Timothy Lang, The Victorians and the Stuart Heritage. Interpretations of a discordant past, Cambridge, Cambridge U. P., 1995, XIV + 233 pp.

Review by
© Mario Caricchio
Università di Firenze
  1. Il saggio di Timothy Lang prende le mosse dall'interpretazione humiana, che fissò i confini e i principali argomenti del dibattito sull'età Stuart, e si chiude con la pubblicazione nel 1926 - l'anno dello sciopero generale in Inghilterra - di Puritanism and the Rise of Capitalism, di Richard Tawney. Fu quest'ultimo libro, infatti, a mettere da parte le problematiche che avevano interessato i Vittoriani - libertà, tolleranza e pietà religiosa - e a dare inizio ad un nuova agenda della ricerca storica focalizzata sullo sviluppo economico ed il conflitto sociale. Durante questo "lungo" diciannovesimo secolo storiografico, si assiste ad un netto cambiamento nella percezione del diciassettesimo secolo: i Puritani e Cromwell da fanatici, barbari rivoluzionari, di fatto un'infelice parentesi nella storia inglese - quali apparvero agli occhi di Hume e Burke - divennero i veri difensori di libertà, tolleranza e interessi nazionali ed entrarono a far parte a pieno titolo dell'"acceptable past". Tesi portante del libro di Lang è che tale mutamento è strettamente connesso alla transizione da una forma confessionale a una secolare dello stato inglese ; la nuova percezione storica del diciassettesimo secolo si collega al sorgere di una nazione finalmente unita al di là delle divisioni settarie che avevano caratterizzato la società britannica. L'età Stuart, in questo senso, con le sue divisioni religiose appariva ai Vittoriani come lo specchio del conflitto contemporaneo tra la Chiesa nazionale e il Dissent, conflitto che investiva la Costituzione anglicana e l'assetto hannoveriano. Lang non si propone, dunque, semplicemente l'esposizione di alcuni aspetti di una tradizione storiografica, la whig history, ma ambisce apertamente a descrivere una cultura in cambiamento e un'ideologia in formazione, che trovava le sue ragioni e i suoi argomenti nelle interpretazioni del diciassettesimo secolo. Per questo la sua analisi dell'opera dei principali storici vittoriani guarda costantemente al contesto politico ritmato dai Reform Acts del 1832, del 1867 e 1884, che diedero inizio alla democrazia inglese permettendo l'accesso alla vita politica dei Dissenters e quindi integrandoli nella società inglese.
  2. La History di Hume e il tradizionalismo di Burke avevano relegato Cromwell e i Puritani ai margini della storia inglese, quali figure insincere e fanatiche. Henry Hallam negli anni venti dell'Ottocento, allorché in Inghilterra si sviluppava il movimento popolare per la riforma elettorale, manteneva ancora questa impostazione. In risposta all'attacco dei riformatori al carattere aristocratico e anglicano dell'assetto costituzionale risultato dalla Gloriosa, egli riprendeva e rivitalizzava il mito del bilanciamento dei poteri come peculiarità specificatamente inglese e localizzava nel Common Law le radici del cammino progressivo verso la libertà. Da questo punto di vista, il cambiamento moderato nel rispetto della tradizione costituiva il principio chiave del whiggism, la discriminante che lo distingueva dai conservatori e dai radicali. Dunque, l'equazione fra mutamento costituzionale e Grande Ribellione seicentesca era il segno chiarissimo della preoccupazione con la quale Hallam guardava all'ingresso delle classi medie nella politica, cui l'Inghilterra avrebbe assistito con le riforma del 1832.
  3. L'approccio ormai datato di Hallam fu immediatamente sottoposto alle critiche di T. B. Macaulay in una serie di saggi usciti sulla Edinburgh Review, nei quali, secondo Lang, ebbe voce la parte più progressista degli Whig. La Guerra Civile non era stata il risultato del fanatismo ma l'esito inevitabile della contesa tra Re e Parlamento; se ora, negli anni '20 dell'800, si fosse voluto evitare un nuovo scontro violento, il governo avrebbe dovuto permettere l'accesso delle classi medie nella comunità politica, tale era l'argomentazione sottesa ai primi scritti di Macaulay. Egli, quindi, spostava ideologicamente l'enfasi dalla Gloriosa alla Guerra Civile, che aveva preservato la nazione dall'assolutismo grazie ad un vero movimento popolare. Cromwell poteva anche figurare accanto a Washington.
    Una prospettiva leggermente diversa si trova nell'opera principale di Macaulay, la History of England. I Puritani venivano trattati con un'attenzione inconsueta fino ad Hallam, e Macaulay lodava lo sforzo di Cromwell nel cercare di equilibrare ordine e libertà, ma essi restavano per lui l'equivalente dei radicali ottocenteschi. In realtà l'ideale di Macaulay si identificava con una mescolanza delle migliori ragioni di parlamentari e realisti, in conformità con l'atteggiamento pratico degli Whig impegnati nell'ampliamento della comunità politica. Egli forniva insomma una "liberal response to the religious disputes" nutrita di pragmatismo antidogmatico ed erastianesimo che a metà secolo non poteva incontrare il favore dei Dissenters, i quali, cercando di consolidare le conquiste degli anni 20 e 30, spostavano la battaglia anche sul terreno di questioni strettamente dogmatiche.
