazioni), come anche la Siberia, che
si estende ad Oriente dalle frontiere delle province di Archangel'sk,
Kazan', Astrachan'.
20. Viene poi aggiunto che la Kamčatka, l'ultima provincia
descritta, è il paese più orientale del continente. In ultima
analisi, Voltaire ribadisce esplicitamente la propria incertezza, lasciando
ai lettori il beneficio del dubbio:
"Se, dopo aver percorso con l'occhio tutte queste vaste province, date uno sguardo a oriente, è là che i limiti dell'Europa e dell'Asia si confondono ancora. Sarebbe necessario un nome nuovo per questa grande parte del mondo. Gli antichi divisero in Europa, Asia e Africa, l'universo da loro conosciuto: essi non ne avevano visto nemmeno la decima parte; e questo fa sì che quando si sia passata la Palude Meotide, non si sa più dove finisca l'Europa e dove cominci l'Asia (...). Forse sarebbe più appropriato chiamare terre artiche o terre del nord tutto il paese che si estende dal mar Baltico fino ai confini della Cina, come si dà il nome di terre australi alla parte di mondo non meno vasta, situata sotto il polo antartico, e che fa da contrappeso al globo"[68].
Se nella carta The Russian Empire in Europe D'Anville non
è preciso nell'indicare un confine tra i due continenti,
sebbene il limite sembri correre vicino al corso del Volga, nel suo Nouveau
Dictionnaire Universel ricorda i monti Poyas, dimostrando
di esserne a conoscenza e, soprattutto, pur non prendendo posizione, di
aver presente il problema geografico riguardante un presunto ruolo divisorio
degli Urali. Allo stesso modo, Lenglet Dufresnoy sembra aggiornato
sul contemporaneo dibattito sui confini orientali d'Europa; non
solo usa le carte del russo Kirilov ma, ne coglie i non ancora elaborati
suggerimenti su un supposto ruolo di separazione degli Urali e ne accenna
nella Méthode pour étudier la géographie[69].
L'astronomo francese, Chappe d'Auteroche, afferma, a sua volta,
che i "monts Poyas formano una catena che deve essere considerata
come un braccio della grande catena dei monti del Caucaso. Quella dei
monts Poyas parte dal sud e separa l'Asia dall'Europa
fino al mar Glaciale"[70].
Egli individua nettamente la catena degli Urali, indicati con la denominazione
arcaica di Velikii Poias, che la maggior parte dei geografi dell'epoca
tracciano appena sulle loro carte.
21. Nel volgere lo sguardo ad Est e nell'esaminare la riflessione sui confini nel pensiero geografico russo è necessario fare un salto indietro nel tempo. La Russia pre-petrina rimane apparentemente immune dal diffuso dogma europeo professante la superiorità del vecchio continente. La Moscovia è isolata e traccia le sue routes culturali e religiose da Bisanzio, autoescludendosi dal quadro europeo. Gli europei sono considerati alla stregua dei tatari o dei turchi, Ključevskij parla di "un'inveterata antipatia" nei confronti del mondo occidentale in generale[71]. Le categorie di Europa ed di Asia esistono esclusivamente come formali indicazioni fisico-geografiche. La prova più evidente di questo atteggiamento risulta dal modo in cui viene trattata la questione stessa del confine Europa-Asia in Russia. Gli intellettuali moscoviti sono sicuramente ben informati sulla letteratura geografica occidentale, avendo a disposizione le traduzioni dei lavori di Mela, Mercatore, e copie manoscritte di altre opere. Gli scritti cosmografici russi dei secoli XVI e XVII non sono altro che compilazioni fatte a partire da fonti occidentali. L'immagine cartografica della Russia è dunque prevalentemente costruita in base a descrizioni occidentali e in buona parte raccolte nell'Atlas Maior di Blaeu; tra i gli autori più importanti ci sono: Hessel Geritsz, Isaac Massa, Tomasz Makowski, Vasseur de Beauplan e Nicolas Witsen[72]. Vi si trova ripetuta la classica divisione delle masse continentali e il fiume Don identificato come linea di demarcazione tra Europa ed Asia. Benché la Russia sia in possesso di conoscenze topografiche più accurate e dettagliate, rispetto all'Europa occidentale, su alcuni territori e in particolare sulla Siberia, tuttavia la rappresentazione tradizionale vi resiste a lungo. Una possibile spiegazione è forse ascrivibile al fatto che, in epoca pre-petrina, il dibattito su una possibile distinzione tra i due continenti, così come il problema dei confini, rimane a lungo all'interno di ristretti circoli culturali, e spesso impegnati in discussioni di altro genere. Questa incongruenza è ancor più evidente se si guarda alla completa indifferenza con cui viene accettato il confine lungo il Tanais, che colloca una buona porzione dello stato moscovita in Asia.
22. Il dibattito russo sui confini tra Europa e Asia è stato studiato
da Marc Bassin, il quale mostra come, nei primi decenni del Settecento,
si assista ad una decisiva svolta grazie alle riforme petrine dello stato
e della società russi[73].
Queste ultime implicano una nuova e fondamentale percezione della distinzione
tra Europa ed Asia, che dà un nuovo ed enorme credito alla preminenza
della civiltà europea. I tentativi portati avanti da Pietro I per
trasformare l'identità politica della Russia rendono necessaria
una revisione geopolitica del paese al fine di creare un qualcosa di più
manifestamente europeo al posto della massa informe di terre e popoli
sparsi attraverso le lande dell'Est europeo e dell'Asia settentrionale
fino al Pacifico. La Russia, alla stregua di altri paesi europei, avrebbe
potuto essere divisa in due grandi parti: una madre patria o "metropolis"
che appartenesse alla civilisation europea, ed un'altra vasta
regione straniera, una cosiddetta periferia coloniale extraeuropea. Questa
dicotomia, che risulta essere un presupposto estremamente utile per una
differenziazione tra la Russia europea e le regioni asiatiche, viene teorizzata
per la prima volta dallo storico russo Tatiščev, in un manoscritto
circolante già intorno al 1730[74],
ma lo stesso Kirilov ha già precedentemente espresso l'idea
che fossero gli Urali ad avere una funzione divisoria. Nella sua opera
Tatiščev mantiene separata, in due distinti capitoli, la trattazione
delle due parti della Russia. Le due regioni rappresentano due entità
nettamente contrastanti che, al di là della comune egida politica,
non hanno alcuna affinità fisica o culturale.
