1. Con questa ricerca Ludovica Braida intende illustrare come, nell'arco
di circa un secolo, Torino abbia rappresentato un importante centro di
smistamento librario . Se tra gli anni ottanta del Seicento e l'ultimo
decennio del Settecento Torino non ebbe particolare importanza come centro
di attività editoriale, non si può dire altrettanto per
quanto riguarda la sua funzione di punto di raccordo tra Italia, Francia,
Svizzera e stati del nord d'Europa. La posizione geograficamente strategica
della capitale del regno di Sardegna permetteva di distribuire libri (e
dunque idee) provenienti da Ginevra, Parigi, Neuchâtel o Amsterdam
a clienti di Milano, Venezia, Genova, Parma, Pavia e, ovviamente, entro
lo stesso stato sabaudo.
Nel presente volume l'autrice, grazie ad un abbondante uso di fonti archivistiche
(svizzero-romande, francesi, olandesi, spagnole e piemontesi) ricostruisce
le varie tappe di questo "traffic of the mind". Vengono messi in evidenza
itinerari, intermediari, mezzi di trasposto e di pagamento di questo corposo
traffico sotterraneo. In particolar modo le fonti torinesi - dai documenti
ufficiali della corte sabauda e dei censori pemontesi, agli atti notarili,
alle fonti private dei commercianti dell'editoria, sino agli epistolari
di alcuni intellettuali piemontesi - testimoniano l'importanza del flusso
librario.
2. Fin verso il 1740 gli editori ed i librai torinesi avevano goduto
di una relativa libertà d'azione, e le maglie della censura ecclesiastica
risultavano spesso aggirabili senza troppe difficoltà. Questo quadro
dell'editoria e della circolazione libraria piemontese venne sensibilmente
mutato a partire dalla creazione, da parte di Carlo Emanuele III nel 1741,
della Stamperia Reale, a cui venne attribuito il privilegio della stampa
dei testi scolastici e di quelli più redditizi economicamente.
Da un alto, l'indiscusso monopolio del commercio editoriale detenuto dalla
Stamperia contribuì sensibilmente a indebolire il mercato; dall'altro
il governo sardo , oltre a considerare la Stamperia Reale un ente atto
a regolamentare il mercato, intese farne un uso di tipo censorio. La Stamperia
diveniva cioè uno stumento di intromissione nelle scelte editoriali
sia dei commercianti che del pubblico.
Un vero e proprio apparato di censura statale venne introdotto gradualmente
tra il 1745 ed il 1755. Benché la censura statale fosse divenuta indipendente
da quella ecclesiastica come negli altri stati italiani (pensiamo a Venezia,
alla Lombardia o alla Toscana), ciò non favorì in nessun
modo la maggior liberalizzazione del commercio librario. Contrariamente
ad altre realtà italiane, la creazione di un ufficio censorio statale
da affiancare alla censura ecclesiastica portò ad un progressivo
isterilimento delle attività sia editoriali che culturali piemontesi.
3. L'autrice non manca infine di mettere in evidenza una questione generale
di notevole importanza. Il Regno di Sardegna è stato spesso considerato
dagli storici della letteratura italiana, nel periodo tra il XVII ed il
XVIII secolo, come una regione rimasta sostanzialmente ai margini delle
maggiori correnti intellettuali della penisola, tranne qualche rara eccezione
(si pensi al caso di Vittorio Alfieri). Questa visione deriva, secondo
la Braida, dal fatto di considerare unicamente la produzione culturale
interna dello stato sabaudo. Allargando l'analisi anche alle proposte
intellettuali provenienti dall'esterno, è possibile notare come
le novità, sia letterarie e filosofiche, sia scientifiche, fossero
sicuramente di un certo peso, ed il dislivello tra offerta interna, piuttosto
modesta, ed offerta esterna, spesso ricca e differenziata, appare pertanto
notevole.
4. La visione di un regno sabaudo sei-settecentesco unicamente orientato verso un consolidamento statale ed assolutistico pare non soddisfare, come giustamente dimostrato in questo studio, numerosi e complessi problemi inerenti alla storia della cultura e delle idee. Torino acquista un rilievo decisamente maggiore se considerata non meramente come capitale di uno stato in trasformazione e costante evoluzione assolutistica, ma in quanto trait-d'union tra il pensiero europeo moderno e l'Italia. La varietà e la ricchezza dei documenti utilizzati testimoniano come in questa direzione la ricerca possa dare risultati di grande interesse.