Internet e il mestiere di storico.
Riflessioni sulle incertezze di una mutazione

Rolando Minuti

Indice

I .2. Biblioteche e archivi

22. L’aspetto sul quale è più difficile non riconoscere immediatamente l’efficacia degli strumenti telematici per la ricerca storica è certamente costituito dall’informazione bibliografica. Credo sia possibile affermare, allo stadio attuale dell’evoluzione del web, che anche coloro che con maggiore scetticismo si avvicinano all’uso dei computer e della rete riconoscano senza difficoltà il fatto che l’accesso on-line ai cataloghi elettronici delle biblioteche e ad altri repertori bibliografici costituisce uno strumento di eccezionale rilevanza ed efficacia.
L’avvento della catalogazione elettronica ha indubbiamente costituito l’avvio di strategie nuove per la risoluzione dei problemi dell’accesso all’informazione bibliografica, e l’apertura di possibilità di controllo e di gestione dell’informazione estremamente efficaci[1]. Se questo vale per i cataloghi di grandi biblioteche che già disponevano di importanti edizioni cartacee, com’è il caso della Library of Congress di Washington, della Bibliothèque Nationale di Parigi, della British Library di Londra, della Staatsbibliothek di Monaco etc.[2], e che mediante Internet consentono una loro fruibilità di evidente ed immediata efficacia -sia per la possibilità di operare con criteri di ricerca impossibili sul cartaceo, sia, conseguentemente, per la possibilità di pianificare ricerche e soggiorni di studio in maniera assai più precisa ed economicamente vantaggiosa- ciò risulta ancora più significativo per quei contesti culturali che sul versante della catalogazione cartacea hanno accumulato ritardi antichi e pesanti.
Il caso delle biblioteche italiane è particolarmente significativo, perché esso -che può essere assunto come esemplare dei problemi e delle prospettive operative che si presentano nell’uso della rete per la ricerca bibliografica, a fronte di un patrimonio librario di straordinaria importanza e diffusione sul territorio nazionale- descrive problemi di gestione, organizzazione ed accesso all’informazione che rendono particolarmente avventurosa e faticosa la conduzione della ricerca.
Certamente le aspettative che a questo proposito sono state immediatamente riposte nel web, sarebbero state meno ansiose se si fosse potuto disporre sugli scaffali di consultazione delle nostre biblioteche, accanto ai cataloghi delle grandi biblioteche che abbiamo prima ricordato, di cataloghi a stampa completi almeno delle biblioteche nazionali italiane; ciò che sappiamo bene non essere, purtroppo, una realtà.
La catalogazione elettronica, l’automazione, e l’acronimo un po’ magico ed iniziatico di OPAC si sono dunque presentati, soprattutto in contesti culturali come quello italiano, come l’occasione per procedere efficacemente al superamento di una carenza storica, consentendo per gradi la costruzione di una rete informativa organica e affidabile.

23. Si potrà forse lamentare, come risulta anche da alcune autorevoli voci della tradizione biblioteconomica[3], il fatto che l’eccesso di automazione possa produrre effetti disumanizzanti, e far trascurare l’importanza del rapporto diretto con le solide e affidabili competenze dei bibliotecari, non sostituibili dalle modalità automatiche di ricerca a soggetto sui cataloghi. Ed è certamente vero che le potenzialità della ricerca per soggetto sui cataloghi elettronici rischiano di produrre aspettative sproporzionate rispetto a quanto può e deve derivare da una specifica esperienza di studio, e dalla collaborazione diretta con competenze bibliotecarie in grado di orientare anche sui contenuti dei documenti. Valgono, da questo punto di vista, ragioni sostanzialmente simili a quelle che ostacolano, come abbiamo in precedenza sottolineato, una catalogazione automatica ed un recupero efficiente dell’informazione presente nelle risorse distribuite sul web. L’illusione di poter delegare alle tecniche di recupero automatico dell’informazione un vaglio ed un controllo completo dell’informazione bibliografica, e l’idea che questa operazione, in virtù della tecnologia informatica, risulti facile e immediata, possono sicuramente essere fonte di frustrazione[4] e far erroneamente ritenere che il ruolo del bibliotecario (come dell’archivista, e lo vedremo) sia destinato a svanire; dove invece proprio lo sviluppo delle nuove tecnologie ne esalta la funzione, e sollecita una più stretta collaborazione con chi usa la biblioteca e che deve essere guidato nell’intrico delle tecniche di interrogazione.
Tuttavia, ha certamente un effetto disturbante constatare come i ritardi nei programmi di automazione, e le difficoltà e i problemi di accesso all’informazione libraria in rete, che caratterizzano una realtà complessa al pari di quella italiana, possano essere fatte apparire quasi una sorta di privilegio di fronte ai caratteri propri di una realtà segnata dal forte impatto tecnologico sulle biblioteche e sul mestiere di bibliotecario come gli USA. E’ probabilmente facile dimenticare che l’esistenza di cataloghi a stampa completi di singole grandi biblioteche non è, in aree culturali come quella italiana, un dato normale, e che il solo fatto di poter consultare a distanza il catalogo per autori e per titoli (completo) di particolari biblioteche o di più biblioteche contemporaneamente (tralasciando le illusioni di un recupero automatico per soggetto) costituisce di per sé un elemento di straordinaria importanza per ogni tipo di studio storico.
Può essere forse dimenticato, in contesti dove l’accesso all’informazione bibliografica è mediato da grandi cataloghi generali come il National Union Catalogue e dove il prestito interbibliotecario anche per i materiali più rari funziona con particolare rapidità ed efficienza, che in altri contesti l’unico modo di verificare il contenuto è quello di recarsi fisicamente a consultare il catalogo a schede, con i tempi, i costi e le difficoltà che questo comporta, legati ad orari di apertura variabili e ad un rapporto con un personale bibliotecario che non è sempre warmly come si vorrebbe.
Lo sviluppo ed il potenziamento della catalogazione elettronica fruibile in rete costituiscono in questo quadro un’occasione di risposta alle esigenze del mondo della ricerca (non solo storica) e della società civile nel suo complesso, di cui non è legittimo dubitare.

