1. Nel 1733 George Cheyne presentò la melanconia come «la malattia inglese» e affermò che almeno un terzo degli inglesi era afflitto da disturbi nervosi. Su quali fossero le origini e le cause della malattia non vi era uniformità di vedute tra i medici britannici, ma il dr. Cheyne era risoluto nel ritenere che fossero da escludere cause sovrannaturali e affermava che: «solo la gente ignorante poteva credere che [l'ipocondria e l'isteria] fossero fenomeni di stregoneria o frutto di incantesimi»[1]. Il dr. Cheyne era convinto che la melanconia fosse una malattia come tutte le altre, con l'unica differenza di essere strettamente connessa al processo di civilizzazione, e come tale andasse curata. Tendeva ad attribuire le cause alle particolari condizioni climatiche dell'isola (l'umidità dell'aria e la variabilità del clima), al tipo di alimentazione (molto ricca e pesante), alla prevalenza di attività sedentarie, alle condizioni insalubri delle città[2] e riteneva che la terapia più adeguata fosse una dieta bilanciata. Un secolo prima, nel 1610, William Perkins, uno dei più noti teologi calvinisti inglesi, a proposito della licantropia, una delle tante manifestazioni della melanconia, aveva sostenuto che «alcuni uomini possono essere stregati dal diavolo, e sono davvero convinti di essere come quelle brutte bestie, mentre invece rimangono ancora uomini reali»[3]. Perkins era stato uno dei più strenui sostenitori dell'origine diabolica della melanconia[4] e aveva proposto la messa a morte di tutte le streghe, senza eccezione, non per gli atti che avrebbero commesso, ma per il patto che avrebbero stretto con Satana[5]. All'inizio del Settecento l'opinione di Cheyne era ormai largamente condivisa, ma un secolo prima, negli anni in cui scriveva Perkins, era assai più diffusa la convinzione che i sintomi della melanconia fossero da ricondurre a cause sovrannaturali[6]. Questo cambiamento di sensibilità avvenne in seguito a una controversia che si protrasse almeno per un secolo[7].
2. In un'opera ormai classica, dal titolo Saturno e la
melanconia[8], Klibansky,
Panofsky e Saxl hanno individuato due tradizioni di studi sulla melanconia,
una medico-scientifica ed un'altra teologico-metafisica; entrambe avrebbero
la loro origine in un celebre passo del Fedro, in cui Platone distingue
il «furore divino» dal «furore umano» e patologico[9].
Nel corso del Medioevo la melanconia era stata interpretata principalmente
come accidia ed era entrata a far parte dei vizi capitali[10]. A partire dalla metà del Cinquecento la melanconia
diventa un soggetto importante, come dimostrano l'ampiezza e la trasversalità
disciplinare dell'interesse che riscuote. Se proviamo, ad esempio, a scorrere
alcuni dei nomi di coloro che scrissero sulla melanconia, vediamo come
accanto a medici veri e propri con interessi clinici come Timothie Bright,
Gideon Harvey, Thomas Willis, Thomas Sydenham e Bernard Mandeville[11] si trovino filosofi come Thomas Walkington, Pierre
de La Primaudaye, Pierre Charron e Nicolas de Coeffeteau[12] (questi ultimi pubblicarono inizialmente
in Francia, ma furono subito tradotti in inglese), che attraverso la melanconia
studiavano problemi etici e antropologici come la natura dell'uomo e il
problema del controllo delle passioni e autori con interessi teologici
come Thomas Rogers, William Perkins, Thomas Wright, Thomas Adams, Edward
Reynolds[13] e ancora scrittori e letterati del calibro di
William Shakespeare, John Gower, John Milton, John Lyly, Sir Philip Sidney,
Thomas Lodge, Christopher Marlowe, Ben Jonson[14].
I trattati che compaiono fino alla metà del Seicento hanno al centro la
questione dell'origine della malattia e i problemi ad essa connessi, in
primo luogo il rapporto tra malattia e peccato, tra umori del corpo e
malefici diabolici, tra ragione e passioni. Robert Burton nel 1621, nelle
pagine di quella che sarebbe diventata la più celebre opera sulla melanconia
comparsa in lingua inglese, The Anatomy of Melancholy[15],
pose fianco a fianco le due tradizioni. Accettava dunque l'esistenza di
cause naturali e di cause sovrannaturali, ma evitava di affrontare i problemi
che questo comportava. In particolare non si esprimeva sulla questione
più delicata, e cioè come si potesse distinguere un caso di isteria da
uno di possessione diabolica. Il problema non aveva solo una rilevanza
teorica, ma aveva un chiaro risvolto pratico, come era risultato evidente
all'inizio del secolo con il processo a Elizabeth Jackson, accusata di
aver stregato la giovane Mary Glover.
Partendo dall'esposizione del caso di Mary Glover, in questo intervento
mi soffermerò sull'analisi di tre trattati sulla melanconia comparsi tra
il 1586 e il 1616 in Inghilterra che rappresentano tre differenti interpretazioni
dei sintomi della melanconia. L'esposizione non segue un ordine cronologico,
ma inizierò con il caso di Mary Glover e di Elizabeth Jackson, da cui
nacque il trattato di Edward Jorden (1603), un tipico esempio di trattato
medico-scientifico in cui si difende l'autonomia della medicina dagli
sconfinamenti della teologia, quindi passerò ad esaminare gli studi di
Timothie Bright (1586), che potremmo considerare un ideale anello di raccordo
e di compromesso tra esigenze teologiche e mediche sul tema della melanconia,
e infine prenderò in considerazione l'opera di Thomas Adams (1616), che
invece si inserisce a pieno titolo in quella tradizione che Panofsky,
Klibansky e Saxl definiscono morale e religiosa.
3. L'esito del processo a Elizabeth Jackson riflette emblematicamente
il fatto che all'inizio del Seicento l'interpretazione spiritualista e
religiosa dei disturbi mentali era ancora prevalente su quella medica
e scientifica, anche tra gli stessi medici inglesi[16]. Michael MacDonald ha ricostruito
la vicenda, che ebbe una certa risonanza, avvalendosi del resoconto di
Stephan Bradwell, un membro del College of Physicians di Londra[17].
Il dr. Edward Jorden[18] fu
chiamato a testimoniare in un processo in cui una donna anziana, Elizabeth
Jackson, era accusata di avere stregato la quattordicenne Mary Glover.
Era la prima volta che, in un processo per stregoneria, venivano consultati
dei medici[19]. Secondo quanto
riportato da Stephen Bradwell, l'ultimo venerdì di aprile del 1602 Mary
Glover si recò da Elizabeth Jackson, una donna che lavorava dalla madre
come aiutante nei lavori domestici, per chiarire un episodio precedente
per cui l'anziana signora si era ritenuta offesa. Una volta entrata in
casa, Mary Glover fu assalita con grida e insulti dalla Jackson che imprecò
più volte contro di lei e auspicò la sua morte. La giovane tornò a casa
e lungo il tragitto si sentì male, ma si riprese in poco tempo. Tre giorni
più tardi Elizabeth Jackson si presentò alla porta della casa dei Glover
e quando se ne andò Mary non riusciva più a deglutire e faticava a respirare
come se la gola le si fosse chiusa. Poco dopo comparvero altri sintomi,
sempre più gravi, finché perse l'uso della parola e della vista. I genitori
incominciarono a temere per la sua vita. Quando Elizabeth Jackson seppe
dell'accaduto incominciò a danzare e a gridare trionfante «Ti ringrazio
mio Dio per aver ascoltato le mie suppliche e aver chiuso la bocca e legato
la lingua di una mia nemica [...]. Spero che il Diavolo
le chiuda la bocca»[20].
Mary Glover fu visitata da un medico, Robert Shereman, un fellow
del College of Physicians, che la operò alle tonsille, ma non ottenne
alcun miglioramento. Dopo un ulteriore peggioramento il medico incominciò
a sospettare che la causa potesse essere sovrannaturale e che quindi la
medicina fosse impotente. La famiglia non fu del tutto soddisfatta e si
rivolse a un secondo medico, Thomas Moundeford, più volte presidente del
College of Physicians ed esperto di melanconia e di isteria. Dopo
due mesi di cura il medico concluse che non si trattava di isteria, ma
di un'altra malattia naturale che non era in grado di identificare.
4. Mary Glover continuò ad avere attacchi sempre più intensi
che, in presenza di Elizabeth Jackson, si aggravavano. Inoltre quando
la donna era nella casa, la Glover sussurrava con voce roca «impiccatela,
impiccatela», finché non si allontanava. Incominciò a crescere la convinzione
che l'anziana signora avesse stregato Mary Glover ed ebbero inizio degli
esperimenti che in breve tempo si trasformarono in vere e proprie attrazioni
spettacolari. Elizabeth Jackson era trascinata al capezzale della giovane
e costretta a toccarla. A quel punto Mary Glover iniziava ad avere spasmi
e convulsioni. Il caso divise l'opinione pubblica e le autorità cittadine
decisero di occuparsene. John Croke, l'ufficiale legale capo, svolse le
indagini preliminari e il 1 dicembre 1602 decise di far processare Elizabeth
Jackson. Nel frattempo il caso era stato esaminato dal College of Physicians:
la maggioranza concluse che non si trattava di stregoneria, ma due medici,
Herring e Bradwell, sostennero la tesi contraria.