La divisione tra Europa ed Asia fa riaffiorare la vecchia e delicata questione
del confine tra zona europea e zona asiatica attraverso l'impero
russo, particolarmente critica data la natura uniforme e priva di vaste
masse d'acqua del territorio. Finché la separazione fosse
rimasta ambigua l'immagine che la Russia promuoveva di se stessa
non sarebbe stata legittima. La soluzione è proposta da Tatiščev
stesso nel 1730, che elegge la catena degli Urali come barriera "vera
e appropriata alla configurazione naturale" del territorio, che
si estende dalle coste artiche fino a Sud, lungo il fiume Ural fino al
Caspio, attraverso il Caucaso, per sfociare nel mar d'Azov e nel
mar Nero. Philipp Johann von Strahlenberg, propone una versione leggermente
divergente da quella di Tatiščev, ovvero fa proseguire la barriera
naturale degli Urali ad Ovest, attraverso i fiumi Samara e Volga, fino
al punto in cui incrociano il Don, seguendo poi l'ultimo tratto
di questo fiume fino allo sbocco nel mar d'Azov e nel mar Nero.
Nel suo libro, Description historique de l'empire de Russie, Strahlenberg
dedica un intero capitolo, intitolato "des limites entre l'Europe
et l'Asie", alla discussione sui confini, nel quale sottolinea
la sostanziale differenza tra le regioni, il tipo di terreno e il clima
siberiani rispetto alla parte europea dell'impero russo, ancora
più evidente se si prende in considerazione il corso dei fiumi,
così dissimili da una regione all'altra[75].
Gli Urali sono la scelta logica perché rappresentano il rilievo
fisico più sostanziale, più di tutti i fiumi sino a quel
momento suggeriti, nondimeno naturale linea divisoria tra la Russia e
la Siberia. Non sorprende dunque che sia Pallas che Georgi, nei resoconti
scientifici delle loro spedizioni accademiche, attribuiscano un ruolo
di primo piano alla catena uralica e citino Strahlenberg quale antesignano
della soluzione dei confini tra i due continenti[76].
23. Da una prima generazione di geografi-cartografi, e più in
generale di scienziati, prevalentemente europei, a servizio dell'impero
russo, il processo di acquisizione di notizie sulla Russia verrà
a dipendere sempre meno dalla cultura dell'Europa occidentale, svincolandosi
e rendendosi autonomo, e soprattutto porterà a risultati ancora
più validi e attendibili. L'attività dell'Accademia delle
Scienze di Pietroburgo è animata per tutto il Settecento da uno
sforzo scientifico di vasto respiro e ben organizzato, principalmente
sotto forma di spedizioni scientifiche intese alla scoperta, all'esplorazione,
allo studio di regioni dell'impero, di mari e territori vicini. L'Alaska
viene scoperta nel 1732, la cosiddetta "prima spedizione",
durata dal 1733 al 1742 e alla quale prendono parte 570 persone, intraprende
con successo l'opera gigantesca del rilevamento cartografico e dell'esplorazione
delle rive settentrionali della Siberia. Studiosi illustri della regione
siberiana sono i già citati Tatiščev e von Strahlenberg
negli anni venti, lo storico tedesco Müller[77],
che compie studi di tipo linguistico, e Johan Georg Gmelin[78],
negli anni trenta. Nel decennio successivo Fischer[79]
formula l'ipotesi di una relazione linguistica tra la Siberia e
l'Ungheria e redige un dizionario siberiano.
Con la guerra dei Sette anni la Russia dimostra che il suo peso nel gioco
degli avvenimenti politici e diplomatici è fondamentale, acquistando
dunque, a tutti gli effetti, la dignità di potenza europea. Nessuno
più vede la Russia come un oscuro paese, bensì come un immenso
e potente stato, con forti aspirazioni di conquista ed esigenze di espansione.
Caterina II sulla scia di Pietro il Grande mira al consolidamento della
posizione della Russia dal punto di vista politico e diplomatico, ma aspirando
anche ad acquistare autorevolezza di fronte all'opinione pubblica
europea. L'organizzazione di imprese scientifiche, parallelamente
al progresso cartografico, consente ai sovrani di ampliare la conoscenza
dei territori e delle popolazioni del vasto impero russo, quindi di controllare
le proprie regioni, amministrarle con più metodo, conoscere e sfruttare
meglio le risorse naturali e umane. Ciò consente di rendere più
sicuro il territorio nazionale e di dargli al contempo un assetto ordinato
e civile, accrescendo il prestigio della Russia agli occhi del resto dell'Europa
e legittimando la posizione conquistata politicamente.
24. Per allontanare le cattive impressioni lasciate dal libro dell'abate
Chappe d'Auteroche, Voyage en Sibérie (1768)[80],
e ancor di più per proseguire l'opera di Pietro il Grande,
Caterina II fa organizzare dall'Accademia di San Pietroburgo una
serie di grandi viaggi scientifici, designati sotto il nome di Seconda
Spedizione Accademica; come per i viaggi di Cook e di Chappe d'Auteroche,
il pretesto è l'osservazione del passaggio di Venere davanti
al sole[81]. L'Asia
nord-orientale possiede una superiorità particolare per le osservazioni
astronomiche di quel tipo. Il famoso astronomo del Settecento Christian
Meyer, nota: "Nei paesi settentrionali che si trovano sotto il 67°
e 33' di latitudine è possibile vedere tutto il passaggio di Venere
sul disco del sole, a partire dal momento in cui sale a quello in cui
scende"[82]. L'interesse
degli studiosi di tutto il mondo per il passaggio del pianeta Venere davanti
al sole nasce dall'importanza che il fenomeno ricopre nel calcolo
della distanza tra la terra e il sole, nella determinazione della reciprocità
dei pianeti, e per lo studio del sistema solare. Documento di grande interesse
è la Presentazione del 23 marzo 1767 indirizzata dalla Conferenza
dell'Accademia al direttore dell'Accademia delle Scienze,
Vladimir Grigor'evič Orlov. La Presentazione riflette i pensieri
degli scienziati sul problema della scelta dei luoghi per le osservazioni
in programma nel 1769, della preparazione e del completamento della formazione
della spedizione. Vi ritroviamo gli elenchi degli strumenti necessari
per il lavoro degli osservatori, dei libri, delle carte e delle annotazioni
sulla costruzione degli osservatori. Si legge nella Presentazione
che l'Accademia "predilige i luoghi vicini al mar Bianco e
all'Oceano del Nord"[83].
