1. La ricerca storica sul nazionalsocialismo è stata strettamente legata, fin dalla sconfitta tedesca nella Seconda Guerra Mondiale, a iniziative di carattere giudiziario. La dimensione penale dellelaborazione del fenomeno nazionalsocialista ha influenzato sia la tipologia delle fonti a disposizione degli studiosi che le ipotesi interpretative. Di seguito, si svilupperanno alcune prime riflessioni sul nesso tra giustizia e storiografia rispetto alla problematica del "Terzo Reich" e su come i processi contro i criminali nazisti abbiano interagito con la ricerca storica.
2. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale il governo britannico si pose il problema del trattamento da riservare ai principali responsabili dei crimini commessi dalle potenze dell'Asse con una certa esitazione, e soprattutto in seguito a pressioni esercitate dai governi in esilio insediati a Londra[1]. Questi,infatti, avevano ripetutamente denunciato le atrocità commesse sulla popolazione civile nei territori occupati dalla Germania già poco dopo lo scoppio della guerra. Per esempio, già nell'aprile del 1940, il governo in esilio polacco aveva reso nota la decimazione dei ceti dirigenti polacchi nel Warthegau da parte delle SS, mentre nel 1941 la resistenza francese denunciava la fucilazione di ostaggi nella parte della Francia occupata dai tedeschi. Nel gennaio del 1942 i nove governi in esilio avevano istituito una commissione inter-alleata per la punizione dei crimini di guerra, dichiarando che i processi per giudicare e punire i colpevoli avrebbero dovuto essere considerati tra gli obiettivi prioritari del conflitto (cosiddetta dichiarazione del palazzo di St. James)[2]. Winston Churchill ebbe diverse consultazioni con gli altri membri di gabinetto sul problema e richiese pure lemissione di perizie di carattere tecnico-legale. A cavallo tra il 1941 e il 1942 il premier inglese coinvolse il presidente americano Franklin Delano Roosevelt nella questione. Infine, il 6 maggio 1942, Churchill propose al governo inglese di far istituire una commissione d'inchiesta delle "Nazioni Unite" per raccogliere le prove dei crimini commessi durante la Seconda Guerra Mondiale. Nell'ottobre del 1942 la collaborazione tra Gran Bretagna e Stati Uniti si trovava già in uno stadio sufficientemente avanzato perché Londra e Washington potessero render nota l'istituzione di una "Commissione delle Nazioni Unite per l'investigazione dei crimini di guerra" (United Nations Commission for the Investigation of War Crimes)[3].
3. L'anno successivo, nel 1943, anche l'Unione Sovietica e la Cina vennero coinvolte nelle consultazioni per decidere del trattamento da riservare ai responsabili dei crimini. Il vertice dei ministri degli esteri, tenutosi a Mosca il 30 ottobre del 1943, stilò una "Dichiarazione sulle atrocità", in cui si affermava che gli alleati avevano in mano delle "prove documentate su atrocità, massacri ed esecuzioni di massa" [4] . Inoltre venne stabilito che i criminali i cui delitti non fossero delimitabili da un punto di vista geografico venissero giudicati dai governi alleati (e non dalle "Nazioni Unite")[5]. Tale precisazione nella "Dichiarazione di Mosca" puo essere considerata latto di nascita del Tribunale di Norimberga. Essa segnò, al tempo stesso, lesautorazione di fatto della "Commissione delle Nazioni Unite per linvestigazione dei crimini di guerra". Anche nei colloqui tra Stalin e Benes del dicembre del 1943[6] si accennò alla questione della punizione dei dirigenti nazionalsocialisti. Tuttavia, ai livelli governativi di Stati Uniti e Gran Bretagna si facevano sentire anche voci contrarie al processo e favorevoli a metodi più drastici nella punizione dei colpevoli. Una delle prese di posizioni più autorevoli in questo senso fu quella del Ministro americano delle Finanze, Henry Morgenthau. Nellambito di un piano da lui stesso elaborato, di radicale deindustrializzazione della Germania, che avrebbe dovuto essere accompagnata da misure di internamento di massa e di lavoro forzato per i dirigenti nazionalsocialisti, Morgenthau si espresse a favore dell emissione di liste di criminali di guerra da passare immediatamente per le armi, una volta accertata la loro identità[7]. Contro questi metodi e a favore di un regolare processo si espressero il Ministro della Guerra Henry Stimson e il Segretario agli Esteri Cordell Hull. Nel settembre 1944, il capo del "Settore compiti speciali" presso il governo americano, Murray Bernays, elaborò un memoriale dal titolo "Processo contro i criminali di guerra europei", che divenne poi il canovaccio per la formulazione dell accusa a Norimberga. In particolare, fu Bernays a formulare per la prima volta laccusa di "cospirazione" per i vertici dellapparato di potere nazionalsocialista[8]. Tuttavia Franklin D. Roosevelt e Winston Churchill continuavano a preferire il "piano Morgenthau". Lalternativa alle esecuzioni sommarie si rafforzò dopo che il "piano Morgenthau" fu fatto trapelare presso la stampa, suscitando ondate di indignazione, e dopo che alla morte di Roseevelt il nuovo presidente Truman, di formazione giuridica, si era espresso decisamente a favore del processo. Ciò avvenne appena nell aprile 1945. Pochi giorni dopo, anche l Unione Sovietica, la Gran Bretagna e la Francia davano il loro assenso allistituzione del processo[9].
4. Infine, alla Conferenza di Potsdam, fu annunciata l'istituzione di un tribunale militare per la condanna dei principali criminali di guerra tedeschi. Il primo agosto del 1945 i rappresentanti dei tre governi alleati (Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica), richiamandosi alla dichiarazione di Mosca, confermarono la propria intenzione di infliggere ai colpevoli una rapida e giusta condanna. Fu pure espresso lauspicio che le trattative in corso a Londra, dove i delegati delle Quattro Potenze stavano elaborando lo statuto per un Tribunale Militare Internazionale, portassero rapidamente ad un accordo. Essi stessi consideravano una questione della massima importanza che il processo contro i pricipali criminali fosse avviato il prima possibile[10].