In vista del processo le due parti scelsero i loro esperti che, insieme
ad altri testimoni, avrebbero dovuto esporre le rispettive prove. Dalla
parte degli accusatori si schierarono Francis Harring e il dr. Spencer,
entrambi membri del College of Physicians, dall'altra il dr. Jorden
e John Argent, del College, e il prete anglicano James Meadowes.
L'episodio acquisì anche una coloritura politico-religiosa perché il vescovo
di Londra Brancroft fu probabilmente tra coloro che organizzarono la difesa,
mentre cattolici e puritani radicali presero le parti dell'accusa. Il
processo si svolse davanti a una giuria presieduta da Sir Edmund Anderson,
il presidente della Corte d'Appello, un esperto inquisitore che si fregiava
di aver già condannato numerose streghe. Mary Glover fu sottoposta a diverse
prove, compresa quella dell'insensibilità al dolore, e il dr. Jorden sostenne
che quei sintomi potevano essere ricondotti a una naturale forma di isteria,
ma non garantì di essere in grado di curarla e si rifiutò di prenderla
in cura. Il giudice Anderson commentò così le parole di Jorden: «in coscienza,
non è naturale; se voi non siete in grado di trovare né una causa naturale,
né un rimedio naturale, allora vi dirò che non è un fenomeno naturale»[21]
e la giuria condannò Elizabeth Jackson a un anno di prigione e a numerose
esposizioni alla berlina[22].
5. Terminato il processo, Jorden decise di scrivere A Briefe Discourse of a Disease Called Suffocation of the Mother[23], dedicandolo al presidente e ai colleghi del College of Physicians, per esporre le sue ragioni e dimostrare che molti comportamenti ritenuti i segni dell'azione di cause sovrannaturali erano invece riconducibili ai sintomi dell'isteria. Jorden insisteva soprattutto sul fatto che dovesse essere il medico e non il prete a stabilire se si trattasse di isteria o di possessione demoniaca.
Se è vero che un uomo non può essere perfetto in ogni arte e in ogni professione, e che perciò nei casi che non rientrano nelle nostre competenze dipendiamo da coloro che sono stati formati in quelle discipline specifiche e che dobbiamo prestare fiducia a uomini nell'esercizio della loro professione, perché non dovremmo preferire i giudizi dei medici su una questione che riguarda le azioni e le passioni dei corpi degli uomini (il soggetto specifico di quella professione), come infatti facciamo con le opinioni dei teologi, degli uomini di legge, degli artigiani, ecc. nelle loro discipline, piuttosto che seguire la nostra presunzione? Non ho fatto questo per arrogarmi il diritto di plasmare le menti di uomini che non sono sotto la mia responsabilità (perché io permetterei volentieri ad ogni uomo di godersi le proprie opinioni), ma essendo un medico e ritenendo in coscienza che questi problemi siano stati male interpretati dalla gente comune, ho pensato bene di rendere nota la dottrina di questa malattia in lingua volgare e in maniera sufficientemente chiara, affinché le presunzioni ignoranti e avventate dei teologi possano essere in questo modo portate a una migliore comprensione e moderazione. Costoro [i teologi] sono portati a fare di ogni cosa che non comprendono un'opera sovrannaturale, modificando i limiti della natura secondo le loro capacità: la qual cosa potrebbe configurarsi come un abuso del nome di Dio e un uso ingiustificato delle sante preghiere, così come fanno i papisti con i loro trucchi profani, che sono pronti a puntarti contro le loro croci di legno se solo vedono una zitella o una donna sofferente di questi attacchi della Madre [isteria], facendo giochi di prestigio e esorcizzandole come se fossero possedute da spiriti malefici[24].
Quest'opera riproponeva, mutatis mutandis, argomentazioni non molto differenti da quelle che, venti secoli prima, aveva esposto Ippocrate ne La malattia sacra[25]. È lo stesso Jorden a fare esplicito riferimento al medico di Cos:
Anche Ippocrate, molto prima di scoprire che questo errore era diffuso ai suoi tempi, menziona alcuni di questi sintomi, e afferma di non vedere in essi nessun elemento più sovrannaturale, o che debba essere più ammirato, di quanti ce ne siano nelle febbri Terziane e Quartane e in altri tipi di malattie. Egli ritiene che siano l'ignoranza e la mancanza di esperienza a indurre alcuni medici del suo tempo a giudicare diversamente oppure che sia un umore malefico che, causando orgoglio e arroganza, non permette [ai medici] di accorgersi dei propri difetti, così che, non sapendo cosa prescrivere, preferiscono propendere verso cause divine e, trascurando l'aiuto degli strumenti naturali, fanno ricorso esclusivamente alle espiazioni, agli incantesimi, ai sacrifici & c. nascondendo la loro ignoranza sotto queste chimere, pretendendo di possedere più conoscenza e più pietà di altri uomini. In questo modo essi guadagnavano questo vantaggio: se il paziente guariva, essi dovevano essere molto stimati per le loro abilità; altrimenti le loro scuse erano pronte: era la volontà di Dio ad essere contro di loro[26].
6. Il medico inglese sostenne che occorreva più cautela
e una maggior conoscenza della medicina prima di poter sostenere che
certi comportamenti fossero i segni di un intervento sovrannaturale[27]. Ad esempio, molti sintomi che erano
ritenuti segni di possessione e di stregoneria erano invece comuni a
tutte le donne affette da isteria[28], come il non sentire la puntura di uno spillo
o il bruciore del fuoco, avere attacchi convulsivi o una sensazione
di soffocamento al momento della deglutizione, avere un inizio di crisi
ogni volta che si era in presenza di una certa persona. Jorden riconobbe
che le preghiere potevano produrre benefici («quando esorcismi, preghiere
e cose simili hanno effetto nella cura delle malattie, non è per una
qualche virtù sovrannaturale, che sia divina o diabolica, ma per la
fiduciosa persuasione che i melanconici e le persone passionali possono
avere in loro: la fiducia del paziente negli strumenti utilizzati è
spesso più adatta a curare la malattia di qualunque altro tipo di rimedi»[29]), ma ciò avveniva per un processo
che, in termini moderni, potremmo definire di autosuggestione e, in
ogni caso, i benefici erano solo temporanei e sintomatici; le cause
della malattia, infatti, non erano spirituali e di conseguenza non venivano
rimosse.
Nel resto del trattato il medico inglese espose una teoria dell'origine
e della natura dell'isteria secondo la quale l'utero poteva emanare
vapori nocivi che irritavano altri organi oppure poteva agire direttamente
su un altro organo o, infine, poteva muoversi esso stesso violentemente[30].
Jorden aveva una concezione platonica dell'uomo, secondo la quale esistevano
tre anime: la prima era localizzata nel cervello e presiedeva alle facoltà
animali[31], la seconda era
nel cuore ed era responsabile delle facoltà vitali[32], la terza si trovava nel fegato e regolava le
facoltà naturali[33]. I vapori
nocivi provenienti dall'utero potevano infettare il cervello e quindi
uno dei tre o tutti e tre i ventricoli di cui era composto (immaginazione,
ragione e memoria), oppure potevano creare un disturbo dei cinque sensi
o del controllo dei movimenti. Se era il fegato ad essere colpito, allora
si avvertivano problemi di digestione. Il cuore e le facoltà vitali,
invece, non potevano essere infettate dai vapori uterini.
L'originalità del Discourse of a Disease Called the Suffocation of
the Mother, secondo Ilza Veith, consiste nell'aver spostato l'organo
principale coinvolto nei disturbi isterici dall'utero al cervello[34]. Inoltre in questo trattato è attribuita una certa
rilevanza alle passioni e Jorden insiste nel mostrare la debolezza della
ragione umana, incapace di far fronte alla violenza delle emozioni.
7. Il trattato di Jorden nacque probabilmente all'interno
di un conflitto di carattere religioso tra la chiesa anglicana da una
parte e cattolici e puritani dall'altra, ma nella sostanza divenne una
difesa dell'autonomia della medicina e un attacco alle teorie di matrice
morale e religiosa dell'isteria. Jorden si inseriva, forse a sua insaputa,
in un dibattito che, come hanno mostrato Panofsky, Saxl e Klibansky
e più recentemente Stanley Jackson, aveva radici lontane e che proprio
in quegli anni stava catalizzando molta attenzione, come dimostrano
i numerosi trattati e pamphlet che furono dati alle stampe nell'arco
di un secolo. Vorrei ora passare ad analizzare due autori, Timothie
Bright e Thomas Adams, che avanzano due differenti concezioni di melanconia
rispetto a quella di Jorden.
Timothie Bright[35] scrive uno dei più importanti trattati medici
sulla melanconia del Cinquecento, A Treatise of Melancholie[36], comparso a Londra nel 1586, venticinque
anni dopo la pubblicazione dell'edizione latina di Lemnius, forse la
più nota opera sulla melanconia del XVI secolo[37], e trentacinque anni prima della
stampa dell'Anatomy di Robert Burton, che fu notevolmente influenzata
dal Treatise.