Dal momento che gli scienziati partecipanti alle spedizioni appartengono
a una moltitudine di differenti campi del sapere, le ricerche perseguite
effettivamente spaziano dall'astronomia alla geologia, dalla botanica
all'economia, dall'etnografia alla linguistica. Del resto
abbiamo visto che la stessa geografia settecentesca è meno disciplina
tecnica di quanto non sia indagine complessiva di società, economie
e costumi, e sforzo di organizzazione di un quadro generale della civiltà.
Sotto la guida del naturalista tedesco Peter Simon Pallas[84]
troviamo un gran numero di partecipanti tedeschi, tra i quali il naturalista
Samuel Gottlieb Gmelin (nipote di Johann Georg), gli scienziati Lepechin,
Georgi, Falk e altri naturalisti e astronomi. I membri della spedizione
esplorano gli immensi territori della Siberia dal 1768 al 1774. Il frutto
più notevole delle loro ricerche è arrivato a noi grazie
alle osservazioni di Pallas, raccolte nei Voyages de P. S. Pallas en
différentes provinces de l'Empire de Russie et dans l'Asie
septentrionale[85]. Le
principali opere geografiche occidentali della seconda metà del
Settecento, per esempio l' Atlas géographique et universel
(1789) di Buache e Delisle, si basano ormai esclusivamente sui dati
raccolti durante queste grandi spedizioni russe degli anni sessanta e
settanta[86].
25. Con la pubblicazione delle grandi opere europee e con la loro diffusione
in ambito francese si aprono così nuove strade alla geografia dell'Europa
orientale. Dalla seconda metà del secolo in poi, l'Europa
orientale comincia a rivendicare il primato sulla circolazione e sulla
pubblicazione dei resoconti, iniziata tuttavia sotto l'egida e grazie
all'iniziativa personale di Pietro il Grande, L'iniziativa
passa di fatto alla cultura russa, desiderosa di promuovere quelle grandi
spedizioni scientifiche che portano alla luce territori e culture fino
a quel momento sconosciute e aspirano a divulgarne i risultati. Con Pietro,
inoltre, emerge il significato politico e culturale della divisione tra
territori russi e siberiani, linea di separazione tra Russia asiatica
ed europea, limite ideale tra Asia e Europa.
Se si guarda all'insieme di queste fonti cartografiche, emerge chiaramente
il fatto che nella prima metà del secolo tutti i geografi occidentali
non spingono mai il confine tra Europa e Asia oltre il Volga, laddove
in Russia, già negli anni trenta, Tatiščev e von Strahlenberg
addirittura discutono e si contendono il primato per aver promosso gli
Urali a confine tra Europa e Asia, sebbene con versioni leggermente divergenti.
Nel 1747 il geografo tedesco Johann Georg Gmelin fa insolitamente slittare
il limite fino al fiume Enisej[87].
Dal regno di Pietro il Grande in poi, il progresso geografico e la conoscenza
dei territori dell'impero russo diventano una delle priorità
dei governi russi e sin dagli anni trenta del Settecento i materiali cartografici
russi cominciano a circolare nell'Europa occidentale, sostituendosi
gradualmente alle fonti cartografiche occidentali, ormai considerate datate
e scientificamente scadenti. Con Caterina II, una serie di spedizioni
accademiche dai molteplici scopi scientifici apre finalmente la strada
ad una conoscenza più approfondita dei territori eurasiatici, condizione
indispensabile per un'amministrazione forte e accentrata, nonché
per la costruzione di un'immagine dell'impero che possa competere
degnamente con le maggiori potenze europee non solo dal punto di vista
militare e strategico, ma anche e soprattutto da quello politico e culturale.
Non sorprende dunque che un problema delicato quanto come quello dei confini
tra Europa e Asia possa essere al centro di un dibattito più acceso
in Russia, piuttosto che nell'Europa occidentale, la cui conclusione
riflette in ultima analisi gli interessi e le ricerche dell'impero
russo piuttosto che gli sporadici e inconsistenti suggerimenti occidentali,
del resto basati soltanto su dati obsoleti e di seconda mano.
Alla fine del Settecento la Russia raggiungerà finalmente una visione
completa del continente eurasiatico. Entrerà in possesso delle
conoscenze che riguardano i territori, le popolazioni e le lingue dell'Asia
nord-orientale fino alle coste dell'America. Ma soprattutto avrà
percorso i territori della Siberia, la terra più grande, più
fredda, più inospitale, più irraggiungibile e misteriosa
dello sterminato impero russo. Nel XIX secolo la prima navigazione russa
intorno al mondo segnerà l'inizio di una nuova era, caratterizzata
dalla ricerca di territori e orizzonti più lontani.
[1] C. PEYSSONNEL, Observations
historiques et géographiques sur les peuples barbares qui ont habité
les bords du Danube et du Pont-Euxin, Paris, N. M. Tillard, 1765,
p. XVI.
[2]L. WOLFF , Inventing Eastern
Europe. The Map of Civilization on the Mind of the Enlightenment, Stanford
(Ca.), Stanford University Press, 1994.
[3]I momenti più significativi
di questo dibattito sono stati ripercorsi da Federico Chabod nel suo prezioso
libro Storia dell'idea d'Europa. Si veda F. CHABOD, Storia dell'idea
d'Europa, Bari, Laterza, 1967. Per un più recente contributo
rimando a A. BUCK, Der Europa-Gedanke, Tübingen, Niemeyer,
1992.