Il Tribunale Militare Internazionale costituiva una novità nella prassi delle potenze vincitrici nei confronti dei vinti. Per tale motivo ci furono prese di posizione critiche, non necessariamente in malafede, che screditarono l'attività del Tribunale di Norimberga, definendolo"giustizia dei vincitori" [11]. Il Tribunale di Norimberga, nell'insieme, svolse in modo soddisfacente i compiti assegnatigli dagli alleati: alla fine della guerra più cruenta nella storia dellumanità era necessario procedere alla condanna dei responsabili e segnare con la loro punizione la fine di un'epoca, mettendo in scena, al tempo stesso, un rito catartico di forte risonanza internazionale e di incontestabile suggestione. Tuttavia, le circostanze in cui il Tribunale era stato istituito, come corte di giustizia militare, determinarono anche delle ambiguità irresolubili: infatti, sia le atrocità commesse, sia il piano genocida che con esse veniva perseguito,risultavano incommensurabili rispetto alla codificazione dei "crimini di guerra" da parte della giurisprudenza internazionale.
5. Al processo contro i principali criminali di guerra seguirono, sempre a Norimberga, i processi contro i medici (da cui ebbe origine lo sconvolgente rapporto di Alexander Mitscherlich: Medicina senza umanità[12]), contro i giuristi, contro diverse istanze economiche coinvolte nello sfruttamento di manodopera coatta nei campi di concentramento, contro il Ministero degli Esteri, contro il Comando supremo delle Forze Armate, contro i capi dei Servizi per la Sicurezza del Reich e contro altri esponenti di primo piano dell apparato di potere nazionalsocialista accusati di crimini[13]. Tra questi fu particolarmente importante il processo contro i membri degli Einsatzkommandos, che sul fronte orientale assassinarono con esecuzioni di massa più di mezzo milione di ebrei (tra cui sistematicamente anche donne e bambini) e civili russi. Il processo si concluse nell'aprile del 1948 con un numero di condanne a morte maggiore di quelle emesse in tutti i processi successivi. Furono infatti condannati a morte per impiccagione quattordici comandanti delle SS. Tuttavia, una corte convocata successivamente ratificò solo quattro di queste condanne, le cui sentenze furono eseguite nel 1951[14]. Gli altri condannati furono rimessi in libertà pochi anni dopo, come accadde spesso in processi del genere. Anche in Polonia, in Unione Sovietica, in Francia ed in altri territori occupati dalla Germania furono istituiti processi contro i criminali di guerra che portarono a migliaia di condanne a morte, in larga misura eseguite[15]. Tuttavia, nessun processo ebbe una risonanza mondiale pari a quella suscitata dal processo contro i principali criminali di guerra svoltosi a Norimberga, in cui sedettero sul banco degli imputati i vertici nazionalsocialisti, gli alti comandi delle SS e gli ufficiali di grado più elevato della Wehrmacht. Come è noto, il processo si concluse con dodici condanne a morte, di cui dieci eseguite. Altri accusati subirono pesanti pene detentive, mentre tre furono assolti[16].
6. Al di là del suo significato politico-internazionale e simbolico, il processo di Norimberga offrì un'opportunità unica per cominciare a riflettere storicamente sul "Terzo Reich" già allindomani del suo crollo. Per la presentazione delle prove al processo - che si protrasse dal 14 novembre del 1945 al primo ottobre del 1946, con sedute quasi giornaliere si raccolsero più di centomila documenti ufficiali, che erano stati sistematicamente sequestrati ed archiviati dalle truppe alleate durante la loro avanzata in Germania e nei primi tempi dell'occupazione[17].
Norimberga venne definita "il più grande centro di ricerca per la storia e le scienze politiche[18]".
7. Quel bottino di documenti fu amministrato e conservato nel Federal Record Center ad Alexandria (Virginia), negli Stati Uniti. La parete con gli scaffali contenenti i documenti delle autorità tedesche, delle articolazioni del partito nazionalsocialista e di diverse istanze militari era lunga otto kilometri[19]. Da questa immensa collezione di materiale proviene la maggior parte dei documenti prodotti al processo, contrassegnati con la sigla Group 238.
Una raccolta piuttosto incompleta di questa documentazione, pubblicata col titolo: International Military Tribunal, Trial of the Major War Criminals (Nürnberg 1947-1949), si compone di 42 volumi[20]. Il materiale su cui si basarono i processi successivi, invece, non è ancora pubblicato; negli anni Sessanta i documenti sequestrati furono restituiti in larga parte alla Repubblica Federale[21].
Ovviamente, il trattamento legale dei crimini nazionalsocialisti a Norimberga rispecchiava la coeva percezione del Nazionalsocialismo da parte degli alleati. L'accusa si articolava in tre punti: crimini contro la pace, crimini contro il diritto di guerra e delitti contro l'umanità. Il filo conduttore che univa i diversi capi daccusa, i singoli accusati e le istituzioni sotto processo era dato dall imputazione che gli accusati "prima dell'8 maggio del 1945 avrebbero partecipato, con diverse altre persone, in un arco di tempo di anni, in qualità di capi, organizzatori, istigatori e complici, all'elaborazione o esecuzione di un progetto comune o di un complotto miranti e comportanti la perpetrazione di crimini contro la pace, contro il diritto di guerra e contro l'umanità". I crimini contro l'umanità erano stati formulati come punto d'accusa nella Convenzione di Londra per definire legalmente lo sterminio degli ebrei ed altre atrocità commesse soprattutto nelle regioni occupate, ed erano stati illustrati nel modo seguente nell'atto d'accusa: "[...]gli imputati hanno deliberato e commesso crimini contro l'umanità in Germania e nelle regioni occupate, impiegando a tal fine mezzi tipici e sistematici quali: l'assassinio, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione ed altre pratiche disumane contro la popolazione civile, prima e durante la guerra, nonché la persecuzione per motivi politici, razziali e religiosi, finalizzata allattuazione di un piano per la preparazione e conduzione di guerre di aggressione e illegittime. Molte di tali pratiche e atti di persecuzione rappresentano violazioni delle leggi interne dei paesi in cui sono state commesse" [22].
8. È significativo il fatto che a Norimberga non sia stato formulato nessun punto d'accusa specifico e a sé tante per lo sterminio degli ebrei: il genocidio degli ebrei europei fu trattato nel contesto dei delitti contro l'umanità assieme alla deportazione di civili in Germania da impiegare nel lavoro coatto, alla segregazione in campi di concentramento degli oppositori politici, o alla deportazione di civili polacchi dal Warthegau al Governatorato Generale[23].
All'epoca, d'altronde, tale valutazione indifferenziata dei crimini nazionalsocialisti, per cui gli ebrei rappresentavano un gruppo di vittime tra le altre, corrispondeva alla percezione del nazionalsocialismo da parte dell'opinione pubblica internazionale e da parte delle stesse vittime, ebrei inclusi. Il mondo si confrontò per la prima volta con le dimensioni dei crimini nazionalsocialisti in seguito alla liberazione dei campi di concentramento di Buchenwald, Bergen-Belsen e Mauthausen. La liberazione di Auschwitz da parte dell Armata Rossa nel gennaio 1945 non ebbe ripercussioni di rilievo nella stampa e nell opinione pubblica. Nulla trapelò di quel che i sovietici avevano trovato nel comprensorio[24].