Bright è un medico e un teologo. Fin dalla prima opera pubblicata, A
Treatise: Wherein is declared the Sufficiencie of English Medicines[38], il medico inglese sostiene che la guarigione
non può prescindere dall'intervento della Provvidenza divina. Bright
occupa dunque una posizione di confine rispetto alle due tradizioni
di cui stiamo trattando e nella Epistle Dedicatorie del Treatise
of Melancholie polemizza con l'atteggiamento di quei medici che
inclinavano verso posizioni atee:
I risultati ed il rilevante successo della medicina in questo campo hanno indotto alcuni a sottovalutare l'anima, e ciò contrariamente ai principi della religione e della natura. Ritenendo tutta l'affettività soggetta all'operato del medico, essi sostengono che non esiste nulla di divino che trascenda gli eventi ordinari ed il corso naturale delle cose. Anzi, concludono che le virtù stesse, e la religione con esse, altro non sono che l'effetto di come è stato temperato il corpo e, d'altro canto, considerano difetti dell'umore il vizio, l'empietà, l'irreligiosità e la disonestà[39].
8. Il disappunto di Bright per una medicina che negava la Provvidenza e si configurava come materialista e atea era condiviso da alcuni contemporanei, tanto che William Bullein nel 1564, in A Dialogue bothe pleasaunte and pietifull, wherein is a goodly regimente against the Fever Pestilence aveva rappresentato un medico che adorava Aristotele invece di Dio[40]. In questo trattato, Bright affronta in via preliminare alcuni dei problemi filosofico-teologici più rilevanti che poneva l'argomento. In primo luogo la questione del rapporto tra anima e corpo. Per quanto si sia soliti ritenere che tale problema sia stato posto con radicalità solo a metà Seicento con Descartes, possiamo vedere che in realtà già nel 1586 Bright si chiedesse come fosse possibile che il corpo agisse sull'anima, infatti «se così fosse il corpo alla fine perirebbe e distruggerebbe la natura immortale, che non può assolutamente venir meno se non per volontà del potere che l'ha creata»[41]. La soluzione non è dissimile da quella che avanzerà Descartes: la comunicazione tra anima e corpo è garantita dallo spirito[42], definito «quasi vero e proprio nodo d'amore»[43] che unisce cielo e terra. Il ricorso agli spiriti permette a Bright di conciliare la perfezione dell'anima con l'imperfezione delle azioni degli uomini:
Lo spirito è lo strumento principale ed immediato con cui l'anima esercita le sue facoltà nel corpo. Esso agisce in un attimo e nulla gli si può paragonare in velocità ed agilità. Quando è indebolito per un motivo qualsiasi dipendente dal corpo o da altra causa, lo spirito diventa strumento inadatto a compiere le azioni che dovrebbe compiere e così sembra che ne sia colpevole la mente, mentre in realtà essa è innocente. Non è la mente colpevole di certe azioni, ma il corpo e lo spirito, di cui si è detto lo sono; cose, cioè, corporali e terrene[44].
Ed è sempre facendo ricorso agli spiriti che Bright fornisce la spiegazione del modo in cui il corpo agisce sull'anima preservando la sua immutabilità, immortalità e incorruttibilità:
Le passioni, chiamiamole così, condizionano l'anima solo nel modo che ora vi dirò. Tramite lo strumento difettoso del corpo esse corrompono le azioni eccelse e perfette cui l'anima tende nell'ordine intero della natura umana. Corrompendo gli spiriti, che dovrebbero essere il sacro legame dell'unità, provocano un tale rigetto che l'anima, priva di mediazione, disdegna una più lunga amicizia col corpo e si volge a quella contemplazione cui è incline per natura[45].
9. In definitiva, dunque, gli spiriti mettono in relazione
la facoltà (l'anima) con gli strumenti (gli organi corporei). Passando
ad esaminare la melanconia, il medico inglese definisce la malattia
come «lo stato di paura della mente indebolita nelle sue capacità razionali,
oppure l'umore del corpo, comunemente ritenuto la sola causa del deterioramento
e dell'indebolimento della ragione, provocato dalla paura»[46]. Distingue la melanconia in due tipi
principali in base alla loro eziologia: un tipo causato dalla bile nera
e un secondo derivante da sofferenze mentali o spirituali. Può così
trattare la melanconia come una normale malattia del corpo e, nello
stesso tempo, evitare l'affermazione che il corpo determini gli stati
dell'anima.
Per quanto concerne la melanconia che deriva dagli umori del corpo,
Bright ripropone la distinzione di Lemnius tra una melanconia naturale
e una innaturale. La prima può essere causata dalla parte più densa
del sangue, quella parte che dovrebbe nutrire il corpo, ma che quando
è troppo abbondante non viene assorbita e produce certi vapori che raggiungono
il cervello e oscurano la mente; oppure può derivare dalle parti escrementizie
degli umori che normalmente sono espulse dal corpo attraverso il calore
naturale e la digestione, ma che possono degenerare e corrompersi producendo
inquietudine e perturbando la mente. La melanconia innaturale può invece
derivare dalla combustione della bile nera, oppure dalla combustione
del sangue o della bile gialla. Bright mantiene una possibilità di scambio
e di interdipendenza tra il corpo e l'anima, ma non vuole giungere alla
conclusione che attraverso la cura del corpo si possa ripristinare la
salute dell'anima, poiché tale passo avrebbe significato porre sullo
stesso piano corpo e anima[47] e, soprattutto, mettere in discussione l'immortalità
dell'anima, strettamente connessa con la sua incorruttibilità[48].
La soluzione di compromesso che avanza Bright consiste in una sorta
di dualismo melanconico', cioè nella distinzione tra una melanconia
che ha la propria origine nella rottura dell'equilibrio dei quattro
umori e nella predominanza della bile nera e una melanconia dell'anima,
di origine esclusivamente spirituale, che definisce «afflizione della
coscienza».
Nel primo caso riconduce le cause della melanconia alla cattiva dieta
per cui la terapia consiste nel modificare il tipo di alimentazione[49], mentre nel secondo caso indica l'origine
della melanconia nel peccato e nella curiosità verso le cose soprannaturali,
spiegando che la malattia insorge sotto forma di timore per la collera
di Dio. In tal caso il medico non è di nessun aiuto e solamente Dio
può liberare il malato: «nell'afflizione dell'anima, non v'è nessuna
medicina, nessuna purga o cordiale, nessuna melassa o balsamo capaci
di rassicurare l'anima addolorata ed il cuore tremante, che palpitano
sotto i terrori di Dio»[50]. A questo proposito, Bright polemizza nuovamente
con quei medici che riducono l'afflizione della coscienza a cause naturali
(il che ci lascia presumere che fosse un atteggiamento diffuso tra i
medici):
Si ingannano di molto coloro che considerano questi casi come naturali, e grande è il dolore di quelle situazioni che i dissacratori di questo mondo prendono come oggetto di derisione e di scherno, sforzandosi in tutti i modi di eliminare il senso di quel pungolo che il peccato porta nella coda. Ma quel pungolo rimane, qualsiasi pretesa di giustizia, di profitto o di piacere il peccato mostri all'esterno per ingannare chi è stupido e semplice nelle sue vie, capace di compiere il male, lento nel sentiero della giustizia, di cui ignora completamente le regole[51].
10. La causa dell'afflizione della coscienza è la tentazione
di Satana e la consapevolezza di aver peccato. In questo caso la sofferenza
nasce direttamente nell'anima e la terapia si configura come una consolazione,
che consiste nell'invito a riflettere sul proprio passato e a confidare
nella bontà divina.
Bright trova così una soluzione di compromesso: c'è una melanconia di
competenza del medico e una melanconia di competenza del teologo. La
preoccupazione di Bright, come si evince dalle parole che seguono, è
di garantire uno spazio di autonomia per la melanconia dell'anima: «Infine
se le si mette diligentemente a confronto nella causa, nell'effetto,
nella qualità, sotto qualsiasi profilo gli atei ed i profani amino associare
afflizione dell'anima e melanconia naturale, queste ultime appariranno
di natura diversa, sì da non poter mai essere accordate»[52].
Nella concezione di Bright l'anima agisce dunque su due piani: uno riguarda
la contemplazione di Dio, origine e fine ultimo delle passioni dell'anima,
non influenzabili dal corpo; l'altro, invece, riguarda il funzionamento
del corpo umano, a cui l'anima presiede ed al quale è legata:
L'anima, ricorderete, fu creata per soffio divino. [...] Scopo di questa creazione fu che, tramite l'unione dell'anima con la sostanza materiale, nutrita e fornita di facoltà corporali terrene come le altre creature viventi, si ottenesse una creatura intermedia tra l'angelo e la bestia, che rendesse gloria al Suo nome. A tal compito l'anima assolve con due tipi diversi di azione. Un'azione l'anima la esercita indipendentemente dal corpo, e cioè la contemplazione di Dio, nella misura in cui lo conosce per istinto naturale, e lo ringrazia doverosamente per quei doni che ha ricevuto dalla creazione. Prossima a Dio, ogni cosa nel raggio del suo pensiero è immortale, ricolma di incomparabile gioia spirituale, priva di tedio e di fatica. In questa vita, però, finché dimora nel tabernacolo terreno, l'anima deve occuparsi di azioni che non svolge con la perfezione e la libertà di quando, sciolto il nodo tra lei ed il corpo, agisce indipendentemente, trattenuta come è da uno strumento corporale di qualità inferiore. E questo è l'altro tipo di azione che l'anima compie per legge del Creatore al fine di mantenere la specie e di conservare l'intera natura, coi doveri che le appartengono, animali, vitali e naturali, e qualsiasi cosa composta che li richieda tutti e tre[53].