24. E’ anche vero, peraltro, che nel momento in cui l’oggetto del desiderio sembra avere contorni chiari e definiti, e soprattutto conformi allo stato attuale della tecnologia disponibile, intervengono spesso per l’utente tradizionale una serie di problemi che rendono più incerto il conseguimento di obiettivi che sembrano a portata di mano. Partendo, ancora una volta, da chi usa le biblioteche a fini di studio ed è sollecitato all’uso della rete dalla sempre maggiore presenza di cataloghi elettronici fruibili sul web, forse la speranza maggiore sarebbe di avere la possibilità di digitare il nome dell’autore o parte del titolo che interessa, e di avere una lista esaustiva della distribuzione dell’opera cercata in un dato ambito nazionale, con l’indicazione delle biblioteche che lo posseggono, i dati relativi alla loro organizzazione, le modalità di richiesta dell’esemplare in prestito o di una sua riproduzione.
Aspettative eccessive? certamente no, considerando sia l’attuale stato della tecnologia -e l’uso per esempio, di un protocollo quale lo Z39.50, che consente interrogazioni omogenee su cataloghi eterogenei, e la produzione di un output uniforme- sia la presenza reale di strumenti già utilizzabili concepiti per rispondere direttamente a questa esigenza[5].
Ciononostante, a fianco di queste iniziative, ed al loro sviluppo talvolta problematico, com’è il caso del sistema SBN[6] si ha una presenza numerosa di sistemi di accesso ai cataloghi informatizzati che mantengono caratteristiche specifiche e modalità di accesso particolari e variabili, dal telnet allo Z39.50. E’ un aspetto importante che, insieme alla presenza ancora non sistematica di cataloghi unificati, non agevola certamente l’uso e spesso contribuisce ad alimentare perplessità e scetticismo sulla reale importanza delle iniziative di informatizzazione da parte di un’utenza che non sia almeno minimamente esperta nelle procedure di ricerca bibliografica telematica. Ed è ancora opportuno sottolineare che proprio a questo tipo di utenza, tipica in particolare della generazione meno giovane di studiosi, si dovrebbe soprattutto guardare perché -limitando il discorso all’ambito degli studi umanistici- è nella saldatura tra la tradizione scientifica e le nuove procedure di indagine legate all’innovazione tecnologica che è possibile vedere la continuazione fruttuosa delle esperienze di ricerca e delle eredità culturali nel nuovo mondo regolato dalle reti.
Per quanto mi è possibile affermare per esperienza diretta, la percentuale degli studiosi meno giovani che accettano e usano regolarmente le risorse telematiche è ancora assai ridotta; e molto frequente è il costume di appoggiarsi ad un esperto, collega o amico o tecnico di laboratorio, che possa aiutare a risolvere in casi specifici problemi anche banali di ricerca bibliografica in rete, contribuendo a costruire delle gerarchie di merito separate e improprie, che contrastano con la necessità che le nuove tecniche di lavoro legate alla rete costituiscano uno standard di esperienza normale e comune. Programmi di alfabetizzazione informatica e telematica rivolti alle generazioni più giovani -di cui si sente forte necessità soprattutto in ambito universitario umanistico, e che sono ormai imposti dal piano generale di riforma dell’università- rischiano allora di non produrre tutti i frutti che ci si potrebbe attendere se poi non trovano sul versante della docenza e della ricerca un’integrazione adeguata e la possibilità di un confronto diretto di esperienze.

25. Vale la pena allora di richiamare il fatto che ciò che ai sistemi bibliografici informatizzati chiede l’utenza scientifico-umanistica ancora più diffusa -che deve fare i conti con problemi di formazione culturale e di abitudini di lavoro consolidate- investe in primo luogo l’interfaccia[7]: si desiderano modalità di interrogazione chiare e semplici, o di complessità variabile e controllabile, che si esprimano visivamente in maschere chiare e semplici. In secondo luogo, si vorrebbe che queste procedure e queste maschere non soffrissero di variabilità eccessive nel passaggio da un sistema di catalogazione all’altro, consentendo l’integrazione e la combinazione delle ricerche tra cataloghi diversi. In terzo luogo, che tutto questo funzionasse veramente, con rapidità ed efficacia: ciò che, in ultima analisi, stabilisce l’affidabilità di un sistema. Perché va da sé che, di fronte a possibilità di ricerca bibliografica che si presentano anche sbalorditive, se le procedure di interrogazione vanno incontro a interruzioni continue, a lentezze eccessive e alla necessità frequente di ricominciare il lavoro dal punto di partenza, si è fortemente tentati di tornare alla scheda cartacea.
Infine, sarebbe auspicabile una maggiore precisione nell’indicazione della copertura esatta della catalogazione elettronica rispetto al reale patrimonio librario conservato da ciascuna biblioteca. Perché una ricerca su un catalogo informatizzato risulti qualitativamente equivalente, oltre che tecnicamente più efficace, rispetto alla consultazione dei volumi o degli schedari cartacei di una biblioteca, sarebbe essenziale che l’intero patrimonio librario fosse fruibile telematicamente; o, in alternativa, e in attesa che i programmi avviati di catalogazione giungano a compimento, che si sapesse esattamente ciò che si può trovare e ciò che almeno temporaneamente resta escluso, il che non è sempre facile sapere.