Ad ogni modo, gli ebrei rappresentavano solo una minoranza tra le persone liberate dai campi, essendo la maggior parte di essi già stata uccisa nelle camere a gas dei campi di sterminio o nel corso delle operazioni degli Einsatzkommandos. La percezione comune all epoca, pertanto, non era affatto sbagliata, presupponendo che le vittime sopravvissute fossero soprattutto prigionieri politici, prigionieri di guerra e combattenti della resistenza. Anche le descrizioni e le testimonianze degli ebrei sopravvissuti tendevano a mettere in risalto, negli anni Cinquanta, soprattutto ciò che avevano in comune con altri gruppi di vittime piuttosto che i caratteri peculiari della persecuzione da essi subita[25]. Va inoltre tenuto presente che in Europa occidentale fu la resistenza politica e militare a giocare un ruolo centrale nella costruzione della memoria collettiva. Lenfatizzazione, al di là del verosimile, della resistenza, fu infatti fondamentale per garantire il passaggio alla normalità postbellica di società fortemente segnate e demoralizzate dalla sconfitta militare e dagli ampi fenomeni di collaborazione con loccupante tedesco[26].
9. Il fatto che a Norimberga il primo punto dell accusa riguardasse i crimini contro la pace rispecchia sia il fatto il Tribunale Internazionale fu creato dalle quattro potenze vincitrici, sia la circostanza che la coalizione anti-hitleriana percepiva il "Terzo Reich" in primo luogo come potenza destabilizzatrice degli equilibri europei, espansionistica e militarista[27], in una linea di continuità storica e ideale con la Prussia degli Hohenzollern e con la Germania guglielmina. Perciò venne trascurato quasi del tutto, in questa prima fase, il programma razziale, di cui non venne colto il carattere di autentico nucleo fondante del fenomeno "nazionalsocialismo"[28]. Centrale rimaneva, tra i capi di accusa, la conspiracy per lo scatenamento della guerra mondiale, da cui venivano desunte, sul piano logico e cronologico, le contestazioni successive [29]. Il far rientrare i delitti contro lumanità nella cornice dei crimini contro la pace e dei crimini di guerra ebbe ripercussioni negative sullopinione pubblica tedesca, che vedeva in ciò una conferma del fatto che il processo rappresentasse la "giustizia dei vincitori"[30].
Tuttavia, la mole delle prove a carico per le atrocità commesse contro quella parte della popolazione dell'Europa orientale classificata e soggiogata come "razzialmente inferiore" fece ben presto saltare la logica e l'ordine delle priorità dell'accusa[31]. Delle quasi 17000 pagine di atti processuali, oltre la metà riguardavano crimini contro gli ebrei, ovviamente spesso trattati assieme a quelli commessi contro altri gruppi di vittime. La pena di morte fu irrogata ai danni di imputati che avevano commesso atrocità eccezionali, cioè delitti "contro lumanità". In questo modo, lidea che laggressione bellica fosse il crimine supremo venne tacitamente abbandonata, dato che furono condannati a morte anche uomini che non risultavano colpevoli di aver "cospirato" contro la pace[32].
Gli atti del processo contro i principali criminali di guerra fornirono senza dubbio agli storici una fonte unica per ampiezza e ricchezza di documentazione[33]. Inoltre, l'ampia documentazione raccolta a ridosso del dibattimento contribuì a far sì che in Germania la storia contemporanea si consolidasse definitivamente dal punto di vista disciplinare. Una prima spinta in questo senso era venuta già alla fine della Prima Guerra Mondiale, nel corso di una vera e propria frenesia di pubblicazione di documenti relativi alla "Kriegsschuldfrage" (problema della responsabilità per lo scoppio della guerra), che aveva colto soprattutto la parte tedesca, poco disposta ad accollarsi in esclusiva la colpa per lo scatenamento del conflitto[34]. Il precoce dibattito sul nazionalsocialismo condusse, successivamente, al definitivo riconoscimento della storia contemporanea come subdisciplina autonoma in seno alle scienze storiche. A tal fine vennero fondati l Institut für Zeitgeschichte a Monaco nel 1953 e i "Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte"[35]. I "Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte"promossero, tra l'altro, la pubblicazione di molti documenti-chiave di Norimberga, tra cui una versione del "Piano Generale Oriente" (Generalplan Ost), il "memoriale Hossbach" sui piani tedeschi di scatenamento della Seconda Guerra Mondiale, una "Relazione di testimoni oculari sulle gassazioni di massa" e diversi "discorsi segreti" di Heinrich Himmler[36].
10. Ma, nonostante l'eccellente situazione delle fonti, i tempi non erano allora maturi perché la storiografia fosse in grado di affrontare in modo adeguato il tema "Auschwitz", tematizzandone anche le implicazioni etiche e metastoriche di fenomeno fondante della coscienza contemporanea[37]. Nel 1956 Gerald Reitlinger pubblicò la prima ampia monografia sullo sterminio degli ebrei, dal titolo La soluzione finale, basata sulla documentazione prodotta a Norimberga. Il lavoro fu edito negli Stati Uniti da un'oscura casa editrice e ne furono vendute solo alcune centinaia di copie[38]. Lo stesso accadde all'opera di Leon Poliakov, Breviario dell'odio, tradotto in inglese dal francese grazie al finanziamento privato di un uomo d'affari ebreo[39]. Entrambi i libri non trovarono eco nelle principali riviste specializzate del tempo. Quando, negli anni Cinquanta, Raoul Hilberg, autore di quella che rimane a tuttoggi lopera fondamentale di riferimento sullo sterminio degli ebrei europei, decise di addottorarsi con una dissertazione sui criminali nazionalsocialisti si rivolse al suo maestro, Franz Neumann. Retrospettivamente, Hilberg commenta così la reazione di Neumann alla sua proposta: "Egli sapeva che così facendo mi sarei distaccato dalla corrente scientifica dominante, inoltrandomi su un terreno evitato sia dal mondo accademico, sia dall opinione pubblica. La sua laconica risposta fu: 'Sarà la sua fine' "[40].
Questo lavoro era destinato a diventare per Hilberg lopera di una vita. Il dottorando esaminò decine di migliaia di documenti depositati dagli alleati ad Alessandria. Era la prima volta che qualcuno osava intraprendere una tale impresa. La dissertazione fu accettata nel 1955, ma fu pubblicata appena nel 1961, da una piccola casa editrice americana. Venne tradotta in tedesco solo nel 1985[41].