[4]Per una più approfondita
riflessione sull'idea d'Europa nell'opera di Montesquieu
si veda la recente miscellanea L'Europe de Montesquieu; actes
du Colloque de Gênes, 26-29 mai 1993, reunis par A. Postigliola
et M. Grazia Bottaro Palumbo, Napoli, Liguori, 1995.
[5] L. P. SÉGUR , Mémoires
ou souvenirs et anecdotes par le M. le Comte de Ségur, de l'Académie
Française, Pair de France, Ornés de son portrait, d'un
fac simile de son écriture, d'un portrait de l'impératrice
Catherine II, d'une médaille et d'une carte du voyage
de Crimée, 3 tomes, Paris, Lexis Eymery, 1827, tomo II, p.
149, p. 222 e tomo III p. 185.
[6] JAGER P., "Les limites
orientales de l'espace européen", Dix-huitième
siècle, n. 25, 1993, pp. 11-21.
[7]LECERCLE J.-L., "L'abbè
de Saint-Pierre, Rousseau et l'Europe", Dix-huitième
siècle, n 25, 1993, pp. 23-39.
[8] Per un approfondimento,
si veda F. RIGOTTI , "Immaginari spaziali e gerarchie di valore: il Nord
e il Sud", Antologia Vieusseux, n. 64, ottobre 1981; ID., "Stereotipi
dell'immaginario", Antologia Vieusseux, n. 70, aprile-giugno 1983;
P. LICINI, La Moscovia rappresentata. L'immagine "capovolta"
della Russia nella cartografia rinascimentale europea, Milano, Guerini
e Associati, 1988.
[9] J. BLAEU, Geographiae
Blavianae volumen secundum, quo lib. III, IV, V, VI, VII, Europae continentur,
Amstelodami, Labore & Sumtibus Ioannis Blaeu, MDCLXII.
nel 1757.
[10] J.- F. BERNARD, Recueil
de voyages au nord, contenant divers mémoires très utiles
au commerce et la navigation, enrichi de grand nombre de cartes et figures,
A Rouen, Chez Jean Baptiste Machuez le jeune, MDCCXVI, 7 voll.
[11] J. T. VON STRAHLENBERG,
Description historique de l'empire de Russie, traduite de l'ouvrage
Allemand de M. le Baron de Strahlenberg, 2 voll. in-8°, A Amsterdam,
Chez Desaint & Saillant, 1757, vol. I, p. 124 [orig. in tedesco: Das
nord und Östliche theil von
Europa and Asien, Stockholm, 1730]. Strahlenberg è un ufficiale
svedese che, preso prigioniero durante la Guerra del Nord, trascorre oltre
tredici anni nella Siberia occidentale. La sua relazione viene pubblicata
a Stoccolma nel 1730 in tedesco, tradotta in inglese e pubblicata a Londra
nel 1736, in francese ad Amsterdam.
[12] P. N. LENGLET DU FRESNOY,
Méthode pour étudier la Géographie, Paris,
Rollin & Debure, 1742, 8 tomi.
[13] Sono poche le eccezioni.
Tra le occorrenze che ho trovato si noti, per esempio, la locuzione ‘Nos
Europaei occidentales', tuttavia contrapposta a quella di ‘asiatici'
e non ‘Europei orientali', in G. HENSEL, Synopsis Universae
Philologiae; in qua Miranda Unitas et harmonia linguarum totius orbis
terrarum occulta, e litterarum, syllabarum, vocumque natura et recessibus,
eruitur. Etc. [...], a Godofredo Henselio, Scholae A. C. ap. Hirschb.
Rectore, Norimbergae, Heredes Homannianos 1741, p. 346. L'espressione
‘Western Europeans' viene inoltre usata in una traduzione
inglese delle Lettres Edifiantes (1702-1776): Travels of the
Jesuits into various Parts of the World: Compiled from their Letters.
Now first attempted in English. Intermix'd with an Account of the
Manners, Government, Religion, etc., of the Several Nations visited by
those Fathers, transl. By Jo. Lockman, 2 voll., London, printed for
John Noon, 1743, p. 438. Mentre, nelle Observations faites dans les
Pyrénées (1789), di Ramond de Carbonnières, ricorre,
una sola volta, l'espressione "l'occident de l'Europe":
L.-F. R. de CARBONNIÈRE, Observations faites dans les Pyrénées
pour servir de suite à des observations sur les Alps, Inserées
dans une Tradution des Lettres de W. Coxe, sur la Suisse, A Paris,
Chez Bellin, MDCCLXXXIX, p. 432.
[14] Si veda, per esempio,
G. SANSON, L'Asie divisée en ses Principales Régions,
et où se peuvent voir l'estendue des Empires, Monarchies,
Royaumes et Etats qui partagent présentement l'Asie. Recueilli
des divers Mémoires et..., par le S. Sanson, Géographe ordinaire
du Roy, Paris, 1719.
[15]Mappa dell'Impero
Ottomano Composta da Abubekir Efendi Geografo conclativamente alla divisione
de Beylerbati, Passalati e Beylati. [...], (s.d.). Abubekir,
geografo del Sultano, è anche colui che inizia il Marsili ai segreti
della cartografia ottomana. Cfr. NATALI G., Uno scritto di Luigi Ferdinando
Marsili su la riforma della Geografia, in Memorie intorno a Luigi
Ferdinando Marsili pubblicate nel secondo centenario dalla morte per cura
del Comitato Marsiliano, Bologna, Zanichelli, 1930, pp. 221-222.
[16]M. BASSIN, "Russia between
Europe and Asia: The Ideological Construction of Geographical Space",
Slavic Review, 50 (1), 1991, pp. 1-17.
[17]M. PON, Asiae Europaeque
elegantiss. descriptio..., Coloniae 1531; S. MÜNSTER, Europa.
Prima nova tabula, Basileae, 1540; H. BÜNTING, Itinerarium
Sacrae Scripturae, Wittenberg 1581. Si veda l'articolo di A. PROSPERI,
"Europa 'in forma virginis': aspetti della propaganda asburgica del
'500", Annali dell'Istituto storico-germanico in Trento,
XIX, 1993, pp. 243-277.
