Ludovica Braida, Il commercio delle idee. Editoria e circolazione del libro nella Torino del Settecento, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 1995.

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© Pietro Lazzeri
Università di Firenze

1. Con questa ricerca Ludovica Braida intende illustrare come, nell'arco di circa un secolo, Torino abbia rappresentato un importante centro di smistamento librario . Se tra gli anni ottanta del Seicento e l'ultimo decennio del Settecento Torino non ebbe particolare importanza come centro di attività editoriale, non si può dire altrettanto per quanto riguarda la sua funzione di punto di raccordo tra Italia, Francia, Svizzera e stati del nord d'Europa. La posizione geograficamente strategica della capitale del regno di Sardegna permetteva di distribuire libri (e dunque idee) provenienti da Ginevra, Parigi, Neuchâtel o Amsterdam a clienti di Milano, Venezia, Genova, Parma, Pavia e, ovviamente, entro lo stesso stato sabaudo.
Nel presente volume l'autrice, grazie ad un abbondante uso di fonti archivistiche (svizzero-romande, francesi, olandesi, spagnole e piemontesi) ricostruisce le varie tappe di questo "traffic of the mind". Vengono messi in evidenza itinerari, intermediari, mezzi di trasposto e di pagamento di questo corposo traffico sotterraneo. In particolar modo le fonti torinesi - dai documenti ufficiali della corte sabauda e dei censori pemontesi, agli atti notarili, alle fonti private dei commercianti dell'editoria, sino agli epistolari di alcuni intellettuali piemontesi - testimoniano l'importanza del flusso librario.

2. Fin verso il 1740 gli editori ed i librai torinesi avevano goduto di una relativa libertà d'azione, e le maglie della censura ecclesiastica risultavano spesso aggirabili senza troppe difficoltà. Questo quadro dell'editoria e della circolazione libraria piemontese venne sensibilmente mutato a partire dalla creazione, da parte di Carlo Emanuele III nel 1741, della Stamperia Reale, a cui venne attribuito il privilegio della stampa dei testi scolastici e di quelli più redditizi economicamente. Da un alto, l'indiscusso monopolio del commercio editoriale detenuto dalla Stamperia contribuì sensibilmente a indebolire il mercato; dall'altro il governo sardo , oltre a considerare la Stamperia Reale un ente atto a regolamentare il mercato, intese farne un uso di tipo censorio. La Stamperia diveniva cioè uno stumento di intromissione nelle scelte editoriali sia dei commercianti che del pubblico.
Un vero e proprio apparato di censura statale venne introdotto gradualmente tra il 1745 ed il 1755. Benché la censura statale fosse divenuta indipendente da quella ecclesiastica come negli altri stati italiani (pensiamo a Venezia, alla Lombardia o alla Toscana), ciò non favorì in nessun modo la maggior liberalizzazione del commercio librario. Contrariamente ad altre realtà italiane, la creazione di un ufficio censorio statale da affiancare alla censura ecclesiastica portò ad un progressivo isterilimento delle attività sia editoriali che culturali piemontesi.

3. L'autrice non manca infine di mettere in evidenza una questione generale di notevole importanza. Il Regno di Sardegna è stato spesso considerato dagli storici della letteratura italiana, nel periodo tra il XVII ed il XVIII secolo, come una regione rimasta sostanzialmente ai margini delle maggiori correnti intellettuali della penisola, tranne qualche rara eccezione (si pensi al caso di Vittorio Alfieri). Questa visione deriva, secondo la Braida, dal fatto di considerare unicamente la produzione culturale interna dello stato sabaudo. Allargando l'analisi anche alle proposte intellettuali provenienti dall'esterno, è possibile notare come le novità, sia letterarie e filosofiche, sia scientifiche, fossero sicuramente di un certo peso, ed il dislivello tra offerta interna, piuttosto modesta, ed offerta esterna, spesso ricca e differenziata, appare pertanto notevole.

4. La visione di un regno sabaudo sei-settecentesco unicamente orientato verso un consolidamento statale ed assolutistico pare non soddisfare, come giustamente dimostrato in questo studio, numerosi e complessi problemi inerenti alla storia della cultura e delle idee. Torino acquista un rilievo decisamente maggiore se considerata non meramente come capitale di uno stato in trasformazione e costante evoluzione assolutistica, ma in quanto trait-d'union tra il pensiero europeo moderno e l'Italia. La varietà e la ricchezza dei documenti utilizzati testimoniano come in questa direzione la ricerca possa dare risultati di grande interesse.