A Treatise of Melancholie è dunque un'opera che risente fortemente delle concezioni di Lemnius, ma ha il merito di tentare una conciliazione con la tradizione teologica e morale. Bright sonda il terreno dello studio fisiologico della melanconia senza lasciare inesplorato quello delle passioni dell'anima.
11. The Diseases of the Soule: A Discourse Divine, Morall,
and Physicall[54], un'opera
di sole settanta pagine scritta nel 1616 da Thomas Adams[55], riproponeva la concezione di Ildegarda
di Bingen della malattia, secondo la quale l'origine di ogni male, sia
fisico che morale, era da rintracciare nel peccato originale e la salute
del corpo era correlata al comportamento morale.
Nella parte iniziale della sua opera Adams affermava che la malattia
si era diffusa in maniera epidemica tra gli uomini in seguito al peccato
originale e aveva infettato tutti i cuori, manifestandosi sotto forma
di vizio nei costumi e di eresia in ambito dottrinale. Tutte le malattie
erano causate, in ultima istanza, dal diavolo, che si avvantaggiava
della debolezza della costituzione umana. Perciò la cura consisteva
di una parte morale e religiosa, che aveva il compito di opporsi al
vizio istillato nell'anima dal diavolo, e di una parte medica che avrebbe
dovuto, invece, rafforzare il corpo[56].
Adams precisava nella lettera dedicatoria[57]
che il suo trattato «è più morale che medico; e per la maggior parte
è teologico»[58], e nella
Tavola Generale riconduceva tutte le malattie dell'anima a diciannove
tipi. Adams analizzò ciascuna malattia da quattro punti di vista: la
nosografia, l'eziologia, i segni e i sintomi e, infine, la terapia[59].
Nella prospettiva di Adams, il rapporto tra anima e corpo appariva capovolto
rispetto alla concezione tradizionale di origine platonica: non era
infatti il corpo che corrompeva l'anima, ma era l'anima che determinava
le malattie del corpo. Adams riteneva che i vizi dell'anima fossero
la vera causa delle patologie fisiche, le quali, tuttavia, dovevano
essere curate anche con interventi specifici sul corpo. Ad esempio,
Adams sostenne che la terapia contro il mal di testa dovesse prevedere
l'utilizzo delle tradizionali cure di stampo galenico come «l'incisione
delle vene, le purghe, i revulsivi o i rimedi locali»[60],
salvo considerarli rimedi d'importanza secondaria e solo sintomatica
rispetto alla terapia morale che prevedeva per il paziente «una buona
purga di umiltà che lo riporti un po' più a terra, perché egli sta così
in alto nella sua immaginazione» e soprattutto «dev'essere accompagnata
da una forte pillola di disciplina. Il rimedio migliore è la disciplina,
come disse il Padre, quando sentì il figlio lamentarsi della sua testa,
oh la testa, la testa, ordinò a un servo, portatelo da sua
madre, così per questi uomini assillati dal mal di testa, portateli
dalla loro madre, lasciate che la Chiesa li censuri»[61].
12. In molti teologi, e talvolta anche in qualche medico, la distinzione tra l'aspetto morale e la dimensione fisiologica era ancora incerta. Thomas Adams, invece, distinse chiaramente le malattie dell'anima e quelle del corpo, ponendole comunque in un rapporto di corrispondenza che al lettore moderno può ricordare il rapporto tra i due attributi spinoziani. Le malattie del corpo avevano un corrispettivo nell'anima e la variazione dell'uno sembrava avere un'immediata corrispondenza nell'altra. Ad esempio, alla malattia che aveva come sintomo una sete insaziabile corrispondeva sul piano spirituale una malattia (che era al tempo stesso un vizio) chiamata ambizione. Le corrispondenze erano poste esplicitamente dallo stesso Adams che scriveva:
C'è una malattia nel corpo chiamata sete smodata, che consiste nel continuare ad avere lo stimolo della sete anche dopo che si è bevuto abbondantemente. Questi sono i sintomi di quella malattia spirituale chiamata ambizione, cioè di un'orgogliosa sete dell'anima, in cui un sorso di onore causa una sete di onore[62].
Per quanto concerneva l'eziologia, Adams esponeva prima una descrizione fisiologica, secondo la quale la sete smodata era causata da un eccessivo calore che favoriva la formazione di umori salini nello stomaco[63], e poi una descrizione morale, secondo la quale la causa dell'ambizione era un forte senso dell'onore. Quale fosse l'interesse di fondo di Adams non è difficile da cogliere. Egli dedicò tre righe ai rimedi che concernevano il corpo e più di due pagine alle prescrizioni di carattere morale e teologico, facendo continuamente riferimento alle Sacre Scritture[64]. Su questo modello era costruito tutto il libro. Così ad ognuna delle diciannove malattie corrispondevano degli specifici vizi dell'anima, tendenzialmente delle passioni, correlati con i problemi del corpo. L'incostanza era associata alle vertigini[65], la follia alla rabbia, l'invidia alla consunzione generale, la pigrizia alla letargia, l'idropisia all'avarizia, l'usura all'appetito canino, l'orgoglio alla pleurite, l'ambizione alla sete smodata, la lussuria all'infiammazione dei reni, l'ipocrisia alla febbre, la prodigalità al flusso, la sicurezza all'apoplessia, la vanagloria alla flatulenza dello stomaco. In conclusione, il corpo, secondo Adams, si muoveva e aveva vita grazie all'anima e la vera causa delle malattie era il diavolo, il cui luogo privilegiato era proprio l'anima, per cui «il miglior medico è Gesù Cristo e la miglior medicina sono le Scritture»[66] e la miglior cura sono le preghiere.
13. In conclusione, gli autori che ho analizzato possono
essere considerati rappresentativi non solo di tre differenti descrizioni
del fenomeno della melanconia, ma di tre modelli antropologici e di
tre ontologie che in Inghilterra saranno compresenti tra il XVI e il
XVIII secolo: il modello medico-scientifico di Jorden, in cui è possibile
individuare già alcuni aspetti del modello empirista-baconiano; il modello
filosofico di Bright, che fornisce un esempio di dualismo proto-cartesiano;
il modello teologico di Adams, che costituirà l'alternativa metafisico-spiritualista
alle concezioni materialiste dell'uomo.
Il trattato di Thomas Adams, come si è potuto constatare, si muove all'interno
di un mondo ordinato che garantisce analogie, somiglianze, influenze
astrali e forze divine sensibili a invocazioni e a preghiere. Accanto
alla tradizione spiritualista si impone gradualmente un filone medico-scientifico
che in Inghilterra, a partire dalla seconda metà del Seicento, risulterà
predominante. Timothie Bright, pur scrivendo trent'anni prima di Adams,
pose le premesse per lo sviluppo di una ricerca medica indipendente
dalla teologia distinguendo tra due tipi di melanconia, una di pertinenza
del medico e una del teologo. Edward Jorden, che si era venuto a trovare
in una situazione delicata, in una diatriba in cui tra coloro che sostenevano
l'origine spirituale e diabolica dei sintomi di Mary Glover vi erano
anche medici del College of Physicians, sostenne che il ricorso
a cause divine, invece che a quelle naturali, era solo un modo per nascondere
la propria ignoranza. Parole simili a quelle di Jorden saranno pronunciate
da George Cheyne, nel 1733, in un clima culturale ormai molto diverso.
Il processo di «disincanto» dell'Occidente passa dunque anche attraverso
gli studi sulla melanconia e sui problemi che essi sollevano, come ad
esempio il rapporto tra malattia e peccato, tra passioni e disturbi
nervosi, o tra corpo e anima. Medici come Timothie Bright ed Edward
Jorden contribuirono alla formazione di una sensibilità medico-scientifica
che guiderà la ricerca di medici come Thomas Willis, Thomas Sydenham,
Richard Blackmore e Bernard Mandeville, le cui opere rivoluzioneranno
la concezione della melanconia in Inghilterra.
[1] G. CHEYNE, The English Malady: or, a Treatise of Nervous Diseases of all Kinds, as Spleen, Vapours, Lowness of Spirits, Hypochondriacal, and Hysterical Distempers, &c. In Three Parts. Part I. Of the nature and cause of Nervous Distempers. Part II. Of the Cure of Nervous Distempers. Part III. Variety of Cases that Illustrate and Confirm the Method of Cure. With the Author's own Case at large, London, Printed for G. Strahan in Cornhill, and J. Leake at Bath 1733, 285. Le traduzioni, quando non compare l'edizione italiana, sono mie.
[2] Ibid., i-ii: «L'umidità dell'aria, la variabilità del clima (dovuta alla posizione in mezzo all'Oceano), il rigoglìo e la fertilità del suolo, la ricchezza e l'abbondanza dei suoi abitanti (dovuta al loro universale commercio), l'inattività e le occupazioni sedentarie di coloro che ricoprono le posizioni migliori (tra i quali questo male si sviluppa maggiormente) e l'umore di chi vive in città grandi, popolose e, di conseguenza, insalubri ha prodotto una tipologia e una serie di disturbi, con sintomi atroci e spaventosi, poco conosciute ai nostri predecessori, e mai cresciute fino a questo preoccupante grado di intensità, non avendo mai raggiunto dimensioni così ampie in nessuna nazione conosciuta. Questi disturbi nervosi sono stimati essere quasi un terzo delle malattie della gente che vive in Inghilterra».