Ancora una volta, come per quanto concerne in generale le risorse presenti sul web, l’illusione che in Internet si trovi tutto e che la rete, nel caso specifico, dia accesso alla totalità dell’informazione bibliografica disponibile, non è fondata e può alimentare ulteriori illusioni e frustrazioni.
Lo sviluppo degli OPAC è stato certamente rilevante negli ultimi anni, ma non investe affatto la totalità del patrimonio bibliotecario europeo (con forti squilibri derivanti anche da disuguaglianze nello sviluppo storico, politico-amministrativo ed economico delle diverse aree). Di fronte alle grandi biblioteche nazionali o universitarie degli Stati più avanzati, che hanno per prime attivato processi importanti di informatizzazione, esiste una miriade di biblioteche che sono spesso da intendersi come minori solo sul piano quantitativo, costituendo il più delle volte autentiche gemme che sfuggono all’utenza non specialistica e per le quali proprio una maggiore conoscenza e valorizzazione potrebbe contribuire ad affrontare in maniera nuova e più efficace problemi di conservazione materiale che spesso risultano drammatici.

26. In un contesto articolato e stratificato in maniera straordinaria come quello italiano, per esempio, le opportunità che si sono presentate con la tecnologia informatica e telematica hanno assunto un valore ed una rilevanza eccezionali. Molte iniziative importanti sono state avviate in questa direzione, e da esse è legittimo attendersi risultati significativi; ma la constatazione attuale resta sempre quella di un lavoro enorme da fare, e, soprattutto, dell’esigenza di strategie e di metodologie informatiche uniformi, che siano assunte come problema prioritario, e che siano studiate avendo presente in primo luogo la logica della rete più che gli oggetti catalografici informatizzati in un’accezione ristretta e chiusa. E quanto osservato per l’Italia può facilmente ripetersi, in termini amplificati, per aree culturali attualmente marginali o periferiche.
Di nuovo la differenza, nel quadro generale dei problemi, rispetto alla realtà statunitense, emerge con grande evidenza. Il problema della quantità di informazione bibliografica disponibile in rete risulta dunque particolarmente rilevante, sia se consideriamo il numero delle biblioteche sia se volgiamo l’attenzione alla tipologia dei documenti di cui è disponibile un’informazione in formato elettronico fruibile in rete. Per chi, com’è il caso di chi scrive, si occupa prevalentemente di testi settecenteschi, è sconfortante notare come negli OPAC disponibili (ed è questo un discorso non solo italiano) tenda ad essere privilegiato il patrimonio librario più recente, per ragioni che possono anche essere facilmente comprensibili, mantenendo lacune importanti sul versante dei fondi antichi.
E’ probabilmente, anche in questo caso, solo una questione di tempi, ma è certamente un dato da segnalare il fatto che, per un’utenza rivolta alla ricerca, poter disporre -per portare solo un esempio- del catalogo in linea della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze senza poter accedere alla consultazione in linea di un fondo straordinario come il Fondo Magliabechiano costituisce senz’altro un motivo di forte delusione[8]. Se soprattutto riportiamo il discorso alla miriade di fondi antichi e di manoscritti disseminati nel mare magnum delle biblioteche cosiddette minori alle quali prima si accennava -che spesso sono conoscibili solo attraverso uno schedario cartaceo, e quindi impongono peregrinazioni assai poco virtuali- il problema, e il fronte delle aspettative deluse, si amplia in maniera straordinaria. Mi sono chiesto spesso, visitando piccole e preziose biblioteche locali, quanto sarebbe utile per la comunità scientifica che gli inventari talvolta eccellenti di fondi antichi e di manoscritti compilati da intelligenti bibliotecari locali fossero immessi in rete, e non imponessero l’ingresso fisico nella sala di consultazione riservata e la richiesta personale e riservata della loro consultazione. Per chi studia e fa ricerca resta insomma la constatazione, da un lato, delle enormi opportunità scientifiche offerte dalla rete; e, dall’altro, del loro ancora inadeguato sfruttamento.

27. Si tratta certamente di valutazioni che debbono tener conto di forti variabili nazionali, relative alla complessità del patrimonio gestito e alla disponibilità di risorse adeguate; ed è comunque opportuno insistere, da questo punto di vista, sull’importanza dell’armonizzazione e del coordinamento tecnico e scientifico delle iniziative, al fine di pervenire alla realizzazione di strumenti di controllo estensibili a patrimoni librari diversi.
La quantità dell’informazione bibliografica a cui si può accedere mediante strumenti telematici non è peraltro limitabile agli OPAC delle biblioteche. Basi di dati bibliografiche fruibili, gratuitamente o a pagamento, in Internet o tramite sistemi di accesso a CdRom in rete locale, quali bibliografie nazionali[9], indici di periodici[10], cataloghi dei libri in commercio[11], repertori ed abstratcs di riviste[12], banche dati testuali, archivi biografici[13], e gli stessi cataloghi di alcuni grandi siti commerciali[14]- che per la loro ampiezza possono offrire molto non solo in una prospettiva di acquisto ma anche di conoscenza e di controllo bibliografico- costituiscono strumenti ormai difficilmente ignorabili da parte della comunità intera degli storici[15].
La disponibilità di questi strumenti nella sala di consultazione delle biblioteche costituisce un’esigenza non più eludibile, e definisce ormai un indice importante della qualità dei servizi erogati, che va molto al di là della conservazione e comunicazione del patrimonio conservato e che apre certamente problemi nuovi di gestione, di amministrazione e di infrastrutture.

