The Italian Reformation of the Sixteenth Century and the Diffusion of Renaissance Culture: a Bibliography of the Secondary Literature (Ca. 1750-1997),
compiled by John Tedeschi in association with James M. Lattis; with an historiographical introduction by Massimo Firpo,

Modena, Panini, 2000 (Strumenti / Istituto di studi rinascimentali, Ferrara); LXIII, 1047 pp.
[£ 300000 - ISBN 88-7686-978-6]

Micaela Valente
Università di Roma

1. Dal 1750 al 1997 circa 6500 contributi sono stati pubblicati in tutto il mondo per ricostruire la storia della Riforma italiana: si raggiunge questa cifra solo contando le voci che John Tedeschi ha registrato singolarmente; ce ne sono molte altre come le recensioni e le schede che sono segnalate, ma non catalogate. Il termine a quo è dato dalla pubblicazione dello Specimen Italiae reformatae di Daniel Gerdes, dove per la prima volta si affrontano sistematicamente le vicende di una generazione di italiani destinati a lasciare una feconda eredità culturale e spirituale, esuli religionis causa, tradizione ripresa e sviluppata per lo più al di là delle Alpi.
La fioritura di studi in questa direzione è testimoniata da più di due secoli e mezzo di storia della storiografia, ben documentati da questa monumentale bibliografia; d'ora in poi chiunque decida di dedicarsi a studi sul Cinquecento italiano potrà giovarsi dell'ottimo lavoro di Tedeschi, una bibliografia improntata a coprire il raggio d'azione più largo possibile.
Lo studioso di storia religiosa e culturale del Cinque e Seicento conosce bene il nome di John Tedeschi per gli importanti contributi sull'inquisizione, per le curatele di volumi di argomento ereticale e per il suo lodevole impegno, insieme ad Anne Tedeschi, nella traduzione di alcune opere della storiografia italiana rese così accessibili anche al lettore internazionale. Ha, inoltre, appena pubblicato un carteggio di notevole spessore, che vede e ricostruisce il dialogo umano, politico e culturale di due studiosi del calibro di Delio Cantimori e Roland Bainton (The Correspondence of Roland H. Bainton and Delio Cantimori (1932-1966). An enduring transatlantic friendship between two historians of religious toleration. With an appedix of documents, Firenze, Olschki, 2002). La vitalità dei toni del rapporto tra i due studiosi mostra un esempio concreto della convinta trasformazione dei valori studiati in prassi civica ed è merito di Tedeschi averlo riportato alla luce. Per il futuro si attende dalla collaborazione con Jesus de Bujanda la pubblicazione a breve della prosecuzione degli Index des livres interdits con un elenco dei libri proibiti dal 1600 al 1966.
Sin dalla prima pagina - laddove John Tedeschi dispiega i percorsi umani e culturali che hanno portato la bibliografia alla pubblicazione - storia e storiografia, ricerca e vita si intrecciano così indissolubilmente da far sembrare che il dialogo, forma auspicata da molti degli individui lì ricordati, abbia trovato espressione nel progetto, umile ed ambizioso al contempo, di donare uno strumento utile ed indispensabile a chiunque si voglia avvicinare agli studi sulla riforma italiana del sedicesimo secolo e sulla diffusione di una cultura del Rinascimento. Campeggiano i nomi di Gorge H. Williams e di Delio Cantimori. Fu quest'ultimo ad incoraggiare Tedeschi ad intraprendere il progetto di redigere una bibliografia della Riforma che includesse non solo la letteratura secondaria, ma anche le fonti primarie e le edizioni. Esisteva infatti una precedente Bibliografia della Riforma pubblicata nel 1921 da Chiminelli che immediatamente rese manifesti i propri limiti. Cantimori sollecitò dunque Tedeschi a dedicarsi a tale progetto, ma non si trattava del suggerimento generoso e attento del maestro, ma di una vera e propria proposta per la quale lo mise in contatto con Marino Parenti, direttore della collana "Sansoni Antiquariato". Poi fu Amedeo Quondam che, in qualità di direttore dell'Istituto per gli studi Rinascimentali di Ferrara, espresse l'intenzione di pubblicare la bibliografia, che ora vede la luce nella collana dell'Istituto ferrarese.