[3] Cfr. W. PERKINS, A Discourse of the Damned Art of Witchcraft: so farre forth as it is revealed in the Scriptures, and manifest by true experience. Framed and delivered by M. William Perkins, in his ordinarie course of Preaching, and now published by Tho. Pickering Batchelour of Divinitie, and Minister of Finchingfield in Essex. Whereunto is adioyned a twofold Table; one of the order and Heades of the Treatise; another of the texts of Scripture explained, or vindicated from the corrupt interpretation of the Adversarie, Printer to the Universitie of Cambridge, Printed by Cantrel Legge 1610, 25.
[4] Sulla stregoneria cfr. A. MACFARLANE, Witchcraft in Tudor and Stuard England, London, Routledge & Kegan Paul 1970; K. THOMAS, Religion and the Decline of Magic: Studies in Popular Beliefs in Sixteenth and Seventeenth Century England, London, Weidenfeld and Nicolson 1971; tr. it. La religione e il declino della magia: le credenze popolari nell'Inghilterra del Cinquecento e del Seicento, Milano, Mondadori 1985; C. HOLE, Witchcraft in Britain, London, Granada Publishing 1977; G. SCARRE, Witchcraft and Magic in 16th and 17th Century Europe, London, MacMillan 1987; B. P. LEVACK, The Witch-Hunt in Early Modern Europe, London, Longman 1987; tr. it. La caccia alle streghe in Europa agli inizi dell'età moderna, Roma-Bari, Laterza 1988; J. SWAIN, Witchcraft in 17th Century England, Bristol, Stuart Press 1994; D. WILLIS, Malevolent Nurture. Witch-Hunting and Maternal Power in Early Modern England, Ithaca and London, Cornell University Press 1995; J. SHARPE, Instruments of Darkness: Witchcraft in England 1550-1750, London, Hamish Hamilton 1996; J. BARRY, M. HESTER e G. ROBERTS (eds.), Witchcraft in Early Modern Europe: Studies in Culture and Belief, Cambridge, Cambridge University Press 1996; I. BOSTRIDGE, Witchcraft and Its Transformations c.1650-c.1750, Oxford, Clarendon Press 1997; S. CLARK, Thinking with Demons, Oxford, Oxford University Press 1997; G. GEIS e I. BUNN, A Trial of Witches: A Seventeenth-Century Witchcraft Prosecution, London-New York, Routledge 1997; M. GIJSWIJT-HOFSTRA, B. P. LEVACK e R. PORTER, Witchcraft and Magic in Europe. The Eighteenth and Nineteenth Centuries, London, The Athlone Press 1999, in part. 191-254; N. GEVITZ, "The Devil Hath Laughed at the Physicians": Witchcraft and Medical Practice in Seventeenth-Century New England, in "Journal of the History of Medicine and Allied Sciences", LV, 2000, 5-36; A. MACFARLANE, Civility and the Decline of Magic, in P. BURKE, B. HARRISON, P. SLACK, (eds.), Civil Histories Essays Presented to Sir Keith Thomas, Oxford, Oxford University Press 2000, 145-160; J. SHARPE, Witchcraft in Early Modern England, London, Longman 2001. Su cristianesimo, filosofia ermetica, cabbala, stregoneria e melanconia cfr. D. P. WALKER, Spiritual and Demonic Magic from Ficino to Campanella, London, Warburg Institute 1958; tr. it. Magia spirituale e magia demoniaca da Ficino a Campanella, Torino, Aragno 2002; F. A. YATES, The Occult Philosophy in the Elizabethan Age, London, Routledge & Kegan Paul 1979; tr. it. Cabbala e occultismo nell'età elisabettiana, Torino, Einaudi 1982.
[5] W. PERKINS, A Discourse of the Damned Art of Witchcraft, cit., 183: «Quindi la causa di questa severa punizione [la morte] è l'avere stretto un patto con il Diavolo, che sia segreto o aperto, in cui ci si accorda per ricevere il suo aiuto per compiere miracoli».
[6] È bene ricordare che già prima di Perkins, Reginald Scot, nel 1584, scriveva polemicamente: «sono dispiaciuto e provo vergogna nel vedere quante persone muoiono, perché essendo considerate stregate ricercano solo cure magiche, mentre una dieta sana e delle buone medicine le avrebbero guarite». Cfr. R. SCOT, The Discoverie of Witchcraft, wherein the lewde dealing of witches and witchmongers is notablie detected, London, W. Brome 1584; rist. anast. Amsterdam-New York, Capo Press-Theatrum Orbis Terrarum 1971, xv.
[7] Per gli studi novecenteschi di storia della melanconia, cfr. G. ZILBOORG e G. W. HENRY, A History of Medical Psychology, New York, W. W. Norton 1941; trad. it. Storia della psichiatria, Milano, Feltrinelli 1963; L. BABB, The Elizabethan Malady. A Study of Melancholia in English Literature from 1580 to 1642, East Lansing, Michigan State College Press 1951; J. STAROBINSKI, Histoire du traitement de la mélancolie des origines à 1900, Basel, J. R. Geigy 1960; trad. it. Storia del trattamento della malinconia dalle origini al 1900, Milano, Guerini 1990; R. WITTKOWER, Born under Saturn, London, Weidenfeld and Nicolson 1963; trad. it. Nati sotto Saturno. La figura dell'artista dall'Antichità alla Rivoluzione francese, Torino, Einaudi 1968; W. LEPENIES, Melancholie und Gesellshaft, Frankfurt am Main, Suhrkamp Verlag 1969; trad. it. Melanconia e società, Napoli, Guida 1981; F. A. YATES, Cabbala e occultismo nell'età elisabettiana, cit.; J. PIGEAUD, La Maladie de l'âme. Étude sur la relation de l'âme et du corps dans la tradition médico-philosophique antique, Paris, Les Belles Lettres, Études anciennes, 1981; A. BRILLI, (a cura di), La malinconia nel Medio Evo e nel Rinascimento, Urbino, Quattro Venti, 1982; S. W. JACKSON, Melancholia and Depression. >From Hippocratic Times to Modern Times, New Haven and London, Yale University Press 1986; W. SCHLEINER, Melancholy, Genius, and Utopia in the Renaissance, Wiesbaden, Harrassowitz 1991; A. MANCINI, "Un dì si venne a me malinconia...". L'interiorità in Occidente dalle origini all'età moderna, Milano, Franco Angeli, 1998; P. SCHIERA, Specchi della politica. Disciplina, melancolia, socialità nell'Occidente moderno, Bologna, il Mulino 1999; J. RADDEN, (ed.), The Nature of Melancholy. From Aristotle to Kristeva, Oxford, Oxford University Press 2000.
[8] R. KLIBANSKY, E. PANOFSKY, F. SAXL, Saturn and Melancholy. Studies in the History of Natural Philosophy Religion and Art, London, Nasel 1964 (L'opera riprende e amplia il lavoro di E. PANOFSKY e F. SAXL, Dürers "Melancolia 1". Eine quellen- u. typengeschichtl. Untersuchung, Leipzig, B. G. Teubner 1923); trad. it. Saturno e la melanconia. Studi di storia della filosofia naturale, religione e arte, Torino, Einaudi 1983.
[9] PLATONE, Fedro, in I Dialoghi, a cura di E. Turolla, tt. 3, Milano, Rizzoli 1964 (1953), t. 1, 941, 265a: "Socrate: [...] Dicevamo precisamente che amore è un tipo di follia. O no? Fedro: Sì. Socrate: E che di follia ci sono due specie, una dovuta a umane infermità; l'altra a divino intervento che ci distacca da comuni abitudini. Fedro: Non c'è dubbio".
[10] Cfr. M. W. BLOOMFIELD, The Seven Deadly Sins. An Introduction to the History of a Religious Concept, with Special Reference to Medieval English Literature, East Lansing Mich., Michigan State College Press 1952; M. D. ALTSCHULE, Acedia: Its Evolution from Deadly Sin to Psychiatric Syndrome, in "British Journal of Psychiatry", CXI, 1965, 117-119; S. SNEYDER, The Left Hand of God: Despair in Medieval and Renaissance Tradition, in "Studies in the Renaissance", XII, 1965, 18-59; S. WENZEL, The Sin of Sloth: Acedia in Medieval Thought and Literature, Chapel Hill, University of North Carolina Press 1967; N. L. BRANN, Is Acedia Melancholy? A Re-Examination of this Question in the Light of Fra Battista da Crema's Della cognitione et vittoria di se stesso (1531), in "Journal for the History of Medicine and Allied Sciences", XXXIV, 1979, 80-99; C. CASAGRANDE e S. VECCHIO, Accidia, in I sette vizi capitali, Torino, Einaudi 2000, 78-95.
