1. Dal 1750 al 1997 circa 6500 contributi sono stati pubblicati in tutto il
mondo per ricostruire la storia della Riforma italiana: si raggiunge
questa cifra solo contando le voci che John Tedeschi ha registrato singolarmente;
ce ne sono molte altre come le recensioni e le schede che sono segnalate,
ma non catalogate. Il termine a quo è dato dalla pubblicazione
dello Specimen Italiae reformatae di Daniel Gerdes, dove per
la prima volta si affrontano sistematicamente le vicende di una generazione
di italiani destinati a lasciare una feconda eredità culturale e spirituale,
esuli religionis causa, tradizione ripresa e sviluppata per lo
più al di là delle Alpi.
La fioritura di studi in questa direzione è testimoniata da più di due
secoli e mezzo di storia della storiografia, ben documentati da questa
monumentale bibliografia; d'ora in poi chiunque decida di dedicarsi
a studi sul Cinquecento italiano potrà giovarsi dell'ottimo lavoro di
Tedeschi, una bibliografia improntata a coprire il raggio d'azione più
largo possibile.
Lo studioso di storia religiosa e culturale del Cinque e Seicento conosce
bene il nome di John Tedeschi per gli importanti contributi sull'inquisizione,
per le curatele di volumi di argomento ereticale e per il suo lodevole
impegno, insieme ad Anne Tedeschi, nella traduzione di alcune opere
della storiografia italiana rese così accessibili anche al lettore internazionale.
Ha, inoltre, appena pubblicato un carteggio di notevole spessore, che
vede e ricostruisce il dialogo umano, politico e culturale di due studiosi
del calibro di Delio Cantimori e Roland Bainton (The Correspondence
of Roland H. Bainton and Delio Cantimori (1932-1966). An enduring transatlantic
friendship between two historians of religious toleration. With
an appedix of documents, Firenze, Olschki, 2002). La vitalità dei toni
del rapporto tra i due studiosi mostra un esempio concreto della convinta
trasformazione dei valori studiati in prassi civica ed è merito di Tedeschi
averlo riportato alla luce. Per il futuro si attende dalla collaborazione
con Jesus de Bujanda la pubblicazione a breve della prosecuzione degli
Index des livres interdits con un elenco dei libri proibiti dal
1600 al 1966.
Sin dalla prima pagina - laddove John Tedeschi dispiega i percorsi umani
e culturali che hanno portato la bibliografia alla pubblicazione - storia
e storiografia, ricerca e vita si intrecciano così indissolubilmente
da far sembrare che il dialogo, forma auspicata da molti degli individui
lì ricordati, abbia trovato espressione nel progetto, umile ed ambizioso
al contempo, di donare uno strumento utile ed indispensabile a chiunque
si voglia avvicinare agli studi sulla riforma italiana del sedicesimo
secolo e sulla diffusione di una cultura del Rinascimento. Campeggiano
i nomi di Gorge H. Williams e di Delio Cantimori. Fu quest'ultimo ad
incoraggiare Tedeschi ad intraprendere il progetto di redigere una bibliografia
della Riforma che includesse non solo la letteratura secondaria, ma
anche le fonti primarie e le edizioni. Esisteva infatti una precedente
Bibliografia della Riforma pubblicata nel 1921 da Chiminelli
che immediatamente rese manifesti i propri limiti. Cantimori sollecitò
dunque Tedeschi a dedicarsi a tale progetto, ma non si trattava del
suggerimento generoso e attento del maestro, ma di una vera e propria
proposta per la quale lo mise in contatto con Marino Parenti, direttore
della collana "Sansoni Antiquariato". Poi fu Amedeo Quondam
che, in qualità di direttore dell'Istituto per gli studi Rinascimentali
di Ferrara, espresse l'intenzione di pubblicare la bibliografia, che
ora vede la luce nella collana dell'Istituto ferrarese.