Quanto osservato a proposito delle biblioteche vale, in termini per molti aspetti più complessi, per gli archivi. I problemi dell’automazione degli archivi storici,-ormai avviata da anni in vari Paesi europei, pur con ritmi ed intensità molto diversi, e sempre più sollecitata a confrontarsi con l’espandersi delle reti, implicano una molteplicità di fattori che investono da un lato la responsabilità pubblica delle istituzioni archivistiche nella conservazione e gestione del patrimonio loro affidato e dall’altro l’esigenza di mantenere saldi, nei nuovi scenari delineati dallo sviluppo tecnologico, i termini di una tradizione e di un mestiere che molti ritengono, forse con un eccesso di preoccupazione, minacciato.
Dal punto di vista di chi usa la rete a fini di studio e di ricerca storica, che non sempre coincidono con le esigenze primarie di chi gestisce e deve aver cura della conservazione della documentazione d’archivio, le possibilità di un mutamento delle strategie di ricerca e di reperimento dell’informazione archivistica aperte dallo sviluppo di Internet sono indubbiamente suggestive. In sintesi si può ritenere possibile, attraverso indici di ricerca informatizzati e fruibili in rete, di giungere direttamente all’informazione voluta superando la mediazione istituzionale e l’esperienza diretta dell’archivista; si può ritenere, digitando un nome, un luogo, un soggetto, di poter disporre immediatamente del repertorio di documenti che lo riguardano, presenti in un singolo archivio o in più archivi contemporaneamente. L’esplorazione di un archivio, che mantiene sempre una dimensione affascinante di scoperta e di avventura, si aprirebbe ad esperienze nuove, forse più vaste e diversificate rispetto al quadro dell’utenza attuale, con una molteplicità di ricadute interessanti sia per il ruolo degli archivi nella società civile contemporanea sia per gli sviluppi della ricerca.

28. Speranze illusorie, aspettative fantasiose di fronte all’estrema eterogeneità delle fonti archivistiche, al loro volume, alla diversità dei contesti istituzionali? Può certamente non essere prudente, al momento attuale dell’evoluzione del web, offrire una risposta risoluta e immediata, soprattutto considerando quanto oggettivamente è disponibile rispetto alla realtà effettiva degli archivi storici; ma è anche possibile individuare prospettive operative ed esempi che rendono questo scenario meno incerto ed immaginario di quanto gli storici legati alla pratica consolidata della consultazione archivistica possano ritenere.
Due ordini di problemi in particolare si pongono per una piena soddisfazione delle aspettative a cui abbiamo accennato: da un lato, l’adozione di criteri di descrizione dei documenti archivistici che siano più orientati all’utenza -rispetto ad una tradizione archivistica che privilegia la descrizione di fondi, serie, unità, in relazione al contesto istituzionale di provenienza-: che siano, in altri termini, più attenti ai contenuti che ai contenitori. Congiuntamente, l’adozione di standard uniformi di descrizione che rendano possibile la comunicazione e lo scambio di informazioni tra database archivistici differenti. Lo sviluppo delle discussioni su quest’ordine di problemi -in particolare sull’uso di authority list e di thesauri in archivistica, e sull’adozione di standard condivisi per la descrizione archivistica connessa con l’uso di tecnologie informatiche e telematiche- è già fortemente avanzato, e costituisce un punto di riferimento importante[16].
Da un altro punto di vista, ciò che gli storici si attendono è una maggiore sensibilità per un’interfaccia e per modalità di interrogazione che tengano conto di esigenze di ricerca storica che, come prima si accennava, sono rivolte in primo luogo ai contenuti più che ai contenitori, o, per meglio dire, si rivolgono ai contenitori e al contesto a cui fa riferimento il documento archivistico nella misura in cui questo consente di pervenire al documento specifico e al suo contenuto.
La descrizione di un documento e l’introduzione di indici di rilevanza, da parte di chi fa ricerca su un determinato argomento, sono tuttavia strettamente legati a strategie soggettive e personali, che rinviano alla natura peculiare del problema storico che il singolo studioso intende affrontare. Come per la schedatura di un libro, pensando di usare per questo un database, così per l’utilizzazione di un documento archivistico, l’organizzazione dell’informazione dipende in misura sostanziale dalla soggettività di chi svolge la ricerca; e l’adozione sistematica di standard di descrizione dei contenuti può sistematicamente rivelarsi insoddisfacente o addirittura fuorviante, orientando gli studiosi verso obiettivi e risultati in certo modo preordinati.

 29. Penso che una delle preoccupazioni maggiori del mondo archivistico -soprattutto del versante più scettico verso l’adozione sistematica di nuove tecnologie di automazione- ruoti intorno a quest’ordine di problemi, inducendo ad attenersi alle regole della tradizione, intese a guidare il procedere della ricerca con un’attenzione prevalente al contesto formale di appartenenza dei documenti, ma evitando strategie di soggettazione dei singoli documenti che investano direttamente i contenuti e gli obiettivi della ricerca. Ma è d’altra parte pensabile, e probabilmente accettabile anche dagli archivisti più legati alla tradizione, mantenersi ad un livello generale di descrizione tale da poter orientare chi intende usare l’archivio anche sui contenuti dei documenti, senza tuttavia spingersi verso livelli troppo avanzati o specifici, che investono direttamente la natura della ricerca e la scelta dei singoli studiosi.
Una descrizione dettagliata dei singoli documenti di un archivio storico, sulla base di strategie che dovrebbero essere il risultato di una collaborazione stretta tra storici e archivisti, è certamente possibile, soprattutto per piccole entità archivistiche; ma non è facilmente ipotizzabile che un simile criterio, volto ad un’esaustività e ad una completezza della soggettazione che è in contrasto con la natura soggettiva di ogni ricerca, possa essere esteso ed affermato in termini di standard. Soprattutto la necessità di disporre di standard uniformi, che si traducano in criteri di interrogazione e interfacce simili, se non proprio identiche -superando strategie autonome basate sullo sviluppo e l’adozione di sistemi chiusi e pensando soprattutto alla realtà della rete-, è sentita come primaria da parte di chi pensa di poter accedere alle risorse archivistiche attraverso i nuovi strumenti che le tecnologie informatiche e telematiche mettono a disposizione, ma senza per questo divenire un esperto di database.