[18]L. BAGROW, A History
of Russian Cartography up to 1800, Ontario, Walker Press, 1975, pp.
17-18.
[19]Cfr. L. WOLFF,
Inventing Eastern Europe cit., pp. 156-57.
[20] Ai primissimi anni del
Settecento è ascrivibile un'opera, che Marsili dedica al
problema della geografia. Cfr. L. F. MARSILI, Introduzione alla mia
riforma della geografia, in G. NATALI, Uno scritto sulla riforma
della Geografia cit., pp.229 sgg.
[21]L. F. MARSILI, Relazioni
dei confini della Croazia e della Transilvania, a Sua Maestà Cesarea
(1699-1701), a cura di R. Gherardi, Modena, Mucchi, 1986. Alcune di
queste relazioni sono in forma epistolare, all'inizio di ciascuna
viene sempre indicato con un titolo l'argomento trattato. Nel corso
delle stesse relazioni si fa riferimento a mappe e lettere che originariamente
facevano parte degli allegati alle relazioni, successivamente raccolte
dal Marsili in specifici volumi, che sono richiamati negli indici degli
allegati e nel corso della trattazione.
[22]Ibid., pp. 364-sgg.,
584 r., pp. 160-sgg., and pp. 254-sgg.
[23]Ibid., pp. 70,
84, 86, 169. Oltre a segnare i confini, le mappe raffigurano anche la
viabilità, il traffico, i tipi di strade, in diversi colori (es.
in giallo le strade per carri e cavalli).
[24]Ibid., pp. 160
sgg.
[25] J. T. VON STRAHLENBERG,
Description historique de l'empire de Russie cit., vol.
I, p. 124.
[26] S. REMEZOV, The Atlas
of Siberia, facsimile edition with an introduction by Leo Bagrow,
Gravenhage, Mouton, 1995.
[27]Ibid., cfr. "Introduzione".
[28] Per un approfondimento
sulla cartografia russa in età petrina rimando a L. BAGROW, History
of Cartography, London, Watts, 1964 (orig. tedesco 1944), pp. 174
sgg. L. BAGROW, A History of Russian Cartography up to 1800 cit.
[29] I primi studi sull'astronomo
francese sono dei primi decenni del ventesimo secolo e non molto è
stato aggiunto da allora. All'isolata iniziativa dell'allora
direttore della Bibliothèque Nationale de Paris, Abel Isnard, si
devono infatti le indicazioni biografiche più importanti su J.-N.
Delisle oltre ad una sistematica riorganizzazione dei materiali manoscritti
a lui attribuibili e da lui raccolti e inviati a Parigi dalla Russia.
Cfr. A. ISNARD, Joseph-Nicolas Delisle sa bibliographie et sa collection
de cartes géographiques à la Bibliothèque Nationale,
Paris, Imprimerie Nationale, 1915. H. FROIDEVAUX, "Les études géographiques
de J. N. Delisle sur l'Empire Russe", La Géographie,
1920.
[30] Delisle de la Croyère
trascorre buona parte della sua vita in missione scientifica (1727-30
e 1733-41), trovando la morte nel 1741 durante la seconda spedizione di
Bering.
[31] Il nucleo maggiore della
collezione dei fratelli Delisle si trova a Parigi, nei fondi della Bibliothèque
Nationale e delle Archives Nationales (Dépôt du Service Central
Hydrographique; Marine). Solo un numero ristretto di manoscritti è
rimasto in Russia. Cfr. S. Y. FEL, "The role of Petrine surveyors in the
development of Russian cartography during the eighteenth century",
Canadian Cartographer, 1970, pp. 1-14.
[32] Da alcune lettere inviate
da Delisle ad amici e protettori emergono dettagli significativi sul metodo
e sulle idee da lui perseguiti in Russia. Cfr. H.OMONT, "Lettres de J.
N. Delisle au comte de Maurepas et à l'abbé Bignon
sur ses travaux géographiques en Russie (1726-1730)", Bulletin
de la Section de Géographie, 1917. Su Kirilov si sofferma profusamente
Bagrow. Cfr. L. BAGROW, A History of Russian Cartography cit.
[33] S. Y. FEL , "The role
of Petrine surveyors" cit., p. 7. L'articolo di Fel
contribuisce a descrivere i metodi impiegati dai topografi e i problemi
relativi all'intera organizzazione del progetto, facendo luce anche
sui nomi e sui ruoli ricoperti da molto scienziati russi.
[34]Un catalogo completo delle
carte dei gubernii, provintsii e uezdy (distretti)
si trova in V. F. GNUČEVA, Geograficeskii
departament Akademii nauk XVIII veka, Moskva, Izd-vo Akademii Nauk
SSSR, 1946, pp. 298-330.
[35] La mappa generale: Imperii
Russici Tabula Generalis...Opera et Studio Joannis Kyrilow Supremi Senatus
Imp. Russ. Pr. Sec. Petrop. 1734. Il primo manoscritto di Kirilov
è in realtà già pronto nel 1726, tuttavia inciso
da Zubov e stampato a Mosca nella tipografia di Kiprianov solo successivamente.
L'atlante, in latino e in francese in questa edizione, ma pubblicato
anche in russo e tedesco, è intitolato: Atlas Russicus mappa
una generali et undeviginti specialibus vastissimum Imperium Russicum
cum adiacnibus regionibus secundum leges geographicas et recentissimas
observations delineatum exhibens cura et opera Academiae Imperialis Sciantiarum
Petropolitanae, Atl. Fol., Petrop., 1745.
[36] D. ROBERT DE VAUGONDY,
Atlas universel, par Mr. Robert Géographe ordinaire du Roy,
par M. Robert de Vaugondy son fils Géographe ordinaire de S. M.
Polonoise Duc de Lorraine et de Bar, et Associé de l'Académie
Royale des Sciences et Belle Lettres de Nancy, A Paris, Chez Les Auteurs
Quay de l'Horloge du Palais, Boudet Libraire Imprimeur du Roi, 1757,
p. 17.