2. La bibliografia è ordinata per sezioni (fonti, bibliografie, studi
generali, personaggi, correnti teologiche e culturali); ne prevede anche
una relativa ai luoghi, dove oltre alla penisola italiana e ai luoghi
di emigrazione degli eretici (Paesi Bassi, Inghilterra, Polonia e Svizzera
su tutte), spicca il Nord America. Decisamente importante la sezione
conclusiva, gli Special Topics, dove trovano spazio il mondo
dell'editoria, il Beneficio di Cristo, censura e indice dei libri
proibiti, i controversisti, le attività economiche, l'inquisizione,
il nicodemismo e il dibattito sulla tolleranza.
Si offre così non solo un complesso strumento bibliografico, ma anche
un'intelligente prospettiva, soprattutto di lungo periodo, per rilevare
gli approdi di una tradizione culturale sconfitta politicamente, ma
feconda nei suoi esiti. Il criterio seguito nel raccogliere la bibliografia
è quello dei ritratti a tutto tondo, dell'opera omnia, recuperando
l'idea discussa e sviluppatasi per l'iniziativa - naufragata? - del
Corpus Reformatorum Italicorum. E così scienza, teologia, arte,
poesia e letteratura trovano spazio nelle pagine che con cura e dedizione
John Tedeschi ha raccolto per decenni, contando sull'amicizia e generosità
di studiosi che hanno prestato aiuto alla realizzazione di questo necessario
strumento. Secondo un criterio alfabetico e poi cronologico, sono disposti
i diversi contributi. La vera ricchezza è tuttavia data dalle sintetiche,
ma efficaci note che arricchiscono il titolo in cui sono spesso ricordate
recensioni e/o dibattiti originati dall'intervento in questione.
La sezione relativa ai personaggi, a parte Sebastiano Castellione, Michele
Serveto, Andreas Dudith-Sbardellati, Jacobus Paleologus, Reginald Pole
e Juan de Valdés, le cui vicende si intrecciano fittamente con quelle
del movimento italiano, include solo nomi italiani; inoltre, Tedeschi
spiega anche perché Paolo Sarpi e Matthias Flacius Illyricus non siano
stati inclusi se non in quei contributi in cui si prendono in esame
i rapporti con la riforma italiana. Dall'eredità erasmiana, dalla tradizione
filologica e dalla filosofia neoplatonica, che aveva trovato in Italia
una culla ideale, alcuni avevano sviluppato, dando forma e spessore,
tensioni etiche e non solo teologiche, come ricorda John Tedeschi (p.XI-XVII).
Si passa da teologi ortodossi come Pietro Martire Vermigli ad un personaggio
sui generis come Jacopo Brocardo, per finire a Girolamo Cardano
che forse di ereticale ebbe solo alcune amicizie.
Per gestire l'impressionante mole di dati che si giova di indici e di
riferimenti incrociati che permettono di creare una bibliografia quanto
più esaustiva possibile, è stato necessario non solo un incredibile
lavoro certosino, ma anche un software adatto, che è stato
realizzato da James Lattis a questo scopo. Sarebbe stato forse utile,
a questo proposito, visto anche l'alto costo del volume, allegare un
Cd rom. Completa l'opera un indice dei nomi disorientante - pur essendo
chiaramente enunciati i criteri a p. XIV - in cui i riformatori italiani
non compaiono: ad esempio, mancano le voci di Pucci e Carnesecchi, mentre
c'è la voce Paolo IV o quella Carranza, oltre a quelle degli autori
della letteratura secondaria.
3. Correda questo importante strumento di lavoro una bella introduzione
di Massimo Firpo, studioso a cui si devono fondamentali contributi di
storia ereticale, che è una riflessione complessiva sulla storiografia
della riforma italiana del Cinquecento. Una storiografia che si confronta
con il fallimento dello sforzo di incidere nella cultura italiana, ma
anche con il problema della sopravvivenza della sua eredità attraverso
i profughi religionis causa che hanno disseminato e diffuso il
pensiero di tolleranza. Alla fine del Seicento fu Pierre Bayle a 'riscoprire'
nel suo Dictionnaire gli eretici italiani e a sottrarli all'oscurità
evidenziando come il punto centrale dello sviluppo del movimento ereticale
fosse il razionalismo umanistico applicato ai testi sacri (M. Firpo,
"Pierre Bayle, gli eretici italiani del Cinquecento e la tradizione
sociniana", in Rivista Storica Italiana, 1973, p. 622). Nel contempo
Gottfried Arnold scriveva una storia della Chiesa come storia dell'eresia.