[11] T. BRIGHT, A Treatise of Melancholie. Containing the Causes thereof, & Reasons of the Strange Effects it Worketh in our Minds and Bodies: with the Phisicke Cure, and Spirituall Consolation for such as have thereto Adioyned an Afflicted Conscience, London, Imprinted at London by Thomas Vautrollier, dwelling in the Black-Friers 1586; trad. it. Della melanconia, Milano, Giuffrè, 1990; G. HARVEY, Morbus Anglicus: or, The Anatomy of Consumptions. Containing The Nature, Causes, Subject, Progress, Change, Signes, Prognosticks, Preservatives; and several Methods of Curing all Consumptions Coughs, and Spitting of Blood. With Remarkable Observations touching the same Diseases. To which are Added, Some brief Discourses of Melancholy, Madness, and Distraction occasioned by Love. Together with certain new Remarques touching the Scurvy and Ulcers of the Lungs, London, Printed for Nathaniel Brook at the Angel in Cornhill, 1666; T. WILLIS, Cerebri anatome: cui accessit nervorum descriptio et usus, Londini, Typis Ja. Flesher, Impensis Jo. Martyn & Ja. Allestry, 1664; Pathologiae cerebri, et nervosi generis specimen. In quo agitur de morbis convulsivis, et de scorbuto, Oxonii, excudebat Giul. Hall, Impensis Ja. Allestry, 1667; Affectionum quae dicuntur hystericae et hypochondriachae pathologia spasmodica vindicata, contra responsionem epistolarem Nathanael Highmori, cui accesserunt exercitationes medico-physicae duae. 1) De sanguinis accensione 2) De motu musculari, Londini, apud Jacobum Allestry, 1670; De anima brutorum quae hominis vitalis ac sensitiva est, exercitationes duae; prior phisiologica ejusdem naturam, partes, potentias et affectiones tradit; altera pathologica morbos qui ipsam, et sedem ejus primariam, nempe cerebrum et nervosum genus efficiunt, explicat, eorumque therapeias instituit, Oxonii, Theatro Sheldoniano, Impensis R. Davis, 1672; T. SYDENHAM, Dissertatio epistolaris ad spectatissimum doctissimumque virum Guilielmum Cole, M. D. De observationibus nuperis circa curationem variolarum confluentium. Nec-non de affectione hysterica. Per Tho. Sydenham, M. D., Londini, typis M. C. Impensis Walteri Kettilby, ad insigne Capitis Episcopalis in Coemeterio D. Pauli, 1682; B. MANDEVILLE, A Treatise of the Hypochondriack and Hysterick Diseases. In Three Dialogues. By B. Mandeville M. D. Scire Potestates Herbarum usumque medendi/Maluit, & mutas agitare inglorius artes. Aeneid. Lib. XII. The Second Edition: Corrected and Enlarged by the Author, London, Printed for J. Tonson in the Strand, 1730.
[12] T. WALKINGTON, The Optick Glasse of Humors, or The Touchstone of a Golden Temperature, or the Philosophers Stone to make a Golden Temper, Wherein the Foure Complections Sanguine, Cholericke, Phlegmaticke, Melancholicke are Succinctly painted forth, and their Externall Intimates Laide Open to the Purblind Eye of Ignorance It Selfe, by Which Every One May Iudge of What Complection He is, and Answerably Learne What is Most Suitable to his Nature, London, Imprented by John Windet for Martin Clerke, and are to be sold at his shop without Aldersgate, 1607; P. DE LA PRIMAUDAYE, Suite de l'Académie françoise, Paris, G. Chaudiere 1580; trad. ingl. The French Academie, London, E. Bollifant for G. Bishop and Ralph 1586; P. CHARRON, De la sagesse; livres trois, A Bourdeaus, Par Simon Millanges 1601; trad. ingl. Of Wisdome: Three Bookes Written in French, London, Aspley and Blount 1608; N. COEFFETEAU, Un tableau des passions humaines, de leurs causes, et de leurs effets, Paris, chez S. Cramoisy 1620; trad. ingl. A Table of Humane Passions, with their Causes and Effects, London, N. Okes 1621.
[13] T. ROGERS, A Philosophicall Discourse, entituled The Anatomie of Minde. Newlie made and set forth by T. R., London, Imprinted by J. C. [J. Charlewood], for A. Mansell, 1576; W. PERKINS, The Whole Treatise of the Cases of Conscience. Distinguished in Three Books, London, Printed by John Legatt, and are to be sold by John Waterson, at the signe of the Crowne in Paulus Church-yard, 1604. L'edizione che ho consultato è quella del 1636; T. WRIGHT, The Passions of the Minde, London, Printed by V. S for W. B., 1601. Un'edizione ampliata Corrected, Enlarged and with sundry news Discourses Augmented. By Thomas Wright. With a Treatise thereto adioyning of the Climatericall Yeare, occasioned by the Death of Queene Elizabeth, London, 1604; T. ADAMS, The Disease of the Soule: A Discourse Divine, Morall and Physicall, London, Printed by George Purslowe for John Budge, and are to be sold at the Great South-dore of Paules, and at Britainnes Bursse, 1616; E. REYNOLDS, A Treatise of the Passions and Faculties of the Soule of Man. With the severall Dignities and Corruptions thereunto belonging, London, Printed by R. H. for Robert Bostock, dwelling in Saint Pauls Church-yard at the Signe of the Kings Head, 1640.
[14] Sulla melanconia nella letteratura inglese cfr. L. BABB, The Elizabethan Malady, cit., 73-185; B. G. LYONS, Voices of Melancholy: Studies in Literary Treatments of Melancholy in Renaissance England, London, Routledge and Kegan Paul 1971. Studi più specifici sulla psicologia nell'età di Shakespeare, cfr. R. L. ANDERSON, Elizabethan Psychology and Shakespeare's Plays, in "Humanistic Studies. University of Iowa Studies", III, 4, 1927, 1-182; L. B. CAMPBELL, Shakespeare's Tragic Heroes. Slaves of Passion, London, Methuen 1930; J. W. DRAPER, The Humors & Shakespeare's Characters, Durham, North Carolina, Duke University Press 1945.
[15] R. BURTON, The Anatomy of Melancholy, what it is. With all the Kindes, Causes, Symptomes, Prognostickes, and severall Sections, Members, and Subsections. Philosophically, Medicinally, Historically, Opened and Cut Up. By Democritus Junior. With a Satiricall Preface, conducing to the following Discourse. Macrob. Omne meum. At Oxford, Printed by Iohn Lichfield and Iames Short, for Henry Cripps. Anno Dom. 1621. Lo stesso titolo comparve nelle edizioni successive del 1624, del 1628, del 1632, del 1638 e del 1651 (che può essere considerata l'edizione definitiva dopo che l'opera era cresciuta dalle 353.369 parole dell'edizione del 1621 alle 516.384 di quella del 1651, cfr. The Anatomy of Melancholy, a cura di T. C. Faulkner, N. K. Kiessling, R. L. Blair, 3 voll, Oxford, Clarendon Press, pubblicati rispettivamente nel 1989, 1990 e 1994, vol. 1, xxxvii-li. A questi tre volumi è stato recentemente aggiunto un Commentary, a cura di J. B. Bamborough e M. Dodsworth, Oxford, Clarendon Press, composto da tre tomi, di cui il primo è stato pubblicato nel 1998 e gli altri due nel 2000; trad. it. dell'Introduzione, in Anatomia della malinconia, con un saggio introduttivo di J. STAROBINSKI dal titolo Democrito parla. L'utopia malinconica di Robert Burton, Venezia, Marsilio 1983 e della terza parte: Malinconia d'amore, prefazione di A. Brilli, Milano, Rizzoli 1981.
[16] Sul dibattito sulla stregoneria e la magia nell'Inghilterra dei Tudor e degli Stuart cfr. K. THOMAS, La religione e il declino della magia, cit.; B. P. LEVACK, La caccia alle streghe in Europa, cit.; B. EASLEA, Witch Hunting, Magic and the New Philosophy: an Introduction to Debates of the Scientific Revolution, 1450-1750, Brighton, Harvester Press 1980; B. SHAPIRO, Probability and Certainty in Seventeenth-Century England: A Study of the Relationships between Natural Science, Religion, History, Law, and Literature, Princeton, Princeton University Press 1983; I. BOSTRIDGE, Witchcraft and Its Transformations c.1650-c.1750, cit.; S. CLARK, Thinking with Demons, cit.; N. GEVITZ, "The Devil Hath Laughed at the Physicians, cit.; A. MACFARLANE, Civility and the Decline of Magic, cit.
[17] Cfr. S. BRADWELL, Mary Glovers Late Woeful Case, Together with Her Joyfull Deliverance (1603), British Library, Sloane MS 831, ora pubblicato in M. MACDONALD, Witchcraft and Hysteria in Elizabethan London: Edward Jorden and the Mary Glover Case, London, Routledge 1990. Michael MacDonald nella sua Introduction ha sostenuto che la storiografia precedente che ha fatto di Jorden un simbolo del razionalismo medico contro la superstizione religiosa e la credenza nelle streghe non avrebbe compreso i reali motivi che avrebbero portato alla pubblicazione dell'opera. Il libro di Jorden sarebbe in primo luogo un'opera di propaganda religiosa, nata in un contesto di conflitto tra Chiesa anglicana e i suoi avversari cattolici e puritani.