11. Nella prima metà degli anni Sessanta due sensazionali processi riproposero il tema dei delitti nazionalsocialisti, comportando un sostanziale spostamento d'accento tanto nell'opinione pubblica quanto nella storiografia.
Nel 1961 Adolf Eichmann, ex-appartenente alle SS, fu catturato avventurosamente in Argentina dal Mossad, che lo consegnò alle autorità israeliane. Eichmann, responsabile per il trasporto degli ebrei dell'Europa occidentale nei campi di sterminio del Governatorato Generale, fu condannato a morte da un tribunale di Gerusalemme e venne giustiziato[42].
Indubbiamente il procedimento giudiziario contro Eichmann, che fu anche un evento mediatico sensazionale su scala mondiale, contribuì a far tematizzare, per la prima volta anche per il largo pubblico, l "unicità" dell'Olocausto rispetto agli altri crimini nazionalsocialisti (e non). Il saggio più autorevole ed influente sul "caso Eichmann" è certamente il noto pamphlet di Hannah Arendt La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, nato come cronaca giornalistica del processo per la rivista americana "New Yorker" e uscito in volume nel 1963.
12. Il resoconto di Hannah Arendt conferì una valenza universale alla formula della "banalità del male". La filosofa tedesco-americana poneva per la prima volta il problema che alcuni decenni dopo fu compreso nel lemma "uomini comuni" ("ordinary men"), ossia: come era potuto accadere che personaggi grigi e poco appariscenti come Adolf Eichmann si fossero macchiati di crimini tanto efferati? Hannah Arendt riprese sul piano filosofico un problema che Raoul Hilberg aveva già trattato a partire da una base storico-empirica: il genocidio degli ebrei fu compiuto da migliaia di piccoli burocrati e all'epoca fu inteso ed attuato come una procedura burocratica. Molti dei colpevoli non nutrivano alcun odio particolare per le vittime e non rientravano nella categoria degli antisemiti fanatici.
Questa nuova specie di criminali, commenta Hannah Arendt, commette i suoi delitti in circostanze che non consentono loro di rendersi conto che stanno facendo qualcosa di male. Tale "normalità" sarebbe persino peggiore della somma dei loro delitti. Il nesso tra tali riflessioni e le considerazioni sviluppate da Hannah Arendt in Le origini del totalitarismo[43] risulta immediatamente evidente. Nella sua analisi ormai canonica del fenomeno totalitario la filosofa aveva infatti già messo in luce il carattere casuale e interscambiabile di vittime e carnefici: "gli abitanti di un paese totalitario sono gettati nel vortice del processo della natura o della storia al fine di accelerarne il movimento; in tale condizione, possono essere solo esecutori o vittime della sua legge intrinseca" [44].
In "Eichmann a Gerusalemme" Hannah Arendt elabora per prima, ad un livello di riflessione metastorica, il carattere universale dell'Olocausto. Lo sterminio degli ebrei, così argomenta Arendt, è un crimine contro l'umanità eseguito sul corpo del popolo ebraico. La scelta delle vittime può essere ricondotta all'antisemitismo, non la natura del crimine. Il genocidio è un crimine contro la pluralità degli esseri umani, quindi contro l'esistenza umana in sé. Lo sterminio degli ebrei europei rappresenta, quindi, nel suo nucleo caratterizzante, "un attentato alla diversità umana in quanto tale, cioè a una caratteristica della condizione umana senza la quale la stessa parola umanità si svuoterebbe di ogni significato"[45]. Una Corte di Giustizia Internazionale sarebbe stata quindi più adatta del tribunale di Gerusalemme per giudicare Eichmann[46]. Anche tale considerazione si salda alle precedenti riflessioni della Arendt sul totalitarismo: è infatti proprio della logica totalitaria opporsi ad ogni manifestazione di individualità e specificità nellessere umano, la quale di per sé rischierebbe di mettere a repentaglio la pretesa di dominio totale sulluomo. A loro volta tali considerazioni si collegano con il grande tema di Hannah Arendt sul carattere "superfluo" degli esseri umani in un regime totalitario: "Gli uomini, nella misura in cui sono qualcosa di più che un fascio di reazioni animali e un adempimento di funzioni, sono del tutto superflui per il regime. Questo non mira infatti a un governo dispotico sugli uomini, bensì appunto a un sistema che li renda superflui"[47] .
13. Il processo Eichmann ebbe ripercussioni importanti sulla persecuzione legale dei criminali nazionalsocialisti nella Repubblica Federale Tedesca, divenuta intanto Stato indipendente. Poco dopo l'arresto di Eichmann fu consegnato alla giustizia tedesco-federale il successore di Rudolph Höss ad Auschwitz. Anche altri criminali, direttamente coinvolti nel funzionamento della macchina dello sterminio e responsabili della morte di migliaia di persone, furono condotti davanti ai giudici della Germania Federale[48].
Lasciando da parte la questione dell'adeguatezza delle pene inflitte (la maggior parte degli imputati è stata condannata soltanto per complicità in omicidio), questi processi misero in moto un dibattito sul "passato più recente" ("jüngste Vergangenheit"). nella società tedesco-occidentale. I giornali pubblicavano quotidianamente dei rapporti sulle udienze processuali e il largo pubblico dovette perciò confrontarsi con la mostruosità di quanto era accaduto soltanto pochi anni prima. L'attività processuale ebbe dei riflessi anche sulla storiografia. I processi di Auschwitz richiesero perizie che gettarono luce su questioni quali la persecuzione degli ebrei, la struttura delle SS, i campi di concentramento, i crimini della Wehrmacht in Unione Sovietica. Tali perizie, redatte in modo preciso e obbiettivo, furono rilasciate da storici di professione, che negli anni Settanta e Ottanta erano tra i maggiori specialisti nella storia del Nazionalsocialismo: Hans Buchheim, Helmut Krausnick, Hans-Adolf Jacobsen e Martin Broszat. Le perizie, raccolte in due volumi, vennero a costituire un opera canonica sulla struttura e sui meccanismi del potere nazionalsocialista[49]. Esse forniscono la base essenziale per la vertenza interpretativa tra gli "intenzionalisti" e gli "strutturalisti" o "funzionalisti", dibattuta pochi anni più tardi nellambito della storiografia tedesca[50].