[37] Cfr. J. B. B. D'ANVILLE,
Nouveau Dictionnaire Universel et portatif de Géographie moderne, Paris, Thierrot, 1835 [12me édition], p. 568.
[38] J. A. B. RIZZI-ZANNONI,
Carte de la Pologne divisée par provinces, palatinats et subdivisée
par districts. Construite d'après quantité d'Arpentage
d'Observations et de Mesures prises sur les Lieux. Dédiée
à son Altesse le Prince Prusse-Vindes Joseph Alexandre Jablonowski
palatin de Nowgorod..., J. A. B. Rizzi-Zannoni, de l'Académie
R.le des Sciences de Gottingue d'Altors & c. Géographe
de la Marine de France, S.l., s.e. [Londres 1772].
[39] A. ZATTA, Carta del
regno di Polonia che dimostra il partaggio fatto dalle potenze europee
nell'anno 1773 e nel corrente 1793, Venezia, presso Zatta
e figli, 1793.
[40] Contenuta nel Theatrum
orbis terrarum, pubblicato ad Anversa nel 1570, composto originariamente
di ben 53 tavole, due delle quali concernenti la storia delle scoperte.
[41] P. LICINI, La Moscovia
rappresentata cit., p. 53.
[42] Figlio di Willem Blaeu,
autore di una grande carta del mondo del 1600-1607, intitolata Nova
orbis terrarum geographica ac hidrographica tabula, una delle carte
murali decorative più antiche. Bellissima di J. Blaeu anche la
carta murale Nova et exacta Asiae geographica descriptio, Asia (Amsterdam
1669), corredata, lungo i bordi, da una serie di incisioni, che raffigurano
le popolazioni vestite con i costumi tradizionali, e da alcune vedute
di città e di paesaggi. Tra i Moscoviti si distingue lo zar incoronato;
i Tatari vengono rappresentati con le falci in pugno.
[43] Voltaire, nell' Histoire
de la Russie, chiama Russia rossa la regione dell'Ucraina, della
provincia di Kiev, attraversata dal Dnepr; chiama Russia bianca quella
che in passato era costituita dai ducati di Mosca e di Smolensk.
[44] J. BLAEU, Geographiae
Blavianae volumen secundum, quo lib. III, IV, V, VI, VII, Europae continentur
cit., liber IV, pp. 3 sgg. Tutti temi ricorrenti anche nei
contemporanei resoconti di viaggio. Cfr A.OLEARIUS, The voyages &
travels of the ambassadors sent by Frederick Duke of Holstein, to the
great Duke of Muscovy, and the King of Persia : Begun in the year M.DC.XXXIII.
and finish'd in M.DC.XXXIX. Containing a compleat history of Muscovy,
Tartary, Persia, and other adjacent countries. With several publick transactions
reaching neer the present times; in VII. books. Whereto are added the
Travels of John Albert de Mandelslo, (a gentleman belonging to the embassy)
from Persia, into the East-Indies. Containing a particular description
of Indosthan, the Mogul's Empire, the oriental ilands [sic], Japan, China,
&c. and the revolutions which happened in those countries, within
these few years; in III books. The whole work illustrated with divers
accurate mapps, and figures / Written originally by Adam Olearius, secretary
to the embassy ; Faithfully rendred into English, by John Davies,
of Kidwelly 1662 [rpt. Stanford Univ. Press 1967].
[45] Russiae vulgo Moscoviae
dictae, Partes Septentrionales et Orientales, Auctore Jsaaco Massa , Joannes
Janssonius, in: Jansson J. Novus Atlas absolutissimus, Amst.,
1658, vol. I. Massa è un mercante olandese che vive in Russia dal
1609 al 1612, autore di alcuni resoconti di viaggi compiuti verso il fiume
Enisej, e concernenti le popolazioni Tunguse. Cit. in: D. LACH and E.
VAN KLEY, Asia in the making of Europe. A century of Advance, 4
voll., Chicago, University of Chicago Press 1993, vol. IV, p. 1756.
[46] A .OLEARIUS, The Travels
of Olearius cit. Esiste, del resoconto di Olearius, una traduzione
italiana del 1658 (conservata oggi alla British Library), uscita a Viterbo
con titolo: Viaggi di Moscovia de gli anni 1633. 1634. 1635. e 1636.
Libri tre cavati dal tedesco, In Viterbo, 1658, 4°.
[47] Cfr. G. VASSEUR DE BEAUPLAN,
Ukrainae quae Podolia Palatinatus vulgo dicitur., Amst. (XVI sec.).
[48] La vicende dell'inglese
John Harrison, a cui si deve la misurazione della longitudine con il cronometro
nautico, sono narrate in D. SOBEL, Longitude. The true story of a lone
genius who solved the greatest scientific problem of his time, London,
Fourth Estate Limited, 1995.
[49] Cfr. L'Europa delle
carte. Dal XV al XIX secolo, autoritratti di un continente, a cura
di Marica Milanesi, Genova, 26 settembre-21 ottobre 1990, Nuove Ediz.
G. Mazzotta, 1990, p. 37.
[50] Per ulteriori approfondimenti
riguardo al progresso tecnico-scientifico nel Settecento si veda N. BROC,
La géographie des philosophes. Géographes et voyageurs
français au XVIIIe siècle, Paris, Association des publications
près les Universités de Strasbourg, 1974; J. KONVITZ, Cartography
in France 1660-1848: science, engineering and statecraft, Chicago-London,
The University of Chicago Press, 1987.
[51] Gian Domenico Cassini
(1625-1712) entra a servizio presso Luigi XIV, il quale riesce a "sottrarre"
l'astronomo al papa. Ottiene sin dall'inizio l'incarico
di direttore dell'Osservatorio dell'Académie des Sciences,
dove scopre quattro nuovi satelliti di Giove e compila tavole dettagliate
dei loro movimenti. L'Accademia, grazie alla protezione reale è
in grado di organizzare molteplici spedizioni scientifiche in paesi lontani.
Le osservazioni sulla longitudine e le tavole di Cassini sono considerate
la Bibbia dei nuovi missionari.