  4. Uno specifico capitolo di The Victorians and the Stuart Heritage è dedicato all'ideologia del Dissent nel suo rapporto con le interpretazioni storiche. Macaulay stesso, quando spostava l'obiettivo dalla Gloriosa alla Guerra Civile, attingeva alla tradizione storica dei rational Dissenters come Godwin. E l'Interregno fu per tutto il diciannovesimo secolo una continua fonte di ispirazione per l'impegno politico dei Dissenters. Godwin aveva messo in evidenza soprattutto l'ideologia tollerante degli Indipendenti. Foster seguì la stessa linea, sottolineando che l'importanza politica del "people" era iniziata a crescere proprio dalla metà del diciassettesimo secolo. I Battisti e i Congregazionalisti come Vaughan, che pure erano in genere politicamente più conservatori, fecero del Puritanesimo la vera forza costruttiva nella storia di Inghilterra. Cromwell, tuttavia, continuava a rimanere un problema storiografico, in quanto incarnava allo stesso tempo gli ideali di libertà e tolleranza e il dispotismo del Protettorato. Fu Carlyle, che facendo parlare Cromwell per se stesso nel suo Letters and Speeches, presentò un Lord Protettore privo di ambiguità e duplicità, campione di un'intensa e sincera religiosità e della forza morale del Puritanesimo. Carlyle descriveva quest'ultimo come un bastione contro la corruzione e l'ateismo, nel Seicento come nell'Ottocento, e in tal modo capovolgeva gli argomenti dei precedenti storici dissenter che l'avevano eletto alla storia della moderna Inghilterra liberale. Ma se nelle opere di Carlyle la forza morale del Puritanesimo veniva scagliata ideologicamente contro la società industriale e la sua disordinata verbosa democrazia, l'eroe cristiano, spinto nella sfera pubblica dalla propria pietà religiosa, che egli stesso aveva forgiato, divenne senza queste coloriture reazionarie il modello per i Dissenters tardovittoriani, in cerca di argomenti che giustificassero il loro impegno politico.
  5. L'ultimo passo di questo mutamento nella percezione storica del seicento si ebbe con la monumentale fatica storica di Samuel Rawson Gardiner, quando l'eroe cristiano divenne l'eroe nazionale. Gardiner tentava di dimostrare, proprio attraverso la sua rinomata imparzialità, che l'Inghilterra non era né Anglicana né Puritana, ma semmai "an amalgam of this two traditions". Questa impostazione, secondo Lang, era una tipica espressione del liberalismo tardovittoriano e del nazionalismo gladstoniano, che ambiva a sanare le divisioni religiose e di parte per erigere una nazione unitaria. Così la Guerra Civile apparve a Gardiner una rivolta legittima da parte di una "unified nation" contro il tentativo assolutistico degli Stuart, e l'appoggio ricevuto dal re si poteva spiegare soltanto con le differenze in materia religiosa. Nondimeno, se per Gardiner era il Laudianesimo la vera forza progressiva e tollerante di quell'età, furono proprio le influenze negative del Puritanesimo e di Cromwell - ovvero l'impedire che si affermasse in Inghilterra l'assolutismo con una Chiesa ad esso strettamente legata - che gettarono le basi per il mutare della " supremacy of the King to that of the Nation ". Il Cromwell di Gardiner diveniva, così, il " the typical Englishman of modern times ", perché, afferma Lang, egli riassumeva in sé la forza e le debolezze inglesi. Nei suoi aspetti positivi egli era il precursore del moderno statista liberale che si occupa degli interessi nazionali; una figura del tutto alternativa rispetto a quella proposta dalle interpretazioni imperialiste che pure a fine secolo rispondevano alla frustrazione subita dall'Inghilterra nella guerra boera.
    Lang ricostruisce, quindi, con successo il percorso attraverso cui il "discordant past" degli Stuart fu rimodellato secondo "the ideological needs" dell'età vittoriana. La sua analisi ben strutturata mette in evidenza nelle pagine degli storici inglesi ottocenteschi questioni che toccavano il senso del Dissent, ma anche la politica nei confronti dell'Irlanda, il liberalismo e la sorgente ideologia imperialista. Il libro si sviluppa dunque tenendo insieme la lettura delle opere storiche dei Vittoriani e l'illustrazione dei loro atteggiamenti politici e religiosi - analisi particolarmente interessante nei casi di Macaulay e Gardiner - e mette così adeguatamente in luce il contesto ideologico di una parte importante della cultura storica britannica.