Il procuratore generale dell Assia, Fritz Bauer, riassumeva, nel corso di uno dei "processi di Auschwitz", la distinzione tra il compito del giudice e dello storico nei termini seguenti: "Le loro strade si dividono nel momento in cui il giudice deve condannare per una colpa individuale, mentre lo storico deve fornire una spiegazione generale degli eventi [...]. Le perizie devono inserire gli avvenimenti nel corso politico dellepoca. Agli storici non tocca di prendere posizione sull'argomento del procedimento, essi non dovrebbero entrare nel merito delle azioni dei singoli colpevoli. Al contrario, queste rappresentano la macchia bianca da chiarire nel corso del dibattimento"[51].
14. La maggior parte delle testimonianze di criminali nazionalsocialisti sono state prodotte in occasione di procedimenti giudiziari o redatte in carcere durante il periodo di espiazione della pena. Questo è il caso delle memorie di Hans Frank, Governatore generale della Polonia[52], del diario di Rudolph Höss[53], comandante di Auschwitz, dei lunghi colloqui di Gitta Sereny con Franz Stangl[54] (comandante del campo di sterminio di Treblinka), detenuto a Düsseldorf , pubblicati in volume. Inoltre, negli anni Novanta hanno assunto un peso particolare per la ricerca storica anche i documenti dell'"Ufficio centrale dell'amministrazione giudiziaria regionale di Ludwigsburg" (Zentralstelle der Landesjustizverwaltungen in Ludwigsburg), dove sono conservati tutti gli atti di accusa e le sentenze dei procedimenti svoltisi nella Repubblica Federale Tedesca contro i criminali nazionalsocialisti. Sulla base di tali documenti Christopher Browning ha pubblicato nel 1992 l'analisi più importante sulla psicologia di "uomini comuni" ("ordinary men") divenuti criminali di guerra[55]. Browning, basandosi sugli atti processuali legati ad un procedimento aperto nel 1962 dal Pubblico Ministero di Amburgo, ricostruisce in modo impressionante le dinamiche attraverso le quali gli uomini di una squadra di riservisti della polizia si trasformano in massacratori spietati di donne e bambini ebrei di un distretto polacco. La lettura critica e l'interpretazione dei verbali degli interrogatori fa emergere un universo dell'orrore, che diventa la normalità quotidiana degli uomini del battaglione 101. Browning arriva alla sorprendente conclusione che tra i moventi principali della perpetrazione dei crimini di massa non si riscontrano né fanatismo, né particolari inclinazioni nazionalsocialiste, ma piuttosto fenomeni come lo spirito di corpo, la solidarietà con i compagni, l'estraneità nei confronti delle vittime, la pressione al conformismo[56]. Giunta a tali conclusioni, la ricerca storica perviene ai propri limiti, inoltrandosi in campi di competenza dell'analisi antropologica o psicologica. Tale filone di studi, sulla prassi genocida come realtà della vita quotidiana, è stato poi proseguito, siappure con diversità di accenti e di approcci da Omer Bartov, Daniel Goldhagen, Bettina Birn e Christian Gerlach[57], per citare alcuni degli autori più significativi. Le fonti giudiziare rappresentato, in ogni caso, la base documentaria principale per le ricerche di questi storici.
15. L'unicità dei crimini nazionalsocialisti e l'unicità della disfatta tedesca nella Seconda Guerra Mondiale (resa incondizionata, sospensione della statualità tedesca) non comportarono solo l'esigenza di una punizione esemplare dei responsabili della guerra, ma crearono anche una condizione unica per l'elaborazione del passato più recente.
Già nei tardi anni Quaranta gli storici ebbero libero ed ampio, anche se non esaustivo, accesso alle fonti documentarie: una generosità inimmaginabile senza la dissoluzione violenta e provocata dallesterno del "Terzo Reich".
Il fatto che contestualmente con il processo di Norimberga contro i maggiori criminali di guerra sia stata raccolta anche la prima documentazione sul Nazionalsocialismo, ha certamente fatto sì che nella ricerca storica la dimensione criminale del regime e il problema della "colpa" abbiano assunto fin dall'inizio un ruolo centrale, che permane tuttora. Tale considerazione è meno banale di quanto potrebbe sembrare a prima vista. Anche senza voler entrare nel campo spinoso e non necessariamente produttivo della legittimità o meno di un confronto tra il nazionalsocialismo e il comunismo sovietico, si pensi a quanto stenti ancor oggi la storiografia ad enuclerare categorie adeguate a cogliere, per esempio, la responsabilità (colpa?) di funzionari e militanti sovietici nei confronti di milioni di vittime morte dinedia in seguito alla riforma agraria degli anni Trenta[58].
16. Nella Repubblica Federale Tedesca la ricerca storica è stata indubbiamente favorita dal disorientamento e dalla profonda crisi d'identità del dopoguerra, una situazione che certo non favoriva lelaborazione di indicazioni troppo vincolanti in senso ideologico oppure nazionale da parte di istanze extra-accademiche[59]. Di conseguenza, gli storici tedeschi godettero, negli anni del Dopoguerra, di una particolare libertà rispetto ai condizionamenti a cui normalmente è esposto lo studioso di problemi contemporanei, ancora presenti nella sensibilità e nella memoria collettive. Anche quando gli storici furono chiamati direttamente in causa in qualità di esperti durante i processi di Auschwitz, non si chiese la loro opinione sulla condanna o l'assoluzione degli imputatii. Tutte queste circostanze fecero sì che l'elaborazione storica del passato procedesse più velocemente, e nell'insieme con meno lacune e censure nella Repubblica Federale che nella maggior parte dei paesi che avevano aderito all "Asse" o che erano stati occupati dalla Germania nazista[60]. Ciò pur tenendo conto delle inevitabili linee di continuità personale e di formulazione dei problemi storiografici riscontrabili tra gli anni Quaranta e Cinquanta[61].
17. Le cospicue realizzazioni nel campo della ricerca storica, prodottesi nella Germania Federale soprattutto a partire dai primi anni Sessanta, non costituiscono, ovviamente, un indicatore sul grado di "elaborazione del passato" (Vergangenheitsbewältigung) conseguito a livello sociale (se mai ciò fosse misurabile), né sul grado di denazificazione della società e dell'apparato statale. Sappiamo bene che la trasmissione della serie televisiva "Olocausto" ("Holocaust")[62] nel 1978 ha suscitato nella società tedesco-occidentale uno sconvolgimento emotivo e un indignazione morale per i crimini nazionalsocialisti ben maggiori di quelli prodotti da tutte le analisi storiorafiche sul tema. Nonostante i numerosi processi contro i criminali nazisti, che hanno fornito delle fonti preziose per gli storici, la denazificazione della società è stata condotta nella Repubblica Federale Tedesca in modo assai blando e con scarsa convinzione[63].