[52] Cfr. L'Europa
delle carte cit., p. 37.
[53] Ibid.
[54] G. DELISLE, La Pologne.
Dressée sur ce qu'en ont donné Starovolsk, Beauplan,
Hartnoch et autres Auteurs, Rectifiée par les Observations d'Hevelius...,
Par Guillaume Delisle de l'Académie Royale des Sciences et
Premier Géographe du Roy, à Paris 1703. Abbiamo visto
che lo stesso Blaeu utilizza le carte dell'Ucraina di Beauplan.
[55] L. WOLFF , Inventing
Eastern Europe cit., p. 161.
[56] G. DELISLE , Hémisphère
septentrional pour voir plus distinctement les terres arctiques par Guillaume
Delisle. Corrigée de nouveau sur la carte de Mr. Johannes Kirilov,
premier Secrétaire du Conseil de l'Empire de Russie..., A
Amsterdam 1740. La prima edizione della carta esce nel 1714, poi successivamente
corretta e ristampata nel 1740. Bagrow ritiene che la carta del 1740 sia
emendata in base al lavoro di F. Müller. Cfr. L. BAGROW, A History
of Russian Cartography cit., pp. 190-191.
[57] G. F. MÜLLER, Voyages
et Découvertes faits par les Russes le long des côtes de
la Mer Glaciale et sur l'Océan Oriental, tant vers le Japon que
vers l'Amérique. Publiée par l'Académie des Sciences
de St. Pétersbourg , et corrigée en dernier lieu. Ouvrages
traduits de l'Allemand de Mr. G. F. Müller, par C. G. F. Dumas,
A Amsterdam, Chez Marc-Michel Rey, 1766.
[58] J. M. HASS, Imperii
Russici et Tatariae Universae tam majoris et Asiaticae, quam minoris et
Europaeae tabula ex recentissimis et probatissimis monumentis et relationibus
concinnata /.../opera Joh. Matthiae Hasii /.../, Nurnberg, Homann,
1739. La carta è dedicata all'imperatrice Anna di Russia.
[59] J.-B. DU HALDE , Description
géographique, historique, chronologique, politique et physique
de l'empire de la Chine et de la Tartarie chinoise enrichie des cartes
générales et particulières de ces Pays, ... par le
P. du Halde, de la Compagnie de Jésus, A Paris, Chez P. G.
Le Mercier, 1735. La relazione di Du Halde è fonte di primario
interesse per molte opere coeve, tra cui l'Esprit di Montesquieu
e l'Histoire de la Russie di Voltaire. Sulle importantissime
scoperte e sugli studi geografici dei gesuiti si veda F. DE DAINVILLE,
La Géographie des humanistes, Paris, Beauchesne, 1940.
[60] Le misurazioni geodetiche,
ordinate da Benedetto XIV ed eseguite dal 1750 al 1755 da Maire e da Boscovich,
confermeranno interamente le correzioni di d'Anville.
[61] The Russian Empire
in Europe from the Sr. D'Anville, of the Royale Académie
des Belles-lettres and of the Academy of Sciences at Petersburg, by
J. Bayly, Geogr., London, Carington Bowles, 1769.
[62] Nell'Histoire
de la Russie Voltaire descrive in modo identico a D'Anville
l'impero di Russia, i Cosacchi dell'Ucraina e tra loro i Cosacchi
Zaporoženi, il regno di Astrachan'; si confronti con VOLTAIRE,
Œuvres historiques, texte établi, annoté et présenté
par René Pomeau, Paris, Gallimard, 1957, p. 365.
[63] La Méthode
di Lenglet Dufresnoy fornisce informazioni interessanti sull'uso
del colore in cartografia e, in particolare, per tracciare le linee di
confine. P. N. LENGLET DU FRESNOY, Méthode pour étudier
la Géographie cit., tomo I, pp. 170-172.
[64] Cfr. Europa Christiani
Orbis Domina in sua imperia regna et status exacte divisa per Iohan Bapt.
Homann, Sac. Caes. Maj.tis Geographum Norinbergae ca. 1700. L'Europe
dressée sur les observations de M.rs de l'Académie
Royale des Sciences et quelques autres; et sur les mémoires les
plus recens, Par G. Delisle Géographe, A Amsterdam, chez Pierre
Schenk, 1708.
[65] I. TRESCOTIO, I., SCHMIDIO,
Tabula Geographica generalis Imperii Russici ad normam novissimarum observationum
astronomicarum concinnata a Ioh. Trescotio et Iac. Schmidio apud Fratres
Lotter Aug. Vind. , 1780 c. Anche qui gli autori ci tengono a sottolineare
l'attendibilità e la modernità scientifica della carta
geografica. Ivan Fomic Truskott, figlio del mercante inglese Thomas Truscott,
è uno dei geografi di spicco del dipartimento di geografia dell'Accademia
delle Scienze di Pietroburgo. Contribuisce alla compilazione dell'Atlante
russo (1745) e di innumerevoli carte tra gli anni '40 e '60
del Settecento. Gnučeva, storica del dipartimento geografico, ritiene
che alla collaborazione di Truskott e Jacob Schmidt, iniziata nel 1756,
si debba la produzione di almeno la metà del materiale cartografico
dell'Accademia. La grafia di entrambi i nomi cambia sovente da un
documento all'altro creando indubbie difficoltà ai ricercatori.
Cfr. V. F. GNUdiGeograficeskii departament cit., p. 47.
[66] P. A. F. TARDIEU, Carte
de la Russie, senza data, Paris (in 6 fogli). Dalla fattura della
carta geografica si può risalire più o meno alla prima metà
del XIX secolo.
[67] Rimando inoltre al breve
saggio di Patrick Jager: P. JAGER, "Les limites orientales de l'espace
européen", Dix-huitième Siècle, n. 25, 1993,
pp. 11-21.
[68] F. M. A. VOLTAIRE, Œuvres
historiques cit., p. 368.
[69] P. N. LENGLET DU FRESNOY,
Méthode pour étudier la Géographie cit.,
tomo II, p. 276, tomo IV p. 49 e p. 116.