Si è molto discusso in un recente passato sull’adozione di strumenti informatici di organizzazione e recupero dell’informazione che risultassero specificamente rispondenti alle esigenze degli storici, e soprattutto alla necessità di organizzare una documentazione di tipologia eterogenea che mantenesse la propria integrità e non risultasse preliminarmente strutturata secondo le caratteristiche proprie dei database relazionali[17].
Certamente l’esempio più rilevante da questo punto di vista è stato il progetto Kleio, sviluppato da Manfred Thaller presso il Max-Planck Institut di Berlino[18]. Un progetto interessante, sia dal punto di vista “politico”, in quanto intendeva offrire un software non commerciale, sviluppato nell’ambito di un contesto universitario per la comunità degli studiosi; sia dal punto di vista progettuale, per caratteristiche di flessibilità nel trattamento di fonti che non risultassero strutturate entro campi rigidamente impostati, di integrazione con strumenti e moduli configurabili in relazione a specifiche esigenze e di possibilità di collegamento tra progetti diversi.
La historical workstation progettata da Thaller mirava con questi caratteri, e sulla base dell’idea fondamentale di offrire uno strumento source-oriented, a divenire un punto di riferimento, uno standard, per l’organizzazione dell’informazione documentaria utile alla ricerca storica in tutte le sue possibili articolazioni. Se ciò non è avvenuto, e se questo progetto sostanzialmente non è riuscito a decollare e ad uscire dall’applicazione su singoli progetti -ben lungi dall’affermarsi come standard- credo sia da imputare a ragioni che non toccano la qualità sostanziale del progetto stesso, e la sua correttezza metodologica, ma che si collocano ad un livello più empirico.

30. Chi ha avuto modo di confrontarsi con Kleio, sin dal momento della sua presentazione alla comunità internazionale degli storici, difficilmente avrà evitato la percezione di una complicazione e di una difficoltà nell’uso dello strumento probabilmente superabili per chi avesse già una qualche esperienza informatica ma certamente non adatte ai neofiti, soprattutto in una fase delicata di transizione; l’apprendimento delle modalità di uso e lo sfruttamento delle potenzialità del sistema richiedono una seria applicazione, concettuale e pratica, preferibilmente sostenuta da una formazione specifica, improponibili per un contesto disciplinare umanistico e storico che, a parte settori circoscritti, aveva ed in larga misura ha tuttora difficoltà a stabilire un rapporto di piena fiducia con gli strumenti informatici.
Il limite stava sostanzialmente in quella che abbiamo visto più volte essere una ragione di difficoltà di dialogo tra storici e informatici, ossia una preoccupazione troppo ridotta per un’utilizzazione user-friendly ed un’attenzione limitata per la costruzione di un’interfaccia che, evitando la necessità di acquisire specifiche ed elevate competenze informatiche, consenta a studiosi e docenti di utilizzare gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie[19].
Parallelamente alla presentazione e all’applicazione di Kleio su progetti specifici, soprattutto in ambito tedesco, si è infatti diffusa la presenza di software, commerciali e non che, pur presentando forti limitazioni rispetto alla strategia source-oriented proposta da Kleio, consentivano un più rapido apprendimento e una più immediata utilizzazione, e che con il tempo hanno acquisito potenzialità ed estensibilità sempre maggiori. Ma se questo ha consentito una maggiore diffusione dell’uso dei computer, al di là dei programmi di scrittura, anche nella comunità degli storici -sulla base soprattutto della diffusione di pacchetti integrati- ha anche determinato una proliferazione di applicazioni eterogenee e di oggetti non sempre facilmente condivisibili, che hanno evidenziato quella che costituiva una delle esigenze fondamentali sentite dagli ideatori del progetto: l’affermazione di uno standard condiviso di regole e di tecniche nel trattamento e nell’organizzazione della documentazione storica che avesse alla base il rispetto dell’integrità della fonte documentaria, prima dell’intervento di criteri di analisi e tecniche di indicizzazione che sono legate alla natura specifica delle ricerche e che debbono essere previste come un passaggio successivo e distinto; e, parallelamente, l’estensibilità e la condivisione di questa procedura, sulla base di un rigore metodologico non alterato dalle caratteristiche di software, in particolare di database relazionali, sviluppati non pensando ai caratteri propri della ricerca storica.

31. Sono esigenze che proprio l’estensione della rete ha messo in luce con particolare evidenza e che, al di là del destino di un progetto che era stato concepito non pensando in primo luogo agli sviluppi imponenti che Internet avrebbe avuto, costituiscono tuttora un problema aperto ed investono particolarmente le strategie di organizzazione e le condizioni di fruibilità in rete degli archivi di documenti storici[20].
Probabilmente, più che nell’affermazione di singoli progetti e nella possibilità o nella speranza di una loro affermazione come standard, è nello sviluppo dei linguaggi di marcatura sorti e sviluppati per la rete che possono essere viste indicazioni importanti per la soluzione di quest’ordine di problemi. Le ricerche sulle applicazioni del linguaggio SGML e la probabile affermazione dell’ XML[21] come linguaggio del web aprono prospettive molto interessanti anche dal punto di vista dell’accesso alla documentazione archivistica, e consentono un’estensibilità tale da poter coniugare le esigenze e le preoccupazioni dei conservatori con le esigenze di recupero qualitativo dell’informazione proprio degli studiosi.
Il progetto EAD (Encoded Archival Description) offre indicazioni interessanti da questo punto di vista[22], consentendo di sviluppare strategie di recupero dell’informazione e finding aids, e di includere una descrizione dei contenuti della documentazione archivistica, sulla base delle regole stabilite dal General International Standard Archival Description (ISAD(G)) nell’ambito del Conseil International des Archives[23]; ma soprattutto aprendosi ad un’estensibilità, ad un’integrazione informativa e ad una condivisione dell’informazione tra entità archivistiche diverse, conformi all’evoluzione del linguaggio del web.