Una concordanza, o addirittura una sussidiarietà reciproca tra storia, educazione civica e giustizia, caldeggiata negli ultimi tempi da diversi autori, non mi sembra tuttavia né auspicabile, né realistica. Su questo punto, invece, mi trova pienamente concorde la posizione di Michael Stolleis: "I compiti della giustizia, della politica e della storiografia dovrebbero restare rigorosamente distinti. Non spetta alla giustizia fare politica, come non spetta alla politica esercitare delle pressioni sulla giustizia, e le scienze storiche non possono, né devono prendere decisioni in controversie giudiziarie, né essere un surrogato per la politica o uno strumento per lattribuzione di senso"[64].
Per quel che riguarda il tema "nazionalsocialismo", il rapporto tra giustizia e storiografia si è rivelato quanto mai fruttuoso. In una chiara distinzione dei rispettivi compiti, gli storici hanno fornito delle perizie ai fini di illuminare il contesto in cui andavano collocati determinati atti, mentre lelaborazione giudiziaria dei crimini nazionalsocialisti ha messo a disposizione della ricerca storica una mole enorme di fonti raccolte e in parte prodotte a fini processuali. In particolare, i processi ai criminali nazisti successivi a Norimberga, i cui materiali sono archiviati presso la Zentralstelle di Ludwigsburg, rappresentano, ancor oggi,- una base documentaria ineludibile per cercare di dare una risposta a quellenigma che Hannah Arendt aveva sussunto a suo tempo nella formula della "banalità del male".
* Questo saggio è la versione rielaborata di un contributo tenuto nellambito di un ciclo interdisciplinare di lezioni su "La Storia Contemporanea in tribunale: ricerca della verità storica tra giustizia, politica e scienza" organizzato presso lUniversità di Berna da Brigitte Studer e Ulrich Zimmerli nel semestre estivo del 2001.
[1] Cfr. LOTHAR KETTENACKER, Die Behandlung der Kriegsverbrecher als ango-amerikanisches Rechtsproblem, in: GERD R. UEBERSCHÄR (a cura di), Der Nationalsozialismus vor Gericht. Die alliierten Prozesse gegen Kriegsverbrecher und Soldaten 1943-1952, Frankfurt 1999, pp. 17-31, qui pp. 17 sgg. Tra il 1939 e il 1941 si insediarono a Londra ben nove governi in esilio: il polacco, il norvegese, il lussemburghese, lolandese, il belga, il ceco, Charles de Gaulle a capo della France libre, il governo jugoslavo e quello greco.
[2] Ibidem; TELEFORD TAYLOR, Die Nürnberger Prozesse. Hintegründe, Analysen und Erkenntnisse aus heutiger Sicht, München 1994 (I ed. 1992), p. 41.
[3] KETTENACKER, Behandlung der Kriegsverbrecher. Cfr. anche History of the United Nations War Crimes Commission and the Developement of the Laws of War, New York 1948.
[4] PETER STEINBACH, Der Nürnberger Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher, in: UEBERSCHÄR, Nationalsozialismus vor Gericht, pp. 32-44, qui pp. 33 sgg.
[5] TAYLOR, Die Nürnberger Prozesse, S. 42 sgg. Cfr. ibidem anche per le divergenze di opinioni all interno dei governi inglese e americano sull opportunità di giudicare i criminali nazisti in un processo regolare o procedere invece ad esecuzioni sommarie.
[6] Cfr. VOJTECH MASTNY, The Benes-Stalin-Molotov Conversation in December 1943. New Documents, in: "Jahrbücher für Geschichte Osteuropas", a. 20, 1972, pp. 367-402.
[7] BRADLEY F. SMITH, Der Jahrhundert Prozess. Die Motive der Richter von Nürnberg. Anatomie einer Urteilsfindung, Frankfurt 1977 (I edizione americana 1976), pp. 34-36.
[8] Ibidem, pp. 38-41.
[9] Ibidem, pp. 44-52.
[10] Cfr. Foreign Relations of the United States Diplomatic Papers The Conference of Berlin (The Potsdam Conference) 1945, Washington 1960, 2 voll. , II vol, pp. 1489 s. ; TAYLOR, Die Nürnberger Prozesse, pp. 77-102.
[11] George F. Kennan, per esempio, allora ambasciatore statunitense a Mosca, era contrario ad istituire un tribunale militare per giudicare i crimini nazionalsocialisti soprattutto perchè gli ripugnava che gli Stati Uniti rappresentassero laccusa assieme all Unione Sovietica. Cfr. GEORGE F. KENNAN, Memoiren eines Diplomaten, München 1971 (I edizione americana 1967), pp. 267 s. Cfr. anche PETER REICHEL, Vergangenheitsbewältigung in Deutschland. Die Auseinandersetzung mit der NS-Diktatur von 1945 bis heute, München 2001, p. 45.
[12] ALEXANDER MITSCHERLICH, FRED MIELKE, Medizin ohne Menschlichkeit. Dokumente des Nürnberger Ärzteprozesses, Frankfurt 1960.
[13] Una buona panoramica sui processi alleati contro i criminali di guerra tedeschi in UEBERSCHÄR, Nationalsozialismus vor Gericht.
[14] RALF OGORRECK, VÖLKER RIESS, Fall 9: Der Einsatztruppenprozess (gegen Otto Ohlendorf und andere), in: UEBERSCHÄR, Nationalsozialismus vor Gericht, pp. 164-175.
[15] Cfr. linformativo volumetto di KLAUS-DIETMAR HENKE, HANS WOLLER (a cura di), Politische Säuberung in Europa. Die Abrechnung mit Faschismus und Kollaboration nach dem Zweiten Weltkrieg, München 1991.
[16] Das Urteil von Nürnberg 1946, con la prefazione di Jörg Friedrich, München 1996 (2).
[17] Cfr. per la prassi del sequestro dei documenti nazionalsocialisti da parte degli alleati e per i loro moventi, destinati a modificarsi nel tempo, SACHA ZALA, Geschichte unter der Schere der politischen Zensur. Amtliche Aktensammlung im internationalen Vergleich, München 2001, pp. 144-199. Zala documenta pure alcuni casi di censura sui documenti prodotti al processo esercitati sia dal Dipartimento di Stato americano che dal Foreign Office inglese. Cfr. ibidem, p. 175.
[18] La definizione è dovuta a Robert W. Kempner, sostituto del Pubblico Ministero Jackson al processo. Cfr. REICHEL, Vergangenheitsbewältigung, p. 46.
