1. Da qualche anno si è configurato e sviluppato presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, e specificamente nell'ambito della cattedra di Storia moderna, un interesse per la storia inglese sotto il profilo delle sue espressioni intellettuali e culturali e delle sue vicende politiche e religiose. E ciò grazie anche all'importante acquisizione, da parte delle Biblioteca della Scuola, della biblioteca appartenuta a Onofrio Nicastro, già normalista e poi docente di Storia della filosofia dal Rinascimento all'Illuminismo presso l'Università di Pisa, e acuto specialista della cultura filosofica inglese tra Seicento e Settecento; e grazie alla presenza, nella Scuola Normale, di alcuni giovani studiosi, che o perché legati a Onofrio Nicastro nei loro studi universitari o perché sollecitati da altri stimoli culturali, hanno avviato un promettente percorso di temi e di linee di ricerca di storia inglese non consueti in Italia, nel quadro degli studi storici riguardanti l'età moderna. È noto infatti, ed è facile constatarlo, che, salvo eccezioni, un interesse per la storia inglese intesa in senso lato, e per l'arco di tempo compreso tra il Cinquecento e il Seicento, cui intendiamo sempre qui riferirci, abbia operato più largamente nell'ambito della storia culturale e delle analisi più propriamente critico-letterarie nonché in quello della cultura filosofica e del pensiero politico, ma più limitatamente, almeno fino ad ora, nel settore più propriamente storico: se non nei casi in cui tale interesse sia stato collegato a vicende che hanno al loro centro figure del mondo italiano nei loro rapporti col mondo inglese, dagli eretici italiani del Cinquecento a Giordano Bruno agli "avventurieri della penna" del Seicento, o, con ben più alta connotazione, a personaggi della statura di un Paolo Sarpi; oppure nei casi in cui esso sia stato riferito a quei rapporti tra l'Inghilterra e l'Italia alimentati dai viaggiatori del Grand Tour, da diplomatici e da mercanti, su cui pure sinora si è appuntata l'attenzione degli studiosi. Condizioni di ricerca comprensibili, queste, se si tiene conto che la storiografia modernistica italiana ha avuto a lungo, e continua in gran parte ad avere, per tradizione culturale e intrecci più antichi, lo sguardo rivolto alla storia della Francia o a quella dell'area germanica in riferimento alla storia della Riforma o alla storia-politico costituzionale dello "Stato moderno", cui si è aggiunto, in questi ultimi decenni, un interesse assai articolato e già maturo per la storia della Spagna, non solo per i legami che essa ha avuto con la storia italiana, ma per la stessa centralità della storia spagnola nella storia europea tra Cinquecento e Seicento.
2. Con l'avvio di questa linea specifica di interesse per la storia inglese
dell'età moderna, che ci si è proposti di approfondire, non si intende,
evidentemente, ribaltare coordinate storiografiche importanti e consolidate;
ma si intende piuttosto suggerire, nel panorama delle ricerche storiche
attualmente coltivate in Italia, una maggiore attenzione per una serie
di problemi che possono giovare in vario modo alla più larga conoscenza
della storia europea: sia che questa venga ripercorsa nella peculiarità
della storia inglese, sia che essa sia rivisitata partendo da un'area
che, nonostante la sua "insularità", ha avuto influenze profonde, dirette
e indirette, sulla storia del continente, e per quel che qui ci riguarda
su molti aspetti della storia italiana, agendo nel fondo delle sue componenti
culturali, politiche e religiose come elemento di riflessione e di dibattito,
comunque accolto o rifiutato, sul piano politico e della cultura scientifica
e filosofica, o come forte "alterità" rispetto alle espressioni religiose
più chiuse e determinate della Controriforma.
Sulla base di queste premesse qui sommariamente indicate, il seminario
che si è tenuto presso la Scuola Normale Superiore di Pisa nei giorni
11 e 12 aprile 2002 ha consentito di presentare soprattutto i primi risultati
di ricerche in corso e di avviare al tempo stesso una serie di sondaggi,
che sono ora raccolti in questo volume di atti Questioni di storia
inglese tra Cinque e Seicento: cultura, politica e religione. E non
è un caso che le due giornate pisane abbiano visto la convergenza su temi
comuni, e pure differenziati di storia inglese, da parte di studiosi per
lo più giovani, provenienti da esperienze diverse, dai settori della storia
della cultura filosofica e del pensiero politico e da quelli della storia
politica e religiosa. Ci è sembrato non solo opportuno, ma essenziale,
in questa fase, questo scambio di esperienze di ricerca, basato su un
intreccio ravvicinato, e si spera positivo, dei modi diversi attraverso
i quali sono stati valutati e interpretati momenti e aspetti di una storia,
quella inglese, che come altre, ma per la sua composita peculiarità forse
più di altre, può ricevere apporti stimolanti da approcci molteplici posti
a confronto.