Prospettive, problemi e soluzioni sulle quali nel mondo in espansione dell’informativa archivistica si sta alacremente lavorando[24], ma che rischiano tuttavia di costituire un ambito di discussione separato, per molti aspetti criptico per chi è abituato ad accedere alla documentazione archivistica sulla base della regola tradizionale della consultazione degli archivi, cioè l’esperienza della ricerca e l’aiuto diretto del personale archivistico. Per questo tipo di utenza, al di là dei problemi di metodo, di strategia informatica, di standard etc., restano alcuni interrogativi sostanziali: che cosa concretamente posso trovare dal punto di vista dell’informazione archivistica tra tutto quanto è attualmente diffuso in rete? la rete mi consente veramente di risolvere prima e in maniera più efficace i problemi che mi pongo in relazione alla ricerca di archivio? la rete mi offre, oltre alle indicazioni su come pervenire alla documentazione che mi interessa, anche la riproduzione del documento di cui ho bisogno per la mia ricerca?

32. Credo che a questo tipo di domande sia possibile dare una risposta positiva, che ovviamente deve tener conto del fatto che un lavoro enorme resta da fare; e che dalla rete non si ricava affatto tutto quanto ci si potrebbe aspettare, ma che sulla base di esempi concreti è legittimo individuare come uno scenario concreto ed in progressiva espansione, alla cui attuazione un parte rilevante del mondo archivistico sta dando contributi importanti[25].
Un primo livello, quello costituito dalla possibilità di accedere attraverso la rete agli indici relativi a singole unità o a complessi archivistici nazionali, fornisce già strumenti preziosi per una pianificazione delle ricerche e per l’individuazione più precisa dei materiali. A parte l’esempio statunitense, che anche in questo ambito costituisce un chiaro punto di riferimento, e che mediante il NARA archival information locator consente l’utilizzazione di un database che mira ad essere esaustivo sulla documentazione archivistica nazionale[26], anche nel contesto europeo sono già presenti strumenti importanti.
Attraverso ARCHON[27], per esempio, curato dalla Historical Manuscript Commission di Gran Bretagna, si può accedere on-line al National Register of Archives, interrogabile secondo modalità diverse, con l’ulteriore vantaggio di poter diporre di information sheets relative a ambiti generali di ricerca e di poter giungere attraverso questi alle singole unità archivistiche e ai loro indici. E’ un esempio, che mi pare significativo, di come si possano inserire strumenti di orientamento a soggetto non particolarmente mirati, tali cioè da non condizionare in maniera significativa la specificità e la singolarità delle ricerche individuali, e che non alterano pertanto la correttezza del rapporto tra archivista e storico, ma che sono comunque molto utili per chi deve orientarsi nel mare della documentazione archivistica.
Un altro esempio eccellente, da questo punto di vista è il Censo-Guía de Archivos Iberoamericanos offerto dal Ministerio de Educacion y Cultura di Spagna[28]. Ed infine, per la rilevanza che assume in rapporto alla realtà europea contemporanea, merita di essere segnalato il sistema EURHISTAR[29], che consente l’accesso agli indici degli archivi storici della comunità europea.
Il solo fatto di poter disporre di questo tipo di informazione in rete, a distanza dal luogo di deposito e con la possibilità di chiedere direttamente informazioni e aiuto al personale archivistico locale, si presenta anche all’utenza più tradizionale come immediatamente ed evidentemente utile. Che questo tipo di strumenti sia ancora frammentario e ineguale, che copra ancora una parte minoritaria dell’intero patrimonio archivistico presente sul territorio europeo non incide sulla sua oggettiva utilità e sulla necessità di perseguire in questo tipo di interventi con sistematicità.

33. Certo, la rete offre possibilità e suggestioni maggiori rispetto alla semplice disponibilità di consultare indici e regesti. Offre soprattutto la possibilità di ottenere la riproduzione del singolo documento; la possibilità di disporre sulla scrivania, con i semplici strumenti del collegamento in rete e di una stampante, delle fonti primarie della ricerca. Una possibilità che è ritenuta da molti troppo ambiziosa, impossibile da realizzare oltre la soglia degli esempi selezionati, troppo impegnativa rispetto al volume della documentazione posseduta anche da un archivio minore, e sostanzialmente impraticabile. E’ un tipo di obiezione che viene spesso avanzata -analogamente alle obiezioni sulle potenzialità reali delle biblioteche digitali- da parte soprattutto della comunità meno giovane di studiosi, e che certamente corrisponde a reali difficoltà, di ordine tecnico ed economico, ma che non per questo deve essere proiettata immediatamente verso uno scenario futuribile o fantasioso.
La rete ci offre già esempi di come un intero archivio possa essere reso fruibile sul web, dagli indici alla riproduzione digitale dei documenti. Proprio da uno sviluppo del sistema Kleio, a cui abbiamo in precedenza fatto riferimento, e da una sua applicazione al web, deriva un esempio che credo possa essere individuato, tra i molti, come particolarmente significativo a questo proposito. L’archivio municipale di Duderstadt, ed il progetto di digitalizzazione integrale sviluppato in collaborazione con il Max-Planck Institut di Berlino, offre questo tipo di risorsa, che integra gli inventari con la riproduzione fotografica dei documenti ed offre un sistema in grado di rendere possibile la consultazione degli originali preservandoli dall’uso materiale e dalla manipolazione; consente inoltre l’integrazione successiva di informazioni relative al singolo documento, in virtù delle caratteristiche del sistema informatico utilizzato, e pertanto una dinamicità che non è ipotizzabile per le edizioni cartacee dei documenti[30].
Lo strumento elettronico integrato con la rete consente dunque, in questo caso, non solo la possibilità di ottenere la riproduzione dei documenti a cui si può pervenire attraverso gli indici predisposti dal sistema; ma si offre anche come una possibile via di soluzione elettronica al problema dell’edizione delle fonti, curata non da un singolo studioso, e rigidamente chiusa entro i confini dell’edizione cartacea, ma dalla collettività dei ricercatori che a quel documento possono accedere ed il cui contributo può essere integrato nel database informativo del sistema.
Un progetto certamente ambizioso, sicuramente oneroso dal punto di vista tecnico e finanziario e forse non facilmente o immediatamente riproducibile in altri contesti. Ma, ciononostante, un fatto concreto, una realizzazione e non solo un progetto; e che in quanto tale può essere indicato come una possibilità reale e non come una fantasia.
Si può certamente ritenere che progetti di questo tipo incontrino maggiori difficoltà per strutture archivistiche più imponenti e complesse. Ma anche considerando queste difficoltà e questi problemi, la necessità di provvedere a strumenti di conservazione del materiale archivistico in formato elettronico -e di rispondere in questo modo a esigenze primarie di salvaguardia del patrimonio documentario consentendo al tempo stesso l’accesso, attraverso la rete, alla comunità degli studiosi- è diffusamente sentita e ha già dato avvio a iniziative che, seppure parziali, non per questo sono meno importanti. Un esempio, particolarmente vicino a chi scrive, è quello dell’Archivio di Stato di Firenze con il progetto Mediceo avanti il Principato[31]. Un progetto, che a partire dall’inventario del fondo, e mediando il rigore metodologico e le strategie di recupero dell’informazione proprie della tradizione archivistica con l’esigenza di un’informazione diffusa sollecitata dalla rete, mette a disposizione degli utenti una banca dati di immagini di un complessivo carteggio politico-diplomatico.
E, a fianco di queste iniziative che si propongono di affrontare in maniera sistematica il problema dell’accesso telematico all’informazione archivistica relativa ad un fondo specifico o a un intero archivio, lo sviluppo di iniziative volte alla presentazione in rete di selezioni, esempi o serie particolari di documenti, scelte soprattutto per esigenze di conservazione e di salvaguardia dai rischi di una manipolazione diretta, sono numerosi[32], ed il loro sviluppo è un fatto che possiamo dire certo.