[18] Edward Jorden nacque nel 1569 a High Halden, nel Kent. Ricevette il BA a Cambridge nel 1583 e il MD nel 1591 a Padova. Divenne un Licentiate of the College of Physicians nel 1595 e un Fellow due anni più tardi. Visse e praticò a Londra per alcuni anni, poi si trasferì a Bath. Pur essendo in buoni rapporti con re Giacomo, non divenne mai il medico di corte, ma si prendeva cura della regina quando, nel periodo estivo, si trasferiva a Bath. Morì nel 1632. Cfr. DNB e M. MACDONALD, Introduction a Witchcraft and Hysteria in Elizabethan London, cit., vii-lxiv, viii.
[19] D. P. WALKER, Unclean Spirits. Possessions and Exorcism in France and England in the late Sixteenth and Early Seventeenth Centuries, London, Scolar Press 1981, 79-80; trad. it. Possessione ed esorcismo: Francia e Inghilterra fra Cinque e Seicento, Torino, Einaudi 1984, 113.
[20] S. BRADWELL, Mary Glovers Late Woeful Case, Together with Her Joyfull Deliverance, in M. MacDonald, Witchcraft and Hysteria in Elizabethan London, cit., 4.
[21] Ibid., 6.
[22] La condanna di Elizabeth Jackson fu successivamente ridotta, probabilmente in seguito a un condono reale, e Mary Glover guarì pochi giorni dopo il processo, il 14 dicembre 1602, dopo un esorcismo compiuto da preti puritani. Cfr. M. MACDONALD, Introduction a Witchcraft and Hysteria in Elizabethan London, cit., xix. Sulle leggi contro la stregoneria in Inghilterra cfr. K. THOMAS, La stregoneria in Inghilterra: il crimine e la sua storia, in La religione e il declino della magia, cit., 491-521, in part. 497-499.
[23] Cfr. E. JORDEN, A Briefe Discourse of a Disease called the Suffocation of the Mother. Written upon occasion which hath beene of late taken thereby, to suspect possession of an evill spirit, or some such like supernaturall power. Wherein is declared that divers strange actions and passions of the body of man, which in the common opinion, are imputed to the Divell, have their true naturall causes, and do accompany this disease, London, Printed by John Windet, dwelling at the Signe of the Crosse Keyes at Powles Wharfe 1603; rist. anast. in M. MACDONALD, Witchcraft and Hysteria in Elizabethan London, cit. Questo libro contiene anche, oltre alla trascrizione del manoscritto di Stephen Bradwell, la ristampa di un'altra opera su questo argomento: J. SWAN, A True and Briefe Report of Mary Glovers Vexation, and of Her Deliverance by Fastings and Prayer, London 1603. Su questo tema si vedano: I. VEITH, The Suffocation of the Mother, in Hysteria. The History of a Disease, Chicago-London, The University of Chicago Press, 1965, 120-124.
[24] E. JORDEN, To the Right Worshipfull the President and Fellowes of the Colledges of Phisitions in London, in A Briefe Discourse of a Disease called the Suffocation of the Mother, cit., A2-A7, A3-A4.
[25] Cfr. IPPOCRATE, La malattia sacra, a cura di Amneris Roselli, Venezia, Marsilio 1996, 49 e 51: «Così stanno le cose a proposito della cosiddetta malattia sacra. A me non sembra affatto che sia più divina né più sacra delle altre malattie, ma come anche le altre malattie, essa ha una causa naturale e da essa deriva [...]. Mi sembra che coloro che per primi hanno fatto di questa una malattia sacra fossero uomini simili agli attuali maghi, purificatori, accattoni e ciarlatani che fingono di essere particolarmente rispettosi degli dei e di possedere un sapere superiore a quello degli altri. Costoro dunque si ammantano della divinità, che adducono a giustificazione della loro mancanza di risorse, poiché non sanno cosa somministrare per giovare ai malati; e perché non appaia che non sanno nulla giudicano questo male sacro. [...] Prescrivono questo a motivo del divino, come se possedessero un sapere superiore, e adducono altri motivi di modo che, se il malato guarisce, la stima per l'abilità ricada su di loro, se muore, la loro difesa sia al sicuro e possano sostenere che non loro sono responsabili, ma gli dei. [...] Se aprite con un taglio la testa, troverete il cervello umido, pieno di sudore e maleodorante. In questo modo, potrete vedere che non è un dio a danneggiare il corpo; ma la malattia». Sul ruolo della fisiologia nella spiegazione magico-religiosa della malattia si veda il caso esaminato in G. ZILBOORG, Aspetti fisiologici e psicologici del «Malleus maleficarum», in La stregoneria in Europa, a cura di M. Romanello, Bologna, Il Mulino 1975, 323-343.
[26] Cfr. E. JORDEN, Of the Suffocation of the Mother, cit., 2v.
[27] Ibid., A4: «Perciò è doveroso per noi essere tanto zelanti nella verità quanto saggi nel saper distinguere la verità dalla simulazione, le cause naturali dalla forza sovrannaturale. Io non nego che Dio possa agire in maniera straordinaria nella vita di tutti i giorni, per la liberazione dei suoi figli e per altri fini meglio conosciuti da lui stesso. Non nego neppure che ci possano essere possessioni da parte del Diavolo, ossessioni, stregoneria ecc. di cui ci si può liberare anche attraverso le preghiere e le suppliche dei suoi servi, che sono poi gli unici strumenti che ci sono stati lasciati in nostro soccorso in quei casi. Ma quegli esempi sono oggigiorno molto rari e vorrei, per timore di Dio, avvisare gli uomini di essere molto circospetti nell'accertare una possessione sia perché gli impostori sono molti sia perché gli effetti delle malattie naturali sono così strani che nessuno li ha mai esaminati a fondo».
[28] Ibid., 2r: «Se non fossero preparati così bene nella loro professione, molto spesso si ingannerebbero, immaginando che tali strani multiformi accidenti [...] che accompagnano questa malattia (come il soffocamento della gola, il gracidare delle rane, il sibilo dei serpenti, il canto dei galli, l'abbaiamento dei cani, il verso delle cornacchie, la frenesia, le convulsioni, il ridere, il cantare, il fischiare, il piangere, ecc.) derivino da un potere metafisico, quando invece [...] sono semplicemente fenomeni naturali».
[29] Ibid., 24v-25r.
[30] Cfr. Ibid., 16v-23r.
[31] Cfr. Ibid., 11v-17r.
[32] Cfr. Ibid., 9r-11r.
[33] Cfr. Ibid., 17v-18v.
[34] I. VEITH, The Suffocation of the Mother, in Hysteria, cit., 123: «Il trasferimento di Jorden del luogo di tutte le manifestazioni isteriche dall'utero al cervello costituì il punto di svolta nella storia dell'isteria».
[35] Timothie Bright nacque a Cambridge nel 1550 e morì a Shrewsbury nel 1615. Nel 1568 ottenne il Bachelor of Arts al Trinity College di Cambridge. La notte del massacro di San Bartolomeo si trovava a Parigi e si mise in salvo rifugiandosi presso l'ambasciata inglese. Conseguì il titolo di Bachelor of Medicine a Cambridge nell'anno accademico 1573/74, l'anno successivo l'abilitazione e tre anni dopo il dottorato. Nel 1584 è medico all'ospedale St. Bartholomew di Londra. Nel 1586 rischiò il carcere perché accusato di avere esercitato illegalmente come medico nella City, fu solo grazie ad alcune influenti amicizie che riuscì a evitare il carcere. Nel 1588 inventò la stenografia, o meglio, riprendendo un'arte già presente in età classica, la modificò e da allora in poi si diffuse in Inghilterra. In quegli anni l'interesse di Bright è quasi esclusivamente rivolto alla religione, per quanto continui a esercitare come medico al St. Bartholomew. Nel 1590 pubblica Animadversiones Timothei Brighti Cantabrigiensis, medicinae Doctoris: De Traduce, Marburg, P. Egenolff, in cui difende il pensiero cristiano dall'ateismo. Il 29 settembre 1591 viene costretto ad abbandonare il posto di medico per aver trascurato i propri pazienti. Di lì a poco divenne rector di Melthey, un paese dello West Riding, nello Yorkshire. Morì nel 1615. A proposito di Bright si vedano: W. J. CARLTON, Timothie Bright, Doctor of Physicke: a Memoir of "the Father of Modern Shorthand", London, Elliot Stock 1911; G. KEYNES, Dr. Timothie Bright 1550-1615: a Survey of his Life with a Bibliography of his Writings, London, Wellcome Historical Medical Library 1962; A. S. MACNALTY, Dr. Timothie Bright, London, British Medical Association 1963; F. BUGLIANI, Introduzione a Della melanconia, cit., 1-89.
[36] T. BRIGHT, A Treatise of Melancholie, cit.; trad. it. Della melanconia, cit. D'ora in poi darò l'indicazione prima della pagina dell'edizione inglese seguita da quella italiana.