3. Si sa che, se ogni inizio è complesso, e se fa intravedere particolarmente le difficoltà della ricerca, non espunge però i punti di arrivo, almeno parziali, che si sono delineati al momento in cui il lavoro si è appena avviato. Ci sembra perciò utile indicare rapidamente, attraverso i diversi contributi, la linea complessiva dei problemi affrontati in questo volume. Ci corre obbligo di precisare tuttavia che alcune relazioni presentate nel seminario, cui pure qui facciamo cenno, non sono state pubblicate negli atti, per essere state presentate oralmente e per l'impossibilità da parte di alcuni relatori di approntare un testo scritto per la stampa in termini relativamente brevi. Se la relazione di Pietro Adamo sul puritanesimo, purtroppo non inclusa in questo volume, e quella di Daniela Bianchi sulla utilizzazione del testo biblico nella cultura teologica puritana hanno posto in luce i caratteri che fanno dell'acceso dibattito religioso inglese un caso peculiare rispetto alla riflessione teologica della prima età moderna in altri paesi europei, altre relazioni, come quelle di Stefania Tutino e di Ginevra Crosignani, hanno affrontato un altro elemento caratterizzante la realtà politico-religiosa inglese del primo Seicento, cioè la condizione dei cattolici inglesi e il loro atteggiamento nei confronti del potere politico. Tema, questo della comunità cattolica inglese, in un contesto che non vedeva soluzioni paragonabili a quelle ormai adottate e consolidatesi in quei paesi dell'Europa continentale dove pure esistevano differenziazioni religiose al loro interno, che ha conosciuto anche recentemente una fioritura di studi e di ricerche di particolare interesse, a partire dalle fondamentali indagini di John Bossy. Se Stefania Tutino e Ginevra Crosignani hanno indagato le condizioni dei cattolici nel contesto inglese, Chiara Franceschini e Eleonora Belligni hanno invece richiamato l'attenzione sull'attrazione che la realtà religiosa inglese, attraverso la Chiesa anglicana, esercitò in alcune fasi della loro vita su un letterato italiano, come Giacomo Castelvetro, e su un alto ecclesiastico, anch'egli italiano, come Marcantonio De Dominis. Figure inquiete, queste, le cui ambigue vicende sono ben ricostruite anche grazie all'apporto di nuovi elementi documentari.
4. Su un altro versante, quello più specificamente attinente la cultura
scientifica inglese nelle sue implicazioni teoretiche e filosofiche, ci
hanno portato le relazioni di Antonio Clericuzio sul circolo di Hartlib
e sulle origini della Royal Society, relazione che non appare in
questo volume di atti, e di Mauro Simonazzi che ha con finezza analizzato
il tema classico della melanconia, "malattia inglese", a partire da un
intenso dibattito seicentesco.
Al pieno Seicento e al clima politico inglese, legato alle vicende della
guerra civile dell'Interregno, ci conducono per vie diverse le relazioni
di Mario Caricchio e di Stefano Villani. Il primo si sofferma, con competenza
e acribia, sull'attività editoriale di una delle figure chiave del milieu
radicale dell'Inghilterra della prima rivoluzione, ovvero di quel Giles
Calvert, che pubblicò in quegli anni un vero fiume di opuscoli e di scritti
"rivoluzionari". Stefano Villani invece descrive la vita politica e culturale
della comunità inglese di Livorno negli anni di Ferdinando II, mettendone
in evidenza le divisioni interne. Divisioni che rimandano alle vicende
della madrepatria, e che facevano della British Factory
livornese una vera e propria "piccola epitome di Inghilterra" sul suolo
italiano. Ancora alla dimensione più strettamente politica e al tema della
Rivoluzione inglese era dedicata la relazione di Giorgio Vola sulla politica
estera inglese dell'epoca di Cromwell, anch'essa non inclusa in questo
volume.
Le quattro relazioni di Luisa Simonutti, Giovanni Tarantino, Guglielmo
Sanna e Dario Pfanner sono dedicate al dibattito politico-filosofico dell'Inghilterra
della Restaurazione, che muove dai dibattiti sulla libertà di coscienza
per giungere alla elaborazione dei temi delle libertà civili e del contrattualismo,
tratteggiando un panorama culturale assai mosso, tra esigenze di tolleranza
religiosa e approdi a forme di libertinismo intellettuale. Tomaso Cavallo,
infine, con la sua relazione su Hobbes nell'Encyclopédie, ha delineato
efficacemente il rapporto tra i grandi temi della cultura politica inglese
con i frutti più maturi dell'Illuminismo francese ed europeo.
5. Sono, come si può vedere dalle rapide indicazioni qui presentate, motivi ed intrecci culturali, questi affrontati nel seminario pisano, che hanno consentito, al di là dei pur significativi apporti delle diverse relazioni, un proficuo scambio di esperienze di ricerca. E forse l'aspetto più interessante di questo seminario è stata proprio la possibilità di offrire una sede di confronto diretto, che si è rivelato particolarmente opportuno in settori di ricerca ancora legati, nel contesto italiano volto allo studio della storia inglese nelle sue diverse valenze, a specifiche tradizioni di studio e a modi diversificati di indagine: una possibilità, questa, che si è riproposta in un più recente convegno Storie inglesi: l'Inghilterra vista dall'Italia tra storia e romanzo (XVI e XVII secolo), Pisa 10-11-12 aprile 2003, che con diversa angolazione tematica, ma con lo stesso impegno di confronto, ha inteso indagare la presenza dell'Inghilterra nella cultura e nell'immaginario italiano della prima età moderna, e di cui ci proponiamo di pubblicare presto i relativi atti.