34. Esempi concreti, oggetti già fruibili, e modalità di accesso al materiale archivistico che non si separano dalle esigenze di contestualizzazione stabilite e consolidate dalla tradizione archivistica, ma sono in grado di integrarle e potenziarle: sono soprattutto queste realizzazioni che aiutano a vincere scetticismo e perplessità della comunità scientifica nei confronti della rete, forse più che le discussioni teoriche su standard, linguaggi e struttura dei database, che, pur essenziali per un’evoluzione delle applicazioni delle nuove tecnologie, sono spesso inaccessibili e talvolta irritano la parte più rilevante degli utenti di biblioteche e archivi.
Uno storico, e soprattutto colui che proviene dalla tradizione delle discipline e della ricerca -non lo storico-informatico di nuova generazione- si attende legittimamente, sulla base dello stato attuale della tecnologia informatica e delle aspettative alimentate intorno al fenomeno Internet, di trovare almeno questo tipo di risposte: l’accesso on-line ai cataloghi completi delle biblioteche, l’accesso a guide ragionate e organiche relative al materiale archivistico. E, in entrambi i casi, modalità di interrogazione (interfacce) omogenee, rispondenti alle caratteristiche proprie della tradizione consolidata nella ricerca e non particolarmente complicate dal punto di vista tecnico. Se ancora ciò non è possibile, per difficoltà organizzative o finanziarie, se le interrogazioni di cataloghi e indici impongono peregrinazioni tra sistemi diversi e modalità diverse di interrogazione, se soprattutto la quantità di informazioni che ci si attende non è ancora esaustiva ed equivalente ai repertori cartacei, si tratta di problemi che è possibile affrontare e risolvere sul piano strategico e tecnico. L’attuale possibile frustrazione di fronte a quanto la rete sembra promettere ma non mantiene, non può giustificare in altri termini uno scetticismo radicale nei confronti del web.
E, d’altra parte, senza domande chiaramente impostate su quale informazione (documento) si va cercando e per quali scopi, e rivolgendoci indistintamente al web come fornitore indiscriminato ed esaustivo di risorse informative, si rischia sistematicamente di andare fuori strada o di alimentare aspettative che per non tradursi sistematicamente in frustrazioni debbono essere disciplinate entro ambiti di conoscenza, di esperienza, di saperi. E’ inutile, in altri termini, la possibilità di disporre di strumenti anche tecnologicamente raffinati di recupero dell’informazione archivistica, se alle spalle non c’è un problema e una ricerca, se non ci sono interrogativi ed esigenze chiare che ci portano ad un archivio e al suo materiale. La semplice disponibilità universale dell’informazione archivistica attraverso le reti telematiche (che peraltro è ancora ben lungi dall’essere realizzata), non produce affatto, da sola, problemi di studio e di ricerca; e non fa di ciascuno, indistintamente e automaticamente, uno studioso e un ricercatore.

[1] Per l'accesso ai cataloghi elettronici delle biblioteche vedi, tra i vari repertori disponibili, Libweb < http://sunsite.berkeley.edu/Libweb/ >; Library Web-Based OPACS < http://www.lights.com/webcats/ > ; Gabriel. Gateway to Europe's National Libraries < http://portico.bl.uk/gabriel/en/welcome.html >; Ministère de la Culture et de la Communication - Internet culturel - Bibliothèques, < http://www.culture.gouv.fr/culture/int/index.html > ; SiteBib, < http://www.abf.asso.fr/sitebib/ >; AIB [Associazione Italiana Biblioteche]. Il mondo delle biblioteche in rete, < http://www.aib.it/aib/lis/lis.htm >. Parte delle considerazioni svolte in questo capitolo sono già state presentate in Minuti, 2000.

[2] Vedi Library of Congress < http://lcweb.loc.gov/ > ; Bibliothèque Nationale de France, < http://www.bnf.fr/ >; British Library < http://opac97.bl.uk/ >; Bayerische Staatsbibliothek < http://www.bsb.badw-muenchen.de/index2.htm >.