2. La bibliografia è ordinata per sezioni (fonti, bibliografie, studi generali, personaggi, correnti teologiche e culturali); ne prevede anche una relativa ai luoghi, dove oltre alla penisola italiana e ai luoghi di emigrazione degli eretici (Paesi Bassi, Inghilterra, Polonia e Svizzera su tutte), spicca il Nord America. Decisamente importante la sezione conclusiva, gli Special Topics, dove trovano spazio il mondo dell'editoria, il Beneficio di Cristo, censura e indice dei libri proibiti, i controversisti, le attività economiche, l'inquisizione, il nicodemismo e il dibattito sulla tolleranza.
Si offre così non solo un complesso strumento bibliografico, ma anche un'intelligente prospettiva, soprattutto di lungo periodo, per rilevare gli approdi di una tradizione culturale sconfitta politicamente, ma feconda nei suoi esiti. Il criterio seguito nel raccogliere la bibliografia è quello dei ritratti a tutto tondo, dell'opera omnia, recuperando l'idea discussa e sviluppatasi per l'iniziativa - naufragata? - del Corpus Reformatorum Italicorum. E così scienza, teologia, arte, poesia e letteratura trovano spazio nelle pagine che con cura e dedizione John Tedeschi ha raccolto per decenni, contando sull'amicizia e generosità di studiosi che hanno prestato aiuto alla realizzazione di questo necessario strumento. Secondo un criterio alfabetico e poi cronologico, sono disposti i diversi contributi. La vera ricchezza è tuttavia data dalle sintetiche, ma efficaci note che arricchiscono il titolo in cui sono spesso ricordate recensioni e/o dibattiti originati dall'intervento in questione.
La sezione relativa ai personaggi, a parte Sebastiano Castellione, Michele Serveto, Andreas Dudith-Sbardellati, Jacobus Paleologus, Reginald Pole e Juan de Valdés, le cui vicende si intrecciano fittamente con quelle del movimento italiano, include solo nomi italiani; inoltre, Tedeschi spiega anche perché Paolo Sarpi e Matthias Flacius Illyricus non siano stati inclusi se non in quei contributi in cui si prendono in esame i rapporti con la riforma italiana. Dall'eredità erasmiana, dalla tradizione filologica e dalla filosofia neoplatonica, che aveva trovato in Italia una culla ideale, alcuni avevano sviluppato, dando forma e spessore, tensioni etiche e non solo teologiche, come ricorda John Tedeschi (p.XI-XVII). Si passa da teologi ortodossi come Pietro Martire Vermigli ad un personaggio sui generis come Jacopo Brocardo, per finire a Girolamo Cardano che forse di ereticale ebbe solo alcune amicizie.
Per gestire l'impressionante mole di dati che si giova di indici e di riferimenti incrociati che permettono di creare una bibliografia quanto più esaustiva possibile, è stato necessario non solo un incredibile lavoro certosino, ma anche un software adatto, che è stato realizzato da James Lattis a questo scopo. Sarebbe stato forse utile, a questo proposito, visto anche l'alto costo del volume, allegare un Cd rom. Completa l'opera un indice dei nomi disorientante - pur essendo chiaramente enunciati i criteri a p. XIV - in cui i riformatori italiani non compaiono: ad esempio, mancano le voci di Pucci e Carnesecchi, mentre c'è la voce Paolo IV o quella Carranza, oltre a quelle degli autori della letteratura secondaria.