Da lì si innestò una tradizione culturale che avrebbe portato Daniel
Gerdes con il suo Specimen Italiae Reformatae ad avviare la storiografia
della Riforma italiana. Interessante il dialogo che si tramuta talvolta
in scontro polemico tra scuole storiografiche diverse, politicamente
e religiosamente, sin dalla contrapposizione tra Riforma protestante,
Controriforma e Riforma cattolica.
Così la storia della riforma permette di valutare orientamenti culturali
e politici prevalenti nelle diverse epoche con il loro portato interpretativo.
Con M'Crie e la sua Storia del progresso e della soppressione della
riforma in Italia, ad esempio, la responsabilità del fallimento
della riforma italiana è ascritta integralmente all'attività dell'inquisizione,
alla crisi morale e alla debolezza politica degli stati italiani succubi
del papa, come sottolinea Firpo (...). Qualcosa cambiò nel periodo post-unitario
allorquando le tensioni politiche risvegliarono l'attenzione, già propria
della fase risorgimentale, sulle cause della mancata unità italiana
e su quei fattori che avrebbero potuto favorirla. Le opere di Emilio
Comba e di Cesare Cantù rappresentarono un poderoso balzo in avanti
nelle conoscenze sistematiche sul periodo cinquecentesco e passarono
il testimone a quegli intellettuali cui si deve il vigoroso rinnovamento
culturale e forse anche la fondazione di una cultura nazionale (Gentile,
Croce, Ruffini, Gobetti, Volpe, Spini, etc.) pur nelle sue divergenti
interpretazioni della Riforma e della Controriforma. Ma fu solo in concomitanza
con il cambiamento culturale e sociale sancito dai Patti Lateranensi
che, secondo Massimo Firpo, si ebbe una vera e propria svolta con la
pubblicazione coeva degli Eretici italiani di Cantimori. Negli
stessi anni si rivelava altrettanto preziosa l'opera di Federico Chabod
che, con lo storico di Russi, diede un essenziale e prezioso contributo
al rinnovamento metodologico agli studi di storia religiosa del Cinquecento.
Dopo aver tracciato gli effetti storiografici legati agli sviluppi metodologici
delle Annales e all'impatto della storiografia marxista, lo sguardo
analitico di Firpo si estende sino agli esiti più recenti e alla storiografia
cattolica e alle interazioni con la storiografia laica. Negli anni Sessanta
e Settanta gli studiosi hanno approfondito l'analisi di alcune realtà
storico-politiche (l'area veneta e quella tosco-emiliana, soprattutto)
o di alcune figure di eretici, ma soprattutto si è cominciato a dare
maggiore attenzione al movimento dell'evangelismo italiano. Un'altra
prospettiva alla storiografia sulla riforma è stata dischiusa con la
recente apertura dell'archivio della Congregazione per la dottrina della
fede (ex Sant'Uffizio), che ha favorito una ripresa ed un ulteriore
sviluppo degli studi sulla riforma italiana; inoltre, nel 2000 in un
convegno della "Società di studi valdesi" che ha visto riuniti
alcuni dei principali storici, si sono delineate le fasi della storia
della storiografia italiana sulla Riforma italiana dal 1950 al 2000.
Le recenti pubblicazioni su Francesco Pucci, Giorgio Siculo, Marcantonio
De Dominis e Pietro Carnesecchi, per citarne solo alcune, rivelano quanto
ancora vivace sia la produzione storiografica e serrato il dibattito.