[19] Cfr. RAUL HILBERG, Die Vernichtung der europäischen Juden, München 1985 (I edizione americana 1961), vol. 2, pp. 1300-1308. Per una panoramica delle fonti finora pubblicate cfr. WINFRIED BAUMGART, Bücherverzeichnis zur deutschen Geschichte. Hilfsmittel. Handbücher. Quellen, München 1992, pp. 225-229.
[20] HILBERG, Vernichtung der europäischen Juden, p. 1302; Der Prozess gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem internationalen Militärgerichtshof. Nürnberg 14. November 1945-1. Oktober 1946, vol. 1-42, Nürnberg 1947-1949. La parte documentaria è pubblicata nei volumi dal 25 al 42. I volumi dal 2 al 22 contengono i verbali delle sedute.
[21] In ogni modo, i verbali delle sedute dei processi di Norimberga successivi a quello contro i grandi criminali sono stati pubblicati in inglese. Cfr. Trials of War Criminals before the Nuernberger Military Tribunal under Control Council Law, Nr. 10 (1946-1949) IV, vol. 1-15, Washington 1950-1953; HILBERG, Vernichtung der europäischen Juden, p. 1302.
[22] Sul processo di Norimberga è oggi disponibile leccellente edizione su cd-rom dei verbali completi di tutte le sedute. Cfr. DIRECTMEDIA PUBLISHING 1999, Der Nürnberger Prozess. Das Protokoll des Prozesses gegen die Hauptkriegsverbrecher vor dem Internationalen Militärgerichtshof 14. November 1945 1. Oktober 1946, con unintroduzione di Christian Zentner.
[23] Cfr. UEBERSCHÄR, Einleitung, in: Id. , Nationalsozialismus vor Gericht, pp. 9-12.
[24] MICHAEL R. MARRUS, L Olocausto nella Storia, Bologna 1944 (I edizione americana 1987), p. 240-241. Solo nel maggio i sovietici fornirono un rapporto su Auschwitz, trasmesso per radio, in cui non figurava neanche la parola "ebreo".
[25] Cfr. la perspicace analisi di PETER NOVICK, The Holocaust in American Life, Boston-New York 2000, pp. 63-92. V. anche MARRUS, L Olocausto nella Storia .
[26] Cfr. sullargomento il saggio fondamentale di PIETER LAGROU, Victims of Genocide and National Memory: Belgium, France and the Netherlands 1945-1965, in: "Past & Present", Nr. 154, febbraio 1997, pp. 181-222. Ringrazio Stuart Woolf per avermi segnalato questo contributo.
[27] Cfr. sul problema della percezione del Nazionalsocialismo alla fine della Seconda Guerra Mondiale REICHEL, Vergangenheitsbewältigung, p. 44.
[28] Cfr. su questo importantissimo tema ANDREAS HILLGRUBER, Il duplice tramonto. La frantumazione del "Reich" tedesco e la fine dellebraismo europeo, Bologna 1990 (I edizione tedesca 1986), in particolare pp. 67 sgg. Purtroppo a suo tempo il saggio di Hillgruber venne a cadere negli ingranaggi dell "Historikerstreit". Di conseguenza, la vis polemica esercitata nei confronti dello storico conservatore, accusato assieme ad Ernst Nolte di voler minimizzare i crimini nazionalsocialisti, impedì la recezione dei diversi elementi di novità presenti nellopera, quali per esempio lindividuazione della distruzione della Prussia come obiettivo bellico primario perseguito soprattutto da Winston Churchill e il ruolo che tale obiettivo giocò nella determinazione degli assetti postbellici del continente europeo.
[29] Cfr. su questo punto e per un inquadramento generale del processo di Norimberga NS-Prozesse, in: ISRAEL GUTMAN et. al. (a cura di), Enzyklopädie des Holocaust. Die Verfolgung und Ermordung der europäischen Juden, Berlin 1993 (I ed. americana 1990), 3 voll. , vol. II, pp. 1019-1047.
[30] Sebastian Haffner rilevava ancora negli anni Settanta, quale fatale errore fosse stato, da parte delle potenze vincitrici, gettare nello stesso calderone i crimini di guerra e le uccisioni di massa di Hitler. Ciò avrebbe provocato una forma di ottundimento da parte dellopinione pubblica. Cfr. SEBASTIAN HAFFNER, Anmerkungen zu Hitler, München 1978, p. 165.
[31] Nel corso del processo laccusa di "congiura" venne sostanzialmente indebolita e perse il suo carattere globale, di filo rosso per le singole imputazioni. Cfr. SMITH, Der Jahrhundert Prozess, p. 154.
[32] Cfr. al riguardo le acute e sagaci osservazioni di Hannah Arendt, in: HANNAH ARENDT, La banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Milano 1993 (I edizione americana 1963), p. 264.
[33] Cfr. per la documentazione sul processo di Norimberga lopera citata alla nota 20 V. anche NS-Prozesse sullarticolazione in sede processuale delle diverse fasi del genocidio contro gli ebrei.
[34] Cfr. ZALA, Geschichte unter der Schere politischer Zensur, pp. 47-142.
[35] Cfr. sulla rifondazione delle istituzioni storiche nella Germania del secondo dopoguerra WINFRIED SCHULZE, Deutsche Geschichtswissenschaft nach 1945, München 1997, in particolare pp. 81-182, 228-265; sui "Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte" cfr. cfr. il saggio programmatico di Hans Rothfels nel primo numero: HANS ROTHFELS, Zeitgeschichte als Aufgabe, in: "Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte", a. 1, 1953 , pp. 3-8; Id. , Die Zeit, die dem Historiker zu nahe liegt, in: MAX-PLANK-INSTITUT FÜR GESCHICHTE (Hg. ), Festschrift für Hermann Heimpel, Göttingen 1971, pp. 28-35; WERNER CONZE, Die deutsche Geschichtswissenschaft seit 1945, in: "Historische Zeitschrift", vol. 225, 1977, pp. 1-28; ERNST SCHULIN, Zur Restauration und langsamer Fortentwicklung der deutschen Geschichtswissenschaft nach 1945, in: Id. , Traditionskritik und Rekonstruktionsversuch, Göttingen 1979, pp. 133-143. V. anche BERND FAULENBACH, La storiografia tedesca dopo la dittatura di Hitler, in: GUSTAVO CORNI (a cura di), I muri della storia. Storici e storiografia dalle dittature alle democrazie 1945-1990, Trieste 1996, pp. 55-78.