[70] J. CHAPPE D'AUTEROCHE,
Voyage en Sibérie fait par ordre du roi en 1761 contenant les
mœurs, les usages des russes, Paris, Débure, 1768,
tomo I, p. 60.
[71] Klyuchevsky V., Peter
the Great, translated by Liliana Archibald, London-Melbourne-Toronto,
MacMillan 1969, pp. 262-67.
[72] L. BAGROW, A History
of Russian Cartography cit., pp. 51-80.
[73] M. BASSIN, "Russia between
Europe and Asia" cit., p. 6. Segnalo inoltre l'interessantissima
analisi di Michael Khodarkovsky sulla questione delle frontiere e sull'utilizzo
della terminologia ad esse relativa elaborati in Russia tra Sei e Settecento.
Cfr. M. KHODARKOVSKY, "From frontier to Europe", Russian History,
special issue: The frontier in Russian history, Los Angeles, 1992,
pp 115-128.
[74] Cfr. De limitibus
Imperii Russici praesertim inter Europam et Asiam,...in Occidente Pojas
semlianoi, id est cingulum terrae, vel Riphaei, traduite en Latin par
Mr. Gross, et communiquée par le meme en 1740, incluso nel
manoscritto XVIII/ 4 della collezione Joseph-Nicolas Delisle, Marine 2/JJ/71,
Archives Nationales (Dépôt du Service Central Hydrographique;
Marine), a Parigi.
[75] J. T. VON STRAHLENBERG,
Description historique de l'empire de Russie cit., vol.
I, pp. 284-325.
[76] GEORGI G. J., Russia,
or a compleat Historical Account, 4 vols., translated by W. Tooke,
London 1780-83 (orig. tedesco, San Pietroburgo 1776), vol. I, pp. vi-viii,
p. 1, e vol. IV, pp. 311-312. PALLAS P. S., Voyage de M. P. S. Pallas
en différentes provinces de Russie et dans l'Asie septentrionale
(...), 5 voll., Paris 1788-93 (orig. tedesco 1776), tomo I, p. 577.
[77] Cfr. J. L. BLACK, Müller
and the Imperial Russian Academy, Kingston-Montreal, McGill-Queen's
University Press, 1986.
[78] J. G. GMELIN, Voyage
en Sibérie, contenant la description des mœurs et usages des
peuples de ce Pays, et cours des rivières considérables,
la situation des chaînes de montagnes, des grandes forets, des mines,
avec tous les faits d'Histoire Naturelle qui sont particulières
à cette contrée. Fait aux frais du Gouvernement Russe, par
M. Gmelin, Professeur de Chymie et de Botanique, Traduction libre de l'original
allemand, par M. de Keralio,... , 2 voll., Paris, Chez Desaint, MDCCLXVII.
[79] J. E. FISCHER, Recherchers
historiques sur les principales nations établies en Sibérie
et dans les pays adjacentes lors de la conquête des russes ;
ouvrage traduit du russe par M. Stollenwerck, Ancien Officier de Carabiniers,
au service de Russie, 1 vol. in-8°, Paris, De l'Imprimerie
de Laran et Ce. 1774 (in originale tedesco a Pietroburgo nel 1768). Fischer,
storico, antiquario e viaggiatore tedesco al servizio della Russia, è
professore a Pietroburgo e membro dell'Accademia delle Scienze.
Studioso dei popoli e della storia della Siberia, è autore di numerose
opere, tra le quali: Quaestiones Petropolitanae. I. De origine Ungrorum.
II. De origine Tartarorum. III. De diversis Shinarum Imperatoris nominibus
titulisque. IV De Hyperborei, Gottingae et Gothae, 1770.
[80] L'opera dell'astronomo
francese Chappe d'Auteroche, rea di alcune espressioni poco felici
sulla Russia e sui russi, lascia il segno e fa discutere a lungo in Francia
e in Russia: sia nella corrispondenza di Diderot, che in quella di Voltaire
con Caterina II, per esempio, ci sono le tracce del dibattito che anima
entrambe le parti. La replica russa al libro dell'abate Chappe non
si fa attendere ed esce a Parigi nel 1770 con il titolo di Antidote.
È probabile che la stessa Caterina II constribuisca, almeno
in parte, alla stesura del libro. Cfr. A. A. BARBIER, Dictionnaire
des ouvrages anonymes, Hildesheim, Olms, 1963, tomo I, pp. 212-13.
[81] James Cook, nostromo
e cartografo, è inviato della Royal Society nei mari del
Sud, per osservare la congiunzione di Venere con il sole e cercare il
leggendario "continente meridionale". La prima spedizione
di Cook va dal 1768 al 1771, la seconda dal 1772 al 1775, la terza dal
1776 al 1779.
[82] D. A. ŠIRINA, Peterburgskaja
Akademija Nauk i Severo-Vostok 1725-1917 gg., Vo "Nauka"
Novosibirsk, 1994, pp. 50-51.
[83] Ibid., p. 51.
[84] Nel 1782 Pallas diviene
membro della Commissione consultiva incaricata di esaminare i diversi
modelli scolastici, insieme al fedelmaresciallo A. M. Golicyn, l'illustre
matematico Aepinus.
[85] P. S. PALLAS, Voyage
de M. P. S. Pallas cit.. Alle tesi di Pallas si richiama anche Buffon
nelle Epoques de la Nature (1778).
[86] Si veda: DELISLE J.-N.,
et BUACHE P., Atlas géographique et universel, par Guil.
Delisle et Phil. Buache, Premiers Géographes du Roi, De l'Académie
des Sciences, Paris Chez Dezauche, Rue des Noyaers, Avec Privilège
du Roi, 2 voll. in-fol., Paris 1789, plate 65: Moscovie, ou Russie
d'Europe meridionale.
[87] J. G. GMELIN , Flora
Sibirica, sive Historia plantarum Sibiriae, 4 voll, Petropoli 1747-69,
vol. I, pp. XLIII-XLIV, e nell'indice stesso troviamo la voce: "Europae
et Asiae /.../ limites /.../ Inisea fluvius".