[3] Vedi Lancaster, 2000.

[4] Vedi Pickard et Dixon, 2000.

[5] Per un repertorio dei sistemi e dei progetti nazionali europei di catalogazione elettronica vedi la pagina relativa del gateway Gabriel, < http://portico.bl.uk/gabriel/en/union.html >.

[6] Vedi < http://www.sbn.it/ >.

[7] Vedi, a questo proposito, le indicazioni presenti in Guidelines for OPAC displays - 65th IFLA Council and General Conference - Conference Programme and Proceedings, < http://www.ifla.org/IV/ifla65/papers/098-131e.htm >.

[8] Vedi Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, < http://www.bncf.firenze.sbn.it/ >.

[9] Vedi per sempio il Catalogue collectif de France, < http://www.ccfr.bnf.fr/ >.

[10] Vedi < http://portico.bl.uk/gabriel/en/periodicals.html >. Di particolare interesse sono la versione on-line di Ulrich's Periodicals Directory, < http://www.ulrichsweb.com/ulrichsweb/ >, il PCI - Periodical Contents Index , distribuito da Chadwyck-Healey, < http://pci.chadwyck.com/ >, la base di dati FRANCIS , < http://www.inist.fr/francis/francis.htm >.

[11] Vedi la base di dati ELECTRE, < http://www.electre.fr/ >, disponibile su CD Rom, che ha un accesso internet, su abbonamento, all'indirizzo < http://www.electre.com/ >; per altri ambiti nazionali, vedi, per esempio, Books in print, < http://www.booksinprint.com/bip/ > e Alice < http://www.alice.it/ >.

[12] Vedi per esempio ABC-Clio , < http://sb1.abc-clio.com:81/ >, da cui si accede a Historical Abstracts, uno dei principali strumenti per il controllo della letteratura periodica di argomento storico.

[13] Vedi il World Biographical Index database edito dalla Saur, < http://www.saur-wbi.de/ >.

[14] L'esempio più significativo è certamenente quello di Amazon < http://www.amazon.com/ >. Per una lista delle librerie accessibili on-line vedi < http://www.culture.gouv.fr/culture/autserv/livre.htm >.

[15] Per una guida alla ricerca bibliografica in internet, vedi Metitieri e Ridi, 1998.

[16] Vedi Gagnon-Arguin, 1989; Black, 1992. Per un aggiornamento sull'evoluzione delle discussioni relative agli standard in ambito archivistico, vedi il sito del Conseil International des Archives, < http://www.ica.org/ > . Vedi anche Unesco Archives Portal, < http://www.unesco.org/webworld/portal_archives/ >.

[17] Vedi Townsend, S., Chappell, C., Struijvé, O., 1999, chap. 3: "From Source to Database". Per una difesa del valore dei database relazionali nella ricerca storica vedi Harvey and Press, 1996.

[18] Vedi Thaller, 1991, e Thaller, 1993.

[19] Vedi il manuale on-line per l'uso di Kleio, < http://www.gwdg.de/kleio/manual/tutorial/welcome.htm >.

[20] Queste esigenze sono attualmente alla base anche degli sviluppi di uno dei più interessanti progetti di organizzazione e catalogazione di archivi di documenti storici, ossia dello History Data Service, < http://hds.essex.ac.uk/ >. HDS è parte di un più ampio arco di progetti coordinati, l'AHDS (Arts and Humanities Data Service, < http://www.ahds.ac.uk/ > ), e si è progressivamente specializzato nella gestione e distribuzione di raccolte documentarie particolari, quali censimenti della popolazione britannica, statistiche, e soprattuito del GBHD (Great Britain Historical Database). Cfr. Struijvé, 1999. Il sito di HDS fornisce una serie di strumenti utili all'organizzazione e alla gestione di database storici.

[21] Il punto di partenza per seguire l'evoluzione dei linguaggi del web, ed in particolare di XML, è il sito del World Wide Web Consortium, < http://www.w3.org/ >.

[22] Vedi Encoded Archival Description (EAD) - Official Web Site, < http://lcweb.loc.gov/ead/ >.

[23] Voir < http://www.ica.org/index.html >.

[24] Per una rassegna di progetti di digitalizzazione di matriale archivistico, con particolare riferimento alla medievistica, vedi Uhde, 2000.

[25] Il sito dell'Università dell'Idaho fornisce un buon indirizzario ai siti di interesse archivistico; vedi < http://www.uidaho.edu/special-collections/Other.Repositories.html >. Vedi anche, per l'ambito francese, l'ottima lista di risorse archivistiche in internet curata dal Ministère de la Culture et de la Communication, < http://www.culture.gouv.fr/culture/autserv/archives.htm >.

[26] Vedi < http://www.nara.gov/ >.

[27] Vedi < http://www.hmc.gov.uk/archon/archon.htm >.

[28] Vedi < http://www.mcu.es/cgi-bin/ALBALA/AlbalaCGI?CMD=INICIAL >.

[29] Vedi < http://wwwarc.iue.it/eharfr/Welco-fr.html >.

[30] Vedi < http://www.archive.geschichte.mpg.de/duderstadt/dud-e.htm >. Vedi in aprticolare la descrizione del progetto all'indirizzo < http://www.archive.geschichte.mpg.de/duderstadt/projekt-e.htm>.

[31] Vedi < http://www.archiviodistato.firenze.it/Map/ >.

[32] Vedi per esempio ARCHIM (Banque d'images numériques réalisées à partir de documents conservés au Centre historique des Archives nationales à Paris), < http://www.culture.gouv.fr/documentation/archim/accueil.html >. Vedi anche, per seguire lo sviluppo delle iniziative in ambito francese, il sito de Centre Historique des Archives Nationales (CHAN), < http://www.archivesnationales.culture.gouv.fr/CHAN/CHANmain.htm >.