[36] Cfr. per es. HELMUT HEIBER, Der Generalplan Ost, in: "Vierteljahreshefte für Zeitgeschichte", a. 6, 1958, pp. 281-326; Niederschrift Kurt Gersteins vom 4. 5. 1945 über Massenvergasungen am 18. 8. 1942, in: ibidem, a. 1, 1953, pp. 177-195; Die Rede Himmlers vor den Gauleitern am 5. August 1944, in: ibidem, pp. 557-594; Aus den Akten des Gauleiters Kube, in: ibidem, a. 4, 1956, pp. 67-92; Denkschrift Himmlers über die behandlung der Fremdvölkischen im Osten Mai 1940, in: ibidem, a. 5, 1957, pp. 281-325; WALTER BUSSMANN, Zur Entstehung und Überlieferung der "Hossbach-Niederschrift", in: ibidem, a. 16, 1968, pp. 373-384.
[37] Cfr. su questo complesso argomento limportante lavoro di ENZO TRAVERSO, LHistorie déchirée:essai sur Auschwitz et les intellectuells, Paris 1997; NOVICK, The Holocaust in American Life, pp. 103-123.
[38] GERALD REITLINGER, La soluzione finale. Il tentativo di sterminio degli ebrei dEruopa, 1939-1945, Milano 1962 (I edizione americana 1953); NOVICK, The Holocaust in American Life, p. 103.
[39] LEON POLIAKOV, Bréviaire de la haine: le III Reich et les Juifs, Paris 1951;NOVICK, The Holocaust in American Life, p. 103.
[40] RAUL HILBERG, Unerbetene Erinnerung. Der Weg eines Holocaust-Forschers, Frankfurt 1994 (I edizione americana 1994), p. 58.
[41] Ibidem, pp. 101-103, 148-151.
[42] ARENDT, Banalità del male. .
[43] Cfr. HANNAH ARENDT, Le origini del totalitarismo, Milano 1996 (I edizione americana 1951).
[44] Ibidem, p. 641.
[45] ARENDT, Banalità del male, p. 275.
[46] Ibidem, pp. 260-284.
[47] ARENDT, Le origini del totalitarismo, p. 625.
[48] Cfr. IRMTRUD WOJAK, Die Verschmelzung von Geschichte und Kriminologie. Historische Gutachten im ersten Frankfurter Auschwitz-Prozess, in: NORBERT FREI, DIRK VAN LAAK, MICHAEL STOLLEIS (a cura di), Geschichte vor Gericht. Historiker, Richter und die Suche nach Gerechtigkeit, München 2000, pp. 29-45.
[49] HANS BUCHHEIM, MARTIN BROSZAT, HANS-ADOLF JACOBSEN, HELMUT KRAUSNICK, Anatomie des SS-Staates, München 1967, 2 voll.
[50] Cfr. per un primo inquadramento della controversia e per indicazioni bibliografiche essenziali KLAUS HILDEBRAND, Das Dritte Reich (Oldenbourg, Grundriss der Geschichte, vol. 17), München 1995 (5), p. 182.
[51] Da: WOJAK, Verschmelzung von Geschichte und Kriminologie, pp. 31 s.
[52] HANS FRANK, Im Angesicht des Galgens. Deutung Hitlers und seiner Zeit auf Grund eigener Erlebnisse und Erkenntnisse, München 1953.
[53] RUDOLPH HÖSS, Kommandant in Auschwitz. Autobiographische Aufzeichnungen , introdotto e commentato da Martin Broszat, Stuttgart 1978(4).
[54] GITTA SERENY, Into That Darkness: From Mercy Killing to Mass Murder, New York 1974.
[55] CHRISTOPHER R. BROWNING, Uomini comuni. Polizia tedesca e soluzione finale in Polonia, Torino 1995 (I edizione americana 1992).
[56] Sul lavoro di Browning cfr. MARINA CATTARUZZA, Il ruolo degli "uomini comuni" nello sterminio degli Ebrei europei, in: "Storia della Storiografia", 30, 1996, pp. 141-150.
[57] Cfr. , a titolo esemplificativo, CHRISTIAN GERLACH, Kalkulierte Mörde: die deutsche Writschaft- und Vernichtungspolitik in Weissrussland, Hamburg 2000; Id. , Durchschnittstäter, Berlin 2000; DANIEL J. GOLDHAGEN, I volonterosi carnefici di Hitler. I tedeschi comuni e lOlocausto, Milano 1997 (I edizione americana 1996); OMER BARTOV, Hitlers army: soldiers, nazis and war in the Third Reich, New York, Oxford 1991; Id. , The Eastern Front, 1941-1945: German Troops and the Barbarisation of Warfare, London 1985; BETTINA BIRN, Die höheren SS- und Polizeiführer: Himmlers Vertreter im Reich und in den besetzten Gebieten, Düsseldorf 1986.
[58] Cfr. per una prima tematizzazione delluso politico della carestia, con il suo corollario di milioni di vittime,nei confronti dei kulaki, della popolazione nomade dellAsia centrale e della popolazione ucraina ROBERT CONQUEST, The Harvest of Sorrow. Soviet Collectivization and the Terror-Famine, London 1988 (2), pp. 322-330.
[59] Alcune osservazioni al riguardo in BERND FAULENBACH, La storiografia tedesca dopo la dittatura di Hitler, in: GUSTAVO CORNI (a cura di), I muri della storia. Storici e storiografia dalle dittature alle democrazie 1945-1990, Trieste 1996, pp. 55-78.
[60] Cfr. per una panoramica sul tema CORNI, I muri della storia; IAN BURUMA, Erbschaft der Schuld. Vergangenheitsbewältigung in Deutschland und Japan, München/Wien 1994 (I edizione americana 1994); REICHEL, Vergangenheitsbewältigung in Deutschland; HENRY ROUSSO, Le syndrome de Vichy de 1944 à nos jours, Paris 1987. In generale sul problema cfr. lo stimolante saggio di TONY JUDT, Die Vergangenheit ist ein anderes Land. Politische Mythen im Nachkriegseuropa, in: "Transit", a. 6, 1993, pp. 87-120.
[61] Cfr. SCHULZE, Deutsche Geschichtswissenschaft nach 1945, pp. 9-227; FAULENBACH, La storiografia tedesca dopo la dittatura di Hitler, pp. 67 s. SCHULIN, Deutsche Geschichtswissenschaft nach 1945.
[62] Cfr. su questo interessante fenomeno HILBERG, Unerbetene Erinnerung; NOVICK, The Holocaust in American Life, pp. 208 s.
[63] Cfr. NS-Prozesse alla nota 19; REICHEL, Vergangenheitsbewältigung in Deutschland, pp. 30-41.
[64] MICHAEL STOLLEIS, Der Historiker als Richter der Richter als Historiker, in: FREI e. a. , Geschichte vor Gericht, pp. 173-182, qui pp. 179 s.