[37] L. LEMNIUS, De habitu et constitutione corporis quam Graeci Krasin, triviales complexionem vocant, libri duo, Antverpiae, [edizione priva dell'indicazione dell'editore] 1561; trad. it. Di Levino Lennio, medico zirizeo, Della complessione del corpo humano libri due, Sommamente necessarii à tutti coloro, che studiano alla sanità: Da quali a ciascuno farà agevole di conoscere perfettamente la qualità del corpo suo, e i movimenti dell'animo, & il modo del conservarlo del tutto sano, Venezia, Appresso Domenico Nicolino 1564. Per quanto riguarda la traduzione inglese, l'edizione del 1576 conservata alla Bodleian Library è priva del frontespizio, per cui riporto il titolo comparso nell'edizione del 1633: The Touchstone of Complexions: Expedient and Profitable for all such as be Desirous and Carefull of their Bodily Health: Containing most ready tokens, whereby every one may perfectly try, and thorowly know, as well the exact state, habit, disposition, and constitution of his body outwardly: as also the inclinations, affections, motions, and desires of his mind inwardly, Written in Latine by Levine Lemnie, and now Englished by T. N., London, Printed by E. A. for Michael Sparke, and are to be sold at his house in Greene Arbour, at the Signe of the Blue Bible 1633.
[38] T. BRIGHT, A Treatise: Wherein is declared the Sufficiencie of English Medicines, London, Henrie Middleton 1580.
[39] Ibid., iiji; 92.
[40] W. BULLEIN, A Dialogue bothe pleasaunte and pietifull, wherein is a goodly regimente against the Fever Pestilence with a consolacion and comfort against death, London, I. Kingston 1564, fol. 25: «Medicus: Io sostenevo di seguire Aristotele, ma il significato era che non prestavo ascolto alle argomentazioni della Bibbia; non sono un teologo e là non trovo ragionamenti di mio interesse, sono cose troppo dificili per me; io le raccomando a Derbel e Duns, ecc./ Antonius: Dunque in Aristotele si trovano argomentazioni migliori di quelle della Bibbia? Allora, la prego, mi dica qual è il potere dell'anima?». Questo testo mi è stato suggerito dall'Introduzione di Francesca Bugliani a T. BRIGHT, Della melanconia, cit., 33.
[41] T. BRIGHT, A Treatise of Melancholie, cit., 39; 140.
[42] La nozione di spiriti animali fu messa in discussione da William Harvey, che negò la loro esistenza come sostanze separate dal sangue. Sulla nozione di spiriti animali cfr. O. TEMKIN, On Galen's Pneumatology, "Gesnerus", VIII, 1951, 180-189; A. L. PECK, The connate Pneuma: an Essential factor in Aristotle's Solutions to the Problems of Reproduction and Sensation, in E. A. UNDERWOOD, (ed.), Science, Medicine, and History, London-New York, Oxford University Press 1953, 111-121; D. P. WALKER, Magia spirituale e magia demoniaca da Ficino a Campanella, cit.; M. PUTSCHER, Pneuma, Spiritus, Geist. Vorstellungen vom Lebensantrieb in ihren geschichtl. Wondlungen, Wiesbaden, Steiner 1973; J. J. BONO, The Language of Life: Jean Fernel (1497-1558) and Spiritus in Pre-Harveyan Bio-Medical Thought, Harvard University, Cambridge Mass., Ph.D. Thesis, 1981; G. ZANIER, Medicina e filosofia tra '500 e '600, Milano, Franco Angeli 1983, 61-123; M. L. BIANCHI e M. FATTORI, (a cura di), Spiritus, (Roma, IV Colloquio Internazionale, 7-9 gennaio 1983), Roma, Edizioni dell'Ateneo 1984; J. J. BONO, Medical Spirits and the Medieval Language of Life, in «Traditio», XL, 1984, 91-130; A. CLERICUZIO, Spiritus Vitalis. Studio sulle teorie fisiologiche da Fernel a Boyle, cit.; J. J. BONO, Reform and the Languages of Renaissance Theoretical Medicine: Harvey versus Fernel, in «Journal of the History of Medicine», XXIII, 1990, 341-387; A. CLERICUZIO, The Internal Laboratory. The Chemical Reinterpretation of Medical Spirits in England (1650-1680), cit.
[43] T. BRIGHT, A Treatise of Melancholie, cit., 34; 135.
[44] Ibid., 35; 136.
[45] Ibid., 39; 140.
[46] Ibid., 1; 101.
[47] Ibid., iijv; 93: «Mi sono dato la pena di confutare l'assurdo errore dei primi [quei medici che negano l'intervento del divino] e di soddisfare la ragionevole e modesta richiesta degli altri che cercano informazioni [i melanconici]. Ho chiarito come il corpo e la sua funzionalità producano effetti sull'anima e come, a sua volta, l'anima ne produca sul corpo. Ho spiegato la differenza tra la melanconia naturale e la mano pesante di Dio sulla coscienza afflitta, tormentata dal rimorso del peccato e dal timore del giudizio. Nei limiti delle mie possibilità, ho proposto una soluzione cristiana per coloro che non riescono a sostenere il pesante fardello. Per poter poi consolare al meglio, quanto me lo permettono le altre occupazioni, chi si trova in quello stato di gran sconforto, ho aggiunto dei consigli medici».
[48] Ibid., 39; 139-140: «Sul fatto che il corpo e le azioni del corpo faccian violenza all'anima, dovete intendermi nel modo giusto. Dovete cioè capire che non si verifica alterazione alcuna della sostanza o della natura, né difetto della facoltà naturale, né indebolimento delle qualità essenziali all'anima. Se così fosse, il corpo alla fine perirebbe e distruggerebbe la natura immortale, che non può assolutamente venir meno se non per volontà del potere che l'ha creata».
[49] Timothie Bright, ad esempio, aveva individuato nella barbabietola, nel cavolo, nei datteri, nelle olive, nel pane azzimo, nel maiale, nel manzo, nella quaglia, nel pavone e nel pesce d'acqua dolce cibi che predisponevano alla melanconia, così come il vino rosso e la birra erano bevande che favorivano l'insorgere dei disturbi melanconici.
[50] T. BRIGHT, A Treatise of Melancholie, cit., 189; 296.
[51] Ibid., 190-191; 298.
[52] Ibid., 190; 297.
[53] Ibid., 40-41; 141-142.
[54] T. ADAMS, The Diseases of the Soule: A Discourse Divine, Morall and Physicall, cit.
[55] Per quanto concerne la biografia di Thomas Adams, che non compare nel DNB, non sono riuscito a trovare alcuna informazione.
[56] Ibid., 1-2: «La malattia di questo mondo è epidemica e con un veleno invisibile ha infettato il cuore con una pestilenza generale. Attraverso il vizio nei modi e l'eresia nella dottrina distilla un insensibile contagio nella fontana della vita; e dum unum interficit, centum alios inficit, ne uccide uno e cento ne rovina. Se ex daemonis iniuria, vel ex hominis incuria, a causa della malizia del Diavolo o dell'incuria degli uomini [...]. Le malattie nell'anima degli uomini sono generate come le malattie nel corpo naturale, o la corruzione nei corpi civili; attraverso un progresso così insensibile che non le percepiscono finché non sono quasi disperati».
[57] Il libro è dedicato al medico William Randolph.
[58] Ibid., A3.
[59] Ibid., 2: «Nel proseguo di questo argomento io esporrei il mio discorso con questo metodo: 1) descrizione della malattia; 2) attribuzione dei sintomi; 3) prescrizione dei rimedi».
[60] Ibid., 7.
[61] Ibid., 7.
[62] Ibid., 39-40.
[63] Ibid., 40.
[64] L'inizio del capitolo sulla cura dell'ambizione è un buon esempio di come Adams passi da prescrizioni di carattere medico ad altre di tipo morale-religioso come se l'una seguisse naturalmente l'altra, cfr. Ibid., 42: «Per la malattia corporea, causata da calore e secchezza, i medici prescrivono l'Oxicratum, una bevanda fatta di aceto e acqua mischiati insieme: l'effetto principale è di far dormire, ecc. Per curare la smodata sete di ambizione lasciate che prenda da Dio questa ricetta: colui che esalta se stesso sarà fatto scendere in basso, ma colui che umilia se stesso, sarà esaltato. Cioè, chi si siede giù, nella stanza più bassa, ascolta gli inviti dei maestri, Amico, siedi più in alto. Un angelo glorioso per ambizione divenne un Diavolo; e un Lucifero dei suoi figli, il re di Babilonia, che disse, esalterò il mio trono al di sopra delle stelle di Dio, è portato giù all'inferno, sull'orlo dell'abisso. Il primo gradino alla corte del paradiso è l'umiltà, benedetti siano i poveri nello spirito per loro sia il regno del paradiso. Cioè, chi passeggia su un terreno in piano corre pochi rischi di cadere; se cade, si rialza con poche ferite; ma se si arrampica in alto è più in pericolo di cadere; e se cade, può morire».
[65] Ibid., 7-8: «C'è una malattia dell'anima chiamata incostanza, sufficientemente mascherata da una malattia corporea che si impossessa della parte superiore dell'uomo, procura vertigini, capogiro, stordimento, barcollamenti. La malattia del corpo si manifesta con i sintomi di uno stupore e di un oscuramento degli occhi e degli spiriti, e il paziente pensa che tutto ciò che vede gli giri attorno [...]. L'equivalente ad essa nell'anima è l'incostanza, un movimento senza legge, un aspetto mutevole, un'intenzione che si modifica».
[66] Cfr. Ibid., 73.