3. Correda questo importante strumento di lavoro una bella introduzione di Massimo Firpo, studioso a cui si devono fondamentali contributi di storia ereticale, che è una riflessione complessiva sulla storiografia della riforma italiana del Cinquecento. Una storiografia che si confronta con il fallimento dello sforzo di incidere nella cultura italiana, ma anche con il problema della sopravvivenza della sua eredità attraverso i profughi religionis causa che hanno disseminato e diffuso il pensiero di tolleranza. Alla fine del Seicento fu Pierre Bayle a 'riscoprire' nel suo Dictionnaire gli eretici italiani e a sottrarli all'oscurità evidenziando come il punto centrale dello sviluppo del movimento ereticale fosse il razionalismo umanistico applicato ai testi sacri (M. Firpo, "Pierre Bayle, gli eretici italiani del Cinquecento e la tradizione sociniana", in Rivista Storica Italiana, 1973, p. 622). Nel contempo Gottfried Arnold scriveva una storia della Chiesa come storia dell'eresia. Da lì si innestò una tradizione culturale che avrebbe portato Daniel Gerdes con il suo Specimen Italiae Reformatae ad avviare la storiografia della Riforma italiana. Interessante il dialogo che si tramuta talvolta in scontro polemico tra scuole storiografiche diverse, politicamente e religiosamente, sin dalla contrapposizione tra Riforma protestante, Controriforma e Riforma cattolica.
Così la storia della riforma permette di valutare orientamenti culturali e politici prevalenti nelle diverse epoche con il loro portato interpretativo. Con M'Crie e la sua Storia del progresso e della soppressione della riforma in Italia, ad esempio, la responsabilità del fallimento della riforma italiana è ascritta integralmente all'attività dell'inquisizione, alla crisi morale e alla debolezza politica degli stati italiani succubi del papa, come sottolinea Firpo (...). Qualcosa cambiò nel periodo post-unitario allorquando le tensioni politiche risvegliarono l'attenzione, già propria della fase risorgimentale, sulle cause della mancata unità italiana e su quei fattori che avrebbero potuto favorirla. Le opere di Emilio Comba e di Cesare Cantù rappresentarono un poderoso balzo in avanti nelle conoscenze sistematiche sul periodo cinquecentesco e passarono il testimone a quegli intellettuali cui si deve il vigoroso rinnovamento culturale e forse anche la fondazione di una cultura nazionale (Gentile, Croce, Ruffini, Gobetti, Volpe, Spini, etc.) pur nelle sue divergenti interpretazioni della Riforma e della Controriforma. Ma fu solo in concomitanza con il cambiamento culturale e sociale sancito dai Patti Lateranensi che, secondo Massimo Firpo, si ebbe una vera e propria svolta con la pubblicazione coeva degli Eretici italiani di Cantimori. Negli stessi anni si rivelava altrettanto preziosa l'opera di Federico Chabod che, con lo storico di Russi, diede un essenziale e prezioso contributo al rinnovamento metodologico agli studi di storia religiosa del Cinquecento.
Dopo aver tracciato gli effetti storiografici legati agli sviluppi metodologici delle Annales e all'impatto della storiografia marxista, lo sguardo analitico di Firpo si estende sino agli esiti più recenti e alla storiografia cattolica e alle interazioni con la storiografia laica. Negli anni Sessanta e Settanta gli studiosi hanno approfondito l'analisi di alcune realtà storico-politiche (l'area veneta e quella tosco-emiliana, soprattutto) o di alcune figure di eretici, ma soprattutto si è cominciato a dare maggiore attenzione al movimento dell'evangelismo italiano. Un'altra prospettiva alla storiografia sulla riforma è stata dischiusa con la recente apertura dell'archivio della Congregazione per la dottrina della fede (ex Sant'Uffizio), che ha favorito una ripresa ed un ulteriore sviluppo degli studi sulla riforma italiana; inoltre, nel 2000 in un convegno della "Società di studi valdesi" che ha visto riuniti alcuni dei principali storici, si sono delineate le fasi della storia della storiografia italiana sulla Riforma italiana dal 1950 al 2000. Le recenti pubblicazioni su Francesco Pucci, Giorgio Siculo, Marcantonio De Dominis e Pietro Carnesecchi, per citarne solo alcune, rivelano quanto ancora vivace sia la produzione storiografica e serrato il dibattito.